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L'organizzazione in ambiti territoriali ottimal

Ragioni alla base dell'integrazione orizzontale e verticale della gestione del servizio idrico

Lo sviluppo di una rete infrastrutturale mediante la quale provvedere alla distribuzione di acqua direttamente nelle singole unità abitative213ha prodotto i

213 M. Benvenuti, E. Gennari, Il servizio idrico in Italia. Stato di attuazione della legge Galli ed

efficienza delle gestioni, in questioni di economia e finanza n. 23, Banca d’Italia, 2008, in cui si evidenzia che la disponibilità di risorse idriche ha da sempre condizionato la localizzazione degli insediamenti umani. Fin dall'epoca romana furono creati acquedotti per garantire l'approvvigionamento di acqua nei maggiori centri urbani. Nel corso dell'ottocento - soprattutto per lo sviluppo dell'economia industriale e lo spostamento di masse di popolazione dalle campagne alle città - venne ripresa la costruzione di acquedotti e la distribuzione di acqua grazie all'affermazione di nuove tecnologie di ingegneria idraulica. I servizi idrici possono certamente essere annoverati sia soggettivamente che oggettivamente tra i servizi pubblici locali ed erano già compresi nell'elencazione di attività di servizio pubblico locale contenuta nella legge sulle municipalizzazioni del 1903. Essi costituiscono inoltre un servizio di rilevanza economica: l'art. 15 del D.lgs. 152/2006, in merito all'affidamento della gestione del servizio idrico integrato richiama espressamente l'art. 113 quinto comma del Tuel. In tale direzione vanno anche le indicazioni fornite dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 325 del 2010. Per un'analisi esaustiva della disciplina dei servizi idrici si rinvia a:

vantaggi derivanti da una migliore accessibilità alle risorse idriche ma ha anche configurato il settore come monopolio naturale, a causa degli elevati costi connessi alla costruzione e/o duplicazione delle infrastrutture. Tale monopolio è inoltre di carattere locale dato che l'eventuale approvvigionamento da bacini idrografici diversi, rispetto a quello territoriale di riferimento, sarebbe antieconomico per l'entità dei costi di trasporto, paragonati al valore unitario del bene.214

L'assenza di un'infrastruttura nazionale e l'esistenza di tanti acquedotti di carattere locale, tra loro non collegati, impedisce di ipotizzare l'introduzione di forme di concorrenza nel mercato attraverso il metodo del common carriage. Questo sistema presuppone dei sistemi di approvvigionamento interconnessi in cui vi è un gestore della rete e la coesistenza di una molteplicità di produttori che accedono alla rete in condizioni non discriminatorie.215

Complessivamente il servizio è costituito da una filiera comprendente la captazione, la potabilizzazione, la distribuzione, la raccolta e la depurazione delle acque reflue.216La rilevanza di economie di scopo e la complementarietà delle diverse fasi della fornitura hanno condotto a preferire una gestione integrata del servizio da parte di un unico operatore nonostante, in astratto, le varie attività possano essere svolte da operatori diversi.217

A. Fioritto, I servizi idrici, in S. Cassese (a cura di), Trattato di diritto amministrativo, II ed., Diritto amministrativo speciale, Milano, 2003, III, pag. 2505 ss.; J. Bercelli, Organizzazione amministrativa e servizio idrico, Rimini, 2001; più di recente, E. Boscolo, Le politiche idriche nella stagione della scarsità. La risorsa comune tra demanialità custodiale, pianificazioni e concessioni, Milano, 2012.

214 M. Benvenuti, E. Gennari, Il servizio idrico in Italia. Stato di attuazione della legge Galli ed

efficienza delle gestioni, cit., p. 5. Ai sensi dell'art. 54 comma 1 lett. r) della d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152 per bacino idrografico si intende «il territorio nel quale scorrono tutte le acque superficiali attraverso una serie di torrenti, fiumi ed eventualmente laghi per sfociare al mare in un'unica foce, a estuario o delta».

215 Tale modello richiede una regolazione dell'attività per disciplinare ed identificare una tariffa di

accesso alla rete che non precluda la possibilità di aprire il mercato ad operatori nuovi entranti assicurando loro un ragionevole margine di profitto ed assicurando la giusta remunerazione al gestore della rete per gli investimenti e la manutenzione delle infrastrutture. M. R. Mazzola, L'approvvigionamento idrico primario, in C. De Vincenti, A. Vigneri (a cura di), Le Virtù della concorrenza. Regolazione e mercato nei servizi di pubblica utilità, Bologna, 2006, p. 323 ss.

216 La definizione contenuta all'art. 4 comma 1 lett. f) della L. 5 gennaio 1994, n. 36 precisa che «il

servizio idrico integrato è costituito dall'insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili, di fognatura e di depurazione delle acque reflue».

217

In letteratura si evidenzia invece, con riferimento alle imprese multiutility, una scarsa presenza di economie di scopo tra processi produttivi dell'acqua e di altri servizi come quelli del gas, dei trasporti, dell'energia e dello smaltimento rifiuti, M. Bianco, P. Sestito, I servizi pubblici locali. Liberalizzazione regolazione e sviluppo industriale, Bologna, 2010, p. 162.

L'integrazione verticale della gestione del servizio idrico ha avuto dunque l'obiettivo di eliminare la coesistenza di più soggetti preposti allo svolgimento di singole fasi della filiera produttiva, coesistenza che seppur preferita nelle scelte organizzative degli enti locali, nei fatti si era rivelata non economica, oltre che causa di notevoli problemi pratici proprio per la stretta complementarietà delle diverse fasi.

La gestione dei servizi idrici è stata svolta per molti anni direttamente dai comuni mediante gestioni in economia oppure per mezzo di un'azienda pubblica, producendo una rilevante frammentazione gestionale. I limiti di questo assetto sono dipesi dalle modeste dimensioni dei soggetti gestori, inadeguati per garantire appropriati livelli di efficienza e soddisfacenti standard qualitativi.

Per le caratteristiche del settore idrico, i principali fattori che consentono di apprestare una gestione efficiente del servizio sono da mettere in relazione all'entità degli investimenti ed alle capacità tecniche necessarie per effettuare scelte adeguate in relazione alle caratteristiche del territorio di riferimento. In una situazione di estrema frammentazione gestionale ed in assenza di una corretta prospettiva strategica, le risorse pubbliche si sono rivelate insufficienti, mentre le tariffe non hanno permesso di coprire i costi della gestione, originando perdite operative poste a carico della fiscalità generale.

Già con la legge 5 gennaio 1994, n. 36 (c.d. legge Galli), si è tentato di porre rimedio a tale situazione attraverso l’applicazione di un regime industriale con cui favorire una gestione efficiente del servizio.

La riforma ha inteso realizzare l'integrazione orizzontale su un’area territoriale sufficientemente vasta da permettere la realizzazione di economie di scala; a tal fine è stata prevista l'istituzione di ambiti territoriali ottimali (ATO) la cui individuazione, in base ai bacini idrografici esistenti, è stata delegata alle regioni. Inoltre è stata stabilita la separazione tra l’attività di indirizzo e di controllo, affidata all’autorità di ambito da costituire tra comuni e province appartenenti allo stesso ATO, e quella gestionale.

L’introduzione delle autorità d’ambito, soggetti a cui sono state attribuite le funzioni di organizzazione, indirizzo e affidamento della gestione, avrebbe dovuto creare un adeguato livello di governo, superando il regime basato sulla

riserva a favore dei comuni, che, come detto, negli anni si erano dimostrati incapaci di provvedere ad un'organizzazione efficiente, accumulando perdite economiche senza garantire soddisfacenti livelli qualitativi del servizio.218 Il regime tariffario, invece, doveva assicurare la piena copertura dei costi, sia variabili che fissi.

Il decreto legislativo del 3 aprile 2006, n. 152, ha poi lasciato sostanzialmente invariate le norme relative alla gestione delle risorse idriche.219

La disciplina brevemente richiamata non ha tuttavia consentito di raggiungere il più importante obiettivo dichiarato, cioè il superamento della preesistente frammentazione gestionale. Nonostante in sede applicativa le regioni abbiano provveduto ad istituire 91 ATO, ancora di recente è stata stimata la presenza di circa 3.000 operatori,220di cui alcuni affidatari in forza di concessioni precedenti la legge Galli,221altri con gestioni salvaguardate.222

218 Con l'integrazione orizzontale era inoltre prevedibile una forte riduzione dei costi grazie

all’aggregazione di uffici e personale operanti nel medesimo ambito. Si sottolinea poi la possibile sussistenza di economie di scala anche oltre la creazione degli ambiti territoriali ottimali, mediante la gestione unitaria di bacini idrografici contigui, verificabili eventualmente con una ulteriore riduzione dei costi amministrativi o di assistenza tecnica e legate a vantaggi derivanti dalla integrazione delle infrastrutture. L'integrazione delle infrastrutture è utile soprattutto per fronteggiare difficoltà nella fornitura in caso di guasti o scarsità idrica. L'art. 147 comma 2 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (codice dell'ambiente) prevede che le regioni possano modificare le delimitazioni degli ambiti territoriali ottimali per migliorare la gestione del servizio idrico integrato, assicurandone comunque lo svolgimento secondo criteri di efficienza, efficacia ed economicità, «nel rispetto del principio dell'unità del bacino idrografico o del sub-bacino o dei bacini idrografici contigui, tenuto conto dei piani di bacino, nonché della localizzazione delle risorse e dei loro vincoli di destinazione, anche derivanti da consuetudine, in favore dei centri abitati interessati».

219

Il d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, in attuazione della legge delega del 15 dicembre 2004, ha per il resto disciplinato la materia ambientale con ampie modifiche rispetto al regime precedente. Sul piano dell'organizzazione vengono confermati i principi per la delimitazione degli ambiti territoriali ottimali. Le più significative novità introdotte dal codice dell'ambiente sono di natura definitoria e di chiarimento dei contenuti, con la prevista costituzione e disciplina delle "autorità d'ambito territoriale ottimale" e del "piano d'ambito" in forza degli articoli 148 e 149, in sostituzione, rispettivamente, dei pregressi enti di cooperazione tra comuni e province e dei vari atti di programmazione relativi ad interventi, piano finanziario e modello gestionale ed organizzativo che ora confluiscono in un atto unitario quale il piano d'ambito.

220 Al 31 dicembre 2008, pur in mancanza di dati ufficiali riguardanti l'intero territorio nazionale, l'Istat

ha censito 3.351 gestori di servizi idrici operanti in Italia, i due terzi dei quali provvedono ad una gestione in economia, mentre nel 2012 l'Aeeg riferisce che circa 800 comuni non risultano censiti in merito al proprio sistema idrico. Nel 1999 a cinque anni dalla riforma del settore, sempre secondo il censimento dell’ISTAT, il numero delle gestioni era pari addirittura a 7.822, numero prossimo a quello complessivo dei comuni, di cui l’82,6 per cento era rappresentato da gestioni dirette in economia.

221

L'art. 10 comma 3 della l. 5 gennaio 1994, n. 36 regola le gestioni transitorie stabilendo che i concessionari del servizio mantengono la gestione fino alla scadenza della relativa concessione.

222 L'art. 9 comma 4 della l. 5 gennaio 1994, n. 36 ammette la salvaguardia delle gestioni precedenti

Il ritardo nella riorganizzazione del servizio idrico in ambiti territoriali ottimali è dipeso da diverse ragioni: i comuni di minori dimensioni si sono mostrati poco propensi a cedere le proprie prerogative alle autorità d'ambito, anche perché la loro possibilità di incidere sulle principali scelte decisionali dell'ente d'ambito risultava pressoché annullata dalla previsione di deliberazioni assunte sulla base di voti ponderati alle dimensioni o al numero degli abitanti dei singoli comuni partecipanti;223anche i comuni di dimensioni maggiori non hanno visto di buon occhio l'esercizio associato delle funzioni di governo del servizio idrico, in quanto il venir meno del controllo diretto su rilevanti funzioni decisionali rispetto ad un servizio fondamentale per la cittadinanza, è stata avvertita come una riduzione di poteri, con il rischio di possibili ricadute in termini di consenso elettorale.224

Molti enti comunali hanno così impedito la realizzazione del principio dell'unitarietà della gestione all’interno dell’ambito territoriale ottimale non provvedendo a trasferire gli impianti al gestore individuato dall'autorità d'ambito e mantenendo la gestione diretta del servizio.

Abolizione delle preesistenti autorità d'ambito e principi per la loro ricostituzione

Nella prospettiva della valorizzazione degli ambiti di area vasta, più di recente l’art. 3-bis del d. l. 13 agosto 2011, n. 138, conv. dalla l. 14 settembre 2011, n 138, ha previsto che le regioni organizzino lo svolgimento dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica in ambiti o bacini territoriali ottimali

che rispondono a criteri di efficienza, di efficacia e di economicità, i comuni e le province possono provvedere alla gestione integrata del servizio idrico anche con una pluralità di soggetti e di forme tra quelle di cui al comma 2. In tal caso, i comuni e le province individuano il soggetto che svolge il compito di coordinamento del servizio ed adottano ogni altra misura di organizzazione e di integrazione delle funzioni fra la pluralità di soggetti gestori».

223 Lo sfavore mostrato dai comuni di minori dimensioni ha inciso molto negativamente sul

consolidamento del nuovo assetto organizzativo considerando la prevalenza nel nostro paese di comuni piccolissimi, con meno di 1000 ab. Per questi comuni, con l'art. 148 del D.lgs. n. 152 del 2006, era stata prevista la possibilità di gestire il servizio idrico in economia ma soltanto qualora fossero ricompresi all'interno di una comunità montana. Tale scelta si giustificava evidentemente per le specifiche caratteristiche geografiche dei comuni montani mentre non offriva risposte alle istanze dei comuni non ricadenti in zone non montane né a quelli di dimensioni ridotte ma comunque superiori ai 1.000 abitanti. L'art. 148 del D.lgs. n. 152 del 2006 è stato poi abrogato dall'art. 186 bis della legge n. 191 del 2009.

224 E. Palli, La (prorogata) soppressione delle autorità d'ambito territoriale ottimale nei servizi pubblici

e omogenei tali da consentire economie di scala e di differenziazione idonee a massimare l’efficienza del servizio.225

La disciplina speciale del settore idrico in materia è stata invece oggetto di vari interventi legislativi, indirizzati in particolare a riconfigurare le autorità d'ambito già istituite in applicazione della legge Galli.226 Le regioni sono state chiamate ad attribuire ad altri enti, mediante legge, le funzioni esercitate dalle autorità d'ambito, nel rispetto dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza mentre, sino all’entrata in vigore delle leggi regionali dirette alla nuova attribuzione delle funzioni, è stata prorogata l'efficacia dell’art. 148 del d.l.vo 152/06.227

In merito al problema di quali enti possono essere indicati dalle regioni per sostituire le soppresse autorità d'ambito, l’art. 2 comma 38 della legge finanziaria 2008, ancora in vigore, seppure rimasto inapplicato, aveva già stabilito che le

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Si stabilisce inoltre che la dimensione degli ambiti o bacini territoriali deve essere di norma non inferiore almeno a quella del territorio provinciale, ma le regioni possono individuare, sulla base di criteri e principi stabiliti dalla norma in esame, specifici bacini territoriali di dimensione diversa da quella provinciale. Inoltre il comma 1-bis della stessa disposizione ha previsto che «le procedure per il conferimento della gestione dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica sono effettuate (...) dagli enti di governo istituiti o designati ai sensi del primo comma». La norma, riferita in generale a tutti i servizi pubblici locali, fa espressamente salve le discipline di settore vigenti che già abbiano costituito ambiti o bacini territoriali ottimali, tra cui, quindi, anche quella del servizio idrico integrato.

226 L’art. 2, comma 186-bis della l. 23 dicembre 2009, n. 191, introdotto con l’art. 1, comma 1-quinquies

del d.l. 25 gennaio 2010, n. 2, conv. dalla l. 26 marzo 2010, n. 42, ha disposto la soppressione delle autorità d’ambito territoriale di cui all’art. 148 del d.lgs. 152/06, sanzionando con la nullità ogni atto comunque compiuto dalle stesse autorità.

227 Sulla legittimità costituzionale della soppressione delle autorità d'ambito territoriale si è pronunciata

la Corte costituzionale, sentenza 12 aprile 2011, n. 128, che ha dichiarato non fondate le censure sollevate dalla regione Veneto, riguardanti la lesione dell'autonomia finanziaria regionale sancita dall'art. 119 Cost., la violazione della potestà legislativa residuale in materia di servizi pubblici locali ex art. 117 comma 4 Cost. e la violazione del potere regionale di allocazione delle funzioni amministrative nelle materie regionali ai sensi dell'art. 118 Cost. Secondo la Consulta, infatti, la disciplina introdotta dalla l. 26 marzo 2010, n. 42 rientra nelle materie della tutela della concorrenza e della tutela dell’ambiente, di competenza legislativa esclusiva statale. Essa attiene alla tutela della concorrenza, perché l’individuazione di un’unica autorità d’ambito consente la razionalizzazione del mercato del settore idrico; al contempo attiene alla tutela dell’ambiente «perché l’allocazione delle competenze sulla gestione all’autorità d’ambito territoriale ottimale serve a razionalizzare l’uso delle risorse e le interazioni e gli equilibri fra le diverse componenti della biosfera, intesa come sistema, nel suo aspetto dinamico». Lo Stato ha, pertanto, piena facoltà di disporre la soppressione delle autorità d’ambito. Ciò non significa – osserva, tuttavia, la Corte – che alle regioni sia vietato qualsiasi intervento al riguardo. Infatti, lo stesso art. 1, comma 1-quinquies del d.l. n. 2 del 2010, nel prevedere che «le regioni attribuiscono con legge le funzioni già esercitate dalle autorità, nel rispetto dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza», riserva al legislatore regionale un’ampia sfera di discrezionalità, consentendogli di scegliere i moduli organizzativi più adeguati a garantire l’efficienza del servizio idrico, nonché forme di cooperazione fra i diversi enti territoriali interessati.

regioni,228nell'attribuire le funzioni già svolte dalle autorità d'ambito, dovessero valutare prioritariamente i territori provinciali quali ambiti territoriali ottimali e, in alternativa, attribuire le funzioni ad una delle forme associative tra comuni di cui agli articoli 30 e seguenti del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267.229

L’art. 1, comma 1 quinquies, della Legge 42/2010, al contrario, nel rispetto dell'autonomia regionale non fornisce alcuna indicazione alle regioni circa il modello da adottare. Tuttavia, poiché la ratio di tale norma risiede nell'obiettivo di un contenimento della spesa degli enti locali, può presumersi che la volontà del legislatore sia anzitutto quello di favorire un maggiore processo di aggregazione, riducendo il numero degli ambiti territoriali, di eliminare enti intermedi tra regioni, province e comuni, semplificando il sistema e riportando tutte le competenze in capo agli enti costituzionali.230

Da ultimo, in questa direzione, la legge 7 aprile 2014, n. 56,nel configurarele province comeenti di area vasta, conferma la valorizzazione del loro ruolonello svolgimento delle funzioni di organizzazione dei servizi di rilevanza economica.231

La normativa statale ha dunque riconosciuto alle regioni un ampio margine di autonomia nella scelta del nuovo ente cui affidare le funzioni delle soppresse

228 In sede di delimitazione degli ambiti ai fini dell’attribuzione delle funzioni in materia di rifiuti e di

servizio idrico integrato, le regioni provvedono secondo i criteri e i principi di cui agli articoli 147 e 200 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

229

Si tratta delle convenzioni, consorzi ed unioni di comuni. La norma in esame specifica inoltre che tali soggetti dovranno essere composti da sindaci o loro delegati che vi partecipano senza percepire alcun compenso.

230 In questa direzione, d'altronde, muove anche l'art. 2 comma 186 lett. e) della l. 23 dicembre 2009, n.

191 in base al quale i comuni, per il contenimento della spesa pubblica, devono procedere alla soppressione dei consorzi di funzioni tra gli enti locali. Occorre considerare che in materia di servizio idrico l'art. 9 comma 2 della legge Galli, rinviando alle modalità di cooperazione tra enti locali indicate nella legge n. 142 del 1990, aveva di fatto ridotto la scelta all'alternativa tra il consorzio e la stipula di una convenzione tra gli enti locali ricadenti nel territorio dell'ambito ottimale. Tra l'altro la forma consortile era apparsa preferibile avendo potuto garantire una migliore efficienza ed operatività dell'autorità d'ambito grazie alla titolarità della personalità giuridica ed all'autonomia organizzativa dei consorzi. A. Fioritto, I servizi idrici, cit., p. 2537-2538. In seguito, a differenza della legge Galli, l'art. 148 comma 1 del D.lgs. 152/2006 ha espressamente previsto che anche «l'autorità d'ambito è una struttura dotata di personalità giuridica». L’autorità d’ambito diviene il centro di imputazione degli interessi concernenti l’organizzazione e gestione del servizio idrico integrato, G. Bottino, Articolo 148. Autorità d’ambito ottimale, in AA.VV. Codice dell’ambiente. Commento al d.lgs. 3 aprile 2006, n.152, aggiornato alla legge 6 giugno 2008, n. 101, Milano, 2008, p. 1114.

231 In particolare l’art. 1 comma 90 lett. a) stabilisce che ove le leggi di settore, regionali o statali,

attribuiscono le funzioni ad enti o agenzie di ambito provinciale o sub-provinciale, queste sono soppresse e le funzioni attribuite alle province nel nuovo assetto istituzionale.

autorità d'ambito. Tra le varie possibilità, si è inteso valorizzare, per ragioni di contenimento della spesa, enti già esistenti come ad esempio le regioni o le province, richiedendo altrimenti una riduzione complessiva degli enti di governo.In particolare ove siano designati ambiti di dimensione non superiore a quella provinciale, le funzioni devono ora essere attribuite alle stesse province.

L'individuazione degli ambiti ottimali deve inoltre tener conto degli altri criteri, non semprecompatibili con quelli rivolti al contenimento della spesa, già indicati dall'art. 147 comma 2 del d.lgs. 152 del 2006, in particolare dei principi di

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