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L'esercizio delle funzioni di organizzazione dei servizi pubblici locali nel processo di riforma degli enti local

Uno dei problemi fondamentali che ha caratterizzato la programmazione e la gestione dei servizi pubblici locali è stata la rilevante frammentazione conseguente all'attribuzione delle funzioni a livello comunale, aspetto che non ha consentito di realizzare programmazioni strategiche ed integrate e di configurare mercati locali di dimensioni ottimali sotto il profilo economico-gestionale, al fine di sfruttare economie di scala e di creare bacini di gara realmente concorrenziali.

In alcuni casi il superamento della dimensione meramente comunale è avvenuto in via di fatto, mediante l’utilizzo dello strumento societario. In varie zone del paese sono state istituite società partecipate da una pluralità di amministrazioni comunali incaricate della gestione dei servizi pubblici locali nella titolarità degli enti locali partecipanti. Tali operatori, spesso sotto forma di imprese multiutility attive in svariati settori economici - con l'accentramento della fase gestionale e la configurazione di soggetti di rilevanti dimensioni imprenditoriali - hanno consentito di sfruttare specifiche competenze manageriali, di ottenere economie di scala e programmare servizi integrati e più efficienti.

La concentrazione del mercato mediante la partecipazione in società di gestione è dimostrata dall'esistenza di un numero esiguo di imprese di grandi dimensioni che rappresenta numericamente soltanto il 4% dell’insieme delle società partecipate, ma che in realtà copre più della metà del valore della produzione del comparto.105

Il medesimo risultato è stato ricercato dal legislatore a livello istituzionale, sia prevedendo ed incoraggiando forme stabili di cooperazione tra enti locali, come le unioni di comuni,106sia con lo svolgimento in forma associata dei compiti

105 La dimensione media delle imprese risulta però sensibilmente diversa tra settori. Le imprese

partecipate che fatturano più di 60 milioni di euro annui rappresentano un valore complessivo della produzione pari all'87% nel settore dell'energia elettrica, al 35% nella distribuzione del gas, al 57% nei servizi idrici, al 41% nel settore dei rifiuti. Elaborazione su dati del Ministero dell'economia e finanze, in Commissario straordinario per la revisione della spesa, Programma di razionalizzazione delle partecipate locali, Roma, 7 agosto 2014.

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Il progetto di trasformazione dei poteri locali ha visto l'imposizione ai comuni con popolazione inferiore a 5.000 ab. dell'obbligo di gestire in forma associata tutte le funzioni fondamentali (art. 14 commi 26 ss. del d. l. n. 78 del 2010) e poi il rilancio dell'unione come modello organizzativo di riferimento, introducendo le unioni speciali per i comuni con popolazione inferiore a 1.000 ab. per lo

connessi all'erogazione dei servizi pubblici locali attraverso l'integrazione in ambiti territoriali di dimensione ottimale, previsti dapprima a livello settoriale e da ultimo estesi a tutti i servizi pubblici a rete di rilevanza economica.107

Il nuovo approccio si è caratterizzato per il superamento dell'idea di fornire strumenti di cooperazione eventualmente azionabili volontariamente dai singoli enti locali. Di fronte alla crisi economica, la necessità di ridurre la spesa pubblica ha condotto alla previsione di forme obbligatorie di associazionismo degli enti di minori dimensioni e più in generale al tentativo di razionalizzazione dell'ordinamento degli enti locali,108 anche con la revisione strutturale o la riconfigurazione di livelli di governo come quello provinciale.109

Il tema finisce dunque per coinvolgere la questione più generale del riassetto del sistema delle autonomie locali, questione aperta fin dalla riforma del titolo V della Costituzione del 2001 che, sull’affermazione dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, ha inteso porre le autonomie locali al centro dell'attività della pubblica amministrazione, dando luogo ad un costante incremento delle funzioni svolte dal basso.110Tendenza che avrebbe richiesto una sistemazione organica, adeguando l'ordinamento locale alla riforma costituzionale.111

svolgimento associato di tutte le funzioni (art. 16 del d. l. n. 138 del 2011).

107 l'art. 3-bis del d. l. n. 38 del 2011 ha stabilito che le regioni devono organizzare i servizi pubblici a

rete di rilevanza economica in dimensioni almeno provinciali, tali da consentire economie di scala e di differenziazione idonee a massimizzare l'efficienza dei servizi.

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Problema che affonda le radici già al momento dell'unificazione in quanto, a differenza di altri Stati europei, le circoscrizioni comunali non sono mai state oggetto di revisione e fin dall'unificazione amministrativa del regno d'Italia (L. 23 ottobre 1859, n. 3702 e L. 20 marzo 1865, n. 2248) ci si limitò a riconoscere le realtà comunali preesistenti.

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Tendenza che ha sollevato rilevanti questioni sotto il profilo costituzionale: entro quali limiti lo Stato può individuare e disciplinare l'esercizio delle funzioni fondamentali dei comuni di cui all'art. 117 comma 2 lett. p) Cost.; il rischio che attraverso l'obbligo di esercizio delle funzioni in forma associata, i comuni siano lesi nella loro identità funzionale e strutturale. Sul tema, P. Bilancia, L'associazionismo obbligatorio dei comuni nelle più recenti evoluzioni legislative, in www.federlismi.it; V. Tondi della Mura La riforma delle unioni di comuni fra «ingegneria» e «approssimazione» istituzionali, in Alle frontiere del diritto costituzionale. Scritti in onore di Valerio Onida, Milano, 2011, p. 1911 ss.; M. Massa, L'esercizio associato delle funzioni e dei servizi comunali, in Amministrare, 2, 2013, p. 253 ss.; F. Pizzetti, La nuova normativa in materia di enti territoriali: una grande riforma, in F. Pizzetti, A. Rughetti (a cura di), Il nuovo sistema degli enti territoriali dopo le recenti riforme, Rimini, 2012, p. 52 ss.

110 G. Vesperini, La legge sulle autonomie venti anni dopo, in Riv. trim. dir. pubbl., 2010, p. 960

sottolinea come l'incremento dei poteri locali si è sviluppato in funzione correttiva del rafforzamento del potere centrale conseguente all'introduzione del sistema maggioritario per l'elezione del Parlamento, sia come bilanciamento del rafforzamento dei poteri sovranazionali.

Al contrario, le recenti linee di riforma dettate da esigenze di contenimento della spesa pubblica si sono rivelate prive di sistematicità, riducendo lo spazio riconosciuto ai principi di autonomia, sussidiarietà e democraticità, affrontando invece esigenze contingenti riconducibili piuttosto alla necessità di far prevalere criteri generali di buon andamento, economicità ed efficienza.112

Gli interventi normativi che hanno coinvolto le province denotano la mancanza di univocità degli obiettivi perseguiti dal legislatore alla ricerca dell'adeguatezza degli assetti istituzionali, oscillanti tra il proposito della completa soppressione e la loro riconfigurazione incentrata sulla valorizzazione del ruolo di enti intermedi tra regioni e comuni.113

Per quanto più interessa, si tratta di verificare se alla luce del nuovo ruolo assegnato alle province vi sia la possibilità di convogliare al livello intermedio le esigenze connesse alla regolazione e gestione di area vasta dei servizi pubblici locali.114

Infatti, a livello funzionale, la nuova disciplina valorizza i compiti delle province:115l'art. 1 comma 86 lett. a) della legge n. 56 del 2014 ricomprende tra le

attuata, mentre l'iniziativa parlamentare rivolta all'approvazione della "Carta delle autonomie" è di fatto superata da un percorso di riforme attuato invece in modo frammentario e non coordinato.

112 I poteri locali: da sistema autonomo a modello razionale e sostenibile?, in Istituzioni del federalismo,

Editoriale, 3, 2012, p. 503 ss.

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Sul tema si rinvia a R. Bin, Il nodo delle province, in Le Regioni, 5-6, 2012, p. 899 ss.; C. Padula, Quale futuro per le province? Riflessioni sui vincoli costituzionali in materia di province, in Le Regioni, 2, 2013, p. 361 ss.; V. Lubello, Province sub iudice: funzioni, risorse e territorio, in Quad. regionali, 2, 2012, p. 243 ss.

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Con l'art. 23, commi da 14 a 20-bis, del d. l. n. 201 del 2011 (c.d. decreto salva Italia), sono state introdotte rilevanti novità in merito alle funzioni ed agli organi delle province. Sotto il profilo funzionale, eliminate tutte le competenze di programmazione ed amministrazione attiva svolte in precedenza dalle province, sono state assegnate «esclusivamente le funzioni di indirizzo e di coordinamento delle attività dei comuni nelle materie e nei limiti indicati con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze». Riguardo gli organi, è stata eliminata la giunta mentre l'elezione del consiglio è stata affidata agli organi elettivi dei comuni ricadenti nel territorio della provincia. L'elezione del presidente invece è stata rimessa al consiglio provinciale, chiamato a designare uno dei suoi componenti. Tale nuovo assetto, ritenuto un passaggio verso la definitiva soppressione delle province, ha configurato un nuovo modello di ente intermedio, non più direttamente rappresentativo dei cittadini, ma strutturato come ente di secondo livello, espressione delle amministrazioni comunali e con soli compiti di coordinamento delle funzioni attribuite a queste ultime. C. Padula, Quale futuro per le province? Riflessioni sui vincoli costituzionali in materia di province, in Le Regioni, 2, 2013, p. 366. Da ultimo, la legge 7 aprile 2014, n. 56 ha riproposto buona parte dei contenuti delle norme precedenti, configurando di nuovo le province come enti territoriali di area vasta e di secondo livello, espressione delle amministrazioni comunali. Inoltre non viene riaffermato l'obiettivo di una razionalizzazione del numero delle circoscrizioni provinciali.

115 Ai sensi dell'art. 1 comma 85, legge n. 56 del 2014, le province quali enti con funzioni di area vasta,

esercitano le seguenti funzioni fondamentali: a) pianificazione territoriale provinciale di coordinamento, tutela e valorizzazione dell'ambiente, per gli aspetti di competenza; b) pianificazione

funzioni fondamentali delle province con territorio interamente montano e confinanti con Paesi stranieri la «cura dello sviluppo strategico del territorio e gestione di servizi in forma associata in base alle specificità del territorio medesimo».116

Inoltre l'art. 1 comma 88 prevede che «la provincia può altresì, d'intesa con i comuni, esercitare le funzioni di predisposizione dei documenti di gara, di stazione appaltante, di monitoraggio dei contratti di servizio e di organizzazione di concorsi e procedure selettive». In tal caso, prescindendo dalla prospettiva dell'esercizio associato delle funzioni e dei servizi comunali, il ruolo della provincia si sostanzia in compiti ausiliari finalizzati ad incrementare, ove necessario, le competenze delle amministrazioni comunali nelle varie fasi che costituiscono il rapporto di affidamento dei servizi pubblici.

Occorre però chiarire quale relazione viene a crearsi tra il nuovo ruolo che si prefigura per le province nell'esercizio associato delle funzioni riguardanti i servizi pubblici locali ed il parallelo processo di aggregazione orizzontale in ambiti territoriali ottimali avviato con l'art. 3 bis del d. l. n. 138 del 2011.

Al riguardo l'art. 1 comma 90 della legge n. 56 del 2014 afferma che «nello specifico caso in cui disposizioni normative statali o regionali di settore riguardanti servizi di rilevanza economica prevedano l'attribuzione di funzioni di organizzazione dei predetti servizi, di competenza comunale o provinciale, ad enti o agenzie in ambito provinciale o sub-provinciale, (....) le leggi statali o regionali, secondo le rispettive competenze, prevedono la soppressione di tali enti o agenzie e l'attribuzione delle funzioni alle province nel nuovo assetto istituzionale, con tempi, modalità e forme di coordinamento con regioni e comuni, da determinare nell'ambito del processo di riordino di cui ai commi da 85 a 97, secondo i principi

dei servizi di trasporto in ambito provinciale, autorizzazione e controllo in materia di trasporto privato, in coerenza con la programmazione regionale, nonché costruzione e gestione delle strade provinciali e regolazione della circolazione stradale ad esse inerente; c) programmazione provinciale della rete scolastica, nel rispetto della programmazione regionale; d) raccolta ed elaborazione di dati, assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali; e) gestione dell'edilizia scolastica; f) controllo dei fenomeni discriminatori in ambito occupazionale e promozione delle pari opportunità sul territorio provinciale.

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Considerando le specificità delle province poste sui confini e di quelle montane, si prospetta la possibilità che la provincia venga individuata come ente territoriale di area vasta cui affidare compiti di programmazione e gestione associata di servizi, i quali, pertanto, restano comunque nella titolarità dei comuni.

di adeguatezza e sussidiarietà, anche valorizzando, ove possibile, le autonomie funzionali».

Pertanto qualora nel processo di riorganizzazione dei servizi pubblici locali in ambiti territoriali ottimali siano state istituite agenzie o enti di governo di dimensione provinciale o sub-provinciale questi dovranno essere necessariamente sostituiti dai nuovi enti provinciali. Al contrario potranno continuare ad esistere gli enti di governo degli ambiti territoriali ottimali di dimensione regionale o comunque sovra-provinciale.117

Occorre poi precisare che le due discipline non coincidono del tutto per quanto concerne l'ambito applicativo. Infatti, mentre l'art. 3-bis del d. l. n. 138 del 2011 si applica esclusivamente ai servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica, i nuovi compiti attribuiti alle province ai sensi dell'art. 1 della legge n. 56 del 2014, riguardanti l'esercizio associato dei servizi comunali e le funzioni ausiliarie nella predisposizione degli atti di gara e nel monitoraggio dei contratti di servizio, sono riferibili indistintamente a tutti i servizi pubblici locali.

Nonostante l’importanza della riorganizzazione dei servizi pubblici locali sotto il profilo dell’estensione territoriale, le nuove disposizioni sono state espressamente introdotte in attesa della riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione e delle relative norme di attuazione. L’obiettivo del legislatore rimane la soppressione delle province e la forte riduzione delle risorse assegnate, sia umane che finanziarie, rischia di impedire il concreto esercizio delle nuove funzioni di governo di area vasta dei servizi pubblici locali.

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