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Regole di concorrenza e concorrenza per il mercato: la possibilità di ricorrere all’autoproduzione del servizio

Il tema di fondo legato alla portata dell'art. 106 del TFUE, e più in generale al rapporto tra servizi pubblici e concorrenza, consiste nella problematica

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L. Perfetti, Il regime dei servizi pubblici locali: il ritorno all'autonomia, il rispetto della disciplina europea, la finalizzazione alle aspettative degli utenti, in Dir. amm., 2013, p. 681; F. Monceri, Servizi pubblici e istanze sociali nella costituzione economica europea, Pisa, 2011, p. 159 secondo il quale la particolare enfasi sul tema della concorrenza determina il rischio di trascurare che le finalità sociali dovrebbero costituire il presupposto stesso dell'erogazione dei servizi pubblici, mentre il principio della concorrenza non dovrebbe costituire una finalità in sé, ma un interesse strumentale, tutelato in quanto funzionale alla realizzazione delle finalità sociali anzidette.

142 Tale orientamento è espresso in via generale dalla Commissione con la comunicazione dell'11

settembre 1996, su “I servizi di interesse generale in Europa”, ove si precisa che la previsione di obblighi di servizio mira a garantire ovunque prestazioni di qualità accessibili a tutti. Anche nella successiva comunicazione del 25 settembre 2000, § 8, si afferma espressamente che al centro della politica comunitaria in materia di servizi di interesse generale risiedono le esigenze dei cittadini.

necessità di conciliare i profili sociali connessi alla specifica missione affidata, con l'esigenza economica della competitività.143

Permane incertezza sulla possibilità che tale equilibrio si raggiunga ed esaurisca con l'applicazione delle norme dei Trattati e la prevalenza della missione di servizio di interesse economico generale. In molti Stati membri si contrappone l'idea che il bilanciamento esorbiterebbe dalla prospettiva comunitaria, come reso evidente dal fatto che alcuna disposizione europea definisca con precisione la linea di confine tra fattori sociali ed economici.144 Tale bilanciamento, infatti, volutamente informato ad elasticità dagli artt. 14 e 106 TFUE, non sempre risulta chiarito dal diritto derivato, né dalla giurisprudenza della Corte di giustizia. Individuati allora i limiti concretamente posti dall'ordinamento europeo, si tratta di determinare dove collocare il livello decisionale in merito alla compatibilità tra concorrenza e tutela dell'interesse generale, tenendo conto della valorizzazione dei servizi pubblici, quali strumenti di coesione sociale e territoriale. Secondo tali presupposti, è anche in merito alla decisione di rigettare o limitare ragionevolmente e proporzionalmentele regole di concorrenza, ovvero di correggerle ai fini coesivi di socialità, che il ruolo delle amministrazioni pubbliche si evolve e si valorizza.145

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Per un'analisi, tra i tanti, G, Di Gaspare, Servizi pubblici in trasformazione, cit., p. 27; A. Travi, Servizi pubblici locali e tutela della concorrenza fra diritto comunitario e modelli nazionali, in Il diritto amministrativo dei Paesi europei, G. Falcon (a cura di), Padova, 2005, p. 195; G. M. Racca, I servizi pubblici nell'ordinamento comunitario, in La concessione di pubblico servizio, G. Pericu, A. Romano, V. Spagnuolo Vigorita (a cura di), Milano, 1995, p. 296 ss.; F. Cintioli, La dimensione europea dei servizi di interesse economico generale, cit.; D. Sorace, I servizi pubblici economici nell'ordinamento nazionale ed europeo, cit., p. 14; F. Merloni, L'assunzione/istituzione dei servizi pubblici locali tra ordinamento italiano e ordinamento comunitario, 2009, in www.astrid-online.it; F. Giglioni, L'accesso al mercato nei servizi di interesse generale, Milano, 2008; V. Cerulli Irelli, Impresa pubblica, fini sociali, servizi di interesse economico generale, in Riv. ital. dir. pubbl. comun., 2006, 747 ss.; L Bertonazzi, R. Villata, Servizi di interesse economico generale, in Trattato di diritto amministrativo europeo, M. Chiti e G. Greco (a cura di), Milano, 2007; R. Caranta, Il diritto dell'UE sui servizi di interesse economico generale e il riparto di competenze tra Stato e Regioni, in Le Regioni, 2011, VI, 1175; E. Moavero Milanesi, I servizi d’interesse generale e d’interesse economico generale, in F. Bestagno (a cura di), Il mercato unico dei servizi, Milano, 2007; L. Perfetti, Il regime dei servizi pubblici locali: il ritorno all'autonomia, il rispetto della disciplina europea, la finalizzazione alle aspettative degli utenti, in Dir. amm., 2013, p. 681; M. Capantini, I servizi pubblici tra ordinamento nazionale,comunitario ed internazionale: evoluzione e prospettive, in Massera A. (a cura di), Il diritto amministrativo dei servizi pubblici fra ordinamento nazionale ed ordinamento comunitario, Pisa, Plus, 2004, p. 24 ed in www.astrid-online.it;

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A. Travi, Servizi pubblici locali e tutela della concorrenza fra diritto comunitario e modelli nazionali, in Il diritto amministrativo dei Paesi europei, G. Falcon (a cura di), cit., p. 187.

145 Così M. Capantini, I servizi pubblici tra ordinamento nazionale, comunitario ed internazionale:

Nel campo dei servizi pubblici locali gli interventi del legislatore statale con cui sono stati introdotti regimi limitativi alla gestione diretta dei servizi locali (in house providing), sono andati nella direzione opposta, orientati ad una promozione della concorrenza - nelle forme della concorrenza “per il mercato “- più ampia di quella imposta dalle stesse norme europee.146

La Corte costituzionale, già prima della scelta referendaria sulle sorti dell'art. 23 bis del decreto legge n. 112 del 2008, aveva precisato che, in caso di abrogazione, sarebbe derivata l'applicazione immediata nell'ordinamento italiano della normativa comunitaria.147Venuta meno la disciplina nazionale, per definire l'attuale rapporto tra il diritto europeo e le norme interne in materia di servizi pubblici locali, occorre anzitutto chiarire se la disciplina comunitaria riguardante l'affidamento della gestione dei servizi pubblici locali preveda il ricorso ad una procedura competitiva ad evidenza pubblica come modalità ordinaria; in secondo luogo occorre definire se modalità alternative di affidamento della gestione, come ad esempio l'affidamento diretto ad una società in house, rientrino nel campo di applicazione del primo comma dell'art. 106 del TFUE, oppure del secondo comma dello stesso articolo; in quest'ultimo caso l'affidamento dei servizi a terzi con gara verrebbe configurato come “regola”, mentre la gestione diretta come “eccezione”, cioè come deroga al rispetto delle regole di concorrenza.

D'altro lato, individuati gli obblighi imposti dall'ordinamento comunitario, si tratta di definire entro quali margini il legislatore nazionale possa ancora stabilire un'autonoma disciplina, dopo il vincolo negativo imposto dal referendum

ordinamento nazionale ed ordinamento comunitario, Pisa, Plus, 2004, p. 24.

146 L’art. 23 bis della legge 6 agosto 2008 n. 133, di conversione del decreto legge 25 giugno 2008 n.

112 aveva introdotto una disciplina generale sui servizi pubblici locali ed in particolare nuove modalità di affidamento dei servizi di rilevanza economica, con il fine di “favorire la più ampia diffusione dei principi di concorrenza, di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi di tutti gli operatori economici interessati alla gestione di servizi di interesse generale in ambito locale, nonché di garantire il diritto di tutti gli utenti alla universalità ed accessibilità dei servizi pubblici locali ed al livello essenziale delle prestazioni, ai sensi dell’ articolo 117, secondo comma, lettere e) e m), della Costituzione, assicurando un adeguato livello di tutela degli utenti, secondo i principi di sussidiarietà, proporzionalità e leale cooperazione”. Tra gli innumerevoli commenti, si rinvia a R. Villata, La riforma dei servizi pubblici locali, Torino, 2011, p. 315 ss.; D. Agus, I servizi pubblici locali e la concorrenza, in Giorn. dir. amm. 2010, 5, 464 ed in www.astrid-online.it; R. De Nictolis, La riforma dei servizi pubblici locali, in Urb. e app., 2008, p. 1109; M. Dugato, La manovra finanziaria prevista dalla legge n. 133/2008 – i servizi pubblici locali (art. 23 bis), in Giorn. dir. amm., 2008, p. 1219 ss.

dell'11 e 12 giugno 2011, consistente nel divieto di riprodurre la disciplina abrogata.

La relazione tra disciplina nazionale dei servizi pubblici locali e normativa europea è stata oggetto di indagine da parte della Corte costituzionale148quando questa è stata chiamata a verificare la legittimità costituzionale dell'art. 23 bis del decreto legge n. 112/2008, nella parte in cui disciplinava l'affidamento dei servizi pubblici locali, stabilendo vincoli sostanziali e procedurali alle scelte operate a livello territoriale e disponendo altresì la cessazione degli affidamenti assegnati con procedura diversa dall'evidenza pubblica, normativa contestata dalle regioni sotto vari profili, compreso il contrasto con la disciplina comunitaria secondo il parametro dell'art. 117 comma 1 Cost.

La decisione della Corte è importante poiché - oltre ad individuare la sfera di competenza in cui si colloca, secondo la Costituzione, la normativa denunciata - consente di ricostruire il rapporto tra la disciplina dei servizi pubblici locali ricavabile dall'ordinamento dell'Unione europea e quella dettata dalla normativa nazionale.

La Corte dopo aver premesso che le nozioni di servizio pubblico e di servizio di interesse generale «assolvono l’identica funzione di identificare i servizi la cui gestione deve avvenire di regola, al fine di tutelare la concorrenza, mediante affidamento a terzi secondo procedure competitive ad evidenza pubblica»,149rileva che vi sono divergenze riguardo la gestione diretta del servizio pubblico locale da parte dell’autorità pubblica: «La normativa comunitaria la ammette nel caso in cui lo Stato nazionale ritenga che l’applicazione delle regole di concorrenza (e, quindi, anche della regola della necessità dell’affidamento a terzi mediante una gara ad evidenza pubblica) ostacoli, in diritto od in fatto, la speciale missione dell’ente pubblico. In tale ipotesi l’ordinamento comunitario, rispettoso dell’ampia sfera discrezionale attribuita in proposito agli Stati membri,

148 Corte costituzionale, sent. 17 novembre 2010, n. 325, in Giur. Cost., 2010, 4645 con nota di A.

Lucarelli, La Corte costituzionale dinanzi al magma dei servizi pubblici locali: linee fondative per un diritto pubblico europeo dell'economia; in Corr. giur., 2011, 770, con nota di C. Aiello, La consulta “salva” la riforma dei servizi pubblici locali dalle censure regionali (ma ammette il referendum abrogativo); in Giorn. dir. amm., 2011, 484, con nota di L. Cuocolo, La Corte costituzionale “salva” la disciplina statale sui servizi pubblici locali, e in Urb. app., 2011, 48, con nota di S. Musolino, La riforma dei servizi pubblici locali è costituzionalmente legittima e compatibile con l'ordinamento comunitario.

si riserva solo di sindacare se la decisione dello Stato sia frutto di un “errore manifesto”».150

Secondo la Corte, l'affidamento a terzi dei servizi pubblici mediante gara pubblica sarebbe una delle regole di concorrenza imposte dal diritto comunitario, eventualmente derogabili con le modalità stabilite dall'art. 106 par. 2 del TFUE. Tale assunto - da cui poi sviluppano le successive argomentazioni della Corte - in realtà non pare condivisibile, non trovando riscontro nelle norme e negli indirizzi emersi a livello comunitario in materia di servizi di interesse economico generale.151

Il giudizio di proporzionalità condotto dalla Corte di giustizia ai sensi dell'art. 106 par. 2 per consentire regimi derogatori alle regole di concorrenza ha riguardato prevalentemente l'attribuzione di diritti speciali o esclusivi e/o il riconoscimento di compensazioni finanziarie sotto forma di sovvenzioni pubbliche o sussidi incrociati.152

Quando invece la Corte di giustizia è stata chiamata a valutare la compatibilità con il diritto comunitario degli affidamenti diretti, non ha mai fatto riferimento all'art. 106 par. 2 ed ha ritenuto che fornitura diretta ed affidamento all'esterno con gara siano entrambi strumenti legittimi di fornitura dei servizi di interesse economico generale. La scelta in proposito è interamente rimessa ai poteri pubblici degli Stati membri, confermando il principio della neutralità

150 Id. § 6.1 terzo capoverso. La medesima ricostruzione viene compiuta dalla Corte costituzionale nella

sentenza 20 luglio 2012, n. 199, § 5.2.1 quinto capoverso, con cui è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 4 del decreto legge 13 agosto 2011, n. 138.

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In tal senso, tra gli altri, F. Trimarchi Banfi, Procedure concorrenziali e regole di concorrenza nel diritto dell'Unione e nalla Costituzione (all'indomani della dichiarazione di illegittimità delle norme sulla gestione dei servizi pubblici economici), in Riv. it. dir. pubbl. comun., 2012, p. 723 ss.; R. Caranta, Il diritto dell'UE sui servizi di interesse economico generale e il riparto di competenze tra Stato e Regioni, in Regioni, 2011, VI, 1175 ss

152 Per il giudizio finalizzato alla verifica della proporzionalità dei regimi derogatori, occorre anzitutto

che la specifica missione affidata ovvero i compiti assegnati alle imprese, siano precisamente determinati in atti dei pubblici poteri.Corte di giustizia, sentenza 23 ottobre 1997, Commissione c. Francia, causa C-159/94, afferma possa trattarsi sia di un atto legislativo o regolamentare, sia di un provvedimento amministrativo quale ad esempio un provvedimento di concessione, ma anche un contratto di servizio, come avviene nel settore dei trasporti, per il quale nel Trattato si parla per l'unica volta di pubblico servizio (art. 93 TFUE).La Corte di giustizia ha indicato le condizioni affinché compensazioni finanziarie riconosciute per lo svolgimento di obblighi di servizio pubblico possano considerarsi legittime e non un aiuto di Stato vietato ai sensi dell'art. 107 par. 1 del TFUE, ex plurimis, Corte di giustizia, sent. 24 luglio 2003, causa C.280/00, Altmark; sentenza del 27 novembre 2003, cause da C-34/01 a C-38/01, Enirisorse S.p.a.

dell’ordinamento europeo rispetto alla scelta tra proprietà pubblica o privata espresso dall'art. 345 del TFUE.153

La Corte di giustizia ha costantemente affermato che «un’autorità pubblica, che sia un’amministrazione aggiudicatrice, ha la possibilità di adempiere ai compiti di interesse pubblico ad essa incombenti mediante propri strumenti, amministrativi, tecnici e di altro tipo, senza essere obbligata a far ricorso ad entità esterne non appartenenti ai propri servizi».154

Ritenere legittima la scelta per l'autoproduzione dei servizi pubblici significa, invece, che il diritto europeo non ammette la possibilità di affidamento diretto di lavori o servizi a soggetti giuridicamente terzi rispetto alle amministrazioni aggiudicatrici; ciò spiega perché le condizioni di legittimità del ricorso all'in house, fissate dalla giurisprudenza comunitaria in senso sempre più restrittivo, riguardano la garanzia di una sostanziale identità tra pubblica amministrazione e soggetto affidatario.155

In presenza dei requisiti individuati dalla Corte di giustizia, manca quell'alterità tra amministrazione aggiudicatrice ed altro contraente, presupposto indefettibile perché si possa avere un contratto e di conseguenza vi sia l'obbligo di applicare la normativa europea sugli appalti pubblici, finalizzata a garantire trasparenza e par condicio nel mercato degli appalti.156Al contrario, nei confronti

153 Per una puntuale ricostruzione degli orientamenti giurisprudenziali, D. Galletta, Forme di gestione

dei servizi pubblici locali ed in house providing nella recente giurisprudenza comunitaria e nazionale, in Riv. it. dir. pubbl. comunitario, 2007, pp. 22 ss.

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Ex multis, C. giust. CE, 18 dicembre 2007 (in causa C-532/03), Commissione CE c. Irlanda, in Urb. app., 2008, 293, con nota di R. Caranta, Attività pubblica, attività no-profit, e disciplina dei contratti pubblici di servizi; in Foro amm. CdS, 2008, p. 1976, con nota di M. Mattalia, Convenzionamento diretto o procedure concorsuali nell’affidamento del servizio di trasporto sanitario?; A. Albanese, L’affidamento di servizi socio-sanitari alle organizzazioni di volontariato e il diritto comunitario: la Corte di giustizia manda un monito agli enti pubblici italiani, in Riv. it. dir. pubbl. comun., 2008, p. 1453. Tra le più note, Corte giust. CE, 11 gennaio 2005 (causa C-26/03), Stadt Halle, in Urb. app., 2005, 288, con nota di R. De Nictolis, La Corte CE si pronuncia in tema di tutela nella trattativa privata, negli affidamenti in house e a società mista; in Foro amm. 2005, 665, con nota di E. Scotti, Le società miste tra in house providing e partenariato pubblico privato: osservazioni a margine di una recente pronuncia della Corte di giustizia; in Foro it, 2005, IV, 136, con nota di R. Ursi, Una svolta nella gestione dei servizi pubblici locali: non c’è «casa» per le società a capitale misto; in Riv. it. dir. pubbl. comun., 2005, p. 1004, con nota di V. Ferraro, La nuova ricostruzione dell’in house providing proposta dalla Corte di giustizia nella sentenza Stadt Halle.

155 Fin dalla sentenza Teckal C-107/98, la legittimità dell'affidamento diretto è stata condizionata alla

sussistenza dei requisiti della partecipazione totalitaria dell’amministrazione aggiudicatrice, del rispetto dei requisiti del controllo analogo e della destinazione prevalente dell’attività a favore della stessa amministrazione.

156 Nella citata sentenza Teckal, § 49 e 50, la Corte di giustizia afferma che «relativamente all'esistenza

di un soggetto controllato e che svolge la sua prevalente attività per il soggetto controllante, non sarebbero ravvisabili situazioni di pregiudizio per la parità di trattamento degli altri operatori economici e per il rispetto delle regole di concorrenza.157

Sulla base di queste considerazioni può allora dubitarsi che l'affidamento a terzi dei servizi pubblici mediante gara sia una delle regole di concorrenza imposte dal diritto comunitario ai sensi dell'art. 106 par. 2 del TFUE. L'apertura dei mercati degli appalti pubblici alla concorrenza viene ricondotto sempre alle finalità indicate dagli articoli 18, 49 e 56 del Trattato, ovvero la garanzia di non discriminazione secondo la nazionalità, il diritto di stabilimento e la libera prestazione dei servizi.158 Ciò è confermato laddove la Corte di giustizia, rilevando la necessità dell'affidamento dei servizi pubblici mediante una procedura concorrenziale, ha fatto esplicito riferimento all'art. 106 comma 1 del

persone distinte. A questo proposito, conformemente all'art. 1, lett. a), della direttiva 93/36, basta, in linea di principio, che il contratto sia stato stipulato, da una parte, da un ente locale e, dall'altra, da una persona giuridicamente distinta da quest'ultimo».

157 Corte di giustizia, sent. 13 novembre 2008, causa C-324/07, Coditel Brabant SA; sent. 13 ottobre

2005, causa C-458/03, Parking Brixen: quando la Corte analizza la compatibilità dell'in house providing con la disciplina che prescrive il ricorso alla gara per l'aggiudicazione degli appalti pubblici fa espresso riferimento ai principi di parità di trattamento e di non discriminazione in base alla nazionalità, nonché l'obbligo di trasparenza che ne discende. Sul tema si veda: A. Graziano, Servizi pubblici locali: modalità di gestione dopo le riforme di cui alla l. 24.11.2003 n. 326 e alla l. 24.12.2003, n. 350 e compatibilità con il modello dell’in house providing alla luce delle ultime pronunce della Corte di Giustizia (Sentenze Stadt Halle del 11.1.2005; Parcking Brixen del 25.10.2005 e Modling del 10.11.2005), in www.giustizia-amministrativa.it; P. Lotti, Corte di Giustizia e involuzione dell’in house providing, in Urbanistica e appalti, 2006, 1050; R. Caranta, Il diritto dell'UE sui servizi di interesse economico generale e il riparto di competenze tra Stato e Regioni, cit., p. 1175 ss.; F. Trimarchi Banfi, Procedure concorrenziali e regole di concorrenza nel diritto dell'Unione e nella Costituzione (all'indomani della dichiarazione di illegittimità delle norme sulla gestione dei servizi pubblici economici), in Riv. it. dir. pubbl. comun., 2012, p. 723 ss.

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Anche in materia di concessioni di servizi, cui non sono applicabili le direttive sull'aggiudicazione degli appalti, la Corte di giustizia ha ricavato in via interpretativa i principi applicabili desunti dalla stessa normativa sugli appalti ed individuati nel rispetto degli allora articoli 12, 43 e 49 del Trattato: ex multis v. sent. 13 ottobre 2005, causa C-458/03, Parking Brixen. In tal senso anche la comunicazione della Commissione COM(2011) 897 def., recante proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull'aggiudicazione dei contratti di concessione, in cui al secondo considerando si afferma che «l’aggiudicazione delle concessioni di servizi con interesse transfrontaliero è soggetta ai principi del trattato, e in particolare al principio della libertà di circolazione delle merci, di stabilimento e di fornire servizi nonché ai principi che ne derivano come la parità di trattamento, la non discriminazione, il riconoscimento reciproco, la trasparenza e la proporzionalità». Allo stesso modo l'art. 4 comma 8 del decreto legge 13 agosto 2011, n. 138 aveva ricondotto il conferimento della gestione di s.p.l. in favore di imprenditori mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, «al rispetto dei principi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei principi di economicità, imparzialità, trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento e proporzionalità», senza alcun riferimento alla concorrenza.

TFUE, in base al quale «gli Stati membri non emanano né mantengono in favore delle imprese pubbliche e delle imprese cui riconoscono diritti speciali o esclusivi, alcuna misura contraria alle norme del presente Trattato,159specialmente a quelle contemplate dagli articoli 12 e da 81 a 89 inclusi»: la Corte ha precisato quali norme del Trattato devono essere rispettate anche in presenza di imprese che beneficiano di diritti esclusivi, affermando che la gara per l'affidamento della gestione dei servizi pubblici è strumentale al rispetto dei principi previsti dagli articoli 12, 43 e 49 del Trattato, senza alcun richiamo alla tutela della concorrenza.160

Per quanto osservato fin qui è evidente che la necessità di garantire il rispetto del principio di non discriminazione e delle libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi viene in rilievo soltanto quando i pubblici poteri, intendendo affidare la gestione del servizio ad un soggetto terzo, si trovano a dover scegliere tra una pluralità di imprese. Se, invece, l'amministrazione sceglie di autoprodurre il servizio, gli interessi tutelati dall'ordinamento europeo non hanno alcuna interferenza con la vicenda, a condizione che la gestione in house

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