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Tipo, proporzionamento, disposizione dell’ordine architettonico

Nel documento Il Colonnato di piazza S. Pietro (pagine 163-165)

Duecentottantaquattro colonne scandiscono il Colonnato berniniano: otto in meno di quelle visibili nel progetto ‘ufficiale’ rappresentato nell’incisione celebrativa del Bonacina (agosto 1659) (fig. 31), dal momento che le quattro colonne esterne di ciascuno dei due Ingressi centrali non verranno mai realizzate per la loro scarsa visibilità o, più probabilmente, per non restringere ulterior- mente la già ridotta area libera89(fig. 127). Alle colonne vanno sommati gli ottantotto pilastri, disposti in corrispondenza dei sei Ingressi (tre per ciascun Portico) e, superiormente, le trabeazioni.

Per la scelta dell’ordine toscano, costante lungo tutto il lungo percorso proget- tuale, è stata di volta in volta evidenziata l’esigenza di non contrapporsi al fastoso corinzio del prospetto della basilica od anche il legame ideale con il bramantesco tempietto di S. Pietro in Montorio, scandito tuttavia da sedici colonnne doriche90. In realtà, come vedremo, il Bernini disegnerà il proprio ordine con estrema libertà.

Una volta definito lo schema compositivo a matrice ovale articolato in tre corsie e scandito da colonne singole trabeate (autunno 1657), la ricerca ber- niniana deve essersi concentrata sulla sua traduzione in un coerente sistema architettonico, proporzionando nella maniera più appropriata l’ordine e cali- brando opportunamente la distribuzione delle colonne in relazione a requisiti funzionali e visivi (in particolare in relazione alla visione privilegiata dalla piazza). Di fatto, due momenti della medesima impostazione progettuale, in considerazione della stretta correlazione tra i due parametri-base del propor- zionamento in alzato e della misura dell’intercolumnio.

È consuetudine critica sottolineare la scelta del Bernini di sovrapporre una trabeazione ionica a colonne (e pilastri) di ordine toscano (indicato, talvolta, come dorico). In realtà, già Carlo Fontana aveva notato come “sono di tre qualità d’ordini gli ornamenti de’ predetti Portici, cioè la Base d’ordine Toscano, il fuso delle Colonne con suo Architrave, Fregio e Cornice, Ionico, col capitello Dorico”91; ma è lo stesso Fontana a riprodurre sorprendentemente in modo errato la base delle colonne, ‘dimenticando’ il tondino interposto dal Bernini tra toro e cimbia (figg. 128, 129). Ad un’attenta analisi, anche i riferimenti avanzati dal Fontana non appaiono così univoci: la base con plinto, toro e tondino sotto la cimbia è per il Vignola, ad esempio, comune sia all’ordine toscano che a quello dorico, a diffe- renza di quanto ritenuto negli stessi anni da Palladio e, in precedenza, dal Serlio92. L’architrave a due fasce e cimasa superiore, che non compare in alcun ordine del Serlio, è per Vignola e Palladio esclusiva dell’ordine composito, non di quello

Fig. 127 - Colonnato d. S. Pietro. Portico settentrionale, prospetto esterno. L’immagine evidenzia la ridotta distanza tra il Portico e la Porta Sancti Petri. Le quattro colonne aggettanti dell’avancorpo avrebbero ostruito completamente l’area (foto dell’A.)

Fig. 128 - Colonnato. Portico settentrionale, dettaglio della base di una colonna. Si noti la numerazione nel plinto (foto del’A.)

Fig. 129 - C. Fontana, Il Tempio Vaticano e Sua Origi-

ne, Roma 1694, Libro IV, p. 193. La tavola descrive le

“Regole osservate nell’ornati delli Portici vaticani con altre dell’autore”; in alto a destra, la “Regola e dispositione delle Colonne e suoi Ornati nelli Portici Circolari Vaticani usate dal Bernino Architetto”

ionico (anche se è presente in rari casi in associazione con il corinzio, come nel Tempio di Vesta a Tivoli); per ciò che concerne la cornice, la presenza di dentelli con ovolo superiore richiama effettivamente l’ordine ionico del Barozzi (e, prima di lui, del Serlio) ma, ancora una volta, non quello del Palladio93. In definitiva, l’approccio berninano manifesta una libertà combinatoria che attinge alle diverse

auctoritates normative, anche se, nel complesso, il testo vignoliano emerge come

la fonte privilegiata.

Ai fini del proporzionamento, le due scelte fondamentali relative all’ordine architettonico riguardano l’altezza da attribuire all’ordine ed il dimensiona- mento dell’intercolumnio: scelte, come già accennato, strettamente interdi- pendenti nella definizione di qualsiasi portico trabeato. Tra le cinque fon- damentali possibilità di intercolumnio – esposte già nel testo vitruviano e successivamente riproposte dai trattatisti del Cinquecento – Bernini adotta l’intervallo sistylos, corrispondente a due diametri: intercolumnio per il quale l’architetto e trattatista augusteo, seguito in questo ancora da Palladio (“Ma se gli spazi [cioè gli intercolumni] saranno tre diametri, le colonne saranno lunghe sette teste e meza, overo otto, come nell’ordine dorico, e se di due et un quarto, le colonne saranno lunghe nove teste, come nel ionico, e se di due, si faranno le colonne lunghe nove teste e meza, come nel corinthio, e finalmente, se saranno di un diametro e mezo, saranno le colonne lunghe dieci teste, come nel compoisito”), prescrive colonne alte nove diametri e mezzo (“nel sistilos l’altezza [delle colonne] va divisa per nove e mezzo”): indicazione recepita, con una minima diminuzione, dal Bernini94che tuttavia applica la ‘regola’ all’ordine toscano, non al corinzio come prescritto da Palladio.

Diverse fonti, edite o manoscritte, riportano le misure fondamentali del- l’ordine architettonico berniniano, dalla documentazione di cantiere all’incisione ‘ufficiale’ del Colonnato di Giovanni Battista Bonacina su disegno del Bernini (1659) (fig. 31), dal Tempio Vaticano di Carlo Fontana (1694) (fig. 129) agli accurati rilievi condotti da Giuseppe Valadier (1812); misurazioni più recenti, effettuate con mezzi più avanzati, hanno apportato ulteriori elementi, confer- mando tuttavia nella sostanza i dati disponibili95. Le colonne berniniane pre- sentano un diametro all’imoscapo di palmi 6 ½ (poco meno di cm 146) per un’altezza comprensiva di base e capitello di 57 ½ (m 12,83 circa), con un in- tercolumnio di palmi 12 ¾ (in pratica, il doppio del diametro): valori che si ri- feriscono ovviamente a quello che nei documenti viene chiamato il “primo Giro” delle colonne, cioè quello che, prospettando sulla piazza, risulta più visibile e non a caso viene considerato nella documentazione del tempo come il più importante. La trabeazione sviluppa un’altezza di palmi 14 ½ (m 3,24), corrispondente in pratica, come già ricordato dal Fontana96, ad 4 di quella della colonna, un valore assolutamente ‘canonico’. Disposte radialmente, le colonne dei tre giri posteriori presentano intercolumni di misura crescente, ri- spettivamente palmi 13 ¾ (secondo giro), 15 1/3(terzo giro), 16 5/12 (quarto giro): orientamento che porta a scartare precedenti ipotesi alternative (fig. 124) ed adottato dal Bernini, come si è visto, entro il 15 settembre 1657, data della relazione di Virgilio Spada allegata alla lettera di Leonardo Agostini a Leopoldo de’ Medici, in cui si descrive appunto la soluzione scartata (“la grossezza di queste colonne verso la piazza si disegnavano di palmi 5 di diametro, e nella parte esterna quel che più portavano le due linee, che dal centro giungevano alla circonferenza maggiore”).

È peraltro il caso di ribadire come le dimensioni generali dell’ordine ar- chitettonico del Colonnato siano il frutto della verifica attraverso il confronto tra i modelli al vero compiuta, come si è visto, nell’autunno del 1657.

Nel documento Il Colonnato di piazza S. Pietro (pagine 163-165)