Sia la medaglia coniata in occasione della cerimonia della posa della prima pietra (28 agosto 1657) (fig. 23), che quella, di poco successiva, in cui compare la versione a colonne singole invece che binate102 (fig. 26), raffigurano il co- siddetto terzo Braccio posizionato a chiusura del lato orientale della piazza, peraltro ricordato anche in una breve relazione di Virgilio Spada del 15 set- tembre 1657 (“Di modo che, essendo distinto questo giro di Portici in tre pezzi, doi mezzi tondi, e quello di mezzo del Priorato...”)103. Completamento dei due Portici ‘maggiori’, il terzo Braccio ne segue fedelmente l’evoluzione: se infatti la prima soluzione si articola in cinque varchi ritmati da colonne bi- nate, la seconda mostra otto passaggi definiti da nove colonne singole. Nella medaglia ormai prossima alla soluzione definitiva (1658), nell’incisione ‘uffi- ciale’ del Bonacina (1659) (fig. 31), nelle rappresentazioni di Giovan Battista Falda (1662, 1665) (fig. 142), i varchi diventano nove, con quello centrale più ampio ed inquadrato da un avancorpo a colonne binate analogo ai due
Ingressi posti in corrispondenza dell’asse maggiore dell’ovale104. Questa sem- brerebbe, dunque, la soluzione messa a punto dal Bernini, anche se nella det- tagliata planimetria in scala conservata tra le carte di Alessandro VII (la cosid- detta Pianta Vaticana) i varchi si riducono a sette105. L’immagine nella medaglia celebrativa della conclusione dei lavori dei due Portici coniata nel XII anno del pontificato di Alessandro VII, dunque dopo il 7 aprile 1666, ripropone senza variazioni la soluzione elaborata nove anni prima, segno che in quest’arco di tempo il terzo Braccio non era stato oggetto di revisione progettuale (fig.
30): circostanza comprensibile, dal momento che l’impegno del Bernini e le
sollecitazioni papali si erano concentrati sui due Portici maggiori e, successi- vamente, sui Bracci di collegamento con la facciata della Basilica.
Dopo un’interruzione di oltre otto anni, la storia ‘ufficiale’ del terzo Braccio del Colonnato riprende con la riunione della Sacra Congregazione della Re- verenda Fabbrica del primo gennaio 1667, durante la quale viene ricordato come “si stavano pigliando le misure della Casa del Priorato per farne la stima, e riferirla a Sua Santità”106; come già accaduto in precedenza, anche in questo caso la nota riflette una precisa richiesta di Alessandro VII, testimoniata da un appunto autografo (“buttare a terra il Priorato … Far la stima, e disegno di ciò che resta senza q.to appoggio”)107. Come mostrato da planimetrie e ve- dute del tempo (figg. 138, 139), il palazzo del Priorato occupava parzialmente l’estremità orientale della piazza108; peraltro già adombrata nella citata relazione di Virgilio Spada (15 settembre 1657)109, la sua demolizione era dunque in- dispensabile per liberare completamente l’area necessaria per il futuro terzo Braccio, idea forse avviata il 5 dicembre precedente, giorno in cui lo stesso Pontefice aveva annotato nel diario: ”Doppo pr[anz]o siamo col Cav. Bernino circa il br[acci]o e piazza di S. Pietro”110.
La nota della Sacra Congregazione del primo gennaio sulle misure degli edifici da demolire che “si stavano pigliando” viene confermata dalle stime ef- fettivamente sottoscritte alcuni giorni dopo relative, oltre al palazzo del Priorato, ad altri nove immobili111. Nella Congregazione piccola svoltasi il mese successivo (4 febbraio) viene stabilito che le “misure del Priorato, e dell’altre Casette vicine saranno sbrigate per la prima Congregat:ne, et intanto si pensarà al modo di fare il gettito”112. Ufficialmente presentate una settimana dopo, le
misure quantificano a quasi quattordicimila scudi la previsione di spesa, di cui
poco meno di undicimila solo per l’edificio del Priorato113. Nella stessa occasione si afferma come la progettata demolizione “darà molta comodità in riguardo della Pietra da mettersi in opera, tanto ne Fondamenti, quanto nella Platea
della Fontana nuova, si è risoluto, che per la prima Cong:ne si faccia il partito; e si pensa di tenere l’istessa maniera dell’altro gettito delle Case”114.
Il Gettito del Priorato viene infatti deliberato nella Congregazione del 19 febbraio “con patto, che di tutto quello, che si cavarà due Terzi vadano per la spesa, et in vantaggio di chi getta, et un Terzo resti libero alla Fabrica”115. Ra- tificata la decisione, è possibile dare immediatamente inizio ai lavori: il 21 febbraio il diario di cantiere attesta che “si è principiato à scoprire il tetto per demolire il Palazzo del Priorato à piedi la piazza di S. Pietro”; poco più di un mese dopo (24 marzo 1667) l’opera di demolizione, condotta da ben 70 gua-
statori, ha già raggiunto il piano terra del grande edificio116.
Ma è proprio nella prima metà di febbraio, contestualmente ai provvedi- menti finalizzati a liberare l’area, che matura un ulteriore scatto: nella stessa Congregazione del 19 febbraio 1667 in cui viene decisa la distruzione del pa- lazzo del Priorato, viene infatti anche “considerato il modello dell’Orologio da farsi nella Piazza di S. Pietro, et unitamente tutti hanno riverito il pensiero di Sua Santità, il quale è che si sollecitino per hora le guide e le selciate della Piazza, e che di poi con le dovute considerazioni si pigliarà risoluzione”117. L’importanza della nota è duplice:
a) innanzitutto attesta come, a questa data, il Bernini abbia già intrapreso uno studio su basi nuove del terzo Braccio, inserendovi quell’Orologio sul quale si tornerà a breve118: lo schema elaborato a partire dalla fine del 1657 appare dunque superato119.
b) Alessandro VII ordina che, una volta conclusa la demolizione del palazzo del Priorato e degli immobili vicini, i lavori debbano concentrarsi sulla pavimentazione della piazza (figg. 133, 134); solo successivamente la Sacra Congregazione avrebbe dovuto deliberare in merito alla realizzazione del terzo Braccio (“si pigliarà risoluzione”) aggiornato secondo il nuovo pro- getto berniniano. Dietro la decisione di Alessandro VII si può intuire il de- siderio del Papa, gravemente malato ed ormai prossimo alla morte (22 maggio 1667), di vedere completata la piazza ovale prima di intraprendere un nuovo intervento, la cui realizzazione avrebbe ovviamente comportato tempi più lunghi; non è del tutto da escludere tuttavia che questa dilazione, in evidente contrasto con la decisa volontà di accelerare i tempi che aveva costantemente caratterizzato l’azione papale, possa nascondere anche qualche residuo dubbio in merito alla nuova soluzione elaborata dal Bernini. Ricordando come il Buccimazza si fosse impegnato a consegnare entro la fine di giugno solo la metà della pavimentazione della piazza, il “pensiero” di Alessandro VII si- gnificava in pratica lo spostamento all’anno successivo dell’eventuale inizio dei lavori del terzo Braccio, creando dunque le condizioni per una più matura riflessione progettuale.
Se la morte di Alessandro VII non impedirà la continuazione di alcune opere di completamento della piazza (Braccio meridionale, scalinata davanti alla Basilica e pavimentazione, collocazione delle statue sopra la balaustrata, spostamento della fontana settentrionale e realizzazione ex novo di quella me- ridionale), finirà invece per relegare tra i progetti irrealizzati il terzo Braccio. Nonostante proposte avanzate anche successivamente, come quella risalente al pontificato di Clemente XI Albani (1700-1721) che porterà alla realizzazione di un modello tuttora conservato, il terzo Braccio non sarà mai costruito.
Quello che si sviluppa nel febbraio del 1667 è tuttavia molto di più di un semplice aggiornamento progettuale: si è di fronte infatti ad un sostanziale cambiamento del significato attribuito al terzo Braccio, con la conseguente trasformazione tanto del ruolo quanto dell’immagine architettonica. Non ap-
pare dunque un caso che, proprio tra il 30 gennaio e la fine di febbraio, gli in- contri tra Alessandro VII ed il Bernini assumano una cadenza serrata120e che si infittiscano le riunioni congregazionali (tabella 1).
Per comprendere questo passaggio, occorre innanzitutto riflettere sul fatto che, differenza dei due Portici realizzati, il terzo Braccio progettato nel 1657 è, dal punto di vista strettamente funzionale, in gran parte inutile. Le sue corsie non portano da nessuna parte, non permettendo, come invece viene esplicitamente ricordato per i due Portici maggiori, di raggiungere la Basilica al riparo dal sole e dalla pioggia. Nella concezione iniziale berniniana, la valenza del terzo Braccio non è dunque di tipo funzionale, ma soprattutto compositiva, finalizzata cioè alla chiusura dell’invaso della piazza ed alla netta separazione di quest’ultima dal disomogeneo contesto edilizio circostante, preservando comunque i canali prospettici laterali orientati verso gli Ingressi dei due Bracci (in particolare quello di destra, in asse con Borgo Nuovo e col- legato direttamente alla Scala Regia e dunque al palazzo Apostolico)121.
Tornando dopo oltre otto anni ad occuparsi del terzo Braccio, il Bernini dimostra presto un’evidente insoddisfazione nei confronti della soluzione ela- borata in precedenza, sondando nel giro poche settimane, come vedremo, la possibilità di arretrare il nuovo corpo architettonico verso piazza Rusticucci. Per quale ragione? Come è si è visto, la costruzione del Braccio settentrionale aveva determinato la demolizione della torre dell’Orologio eretta sotto Paolo V all’inizio del Seicento122; la nuova impostazione progettuale cercherà dunque di risolvere contemporaneamente i due problemi della sistemazione di un nuovo Orologio e dell’aggiornamento dello schema progettuale del 1657, fa- cendoli armonicamente confluire in una nuova, unica soluzione architettonica. Se è in questo contesto che vanno collocati gli schizzi in cui compare un blocco più alto (fig. 135), contemporaneamente l’architetto si convince della necessità, di staccare con maggior decisione, arretrandolo di più rispetto agli altri due Portici, il nuovo corpo edilizio, ormai dotato di una propria specificità; questo stadio della ricerca è testimoniato da un prezioso schizzo in cui il terzo Braccio compare decisamente arretrato rispetto al perimetro ovale della piazza (fig. 136), oltre che da un progetto per la pavimentazione della piazza123(fig.
133). Il problema sarà a questo punto individuare la giusta distanza dai Portici
realizzati: i due segmenti visibili nello schizzo, tangenti alle testate libere del Colonnato e tracciati tra l’asse del terzo Braccio e gli avancorpi centrali dei due Portici, intendono appunto saggiare posizione e visibilità del nuovo corpo edilizio, chiarendo al tempo stesso la necessità di demolire non solo il palazzo del Priorato con le case annesse (come sarebbe stato indispensabile per la rea- lizzazione di un terzo Braccio allineato ai due Portici), ma anche di alcuni immobili retrostanti (tra cui, appunto, il palazzo Branconio dell’Aquila). L’idea permette inoltre di andare oltre alla precedente ipotesi di inserire orologi in corrispondenza degli Ingressi del Colonnato (probabilmente quello verso la Scala Regia, non a caso posizionato nei pressi della demolita “Torre dell’Oro- logio” di Paolo V), testimoniata da uno schizzo berniniano124(fig. 137): studio che risale alla prima fase del cantiere, sicuramente prima del 29 marzo 1661, quando viene posizionato lo stemma pontificio (ma probabilmente anche pri- ma del 1659). La denominazione “dell’Orologio” riferita al terzo Braccio, presente già nel verbale della Congregazione del 19 febbraio 1667, esplicita dunque una connotazione funzionale fin a quel momento assente.
Una decisione tutt’altro che indolore: rispetto alla localizzazione lungo il perimetro dell’ovale, l’arretramento del terzo Braccio verso la piazza Rusticucci comporta necessariamente un’opera di sgombero dell’area decisamente mag- giore rispetto a quanto inizialmente preventivato (e calcolato nei primi giorni
Fig. 133 - Piazza S. Pietro. Progetto per la pavimentazione (BAV, Chig., P. VII. 9, f. 15r). La planimetria viene di- segnata con ogni probabilità nei primi mesi del 1667. Si noti la posizione arretrata del terzo Braccio, studiata dal Bernini dal febbraio 1667
Fig. 134 - Piazza S. Pietro. Progetto per la pavimentazione (BAV, Chig., P. VII. 9, f. 16r). Il 13 gennaio 1667, Ales- sandro VII annota sul diario “… il Cav. Bernino ci lassa lo scompartimento della piazza del Teatro di San Pietro”; uno “Scandaglio di quello, che importarà a selciare la metà della Piazza di S. Pietro” (BAV, Chig., H. II. 22, f. 222r), redatto dopo il primo gennaio 1667, sembra riferirsi a questo progetto. Si noti il prolungamento degli “stradoni” rettilinei oltre l’ovale della piazza
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di gennaio); ed è esattamente in questo mutato contesto che, tra il 12 ed il 22 marzo 1667, vengono redatte nuove stime di immobili da demolire, che ini- ziano esattamente là dove si erano arrestate le precedenti (gennaio 1657), ov- vero, come specificato, dal “filo assegnato del Palazzo d.to di Raffaelle”125(fig.
139). Per ciascuno degli otto immobili stimati viene significativamente ripor-
tata la frase “Qual casa intende di comprare la R.da Fab.a di S. Pietro à fine di farne gettito per la nuova Fab.a dell’Horologio, che si deve fare nel sito di quest’Isola di Case”: il confronto con la frase riportata per ciascuno degli im- mobili valutati nel gennaio (“Qual casa intende di comprare la R.da Fab.a di S. Pietro à fine di farne gettito per ingrandire la piazza”) sintetizza con chiarezza l’evoluzione progettuale intercorsa in due mesi.
Sarà proprio il celebre palazzo Branconio dell’Aquila – capolavoro ar- chitettonico di Raffaello Sanzio, erroneamente identificato poi con la resi- denza dell’artista – la prima vittima del nuovo programma (fig. 138); nel maggio del 1667, il Cartari annoterà malinconicamente: “Si era affatto ces- sato nella demolizione del Palazzo di Raffaelle nella piazza Vaticana, restando in piedi la facciata principale, con alcuni muri laterali, affatto spicati, né senza pericolo di ruina”126.
Come correttamente evidenziato dal Wittkower, svincolare il terzo Braccio dai due Portici realizzati libera il Bernini dalla necessità di conservare la matrice planimetrica curva127; ecco perché il Braccio assume quell’andamento retto che compare in alcuni elaborati grafici risalenti a questa fase (figg. 133, 144,
145). La preoccupazione principale diventa allora l’individuazione della giusta
distanza di arretramento dalla piazza stessa; un prezioso schizzo conservato tra le carte chigiane indaga appunto sommariamente il criterio di riferimento, in base al quale il centro del prospetto del terzo Braccio verso la piazza sarebbe stato determinato prolungando i due segmenti tracciati dagli angoli compresi tra gli avancorpi centrali ed i Portici, e tangenti agli spigoli interni degli Ingressi orientali128 (fig. 136).
È interessante notare come, pur con le inevitabili semplificazioni, il percorso delineato trovi corrispondenza nelle rappresentazioni grafiche di quegli anni,
Fig. 135 - G. L. Bernini. Schizzo per il terzo Braccio con settore centrale a più livelli (BAV, Chig., a. I. 19, f. 63v) Fig. 136 - G. L. Bernini. Schizzo di piazza S. Pietro con il terzo Braccio arretrato (BAV, Chig., a. I. 19, f. 68r). Ultimo disegno del manoscritto, lo schizzo planimetrico mostra, in alto, il terzo Braccio esterno rispetto al perimetro ovale della piazza; sono segnati anche due segmenti (tan- genti alle due testate libere del Colonnato) che uniscono il suo asse con gli avancorpi centrali dei due Portici, per ve- rificare posizione e visibilità. Davanti al terzo Braccio, è tracciata la planimetria schematica del palazzo del Priorato con le case annesse
il che conferma come le proposte elaborate di volta in volta trapelassero, almeno a livello generale, anche all’esterno. Il Disegno et Prospetto dell’alma
città di Roma (1661/1662), riedizione aggiornata della Pianta di Antonio
Tempesta (1593) (fig. 140), la Pianta di Roma come si trova al presente di Lievin Cruyl (1665) (fig. 141), la Descrittione dell’alma città di Roma di Federico Agnelli (1666) (fig. 142) mostrano ancora il terzo Braccio allineato con i due Portici, peraltro analogamente a livello di veduta, alla celebre im- magine contenuta nel Il Nuovo Teatro delle Fabbriche, et Edificii in prospettiva
di Roma moderna (1665), ancora dello stesso Falda (fig. 143). Già nel 1667,
tuttavia, una splendida veduta della piazza del Cruyl (Oxford, Ashmolean Museum) mostra un contesto mutato (fig. 144): il disegno riporta alcuni ele- menti assenti nella realtà (vedi le statue sopra la balaustrate interna ed esterna dei Portici e dei corridori, le due fontane, etc.), anticipando quello che, secondo l’autore, sarebbe stato verosimilmente l’aspetto dell’opera una volta ultimati gli ultimi lavori. Sulla destra, perfettamente visibile, il terzo Braccio: un blocco colonnato a matrice retta e, soprattutto, decisamente arretrato rispetto all’ovale della piazza. L’assenza dell’Orologio può essere spiegata ipotizzando che il Cruyl fosse a conoscenza dell’idea di arretrare il terzo Braccio, ma non degli studi berniniani finalizzati ad inserirvi il corpo dell’Orologio; oppure, e forse più verosimilmente, che tali studi non fossero mai andati, anche per la decisione di Alessandro VII di rimandare l’inizio dei lavori, al di là di semplici schizzi o programmi di massima. Molto meno arretrato, ma comunque esterno al pe- rimetro ovale risulta infine il terzo Braccio riportato nella cosiddetta Pianta
piccola del Falda (1667) (fig. 145) e nella Nuova Pianta di Roma Presente di
Matteo Gregorio de Rossi (1668) (fig. 146) che non è certo il frutto, come è stato talvolta ipotizzato, di un errore dell’autore, visto che compare anche nella piccola veduta della piazza inclusa nella Pianta. Si noti come il Falda ri- porti il terzo Braccio sormontato centralmente da un secondo livello da iden- tificarsi in quella torre dell’Orologio a quel tempo allo studio. Infine, nella
Pianta grande del Falda (1676) uno spoglio slargo testimonierà l’abbandono
del progetto, peraltro anticipato ancora dal Falda, a livello di veduta, ne Il
Fig. 137 - G. L. Bernini. Schizzo della piazza con indi- cazione del prolungamento dell’asse di Borgo Nuovo e del- l’avancorpo con orologio della testata occidentale del Portico settentrionale (BAV, Chig., a. I. 19, f. 26r)
Terzo Libro del’ Novo Teatro delle Chiese di Roma, edito nel corso del pontificato
di Clemente IX Rospigliosi (1667-1669) (fig. 147).
Funzionalmente motivato dall’introduzione dell’Orologio, connesso com- positivamente ai Portici maggiori dalla medesima scansione a colonne trabeate con avancorpo assiale, ma al tempo stesso dotato di una propria autonomia accentuata dalla posizione distaccata e dalla matrice geometrica retta, il terzo Braccio supera, nella revisione del 1667, quel carattere compositivo per certi versi meccanico manifestato nell’impostazione iniziale, costituendo nella con- cezione berniniana, più che un elemento di dialogo con la facciata della Basilica (non plausibile per l’evidente scarto dimensionale, oltre che per le profonde differenze compositive), un necessario filtro tra la disordinata edilizia cittadina e la conclusa immagine della nuova piazza.
Il significato del nuovo Braccio “dell’Orologio” andrà progressivamente perdendosi; e sarà Carlo Fontana a riportarlo alla luce, in una nuova e per- sonale versione destinata tuttavia anch’essa a rimanere sulla carta129(fig. 148).
Lo spostamento del terzo Braccio finirà per condizionare anche lo schema della pavimentazione della piazza, altro problema in discussione, come si è visto, nella prima metà del 1667130. Se sono pervenuti due progetti (figg. 133,
134), è solo uno di essi che sembra essere stato studiato con maggior attenzione
e, dunque, essersi avvicinato all’idea finale. Lo Scandaglio di quello che importarà
a selciare la metà della piazza di S. Pietro, un puntuale riepilogo delle spese
previste per la parziale pavimentazione dell’area, si riferisce infatti allo schema a “stradoni dritti, et ovali e spartimenti”131 (fig. 134). L’elemento interessante è che, nel primo progetto (fig. 133), lo stradone settentrionale non risulta in asse con Borgo Nuovo, ma collega i due avancorpi di testata del Portico.
L’analisi della storia e dell’evoluzione dell’intervento berniniano a piazza S. Pietro, ed in particolare l’irrisolta vicenda del terzo Braccio, porta anche a far giustizia di tesi preconcette od acriticamente ribadite. Tra queste, l’idea di un Bernini sostanzialmente rispettoso del tessuto storico dell’area vaticana: un’immagine spesso proiettata in controluce rispetto all’intervento di Marcello
Fig. 138 - Giovanni Antonio Dosio, veduta dell’imbocco di Borgo Nuovo da piazza S. Pietro (già a Firenze, GDSU, 2580A). Sulla destra, in primo piano, il palazzo del Prio- rato, dietro il quale, allineato su Borgo Nuovo, si vede in scorcio il palazzo Branconio dell’Aquila
Fig. 139 – Limite tra le demolizioni decise nel gennaio del 1667 e quelle del marzo seguente (planimetria del 1651: BAV, Barb. Lat., 11257, f. 6)
Fig 138 Giovanni Antonio Dosio veduta dell’imbocco
Fig. 140 - Antonio Tempesta. Il Disegno et Prospetto
dell’alma città di Roma (1661/1662), dettaglio dell’area
del Vaticano. Riedizione aggiornata della celebre Pianta del 1593
Fig. 141 - Lievin Cruyl. Pianta di Roma come si trova
al presente (1665), dettaglio di piazza S. Pietro
Fig. 142 – Federico Agnelli. Descrittione dell’alma città
di Roma (1666), dettaglio di piazza S. Pietro
Fig. 143 (a fronte) - Giovan Battista Falda, Il Nuovo
Teatro delle Fabbriche, et Edificii, in prospettiva di Ro-