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Il sistema di finanziamento del trasporto pubblico locale

CITTA' Costo

4. Il sistema di finanziamento del trasporto pubblico locale

Già la legge 10 aprile 1981, n. 151 aveva istituito un fondo nazionale per il finanziamento del trasporto pubblico locale per erogare contributi di esercizio alle aziende, secondo modalità basate sulla nozione di costo standardizzato del servizio.382I finanziamenti venivano trasferiti alle regioni per poi essere destinati esclusivamente alle aziende di trasporto, con l’obiettivo di conseguire l’equilibrio economico dei servizi. In sede applicativa il meccanismo si era però rivelato inefficace a causa dell’assenza di criteri chiari con cui individuare i costi standard. In assenza di un sistema di calcolo dell'ammontare del finanziamento, il sostegno finanziario pubblico era chiamato sempre a garantire la copertura dei disavanzi di esercizio.383

Una ripartizione dei finanziamenti basata sul calcolo preventivo dei costi standard non è quindi mai avvenuta ed il cattivo andamento delle aziende di trasporto pubblico locale è stata considerata anche una conseguenza dei criteri di ripartizione basati in realtà sulla spesa storica. Questi infatti si sono rivelati un premio per le imprese meno efficienti piuttosto che uno stimolo per le imprese che avevano operato limitando il disavanzo di bilancio.384

382

Le Regioni avrebbero dovuto ripartire i contributi di parte corrente sulla base del costo standard definito come “il costo economico standardizzato del servizio con riferimento a parametri di rigorosa ed efficiente gestione distinto per categorie e modi di trasporto e tenuto conto, attraverso analisi comparate della qualità del servizio offerto e delle condizioni ambientale in cui esso è svolto”. In base a tale meccanismo i gestori avevano diritto ad un contributo pari alla differenza tra i costi standard (e non quelli effettivi) ed i ricavi accertati, che comunque dovevano coprire il costo effettivo del servizio in una misura non inferiore a quella stabilita annualmente per zone ambientali omogenee e per i diversi tipi di trasporto.

383

A. Boitani, C. Cambini, Il trasporto pubblico locale in Italia - Dopo la riforma i difficili albori di un mercato, in Mercato concorrenza regole, 1, 2002, p.45 ss., evidenzia che in assenza di un reale vincolo di bilancio, negli ultimi trenta anni, fino al 1996, le aziende del settore hanno avuto una riduzione della copertura dei costi con ricavi da traffico dal 70 al 30 per cento. D’altro lato, i consumatori avevano manifestato una crescente insoddisfazione per la qualità del servizio offerto, nonostante le tariffe del TPL si fossero mantenute particolarmente basse rispetto ai principali paesi europei. Tra le disfunzioni conseguenti all'automatica copertura dei disavanzi di esercizio ed alla mancata adozione dei costi standard, si è creata anche un'elevata disomogeneità del livello delle prestazioni nelle diverse regioni, E. Meko, E. Proia (a cura di), Le differenze e le analogie tra il sistema di finanziamento del trasporto pubblico in Europa e il sistema di finanziamento negli Stati Uniti, ASSTRA 2007, p. 112.

384 E. Meko, E. Proia (a cura di), Le differenze e le analogie tra il sistema di finanziamento del trasporto

pubblico in Europa e il sistema di finanziamento negli Stati Uniti, cit., p. 113 ss. in cui si sottolinea che la critica maggiore rivolta al metodo dei costi standard è quella di aver applicato il sistema senza definire dei livelli ottimali di costo, mentre si sono considerati come valori standard i costi medi del servizio desumibili dai dati storici di contabilità e di bilancio.

Preso atto della grave situazione finanziaria delle aziende di gestione e di una dinamica dei costi assai più sostenuta di quella dei ricavi, la legge 28 dicembre 1995, n. 549 aveva abolito il fondo nazionale trasporti, destinando direttamente alle regioni gli introiti derivanti da una quota dell’accisa sulla benzina per autotrazione ed assegnando alle regioni stesse la responsabilità finanziaria sul trasporto pubblico locale.385La legge, nello specifico settore del trasporto pubblico locale, ha anticipato il riconoscimento alle regioni dell'autonomia finanziaria di entrata e di spesa, ribadito nel 2001 con la riforma del titolo V della Costituzione.

La nuova regolamentazione, introdotta con il D.lgs. 19 novembre 1997, n. 422, 386 ha tentato di procedere ad una modernizzazione del settore ed all’introduzione di stimoli di efficienza attraverso meccanismi concorrenziali nella selezione del gestore387 e con il decentramento di funzioni e compiti a livello regionale ed il passaggio da una finanza derivata ad una responsabilità diretta in materia di gestione delle risorse finanziarie. Ciò doveva attuarsi mediante la costituzione da parte di ciascuna regione di un fondo destinato ai trasporti, alimentato sia con risorse proprie sia con risorse trasferite,388 favorendo una pianificazione organica e complessiva della spesa regionale per i trasporti ed una chiara esposizione contabile.389

385 Oltre a rendere più stringente il vincolo di bilancio, per assicurare un livello di finanziamento pari a

quello dei finanziamenti soppressi, veniva istituito un Fondo perequativo con lo scopo di riequilibrare le disuguaglianze regionali conseguenti alla fiscalizzazione dei trasferimenti e prevedendo la corresponsione per l’anno 1997 di un importo equivalente alla differenza tra il gettito realizzato nel 1996 e l'ammontare dei trasferimenti destinati in precedenza alle singole Regioni.

386 Si tratta del cosiddetto Decreto Burlando, parzialmente integrato dal successivo D.lgs. 400/1999. I

principi della riforma erano: il decentramento alle Regioni e da queste agli enti locali, in base al principio di sussidiarietà, delle funzioni di programmazione, finanziamento e controllo; l’introduzione di un principio di graduale copertura dei costi del servizio tramite tariffa; la separazione tra il soggetto pubblico che programma e controlla e quello, avente natura privatistica, che eroga il servizio secondo principi di economicità ed efficienza; la selezione del gestore privato tramite procedure di gara; la regolazione dei rapporti con il soggetto incaricato della gestione rimessa a contratti di servizio di durata non superiore a nove anni.

387 Sul punto, D. Sabbatini, I servizi pubblici locali tra mercato e regolazione, in Questioni di economia

e finanza, Banca d’Italia, Roma, 2008.

388 Art 20, comma 1, decreto legislativo n. 422 del 1997

389 In realtà si nota che in molte Regioni è stata compiuta una mera operazione di ridenominazione dei

vecchi finanziamenti provenienti dal fondo nazionale in quanto non si è provveduto ad istituire uno specifico fondo regionale trasporti capace di assumere una valenza programmatica e di definizione ex-ante delle scelte politiche dei trasporti, limitandosi ad inscrivere le fonti dirette di finanziamento all’interno del proprio bilancio in capitoli di spesa per il trasporto locale, E. Meko, E. Proia (a cura di), Le differenze e le analogie tra il sistema di finanziamento del trasporto pubblico in Europa e il sistema di finanziamento negli Stati Uniti, cit., p. 115.

Anche il sistema di finanziamento basato sull’autonomia finanziaria delle regioni non ha prodotto un miglioramento della situazione economica del settore. Ciò è stato imputato anzitutto alla mancata opera di riorganizzazione del servizio che doveva essere la conseguenza dell’accentramento delle funzioni. D’altro lato le incertezze sull'entità dei finanziamenti ed i frequenti ritardi nella ripartizione della compartecipazione regionale alle entrate fiscali da parte dello Stato, non ha facilitato la riprogrammazione del settore.390

Con lo scopo di stimolare una migliore pianificazione e di introdurre meccanismi in grado di favorire l’efficienza organizzativa e gestionale, da ultimo è stato reintrodotto un sistema centralizzato di finanziamento la cui ripartizione tra le regioni è subordinata all’adozione di specifiche misure orientate al raggiungimento di obiettivi di efficienza predeterminati a livello statale.

L’ articolo 21 comma 3 del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98 ha istituito il Fondo nazionale per i servizi di trasporto pubblico locale ed in seguito, l’art. 16 bis del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95391ha definito gli obiettivi che le regioni devono perseguire per avere accesso alla ripartizione delle risorse del fondo. La ripartizione è basata su criteri finalizzati ad incentivare le regioni e gli enti locali a razionalizzare e rendere più efficiente la programmazione e la gestione dei servizi di trasporto pubblico locale. L’individuazione dei criteri esatti di ripartizione sono stati demandati ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, emanato l’11 marzo 2013.

Il decreto ha individuato un primo obiettivo nella necessità di assicurare un'offerta di servizio più idonea, efficiente ed economica per il soddisfacimento della domanda di trasporto pubblico e la «progressiva riduzione dei servizi offerti in eccesso in relazione alla domanda con un corrispondente incremento qualitativo e quantitativo dei servizi a domanda elevata». A tal fine il decreto impone un incremento annuale del load factor,392che per il primo triennio di applicazione è

390 A. Boitani, C. Cambini, Il trasporto pubblico locale in Italia - Dopo la riforma i difficili albori di un

mercato, cit.

391 Sostituito dall’art. 1, comma 301 della Legge n. 228 del 24 dicembre 2012.

392 Il load factor è il coefficiente di occupazione dei mezzi di trasporto pubblico locale che, sebbene in

crescita (tra il 2007 e il 2012 il load factor totale segna un aumento dell'1%), assume ancora un valore estremamente basso: nel 2012 il load factor del TPL italiano non raggiunge il 25%, evidenziando come meno di un quarto dell’offerta di trasporto pubblico locale venga realmente utilizzata. Mobilità urbana. Il trasporto pubblico locale: il momento di ripartire, Studio di settore

stato fissato nell’incremento del 2,5% del numero dei passeggeri trasportati su base regionale, determinato anche attraverso la valutazione del numero dei titoli di viaggio.

Altro obiettivo consiste nel progressivo «incremento del rapporto tra ricavi da traffico e costi operativi» per il cui raggiungimento il decreto richiede che nelle regioni in cui i ricavi dall’utenza rispetto alle entrate complessive sono inferiori al 35%, limite già fissato dal decreto legge 422 del 1997, vi sia un incremento dei ricavi da traffico di almeno il 2% o il 3% annuo.393

L’ulteriore obiettivo, consistente nel «definire livelli occupazionali appropriati», è verificato attraverso il mantenimento o l'incremento dei livelli occupazionali di settore, ovvero, se necessario, mediante la riduzione degli stessi attuata con il blocco del turn over per le figure professionali non necessarie per garantire l'erogazione del servizio, oppure con processi di mobilità del personale verso aziende dello stesso o di altri settori, ovvero di altre misure equivalenti che potranno essere successivamente definite.

Infine, la previsione di «idonei strumenti di monitoraggio e di verifica» è attuata mediante la trasmissione da parte delle regioni all'Osservatorio per il trasporto pubblico locale dei dati richiesti dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.394

Pur essendo gli obiettivi individuati, e gli strumenti per conseguirli, tutti ampiamente condivisibili, per l’anno 2013 soltanto il 10% delle risorse da ripartire a favore delle regioni a statuto ordinario è stato subordinato all'effettiva attuazione delle misure individuate nel D.p.c.m. 11 marzo 2013.

condotto dalla Cassa depositi e prestiti, Novembre 2013, p. 9 ss.

393 Nello specifico il D.p.c.m. 11 marzo 2013 impone un «incremento su base annua, rispetto all'anno

precedente, del rapporto calcolato su base regionale tra ricavi da traffico e la somma dei ricavi da traffico e dei corrispettivi di servizio al netto della quota relativa all'infrastruttura di almeno lo 0,03 per rapporti di partenza inferiori o uguali allo 0,20 ovvero 0,02 per rapporti di partenza superiori allo 0,20 fino alla concorrenza del rapporto dello 0,35, ovvero attraverso il mantenimento o l'incremento del medesimo rapporto per rapporti superiori».

394 L’art. 5 del DPCM dell’11 marzo 2013 riserva una quota dello 0,025% dei fondi ripartiti tra le regioni

all’Osservatorio, istituito già dalla Legge n. 244 del 2007, ma che ancora non aveva potuto operare per mancanza di risorse.

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