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La pubblicizzazione della disciplina per il recupero di efficienza ed economicità della gestione

L'introduzione di misure rivolte al contenimento della spesa pubblica mediante l'estensione alle società partecipate di parte dello statuto pubblicistico applicabile agli enti locali controllanti, può rivestire anche l'importante ruolo di scoraggiare il ricorso alla gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica per mezzo di società in house, laddove detta modalità sia prescelta con l'intento elusivo di approfittare dei maggiori spazi di libertà operativa offerti dalla

188 La legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità 2015) si è limitata a stabilire un piano mediante

il quale gli enti locali devono provvedere a ridurre il numero delle società partecipate, in applicazione di taluni criteri tra cui l’«aggregazione di società che gestiscono servizi pubblici locali di rilevanza economica».

189 Ed infatti sotto il vigore dell’art. 14 comma 32 del D.L. 78/2010 molti enti locali hanno proceduto

alla trasformazione di società di capitali in house in aziende speciali. Tale figura di trasformazione, non prevista espressamente dalle norme del codice civile in materia societaria è stata ritenuta comunque praticabile ed adottata ad esempio dal Comune di Napoli per la gestione dei servizi idrici, con la trasformazione di Arin S.p.a. in ABC Napoli azienda speciale. G. Nicoletti, Il rilancio dell'azienda speciale: il "caso" di Arin Napoli, in www.dirittodeiservizipubblici.it, 5 settembre 2012.

veste privatistica del soggetto gestore, a scapito dell'economicità e dell'efficienza della gestione.

Al riguardo era stato previsto l’assoggettamento al patto di stabilità interno degli affidatari in house di servizi pubblici locali190 e l’estensione alle società pubbliche dei divieti e delle limitazioni all’assunzione di personale, nonché le politiche per il contenimento degli oneri contrattuali e delle altre voci di natura retributiva o indennitaria previsti per le amministrazioni controllanti.191

L'applicazione di tali previsioni, soprattutto di quella relativa al patto di stabilità, ha però incontrato rilevanti difficoltà, originando anche un conflitto di attribuzioni tra Stato e Regioni sul quale la Corte costituzionale ha dovuto pronunciarsi due volte.

La Consulta aveva dapprima dichiarato l’illegittimità della normativa statale, in quanto la prevista attuazione del patto di stabilità mediante appositi regolamenti governativi, riguardava una materia – il coordinamento della finanza pubblica – di competenza legislativa concorrente, in cui lo Stato è privo di competenza regolamentare.192

In seguito, riproposta l’applicazione del patto di stabilità alle società in

house,193 la Corte ha invece rigettato le censure regionali194in quanto la nuova

190

Art. 23 bis comma 10 lett. a) del d. l. n. 112 del 2008.

191 Art. 18 comma 2 bis dello stesso d. l. n. 112 del 2008.

192 La Consulta ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 23 bis comma 10 lett. a) del d. l. n. 112 del 2008 sulla

constatazione che l’ambito di applicazione del patto di stabilità interno attiene al coordinamento della finanza pubblica. Corte cost., sent. 17 novembre 2010, n. 325, A. Lucarelli, La Corte costituzionale dinanzi al magma dei servizi pubblici locali: linee fondative per un diritto pubblico europeo dell'economia, in Giur. Cost., 2010, p. 4645.

193 Il legislatore statale - intendendo riaffermare la necessità che tutti i soggetti istituzionali concorrano al

conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica - con l'art. 3 bis, comma 5 del d. l. n. 138 del 2011, ha nuovamente stabilito che le società affidatarie in house «sono assoggettate al patto di stabilità interno secondo le modalità definite dal decreto ministeriale previsto dall'articolo 18 comma 2 bis del d. l. n. 112 del 2008», norma introdotta dall'art. 19, comma l, del decreto legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102. Quest’ultima norma prevedeva che «le società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo, titolari di affidamenti diretti di servizi pubblici locali senza gara, sono assoggettate al patto di stabilità interno secondo le modalità e la modulistica definite con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri dell'interno e per i rapporti con le regioni, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, da emanare entro il 30 settembre 2009».

194 L'art. 3 bis, comma 5, del d. l. n. 138 del 2011 è stato oggetto di censure da parte delle regioni sul

rilievo che questo avrebbe sostanzialmente riproposto il contenuto dell’art. 23-bis comma 10 del d. l. n. 112 del 2008, nonostante la sua declaratoria di incostituzionalità avesse eliminato il presupposto legislativo per poter disporre nuovamente l’assoggettabilità delle società in house al patto di stabilità interno. Il comma 2-bis dell’art. 18, a seguito della dichiarata illegittimità costituzionale dell'art. 23-

disciplina ha demandato a un decreto ministeriale esclusivamente la definizione delle modalità e della modulistica per l’assoggettamento al patto di stabilità interno. Sicché, mentre il precedente rinvio alla fonte regolamentare contemplava la possibilità di dettare regole che disciplinassero nel merito il contenuto e la misura degli obiettivi finanziari di questi soggetti, anche introducendo innovazioni normative, in seguito «alla fonte sublegislativa non è stata affidata la definizione di contenuti normativi e di disciplina delle regole del patto di stabilità, ma soltanto di adempimenti tecnici, strumentali a garantire l’uniformità degli atti contabili sull’intero territorio nazionale».195

Senonché, venuto meno ogni ostacolo all'adozione dei decreti applicativi e trascorsi ormai cinque anni dalla sua previsione iniziale, il legislatore ha ridimensionato il proprio proposito di coinvolgimento delle società pubbliche al conseguimento degli obiettivi del patto di stabilità, così come anche dei vincoli in materia di personale.

Tali discipline si sono infatti rivelate di difficile applicazione a causa delle diverse norme contabili e basi informative che differenziano l’amministrazione pubblica da soggetti di natura formalmente privata, impegnati nell’esercizio di un’attività economica e sono state infine abrogate. Il legislatore ha così dettato una nuova disciplina ripiegando su una soluzione di compromesso, in grado di conciliare le esigenze di economicità delle gestioni svolte da parte delle società partecipate dagli enti locali con le particolari necessità connesse allo svolgimento di un’attività di impresa. Riguardo il personale delle società che gestiscono servizi pubblici di rilevanza economica, l’ente locale controllante, nell’esercizio delle prerogative e dei poteri di controllo, deve ora stabilire le modalità e l’applicazione dei vincoli assunzionali e di contenimento delle politiche retributive, che verranno adottate mediante provvedimenti dello stesso ente locale.196Per quanto concerne i vincoli di bilancio, qualora le aziende speciali, le istituzioni o le società presentino un risultato d’esercizio o un saldo finanziario negativo, gli enti locali soci sono obbligati ad accantonare nell’anno successivo, in apposito fondo vincolato, un

bis comma 10 del d. l. n. 112 del 2008, si sarebbe posto in antinomia con il contenuto della pronuncia in quanto assoggetta le società in house al patto di stabilità rinviando ad un «adottando decreto ministeriale», in modo analogo alla disposizione annullata.

195 Corte cost., sent. 20 marzo 2013, n. 46.

importo pari al risultato negativo non immediatamente ripianato, in misura proporzionale alla loro quota di partecipazione.197Per le sole società che svolgono servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica, compresa la gestione dei rifiuti, si dovrà invece fare riferimento alla differenza tra valore e costi della produzione, così come definiti dall’art. 2425 del Codice Civile, evitando quindi di prendere in considerazione il solo risultato della gestione finanziaria.198 Il legislatore riconosce in questo modo le specificità di tali settori, caratterizzati dalla presenza di rilevanti oneri finanziari, dovuti soprattutto al ricorso all’indebitamento per il finanziamento degli investimenti.In altri termini, fuori da rigidi e prestabiliti vincoli di bilancio, i gestori pubblici devono tendere ad una sana gestione finanziaria.199 La responsabilità del raggiungimento di questo obiettivo viene posta soprattutto sull'ente proprietario attraverso l’obbligo di accantonamento, con l’idea di “internalizzare” i risultati economici delle partecipate ed accentuando il legame di organicità tra società ed ente controllante.200

Seppur improntati ad una maggiore flessibilità rispetto alle intenzioni iniziali, anche tali vincoli sembrano in grado di scoraggiare l’utilizzo strumentale delle società partecipate, incentivando indirettamente il rilascio al mercato della gestione dei servizi pubblici locali.

197 Gli accantonamenti al fondo vincolato dovranno essere effettuati a decorrere dall’anno 2015, quindi

con riferimento al risultato d’esercizio o al saldo finanziario dell’esercizio 2014. Inoltre, è previsto un meccanismo di accantonamento graduale per il triennio 2015- 2017, mentre il sistema andrà a regime a partire dal 2018.

198 art. 1 commi da 550 a 552 della legge 27 dicembre 2013, n. 147.

199 L'art. 1 comma 553 della legge 27 dicembre 2013, n. 147 ha previsto che dall’esercizio 2014 le

aziende speciali, le istituzioni e le società a partecipazione di maggioranza, diretta e indiretta, delle pubbliche amministrazioni locali devono concorrere alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica attraverso il perseguimento della sana gestione dei servizi, secondo criteri di economicità e di efficienza. Per le società che gestiscono servizi pubblici locali si dovranno a tal fine individuare appositi parametri standard dei costi e dei rendimenti.

200

Cfr. Commissario straordinario per la revisione della spesa, Programma di razionalizzazione delle partecipate locali, Roma, 7 agosto 2014, p. 16, secondo il quale, tra l’altro, occorrerebbe sottoporre al patto di stabilità gli accantonamenti, il che renderebbe più penalizzante l’emergere di perdite nelle partecipate.

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