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“I pilastrelli fuino disfatti” Problemi e soluzioni della struttura di co pertura

Nel documento Il Colonnato di piazza S. Pietro (pagine 111-129)

La vicenda esecutiva del sistema di copertura del Colonnato è segnata da un sostanziale fallimento costruttivo che solo il confronto incrociato tra la documentazione archivistica e le rappresentazioni grafiche permette di ricostruire: la soluzione progettata e realizzata inizialmente dal Bernini ri- chiederà infatti un radicale intervento correttivo condotto a cantiere ancora aperto.

Il manto di copertura del Colonnato risulta formato da “tevole, e canali, e pianelle” (figg. 73, 74), ovvero coppi ed embrici in laterizio poggiati su uno scempiato, pure in laterizio, a sua volta gravante su una struttura lignea di travicelli poggiati su arcarecci (fig. 76). In corrispondenza delle corsie laterali questi ultimi sono sorretti da muri radiali laterali disposti in asse con le sotto- stanti colonne del Portico (fig. 75): si tratta di manufatti “che fanno paradossi del tetto sopra detto portico” spessi 4 palmi (poco meno di cm 90) in corri- spondenza del I° e del II° giro di colonne, 5 (ovvero cm 112) in corrispondenza del III° e IV° giro54.

Nel Portico settentrionale, i muri radiali – che presentano il lato superiore inclinato per assecondare l’andamento degli arcarecci incastrati in appositi

Fig. 73 - Colonnato di S. Pietro. Portico settentrionale. Copertura, particolare. Al centro, uno degli abbaini per dare luce ed aria al sottotetto (foto dell’A.)

Fig. 74 - Colonnato di S. Pietro. Portico settentrionale. Copertura, particolare (foto dell’A.)

Fig. 75 - Colonnato di S. Pietro. Portico settentrionale. Sottotetto, particolare del vano in corrispondenza di una campata laterale. In fondo, aperto da un passaggio centi- nato, il muro radiale in asse con le sottostanti colonne; in primo piano, al centro, l’estradosso della volta della cam- pata; in alto, una trave, frutto di un intervento successivo, che contribuisce a reggere un arcareccio incastrato nei muri radiali, sul quale sono poggiati a loro volta i travicelli. A destra, il muro di separazione con il vano corrispondente alla corsia centrale (foto dell’A.)

Fig. 76 - Colonnato di S. Pietro. Portico settentrionale. Sottotetto, particolare. Sono visibili gli arcarecci ed i tra- vicelli sui quali sono poggiate le tavelle laterizie (foto del- l’A.)

varchi (“li muri per la pendenza del tetto”, così nel diario di cantiere, maggio 1661) – sono uniti a due a due da un grande arco trasversale a sesto acuto di- sposto subito al di sopra dell’estradoso della volta a botte (fig. 77); motivato dalla necessità di non gravare sulla volta sottostante, in particolare nel settore prossimo alla chiave, l’arco fa da sostegno agli arcarecci (fig. 78). Come si è visto, archi ribassati sono inglobati alla base dei muri radiali in corrispondenza delle colonne (cioè rispettivamente quelle del I° e II° giro e quelle del III° e IV°): la lunghezza di ciascuno di essi (13 palmi) è infatti analoga alla distanza

Fig. 77 - Colonnato di S. Pietro. Portico settentrionale. Sottotetto, archi trasversi. Sono visibili gli arcarecci inca- strati nei muri degli archi; in basso, l’estradosso della volta a botte della corsia centrale (foto dell’A.)

Fig. 78 - Colonnato di S. Pietro. Portico settentrionale, Sottotetto, arco trasverso, dettaglio (foto dell’A.)

tra le colonne stesse (12 ¾ palmi), lo spessore è identico a quello dei muri superiori (4 o 5 palmi a secondo della loro posizione), per un’altezza pari a 2 ½ palmi (poco meno di cm 56). La loro funzione è chiara: distribuire sulle sottostanti colonne il peso dei muri radiali, comportandosi dunque come archi di scarico.

Così impostato, il meccanismo strutturale percorre tutto il sottotetto del Portico settentrionale (figg. 79, 80), che risulta peraltro difficilmente accessibile, come denunciato già nel Settecento, a ragione del ridotto spazio compreso tra l’estradosso della volta a botte e la copertura.

Fig. 79 - Colonnato di S. Pietro. Portico settentrionale, sezione dal basso (restituzione digitale dell’arch. C. Volken, in collaborazione con l’A.)

Il rigoroso sistema di sostegno della copertura del Portico settentrionale (il primo ad essere realizzato) rappresenta tuttavia l’esito conclusivo di un percorso tutt’altro che lineare: i documenti che contribuiscono a gettare luce su questa inedita evoluzione sono alcuni elaborati grafici e, soprattutto, un’im- portante stima dei lavori in muratura. Per ciò che concerne i primi, uno schizzo autografo e la sezione trasversale della piazza55 mostrano come il Bernini avesse immaginato un sodo murario in corrispondenza delle volticelle delle corsie laterali dei Portici ed uno spazio vuoto al centro, in corrispondenza della volta a botte centrale (figg. 81, 82). L’impalcatura lignea della copertura sarebbe stata poggiata sul blocco murario laterale e, centralmente, su un pila- strello impostato sull’estradosso della volta a botte, in corrispondenza della sua chiave56(fig. 83). La presenza di quest’ultimo elemento costruttivo – pe- raltro riprodotto anche nella rappresentazione ‘ufficiale’ dell’opera, ovvero l’incisione di Giovanni Battista Bonacina (estate 1659) (fig. 31) – viene con- fermata dall’importante Misura, e Stima dell’opera di muro del 26 marzo 1661, relativa ai lavori condotti nel Portico settentrionale dalle squadre di muratori dirette dai capomastri appaltatori Simone Brogi, Giovanni Albino Agustone e Pietro Ostini57. Le voci riportate non riguardano tutte le opere murarie rea- lizzate nell’emiciclo, dal momento che il Portico “era principiato dalla Fab- brica”, cioè la sua edificazione era stata affidata, nel corso della prima fase, a maestranze alle dirette dipendenze della Reverenda Fabbrica di S. Pietro; solo in un secondo momento, quando peraltro restava da realizzare quasi tutta la copertura, si era infatti proceduto al passaggio di consegne agli appaltatori esterni. Il documento chiarisce come fossero stati murati quarantadue “pila- strelli nel mezzo della Volta grande” del Portico, cioè la volta a botte che copre la corsia centrale: realizzato in laterizio, ciascun “pilastrello” presentava una sezione esattamente quadrata (un lato pari a 3 palmi = cm 67; l’altro di 4

½ teste di mattoni, con il valore di una testa = cm 14,5) per un’altezza di 7 ½ palmi (cm 167 circa). Poggiati direttamente sull’estradosso della volta in cor- rispondenza della sua chiave, ai “pilastrelli” era attribuita con ogni probabilità anche la funzione di sostenere in mezzeria la trave lignea di colmo58(fig. 83). In ogni caso, i “pilastrelli fuino disfatti”: non è noto il momento esatto della loro demolizione, che comunque dovette seguire di poco la realizzazione, dal momento che la Misura, redatta quando il Portico settentrionale non era ancora del tutto completato, ricorda la rimozione come cosa già avvenuta59. Appare ipotizzabile che i “pilastrelli”, incongruamente posizionati dal Bernini in chiave, abbiano potuto provocare, forse più che per il peso proprio per quello della copertura parzialmente gravante su di essi, problemi di stabilità alla sottostante volta, tra l’altro di spessore contenuto (un palmo e mezzo, cioè circa 33 centimetri). La sostituzione del sistema dei “Pilastrelli” con quello degli archi a sesto acuto di raccordo tra i muri radiali (fig. 79) assume dunque il significato dell’abbandono della prima idea progettuale berniniana.

I “pilastrelli” sono visibili anche in alcune delle sezioni presenti ne Il

Tempio Vaticano di Carlo Fontana60(fig. 84): è del tutto verosimile che que- st’ultimo abbia riportato la soluzione adottata dal Bernini, conosciuta proba- bilmente tramite disegni; meno comprensibile è il fatto che ne ignorasse la successiva eliminazione, se non ipotizzando un mancato scomodo sopralluogo nel sottotetto del Portico per verificare l’effetiva situazione, almeno prima della pubblicazione del volume (1694); da qui l’incongruenza tra la rappre- sentazione grafica e la realtà del costruito.

Sebbene decisamente rara, la soluzione con pilastrelli di sostegno dei solai lignei è presente peraltro in opere cronologicamente precedenti: ad esempio, in asse con gli archi trasversali (non con le volte) sottostanti, nel portico del brunelleschiano Ospedale degli Innocenti o, sempre a Firenze, nel chiostro

Fig. 80 - Colonnato di S. Pietro. Portico settentrionale, sezione dall’alto (restituzione digitale dell’arch. C. Volken, in collaborazione con l’A.)

della chiesa della SS. Annunziata in relazione al quale sono ricordati “i pilastrelli in sulle volte per sostenere il tetto che è sopra alle volte”61. Appare molto in- teressante come, riferita alla chiesa di S. Francesco a Siena, questa soluzione costruttiva venga descritta in un memoriale di Virgilio Spada del novembre 1655 (ovvero pochi mesi prima dell’inizio della vicenda del Colonnato), seb- bene in termini tutt’altro che lusinghieri per ciò che concerne la congruità strutturale (“Porta qualche timore quel veder caricata la volta della Chiesa con tanti pilastretti per sostenere il tetto, et l’esperienza mostra che in longo corso di tempo simili pesi partoriscono de danni”)62. Nello stesso documento si ricorda anche il sistema ad archi trasversi citando il caso della romana S. Maria in Vallicella (o chiesa Nuova), ovviamente ben conosciuto dall’orato- riano Spada (“Nella Chiesa nova di Roma hanno gettati archi sopra la volta della Chiesa tanto che vi si passa sotto, e con chiavi di ferro, perche le muraglie non patischino, e sopra quegli archi stanno posati i legni per il longo dela Chiesa, che formano il tetto, mà in luogo di aiutare le muraglie à resistere allo sforzo della volta accrescono più tosto lo sforzo”) (figg. 85, 86). Si tratta di una soluzione strutturale tutt’altro che inedita; archi trasversi (o archi dia- framma) sono estesamente utilizzati in età medievale in Italia, in particolare nelle regioni centrali: si segnala ad esempio l’area umbro-marchigiana, so- prattutto il centro eugubino (Duomo, S. Giovanni, S. Agostino) (fig. 87).

Episodio tutt’altro che gratificante per il Bernini, la demolizione dei “pila- strelli” riguarderà solo il Portico settentrionale dal momento che, sulla base del- l’esperienza acquisita, in quello meridionale si eviterà di riproporre questa solu- zione progettuale, provvedendo infatti a gettare direttamente, in corrispondenza dell’estradosso della volta a botte centrale, un arco ribassato impostato sui due

Fig. 81 - G. L. Bernini. Sezione del Portico, dettaglio (BAV, Chig., a. I. 19, f. 50r)

Fig. 82 - G. L. Bernini Sezione del Portico, dettaglio (BAV,

Chig., P. VII. 9, f. 27v)

Fig. 83 (a fronte) - Colonnato di S. Pietro. Portico setten- trionale, struttura di copertura. Ricostruzione digitale della prima soluzione con pilastrelli sull’estradosso della volta a botte (restituzione digitale dell’arch. C. Volken, in colla- borazione con l’A.)

Fig. 84 (a fronte) - C. Fontana, Il Tempio Vaticano e

Fig. 85 - Roma. S. Maria in Vallicella (chiesa Nuova). Struttura della copertura, dettaglio (foto dell’A.) Fig. 86 - Roma. Maria in Vallicella (chiesa Nuova). Strut- tura della copertura. Al di sopra dell’estradosso della volta centrale, sono visibili gli archi trasversali a sesto acuto (foto dell’A.)

Fig. 87 - Gubbio. S. Agostino. Interno. Si noti il sistema strutturale di sostegno della copertura risolto grazie ad archi diaframma

Fig. 88 - Colonnato di S. Pietro. Portico meridionale. Sot- totetto, veduta dell’estradosso della volta a botte centrale. Sono visibili i muri radiali raccordati dall’arco assiale (foto dell’A.)

muri radiali (figg. 88, 89), questi ultimi estesi verso l’interno fino al terzo della volta stessa e verso l’esterno fino ai muri d’ambito del sottotetto, senza tuttavia i muri di separazione tra corsia centrale e laterali esistenti nel Portico settentrionale (figg. 89, 90). Anche nel Portico meridionale i muri radiali sono impostati in basso su archi di scarico disposti tra una volticelle e l’altra, in asse con le sottostanti colonne (figg. 91, 93). La configurazione attuale è frutto tuttavia di un docu- mentato intervento settecentesco, condotto dal maggio 1734, che ha determinato la realizzazione di pilastrelli direttamente sui muri radiali, al fine di innalzare l’originaria quota degli arcarecci (e quindi della copertura del Portico) (fig. 92):

Fig. 89 - Colonnato di S. Pietro. Portico meridionale. Sot- totetto, particolare dei muri radiali con l’arco di raccordo, verso la volta centrale (foto dell’A.)

Fig. 90 - Colonnato di S. Pietro. Portico meridionale. Sot- totetto, particolare di un muro radiale, verso il muro d’am- bito (foto dell’A.)

nel complesso, ne consegue una diversa scansione dello spazio interno del sot- totetto ed una migliore percorribilità (figg. 94, 95).

Per quanto riguarda infine l’intelaiatura lignea, si può ricordare, ad esempio, come il 18 dicembre 1666 il soprastante Benedetto Drei attesti la consegna in cantiere di 351 “carrarecci” forniti dal mercante di legname Francesco Petti ai capomastri muratori “per il tetto del Portico verso Cesi” (cioè meridionale)63, ma sono comunque documentate diverse forniture di questo tipo.

Fig. 91 - Colonnato di S. Pietro. Portico meridionale. Sot- totetto, estradosso di una volticella della campata laterale. Ai lati, sono visibili gli archi sui quali si impostano i muri radiali (foto dell’A.)

Fig. 92 - Colonnato di S. Pietro. Portico meridionale. Sot- totetto, particolare dell’originario incavo degli arcarecci. A destra ed a sinistra, veduta parziale dei pilastrelli realizzati nel Settecento per innalzare la quota della copertura (foto dell’A.)

Fig. 93 - Colonnato di S. Pietro. Portico meridionale. Sot- totetto, particolare. In primo piano, l’estradosso della volta a botte centrale (A), alla base della quale è visibile il muro di rinfianco (B); segue poi la volticella della campata la- terale (C) con, a sinistra, l’arco (D) sul quale si imposta il muro radiale (E). Sullo sfondo, la muratura d’ambito (F) con pilastrino centrale aggiunto nell’intervento settecentesco di innalzamento della quota della copertura (foto dell’A.)

A

B

C

F

D

E

“In teoria ben combinata, ma in prattica molto difettosa”. Convoglia-

mento e smaltimento dell’acqua piovana

Tutt’altro che trascurabili, i problemi connessi al sistema di convogliamento e di smaltimento dell’acqua piovana impegnano il Bernini, finendo per coin- volgere addirittura Alessandro VII: le difficoltà maggiori discendono non tanto dal versante tecnico, quanto dall’esigenza compositiva di non alterare in modo inaccettabile il profilo superiore del Colonnato, in particolare per ciò che concerne la visione dalla piazza. Unitamente ai pochi elaborati grafici disponibili, la documentazione d’archivio permette di ricostruire con apprez- zabile precisione il sistema ideato dal Bernini, in relazione al quale, come già per la struttura di copertura, risulterà tuttavia necessario intervenire a posteriori attraverso modifiche ed aggiustamenti operati a cantiere ancora aperto.

Le due falde inclinate della copertura di ciascun Portico convogliano l’acqua piovana in altrettanti grandi canali di gronda o Converse, realizzati in piombo con saldature in stagno, posizionati tra il tetto e la fascia muraria corrispondente al basamento della balaustrata, al fregio ed alla cornice dell’ordine architettonico del Colonnato (“Muro nell’altezza del fregio, cornice” concluso in alto, secondo le parole del Valadier, dal ”Marciapiede di travertino, aderente alla balaustrata”) (figg. 96, 97): quest’ultima presenta un’altezza pari complessivamente a palmi 20 ½ (circa cm 458) ed uno spessore variabile da 5 ½ a 6 palmi (cm 123-134)64. Ciascuna Conversa viene sistemata in un alloggiamento in tevolozza (“Muro sotto la Conversa, che ringrossa dietro il misurato lon. dal misurato sino alla testata del Frontespitio p.mi 514 ¾”) pressoché quadrato in sezione (larghezza: 3 palmi, ovvero cm 67; altezza 3 ½ palmi, cioè poco più di cm 78, valore quasi coincidente con quello segnato in uno schizzo berniniano, fig. 99). Pur riportando

Fig. 94 (a fronte) - Colonnato di S. Pietro. Portico meri- dionale, struttura di copertura (restituzione digitale del- l’arch. C. Volken, in collaborazione con l’A.) Fig. 95 (a fronte) - Colonnato di S. Pietro. Portico meri- dionale, struttura di copertura (restituzione digitale del- l’arch. C. Volken, in collaborazione con l’A.)

Fig. 96 - Colonnato di S. Pietro. Portico settentrionale. Copertura, lato verso la piazza. In basso, tra il basamento della balaustrata e la falda del tetto, è visibile il canale murario nel quale è alloggiata la conversa (foto dell’A.) Fig. 97 - Colonnato di S. Pietro. Portico settentrionale. Copertura, lato verso l’esterno. Sulla sinistra, la falda del tetto; a destra, il “marciapiede di travertino” alla base della balaustrata. In mezzo, il canale murario in cui è alloggiata la conversa (foto dell’A.)

Fig. 98 - Colonnato di S. Pietro. Portico settentrionale. Conversa, dettaglio (foto dell’A.)

Fig. 99 - Schizzo per la soluzione relativa allo smaltimento dell’acqua piovana (BAV, Chig., a. I. 19, f. 50r). Viene indicata la scansione delle bocchette (una ogni due colonne), la pendenza indicativa dei canali della conversa ed il muro che contiene la conversa stessa. I valori relativi alla lar- ghezza della conversa (2 palmi) ed allo spessore del canale murario di alloggiamento (3 palmi) coincidono sostan- zialmente con quanto realizzato. Contrariamente a quanto da ultimo affermato da B. Jatta (vedi catalogo dei disegni berniniani conservati presso la Biblioteca Apostolica Vati- cana), lo studio non si riferisce ai “rapporti spaziali del Colonnato di S. Pietro”

Fig. 100 - Colonnato di S. Pietro. Portico meridionale. Conversa, particolare della connessione con il bocchettone di scarico (foto dell’A.)

Fig. 101 - Colonnato di S. Pietro. Portico meridionale. Conversa, particolare del bocchettone di scarico (foto del- l’A.)

la misura della lunghezza della Conversa, la documentazione non ne specifica la larghezza, indicata tuttavia in 2 palmi (cm 44,68) nel prezioso disegno conservato presso la Biblioteca Apostolica Vaticana65(fig. 99) che chiarisce anche l’altezza del muro di alloggiamento (3 palmi) e soprattutto delinea la pendenza di ciascun tronco delle Converse, necessaria per convogliare l’acqua raccolta verso i doccioni, a loro volta in piombo con saldature in stagno (bochetti o bocchette) (figg. 100,

101). Questi ultimi sono sistemati ad intervalli regolari (uno ogni due interco-

lumni) (fig. 99); la documentazione archivistica chiarisce le dimensioni e la tecnica di posa in opera dei bochetti (“Per la mettitura in opera di n. 20 bocchette lon. luna p.mi 10 murate in calce sottile con fatte le bilancie à posta per agiustare le bocche, murate sotto”)66. La notevole lunghezza di ciascuno di essi, pari dunque a 10 palmi (cm 223,4), deriva dalla necessità di attraversare il muro in corri- spondenza del fregio dell’ordine architettonico del Colonnato, aggiungendo ov- viamente la sporgenza libera esterna; la quota dello sbocco dei doccioni corrisponde appunto a quella del limite inferiore del fregio (fig. 102). Il posizionamento delle

Converse è peraltro evidenziato con chiarezza anche nella sezione del Colonnato

inclusa nel Tempio Vaticano di Carlo Fontana (1694) (fig. 72), anche se la loro larghezza appare largamente inferiore al reale.

Per ciò che concerne il Portico settentrionale, il piombo usato per le Converse alloggiate in altrettanti setti in tavolozza larghi 4 ¼ ed alti 2 palmi (rispettivamente cm 95 e 45 circa, dunque con misure leggermente diverse rispetto al Portico meridionale) e le 37 bocchette (18 verso la piazza, 19 verso l’esterno) viene valutato il 22 novembre 166267. Condotto in diverse fasi tra il 17 giugno 1661 ed il 31 ottobre 1662, il lavoro è “fatto con gran scommodo, e perdimento di tempo per conformarsi al Commodo de Muratori secundo, che erano in ordine per murare, e fermare d.e Converse, e bochette, oltre il gran sprego del taglio del piombo in ciascuna laltra à danno del Stagnaro per il Calo, che fa in tornarlo ò squagliare non potendosi cavare da una l’altra, che un solo Canale”.

Fig. 102 - Colonnato di S. Pietro. Portico meridionale. Posizionati nella parte inferiore del fregio dell’ordine ar- chitettonico sono visibili i bocchettoni di scarico, disposti ad intercolumni alternati (foto dell’A.)

La soluzione ideata dal Bernini nasconde alla vista le Converse: il fine è ovvia- mente quello di non alterare l’immagine del Colonnato, il cui il sistema di convo- gliamento e smaltimento dell’acqua piovana è rivelato solo dalla sporgenza delle parti terminali delle bocchette; e sarà proprio il numero di queste ultime ad interessare Alessandro VII, evidententemente consapevole della loro visibilità so- prattutto in relazione alla piazza (“quanti canali per la parte concava che si vedono, che per la convessa men importa”, 16 aprile 1661)68. Tuttavia, l’operazione di si- stemazione delle bocchette viene compiuta nel Portico settentrionale (il primo ad essere realizzato) solo dopo l’esecuzione del muro ed il montaggio dei blocchi di travertino del fregio, determinando una spesa non indifferente per la necessità di operare i relativi fori. È difficile pensare che tutto questo sia il frutto di una semplice dimenticanza; più probabile che il Bernini abbia messo a punto tale so- luzione solo in corso d’opera, evidentemente modificando una precedente soluzione progettuale rivelatasi non idonea. Appare evidente come i bocchettoni forniscano un’immagine esteticamente non ottimale (fig. 102), il che sembra avvalorare l’idea che costituiscano una soluzione di ripiego; dovendo armonizzare al tempo stesso il risultato estetico finale e la protezione delle strutture murarie, lo smaltimento

Fig. 103 - Colonnato di S. Pietro. Portico settentrionale. Conversa, particolare. Rispetto al Portico settentrionale, è visibile la quota maggiore della copertura (a sinistra), do- vuta all’intervento settecentesco di rifacimento ed innal- zamento. Conseguenza è l’affossamento della conversa stessa (foto dell’A.)

dell’acqua piovana deve dunque aver rappresentato per il Bernini un problema tutt’altro che secondario. La scelta di un impluvio chiuso era stata peraltro esplici- tamente raccomandata dall’Alberti, che aveva notato in diversi edifici antichi la corrosione della pietra a seguito del dilavamento dell’acqua piovana fuoriuscita dalle grondaie anche in seguito all’azione del vento (“E soprattutto lì dove l’acqua cade in abbondanza e, sospinta dal vento, fuoriesce dalle grondaie e dai gocciolatoi, è necessario usare un materiale molto robusto, dal momento che capita spesso di vedere negli edifici antichi perfino il marmo smangiato – si dice così – e comple- tamente corroso dal danno causato da questo tipo di dilavamento… quasi tutti gli esperti Architetti, per rimediare a questo inconveniente, sono soliti convogliare e far defluire la pioggia raccolta nel tetto attraverso un impluvio chiuso”)69; e l’ammonimento albertiano deve essere sembrato tanto più degno di attenzione in considerazione della natura in gran parte litica del Colonnato.

La visione ravvicinata della copertura del Portico meridionale evidenzia, nel confronto con quello settentrionale, il maggior ‘affossamento’ delle Converse rispetto alla quota del tetto (fig. 103), conseguenza di un intervento approvato

Nel documento Il Colonnato di piazza S. Pietro (pagine 111-129)