Da entrambi questi punti di vista, la figura di Pierre Rebuffi (fine del sec. XV-1557), si presenta come oggetto ideale per una ricerca, sebbene non abbia finora destato molto interesse nella storiografia. In anni re-
europäischen Privatrechtsgeschichte, II, Neuere Zeit (1500-1800). Das Zeitalter des gemeinen Rechts, 2, Gesetzgebung und Rechtsprechung, München, 1976, pp. 187-227.
6 F. C
ALASSO, Introduzione al diritto comune, cit., pp. 183-184.
7 D. M
AFFEI, Gli inizi dell’umanesimo giuridico, cit., pp. 15-16, 19; inoltre D. QUA- GLIONI, Tra bartolisti e antibartolisti. L’Umanesimo giuridico e la tradizione italiana
nella Methodus di Matteo Gribaldi Mofa (1541), in F.LIOTTA (a c. di), Studi di storia
del diritto medioevale e moderno, Bologna, 1999, pp. 185-212: 185-187; ora anche
I. BIROCCHI, Alla ricerca dell’ordine, cit., pp. 233-239. Sui problemi posti dall’umane-
simo giuridico, mi permetto di ricordare anche i miei «Consuetudo legi praevalet».
Consuetudine e legge nel commento di Ulrich Zasius a D. 1, 3, 32, in C. NUBOLA,
A. WÜRGLER (a c. di), Suppliche e «gravamina». Politica, amministrazione, giustizia in
Europa (secoli XIV-XVIII), Bologna, 2002, pp. 427-453, e soprattutto Pierre Grégoire tra leges e mores, cit., specie pp. 1-21.
centi, se n’è occupato Ernst Holthöfer, che ne ha tracciato un breve pro- filo biografico8, e da ultimo anche chi scrive, correggendo alcune in- formazioni tralatizie9. Rebuffi, studente di humanitates a Montpellier, vi incominciò anche gli studi giuridici, perfezionandoli poi a Tolosa e a Cahors. Professore a Poitiers e a Bourges, si trasferì quindi a Parigi ove salì la cattedra di diritto canonico. Svolse anche le funzioni di avvocato presso il Parlamento di Parigi. Papa Paolo III gli offrì un seggio alla Rota romana, ma il giurista francese declinò l’invito, come fece anche per le profferte di posti nei Parlamenti di Rouen, Bordeaux, Tolosa e, ancora, Parigi. Nel 1547 ricevette l’ordinazione sacerdotale e scompar- ve dieci anni dopo. La sua figura fu una delle maggiori nel panorama francese ed europeo contemporaneo, e una delle pochissime che illu- strarono la facoltà parigina di quegli anni, che sono, non dimentichia- molo, quelli dell’affermazione dell’umanesimo, anche giuridico, fran- cese. Rebuffi dedicò particolare attenzione agli studi di ius gallicum, senza trascurare comunque i tradizionali ambiti del ius commune, civile e canonico. Nel suo ampio lavoro consacrato alle costituzioni dei re di Francia, trova posto anche un trattato sulla consuetudine, su cui conver- rà soffermarsi10.
8 Ora C. Z
ENDRI, Rebuffi (Rebuffe, Rebuffus) Pierre, in Dictionnaire historique des
juristes français (XIIe-XXe siècle), cit., pp. 656B-657B; E. H
OLTHÖFER, Rebuffi (Rebuf-
fus), Pierre, in M. STOLLEIS (hrsg. von), Juristen. Ein biographisches Lexikon von der
Antike bis zum 20. Jahrhundert, München, 1995, pp. 513-514. Inoltre R. CHABANNE,
Rebuffe ou Rebuffi (Pierre), in R. NAZ (dir. par), Dictionnaire de droit canonique, VII,
Paris, 1965, coll. 475-477; G. ERMINI, Rebuffi, Pierre, in Enciclopedia italiana di
scienze lettere ed arti, XXVIII, Roma, 1949 (rist. dell’ediz. 1935), p. 950B.
9 Il riferimento va al mio contributo Rebuffi, Pierre, in Dictionnaire historique des
juristes français, cit., p. 656B in cui correggo alcune inesattezze sulla data di nascita;
inoltre mi permetto di ricordare anche il mio Il «Tractatus de supplicationibus, seu
errorum propositionibus» di Pierre Rebuffi (1487-1557), in C. NUBOLA, A. WÜRGLER
(a c. di), Forme della comunicazione politica in Europa nei secoli XV-XVIII. Suppliche, gravamina, lettere - Formen der politischen Kommunikation in Europa vom 15. bis 18.
Jahrhundert. Bitten, Beschwerden, Briefe, Bologna-Berlin, 2004, pp. 33-51.
10 P
IERRE REBUFFI, Tractatus de consuetudine, usu, et stylo: in iudiciis valde
frequens et utilis, in ID., Commentarii in constitutiones regias gallicas, III, Lugduni, Ad
Salamandrae, Apud Sennetonios Fratres, 1552, pp. 1-44, d’ora in avanti citato come De
Il trattato in parola si apre con una citazione che rivela certamente la nuova temperie umanistica11. Rebuffi ricorda che in un luogo della Lex
Duodecim Tabularum si prescrive di osservare i costumi della famiglia
e della patria12. Questa antichissima norma appare quindi la sanzione della forza stessa della consuetudine, una forza pari a quella della legge, perché più antica13. È questa la ragione che ha indotto Rebuffi ad af- frontare anzitutto il problema della consuetudine, ponendosi sulle tracce di molti altri interpreti, attenti soprattutto alle consuetudini francesi14.
11 E il conseguente, maggiore interesse per la dimensione storica del diritto. In ge-
nerale cfr. R. ORESTANO, Introduzione allo studio del diritto romano, Bologna, 1987,
soprattutto pp. 175-219; inoltre ampi e talora discutibili rilievi in D.R. KELLEY (ed. by),
History and the Disciplines. The Reclassification of Knowledge in Early Modern Eu- rope, Rochester (N.Y.), 1997; D.R. KELLEY, Foundations of Modern Historical Schol-
arship. Language, Law, and History in the French Renaissance, New York-London,
1970. Per lo specialissimo caso bodiniano cfr. M.-D. COUZINET, Histoire et méthode à
la Renaissance. Une lecture de la Methodus ad facilem historiarum cognitionem de Jean Bodin, Préface de C. Vasoli, Paris, 1997. Peraltro l’interesse per la storia nutrito
dagli umanisti non deve essere sottolineato fino al punto di dimenticare gli interessi pratici e applicativi con cui essi guardarono sempre ai testi della tradizione romanistica. Su ciò cfr. H.E. TROJE, Humanistische Kommentierungen klassischer Juristenschriften,
in Ius Commune, 4 (1972), pp. 51-72.
12 De consuetudine, p. 1 n. 1: «In lege Duodecim Tabularum (dicebatur) Ritus
familie patrieque servanto. Et sic praecipiebatur consuetudinem servari».
13 Ibid.: «Unde cum consuetudo vim habeat legis, imo vincat legem. l. de quibus.
cum ll. sequentibus ff. de legibus quia antiquior fuit lege, ut inferius dicetur». Rebuffi allega in questo luogo la l. De quibus, Digesto, De legibus (D. 1, 3, 32 [31]): «De quibus causis scriptis legibus non utimur, id custodiri oportet, quod moribus et consuetudine inductum est: et si qua in re hoc deficeret, tunc quod proximum et consequens ei est: si nec id quidem appareat, tunc ius, quo urbs Roma utitur, servari oportet. Inveterata consuetudo pro lege non immerito custoditur, et hoc est ius quod dicitur moribus constitutum. nam cum ipsae leges nulla alia ex causa nos teneant, quam quod iudicio populi receptae sunt, merito et ea, quae sine ullo scripto populus probavit tenebunt omnes: nam quid interest suffragio populus voluntatem suam declaret an rebus ipsis et factis? quare rectissime etiam illud receptum est, ut leges non solum suffragio legis latoris, sed etiam tacito consensu omnium per desuetudine abrogentur», e i fram- menti successivi (D. 1, 3, 33-40).
14 De consuetudine, loc. ult. cit.: «Ob id in primis tractabimus de consuetudine.
Verum quia multi interpretes in consuetudines Franciae diversas multas conscripse- runt». Rebuffi si riferisce naturalmente alla ricca dottrina coutumière che in terra fran- cese si era sviluppata nei secoli precedenti. Si tratta in primo luogo delle raccolte delle
Ma la sua attenzione si è rivolta, egli aggiunge, particolarmente a quegli aspetti sin lì trascurati, eppure di importanza pressoché quotidiana, al fine di darne un’esposizione sintetica ma chiara ed efficace15.
Lo studio di Rebuffi prende le mosse da un’osservazione di Baldo degli Ubaldi, di carattere schiettamente metodologico: ogni questione giuridica può essere affrontata da tre differenti punti di vista: la volontà, le solennità (vale a dire la forma) e le persone che sono coinvolte. Sa- ranno questi, scrive il nostro giurista, i criteri che guideranno la sua ri- cerca, perché le stesse costituzioni regie francesi ne sono inevitabilmen- te informate16.
La struttura del trattato si presenta articolata in sette parti distinte e di differente ampiezza. Scrive Rebuffi17:
Verum ut propius ad hanc materiam accedamus, Primum omnium a definitione incipiemus: quaerendo quid sit consuetudo: Secundo
consuetudini regionali, per cui cfr. G. VAN DIEVOET, Les Coutumiers, les Styles, les
Formulaires et les “Artes notariae”, Turnhout-Belgio, 1986 (Typologie des sources du
Moyen Âge occidental, 48 A-III. 1*). Alcuni di questi coutumiers ebbero una circola- zione molto intensa e prolungata, e furono oggetto di studio molto tempo dopo la loro redazione. È il caso del Grand Coutumier de France, risalente al regno di Carlo VI, circolato manoscritto e a stampa sino al 1539, e che fu edito ancora una volta da Louis Charondas Le Caron nel 1598. Per queste informazioni e il testo dell’opera cfr. E. LABOULAGE,R. DARESTE, Le Grand Coutumier de France, Aalen, 1969 (rist. anast.
dell’ediz. Parigi 1868). Ancora più importante il lavoro di Philippe de Beaumanoir sulle
coutumes de Beauvaisis, per cui si veda E. CORTESE, Il diritto nella storia medievale, II,
cit., pp. 479-480. Per altre informazioni, soprattutto sulla seconda modernità, oltre alla bibliografia francese in tema di diritto consuetudinario citata sin qui, si veda la voce di J. POUMARÈDE, Coutumes et droit écrit, in L. BÉLY, Dictionnaire de l’Ancien Régime.
Royaume de France XVIe-XVIIIe siècle, Paris, 1996, pp. 364B-371A.
15 De consuetudine, loc. ult. cit.: «Ideo ego brevi ea praecipue, quae ab ipsis omissa
sunt, et quotidiana hic inserere nitar».
16 Ivi, n. 2: «Et quia in omni fere materia triplex potest emergere quaestio, de iure
(videlicet) voluntatis, solennitatis, et personae. teste Baldo in l. bonorum. columna ii. C. de bonorum possessione secund. tabu. Ideo in his constitutionibus frequentius de his videbimus». Cfr. BALDO DEGLI UBALDI, In Sextum Codicis Librum Commentaria, Ve-
netiis, s. n., MDLXXXVI, ad l. Bonorum, Codex Iustinianus, De bonorum possessione
secundum tabulas (C. 6, 11, 2), f. 38vA n. 3: «Triplex ergo quaestio esse potest, scilicet
de iure voluntatis, de iure solennitatis, et de iure id est, habilitate personae».
quotuplex: Tertio ponam differentias inter consuetudinem et praescriptionem: Quarto necessaria ad consuetudinem: Quinto an consuetudo tollat legem: Sexto quam vim habeat consuetudo, quibus discussis ad textum harum constitutionum regiarum veniemus.
Quindi il testo, con la sua grande dicotomia fra una prima parte, dal taglio più nettamente dottrinale e istituzionale (e sulla quale ci si sof- fermerà in questa sede), e una seconda che è, in sostanza, un apparato di glosse ad alcune ordinanze regie, rivela significativi nessi con la trat- tatistica giuridica cinquecentesca non meno che con la tradizione di diritto comune sviluppatasi nella prima modernità, che pure al culmine della maturità non aveva mai mancato di fare occasionalmente ricorso al genere della glossa, anche e soprattutto attorno a costituzioni impe- riali come quelle emanate da Enrico VII agli inizi del Trecento e ben presto corredate da Bartolo di una vera e propria glossa18. D’altro canto, la stessa dicotomia e la successiva articolazione interna della prima par- te, risultano sostanzialmente analoghe alla struttura di altri trattati di Rebuffi, ad esempio il De supplicationibus19.
18 Si tratta in particolare delle cosiddette costituzioni Ad reprimenda e Quoniam
nuper. La glossa bartoliana ebbe notevole circolazione sia, accanto al testo delle costi-
tuzioni, nel Volumen sia, autonomamente, nel corpus degli Opera Omnia bartoliani. Cfr. D. QUAGLIONI, «Universi consentire non possunt». La punibilità dei corpi nella
dottrina di diritto comune, in C. NUBOLA, A. WÜRGLER (a c. di), Suppliche e «grava-
mina», cit., pp. 409-425: 418-420; D. QUAGLIONI, «Rebellare idem est quam resistere».
Obéissance et résistance dans les gloses de Bartolo à la constitution «Quoniam nuper» d’Henry VII (1355), in J.-C. ZANCARINI (ed.), Le droit de résistance, XIIe-XXe siècle,
Paris, 1999, pp. 35-46; D. QUAGLIONI, «Fidelitas habet duas habenas». Il fondamento
dell’obbligazione politica nelle glosse di Bartolo alle costituzioni pisane di Enrico VII,
in G. CHITTOLINI,A. MOLHO,P. SCHIERA (a c. di), Origini dello Stato. Processi di for-
mazione statale in Italia fra medioevo ed età moderna, Bologna, 1994, pp. 381-396. Si
ricostruiscono da ultimo questi testi come una costituzione unica, seguita dalla sua de-
claratio, sulla base di un testimone manoscritto recentemente scoperto, in C. ZENDRI,
Enrico VII, Dante e Pisa a 700 anni dalla morte dell’imperatore e dalla Monarchia (1313-2013), Atti del convegno (Pisa-San Miniato al Tedesco, 24-26 ottobre 2013), a c.
di G. Petralia, M. Santagata, Ravenna, 2016 (Memoria del tempo, 49).
19 Su cui si veda il mio Il «Tractatus de supplicationibus, seu errorum