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Le conseguenze di tutto ciò sono assai precise, e riguardano soprat- tutto lo status, la condizione giuridica dei banditi. Come già per Bartolo e altri prima di lui77, anche per Nello bisogna innanzitutto distinguere dagli altri i banditi dall’imperatore o dal papa, vale a dire dalle supreme e universali autorità.

Il bando imperiale o papale comporta la perdita di tutti quei diritti che sono garantiti dal ius civile, e per conseguenza anche dei beni, con il risultato che è possibile avvicinarli ai deportati della tradizione roma- nistica78. Se invece il bando sia inflitto da un’autorità subordinata, che quindi non può privare i condannati dei benefici del ius civile, allora, se essi subiscano la confisca dei beni, certamente non possono essere pa-

75 N

ELLO DA SAN GIMIGNANO, De bannitis, cit., f. 365vA n. 4.

76 Ibid.: «Si vero sint alia statuta de quibus supra maxime in proemio dictum est,

satis tolerabiliter dici posset eos hostibus comparari».

77 Mi permetto di rinviare ancora a C. Z

ENDRI, Éléments d’une définition juridique

de l’exil, cit., pp. 43-47 (v. anche supra pp. 118-123), inoltre C. GHISALBERTI, La con-

danna, cit., pp. 42-46.

78 N

ELLO DA SAN GIMIGNANO, De bannitis, cit., f. 365vA n. 4: «Quod quidam sunt

banniti imperialis culminis, vel apostolicae sanctitatis, et quia perdunt ea quae sunt iuris civilis, et per consequens bona, possunt aequiparari deportatis».

ragonati agli hostes romani Imperii, poiché non è loro dichiarata guerra, e quindi non possono essere offesi impunemente. Inoltre, essi non pos- sono essere assimilati ai deportati, per la buona ragione che costoro non possono risiedere in nessun luogo, tranne quello loro assegnato, mentre, al contrario, i banditi possono dimorare ovunque, ad eccezione del luo- go dal quale sono stati, appunto, banditi79. Soltanto se le autorità che pongono al bando hanno anche il ius deportandi, ad esempio in virtù del vicariato imperiale, i banditi possono essere equiparati ai deporta- ti80. Il che sembra fornire a Nello l’occasione per una considerazione salace, a proposito dei vicari imperiali81.

Si passa poi a discutere degli effetti della condanna, in particolare dei diritti che i banditi perdono con la condanna82. Il dibattito in dottri- na è acceso83, e tuttavia egli conclude a favore dell’opinio bartoliana84: «Ego autem sto cum opinione Bartoli quae est communis quod in territorio suae civitatis non perda‹n›t iuris communis dispositionem». Ma occorre fare attenzione. Se è vero che l’autorità inferiore, quella cittadina in particolare, non può privare un uomo del suo status di civis

Romani imperii, non è men vero che, in virtù proprio della l. Omnes populi, nel luogo in cui hanno vigore, le norme statutarie prevalgono su

quelle di diritto comune. Ne consegue che, se il ius proprium si oppone

79 Ibid.: «Quidam vero sunt banniti ab inferiore non habente potestatem deportandi,

nec privandi subditos beneficio iuris civilis, quoniam talia non sunt imperii eorum, et tunc si bona eorum publicantur, bellum tamen eis non indicitur, et aequiparantur vere deportatis, quia sicut deportati perdunt ea quae sunt iuris civilis, nec tamen eis bellum indicitur … Sed banniti tales perdunt bona, et beneficia civitatis suae, et tamen non possunt offendi. Sed hoc non procedit quod aequiparentur deportatis, quia deportatis interdicitur omnis locus excepta insula in qua deportatus est: bannitus autem talis potest stare in omni loco … excepto loco a quo est bannitus». Sull’assimilazione ai deportati cfr. C. ZENDRI, Éléments d’une définition juridique de l’exil, cit., pp. 36-39 (cfr. anche

supra pp. 110-114), e C. GHISALBERTI, La condanna, cit., pp. 12-19, 23-24.

80 N

ELLO DA SAN GIMIGNANO, De bannitis, cit., f. 365vA n. 4: «Si autem haberent

[scil. inferiores] potestatem deportandi, dicit tunc bannitos tales vere aequiparari deportatis».

81 Ibid.: «Quod est multum periculosum in terris quae habent ex concessione iure

vicariatus, vel imperii, et habent insulas».

82 Ivi, n. 5: «Quinto quaero quae generaliter perdant banniti nostri temporis». 83 Ibid.: «In hoc multi multa dixerunt inculcando leges de aliis bannitis loquentes». 84 Ibid.

ad alcune norme favorevoli del ius commune, è il primo a prevalere, pur senza privare il bandito della sua condizione giuridica garantita sulla base del diritto comune85. Solo il ius gentium rimane intoccabile, in quanto diritto comune degli esseri umani, almeno nella misura in cui la dottrina ne riconosce l’intangibilità86. Insomma, in virtù della natura stessa del diritto comune, laddove disponga il ius proprium, il ius

commune si ritrae, tanto che la condizione giuridica del bandito, nel

luogo in cui tale diritto proprio ha vigore, può essere determinata esclu- sivamente da esso87. D’altro canto, il principio sotteso alla condanna al bando, è che la condizione del bandito debba essere resa peggiore, anzi, la peggiore possibile. Coerentemente, Nello ritiene che il ius commune conservi sempre il suo vigore, anche nel territorio della città che inflig- ge il bando, solo qualora si tratti non di commoda, di benefici, ma di

incommoda, cioè di svantaggi88. Infatti il bandito, nel territorio della città che lo ha condannato, non può allegare il diritto comune in suo favore89. Infine, conclude Nello, gli statuti sfavorevoli capaci di avere effetto oltre i confini cittadini “seguiranno” per così dire sempre il ban- dito, mentre quelli favorevoli non potranno mai essere allegati90.

85 Ivi, f. 365vB n. 5: «Dico etiam quod [bannitus] perdit dispositionem iuris

communis in sui favorem, si illius loci statuta adversarentur: sunt enim legibus praevalentia, ut l. omnes populi, et sic in sui odium disponentia, ergo illa non perdit».

86 Ibid.: «Retinentur ergo iura gentium». Sul problema della derogabilità al ius

gentium cf. E. CORTESE, La norma giuridica. Spunti teorici nel diritto comune classico,

I, cit., pp. 124-139; per gli sviluppi cinquecenteschi cfr. D. QUAGLIONI, I limiti della

sovranità, cit., pp. 43-80.

87 Su questo rinvio alle sempre fondamentali e lucidissime pagine di F. C

ALASSO,

Introduzione al diritto comune, cit., soprattutto pp. 111-116, 125-126.

88 N

ELLO DA SAN GIMIGNANO, De bannitis, cit., f. 365vB n. 5: «Item iura civilia

Romanorum [retinentur] sive in sui odium, et hoc indistincte sive in sui favorem disponant, nisi hoc secundo casu a statuto iura communia sint correcta».

89 Ibid.: «Tunc enim in territorio suae civitatis ius illud commune in sui favorem

allegare non poterit».

90 Ibid.: «Ideo omnia statuta privativa porrigentia effectum suum extra territorium

… locum habebunt in talibus bannitis quocunque vadant, favorabilia autem statuta, nec ibi, nec alibi poterunt [banniti] allegare, quia illa omnino perdiderunt».