Il 17 agosto 1657, undici giorni prima della posa della prima pietra del Colon- nato, il cardinale Nepote Flavio Chigi riferisce alla Sacra Congregazione della Reve- renda Fabbrica di S. Pietro la decisione del Papa: la provvisione spettante al Bernini per l’opera al servizio della nuova piazza di S. Pietro sarà pari a 60 scudi mensili, da sommare ovviamente alla “solitam eius provisionem s. 16:66⅓quolibet mense” (cioè allo stipendio mensile di poco meno di 17 scudi riconosciutogli come architetto della Reverenda Fabbrica, valore coincidente con la retribuzione goduta a suo tempo da Carlo Maderno e, ancora prima, da Giacomo della Porta); l’ordine di Alessandro VII capovolge la conclusione alla quale la Congregazione stessa era per- venuta il 17 marzo precedente, in base alla quale “per i portici, come Fabrica ordinaria dependendo dal suo officio d’architetto non era necessario assegnarli altra provisione”26. Tra la primavera e l’estate del 1657 si confrontano quindi due con- cezioni opposte: per molti dei componenti della Sacra Congregazione, gli emolu- menti ordinari riconosciuti al Bernini includono anche il nuovo incarico, dal mo- mento che quest’ultimo fa capo comunque alla Reverenda Fabbrica; per Alessandro VII, invece, l’eccezionalità dell’opera giustifica il riconoscimento di una sostanziosa quota extra. L’unica limitazione imposta dal Papa riguarda la durata dei versamenti, fissata “ad quiquennium, et non ultra”, segno come Alessandro VII prevedesse in cinque anni il tempo necessario per condurre a termine l’opera; o forse, in maniera più sottile, il termine fissato dal Pontefice rappresentava una sorta di implicito invito ad evitare di prolungare troppo i lavori. Nella stessa riunione, viene incaricato Virgilio Spada di redigere un elenco degli accordi da stipulare con i fornitori di calce e travertino “pro construen. Porticibus”27.
Dalla lista dei “Pagam.ti fatti al S.r Cav. Gio: Lorenzo Bernino Arch.to della R.da fab.a di S. Pietro per la s.praintendenza alli Novi Portici nella Piazza di S. Pietro a rag.e di s.di 60 il mese per anni cinque in esecut.ne del Decr.o della Sacra Congregatione del 17 Agosto 1657”28si deduce come il primo pagamento di 300 scudi all’architetto, riferito ai cinque mesi precedenti, sia del 14 gennaio 1658; seguono gli altri versamenti con cadenza mensile (60 scudi) o, solo per cinque volte, ogni due mesi (120 scudi). La lista segnalata copre il periodo fino al 28 luglio 1662, quando risulta correttamente versato al Bernini un totale di 3600 scudi.
Già cinque giorni prima dell’ufficializzazione del suo compenso, il Bernini aveva peraltro definito i “Prezzi stabiliti nel opera di travertino da farsi nel opera del Portico”, distinguendo i blocchi “piani” (cioè non sagomati) da quelli “scorniciati” (cioè colonne e trabeazione): i primi da pagarsi a 6 baiocchi il palmo quadrato, i secondi ad otto29.
I compiti del Bernini vengono riassunti schematicamente in un memoriale anonimo, in cui si ricorda come l’architetto “per ubidire a S. S.tà non solamente anticiperà a’ dare tutti quegli modelli, piante, profili, centine, modoni, e’ qual- sivoglia altra misura necessaria ma è andato anco pensando a tutti quelli modi che si potrebbero tenere per camminare con magior prestezza e sparagnio che sia possibile”30. In un cantiere delle proporzioni di quelle del Colonnato, i compiti del Bernini si riveleranno tuttavia ben più articolati di quanto previsto all’inizio. Oltre ovviamente alle responsabilità progettuali, l’architetto è tenuto a verificare la qualità del materiale utilizzato in cantiere: in primo luogo, il tra- vertino, ma anche il tufo e perfino la calce e la pozzolana31; si deve recare più volte, su ordine della Sacra Congregazione, a controllare edifici da demolire per liberare l’area della piazza; autorizza l’inserimento nella lista dei pagamenti, talvolta su segnalazione del soprastante (ad esempio, il 4 marzo 1662, per ciò che riguarda Ambrogio Appiani, nipote di Andrea, uno dei responsabili della
lavorazione di uno degli stemmi pontifici del Portico settentrionale)32, anche se spesso comunicazioni di questo tipo sono sottoscritte insieme ad altri officiali della Fabbrica (il soprastante, il fattore e, talvolta, il fratello Luigi deputato)33. In più casi, il Bernini scrive “di Casa” (ovvero dalla sua abitazione) all’economo segretario, chiedendo l’emissione di mandati di pagamento a beneficio di ap- paltatori o maestranze34.
Rientrano nei compiti del Bernini, anche incombenze che, qualora non venis- sero confermate dalla documentazione disponibile, sarebbe difficile attribuirgli. Il 14 gennaio 1667, ad esempio, nel corso della Congregazione minore il Bernini viene incaricato di valutare la consistenza dei blocchi di travertino di proprietà della Fabbrica accatastati in luoghi diversi e non ancora utilizzati35. Ancora più singolare l’incarico ricevuto dalla Congregazione particolare (4 luglio 1664) di controllare se corrisponde al vero che il quondam Benedetto Traglia abbia conse- gnato in passato una certa quantità di mattoni alla Fabbrica senza riscuotere l’im- porto dovuto (75 scudi), così come asserito dalla vedova Antonia36; poco più di un mese dopo, arriva puntualmente la risposta dell’architetto37e, sia pure ridotta a 70 scudi, la somma sarà effettivamente versata alla richiedente. In casi eccezionali, il Bernini può essere sostituto nella firma delle autorizzazioni di spesa dal fratello Luigi, che tuttavia è tenuto a specificare “per Giovan Lorenzo Bernini”, come accade ad esempio da maggio ad ottobre 1665, quando l’architetto è assente da Roma per il celebre viaggio in Francia alla corte di Luigi XIV; è da tenere presente che Luigi, che in più stime di lavori figura come “deputato”, riceve un regolare versamento mensile dalla Reverenda Fabbrica (4 scudi, meno della metà rispetto a quanto riconosciuto al soprastante), anche se la motivazione riportata (“per tener netto il Ciborio”, cioè il Baldacchino della basilica) appare in gran parte for- male38. In altri termini, è estremamente probabile che Luigi sia stato cooptato dal fratello con incarichi vari, tra i quali il più significativo, come verrà ricordato da Filippo Baldinucci, è l’allestimento di ponti e, soprattutto, antenne.
Figura chiave del cantiere vaticano, il soprastante rappresenta l’anello di con- giunzione tra la direzione tecnica, in primo luogo l’architetto della Reverenda Fabbrica, ed il mondo degli esecutori, ovvero le maestranze39. Nell’arco cronolo- gico corrispondente al progetto ed alla realizzazione del Colonnato (1656-1667) si avvicendano tre soprastanti, dal momento che a Pietro Paolo Drei, morto di peste nel dicembre del 1656, succede a partire dal febbraio successivo il figlio Benedetto, la cui giovanissima età rende tuttavia necessario l’affiancamento del ben più esperto Marc’Antonio de Rossi (padre di Mattia, il più fedele allievo del Bernini); alla morte del de Rossi (marzo 1661), infine, rimarrà il solo Benedetto: una scelta, quest’ultima, apparentemente singolare in considerazione della sua ridotta esperienza (il che spiega il periodo d’apprendistato a fianco del de Rossi), ma che deve essere inquadrata in quel processo di trasmissione familiare di qua- lifiche e mansioni che caratterizza la storia della Reverenda Fabbrica40. Il sopra- stante dipende dall’architetto e, ad un livello più alto, dalla Sacra Congregazione (“Doverà pigliar l’ordini del Architetto di tutto quello, che haverà da fare, e quelli doverà esseguire puntualmente, il simile gl’altri ordini, che li saranno dati dalla Congregatione”). Le sue mansioni sono varie: innanzitutto, deve “stare sopra gl’huomini che lavorino, e quelli solecitarli, e portarli alli luoghi dove sono atti”, controllandone quotidianamente sia l’entrata che l’uscita; a lui spetta la ve- rifica dei materiali da costruzione (“in particolar la calce bianca sia ben bagnia- ta… e matoni siano boni… la pozzolana che sia buona”) e del lavoro svolto dalle maestranze. Per quanto riguarda in particolare il travertino, il soprastante è tenuto a recarsi ai porti di scarico o talvolta fino alle cave per sincerarsi della sua qualità, misurando scrupolosamente (insieme al fattore) i blocchi scaricati nella piazza
dai vari carrettieri ed annotando puntualmente “à giorno per giorno” su appositi
libri, cioè registri di cantiere, le presenze dei vari manuali e le spese minute41; vigila inoltre sugli utensili della Fabbrica “che servono alli stuccatori falegnami muratori scalpellini, et manuali, et altri”. Il soprastante ha anche importanti compiti di valutazione, ad esempio in relazione al lavoro svolto dai manuali, po- tendo comunicare all’economo l’entità delle relative competenze, in modo che quest’ultimo possa autorizzare il computista all’emissione dei mandati di paga- mento; sottoscrive anche le cedole di consegna alle maestranze ed agli appaltatori di materiale di proprietà della Fabbrica (ad esempio, il 30 maggio 1663, in rela- zione ad un ingente quantitativo di tavole e tavoloncelli di legno ceduto ai capo- mastri muratori Brogi, Agustone ed Ostini) ed annota il materiale venduto all’e- sterno (ad esempio, residui di travertino o marmi)42. Più in generale, il soprastante può rappresentare l’architetto in incombenze per le quali quest’ultimo, come nel caso del Bernini, risulti gravato da altri incarichi. Anche in virtù di un rapporto di consolidata fiducia, numerose dunque sono le comunicazioni scambiate con l’architetto: tra i molti esempi possibili, il breve scambio relativo al pagamento di 60 scudi a favore dello scalpellino Ambrogio Appiani per lo stemma araldico pontificio “che va sopra il portico” (4-5 marzo 1662), in cui il Bernini ammette di essersi “scordato” di autorizzare il mandato chiedendo appunto al soprastante di comunicare l’entità del versamento al computista43.
In conclusione, il soprastante della Reverenda Fabbrica emerge dalla docu- mentazione come una figura professionale competente, costantemente presente nel cantiere, affidabile nelle varie mansioni affidategli, flessibile nei compiti: as- similabile, sotto diversi aspetti, al moderno assistente, o geometra, di cantiere.
Strettamente connessa alla figura del soprastante, è quella del fattore incarnata, nel periodo in questione, da Giacomo Balsimeli: anche quest’ultimo, infatti, assove a funzioni sia tecniche che economico-gestionali. Sebbene Renata Sabene includa la funzione del fattore esclusivamente nel settore amministrativo, il luogo di lavoro, le mansioni, i rapporti quotidiani con il soprastante e le maestranze, le dirette responsabilità per ciò che concerne materiale edilizio ed attrezzature con- fermano la sua appartenenza alla sfera tecnica, almeno per ciò che concerne gli anni del Colonnato44. Il fattore consegna gli utensili di proprietà della Reverenda Fabbrica alle maestranze, verificandone la riconsegna; più in generale, a lui è at- tribuita la supervisione delle monitioni, ovvero dell’ampia disponibilità di materiale ed attrezzi della Fabbrica. Il fattore controlla gli operai “in particolar li condannati”, sollecitando i meno attivi; anche altre operazioni, come la verifica della quantità e della qualità del materiale edilizio, in particolare dei blocchi di travertino rustici e lavorati “che vanno tirati dalli Carettieri, sotto il tiro”, vengono svolte insieme al soprastante: come quest’ultimo, il fattore è tenuto a redigere alcuni registri, ad esempio quello relativo alla presenza giornaliera dei manuali ed alla consegna dei materiali, in particolare del travertino che fanno ovviamente da riscontro agli analoghi redatti dal soprastante. Naturalmente, il fattore sarà in possesso delle chiavi del cantiere “come anco le chiavi della Cupola”.
Proprio in virtù degli stretti legami, il soprastante ed il fattore firmano congiuntamente le giustificazioni di pagamento ai fornitori e sottoscrivono le cosiddette patenti (ovvero gli attestati che confermano l’attività svolta al servizio della Fabbrica da parte dei singoli operatori, necessarie per ottenere eventuali
privilegi, come permessi, esenzioni, etc.); e può capitare che, in caso di infermità
o comunque di indisponibilità del soprastante, il fattore lo sostituisca, anche per periodi non brevi45. Il quadro si completa con una sintetica menzione del misuratore, al quale si riconduce la stima non solo delle opere del Portico, ma anche, ad esempio, degli edifici demoliti per liberare l’area dei Portici46.