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Gli incentivi volti a favorire il ricorso alle gare ad evidenza pubblica e l’efficientamento delle gestioni pubbliche

Dopo l’abrogazione referendaria dell’art. 23 bis del decreto legge n. 112 del 2008 e la rinnovata possibilità per gli enti locali di ricorrere all’autoproduzione dei servizi pubblici mediante il modulo dell’in house

providing, il legislatore ha varato alcune norme con l’intento di disincentivare la

gestione diretta, ritenuta causa di sprechi e inefficienze, e di promuovere il ricorso alle gare ad evidenza pubblica.

Il condizionamento legislativo è stato rivolto in tre direzioni distinte: sono stati previsti incentivi e disincentivi rispetto alla scelta gestionale effettuata dagli enti locali, confermando il favore per un sistema di concorrenza per il mercato; si è inteso limitare, in determinate circostanze, la possibilità per gli enti locali di detenere partecipazioni societarie; si è tentato di estendere all’impresa partecipata gli stessi vincoli pubblicistici cui viene sottoposto l’ente partecipante.171

Per quanto concerne il sistema degli incentivi si prevede che

«l'applicazione di procedure di affidamento dei servizi a evidenza pubblica da

parte di regioni, province e comuni o degli enti di governo locali dell'ambito o del bacino costituisce elemento di valutazione della virtuosità degli stessi ai sensi dell'articolo 20, comma 2 del d.l. 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111».172 Tale ultima disposizione, nello stabilire i parametri di virtuosità nell’ambito del patto di stabilità interno, prevede che gli enti che risultano collocati nella classe più virtuosa, fermo

171

Sul processo di entificazione delle società pubbliche e sulla disciplina loro applicabile, M. Dugato, L'imperturbabile stabilità dei servizi pubblici e l'irresistibile forza dell'ente pubblico, in Munus, 3, 2012, p. 505 ss.; G. Napolitano, Soggetti privati «enti pubblici», in Dir. amm., 2003, p. 801 ss.; F. G. Scoca, Il punto sulle c.d. società pubbliche, in Dir. econ., 2005, p. 247 ss. Sui regimi derogatori delle società a partecipazione statale, S. Cassese, La nuova costituzione economica, Bari, 2008, p. 221 ss. A prescindere dalle discipline espressamente applicabili per scelta legislativa, a livello interpretativo si è posto il problema della natura delle società pubbliche soprattutto con riferimento alla responsabilità erariale degli amministratori, al possibile fallimento della società partecipata, all'accesso agli atti.

172 Articolo 25 comma 3 della legge 24 marzo 2012, n. 27, che ha convertito il decreto-legge 24 gennaio

2012, n. 1. A livello applicativo la norma prevede che a tal fine, la Presidenza del Consiglio dei ministri, nell'ambito dei compiti di tutela e promozione della concorrenza nelle regioni e negli enti locali comunica, entro il termine perentorio del 31 gennaio di ciascun anno, al Ministero dell'economia e delle finanze gli enti che hanno provveduto all'applicazione delle procedure previste dal presente articolo. In caso di mancata comunicazione entro il termine di cui al periodo precedente, si prescinde dal predetto elemento di valutazione della virtuosità.

l'obiettivo del comparto, non concorrono alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica.

Occorre notare che il sistema premiale connesso al patto di stabilità interno, tra i vari parametri di valutazione della virtuosità riconducibili alla gestione ed organizzazione dei servizi pubblici locali, oltre a considerare ora le modalità di affidamento della gestione, già aveva individuato il «tasso di copertura dei costi dei servizi a domanda individuale», intendendo premiare, sulla base di tale criterio, gli enti che abbiano raggiunto apprezzabili livelli di efficienza, a prescindere dalle modalità gestionali prescelte.173

Altro incentivo riguarda i finanziamenti a qualsiasi titolo concessi a valere su risorse pubbliche statali ai sensi dell'articolo 119, quinto comma, della Costituzione, i quali, si stabilisce, «sono prioritariamente attribuiti agli enti di governo degli ambiti o dei bacini territoriali ottimali ovvero ai relativi gestori del servizio selezionati tramite procedura ad evidenza pubblica o di cui comunque l'Autorità di regolazione competente abbia verificato l'efficienza gestionale e la qualità del servizio reso sulla base dei parametri stabiliti dall'Autorità stessa».174

Entrambe le disposizione sono state oggetto di censure da parte della Regione Veneto la quale, in base al parametro dell'art. 117, comma primo, Cost., ha lamentato175la violazione della disciplina comunitaria da parte del legislatore statale dal momento che questa ammette senza condizioni il ricorso agli affidamenti in house. La normativa in esame, infatti «finisce con l’escludere nei fatti la possibilità di affidamenti in house, in seguito ad una valutazione negativa

173 Articolo 20 comma 2 lett. i) del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98.Si è notato come già tale

previsione sia in realtà idonea a consentire una valutazione degli incrementi di efficacia ed economicità nell’esercizio dei servizi pubblici, mentre l’ulteriore valutazione introdotta, riferita alla modalità di affidamento, intendendo premiare gli enti che ricorrono alla gara ad evidenza pubblica, finisce per favorire il mezzo col quale, soltanto in via presuntiva, si ritiene possano ottenersi miglioramenti nei risultati economici della gestione. D. Immondino, Incentivi agli enti virtuosi, assoggettamento delle società in house al patto di stabilità ed apertura del mercato dei servizi pubblici alle regole concorrenziali, in Regioni, 2013, 4, p. 785 ss.

174 Incentivo introdotto dal medesimo art. 25 della legge 24 marzo 2012, n. 27.

175 Le censure regionali hanno lamentato anche l’introduzione di una forma di controllo sull’operato

regionale in violazione del principio autonomistico di cui agli artt. 5 e 114 Cost. ed in violazione dell’autonomia finanziaria della regione, così come regolata dall’art. 119 Cost. e dalla legge n. 42 del 2009 che vi ha dato applicazione, nonché la lesione dell’autonomia organizzativa ex art. 118 Cost. Inoltre si lamenta la violazione dell’art. 117, comma secondo, lettera e), Cost., in relazione al riparto delle competenze tra il legislatore statale e quello regionale, avendo il primo esorbitato dalla sua potestà legislativa esclusiva nell’ambito della «tutela della concorrenza», per manifesta sproporzione rispetto al fine.

operata ex ante, mentre è ben possibile, in concreto, che questa tipologia di affidamento di servizi si dimostri in concreto più efficiente e virtuosa».

La Corte costituzionale, con la sentenza n. 46 del 20 marzo 2013, si è soffermata sulla possibile incidenza delle norme censurate rispetto all’art. 117 commi 1 e 2 Cost., escludendo anzitutto un possibile contrasto con il diritto europeo in quanto la norma si pone obiettivi di tutela della concorrenza, senza limitare al contempo l’attuazione del diritto europeo direttamente da parte delle regioni. Nella necessità poi di coordinare la competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela della concorrenza con le competenze concorrenti regionali, secondo la Corte la tecnica premiale «ha il pregio di non privare le Regioni e gli altri enti territoriali delle loro competenze e di limitarsi a valutare il loro esercizio ai fini dell’attribuzione del premio, ovvero della coerenza o meno alle indicazioni del legislatore statale, che ha agito nell’esercizio della sua competenza esclusiva in materia di concorrenza (…) senza che le regioni risultino menomate né tanto meno private delle competenze legislative e amministrative loro spettanti».176

In particolare pare potersi notare che la disciplina in questione, pur assolvendo una chiara funzione di promozione della concorrenza, presenta il pregio di sostenere una generale “preferenza per il mercato” senza imporre l’adozione di determinati modelli gestionali. Gli ostacoli alla liberalizzazione, individuati nell’esistenza di organizzazioni inadeguate sotto il profilo delle dimensioni territoriali, nonché nella difficoltà di contrastare i tipici fallimenti dei mercati monopolistici, inducono a ritenere che il soddisfacimento degli interessi della collettività, nella variegata realtà delle amministrazioni locali, può essere assicurato rimettendo a queste ultime le adeguate valutazioni che tengano conto delle concrete caratteristiche del singolo affidamento. Il meccanismo premiale dunque, rispettoso del principio di autonomia degli enti locali, non limita la

176 Riguardo la possibile sproporzione della misura rispetto alla tutela della concorrenza, la Corte osserva

che la disposizione si colloca nel solco di un’evoluzione normativa diretta ad attuare «il principio generale della liberalizzazione delle attività economiche, richiedendo che eventuali restrizioni e limitazioni alla libera iniziativa economica debbano trovare puntuale giustificazione in interessi di rango costituzionale», richiamando sul punto la sentenza n. 200 del 2012.Tale intervento normativo, conformemente ai principi espressi dalla giurisprudenza costituzionale, «prelude a una razionalizzazione della regolazione, che elimini, da un lato, gli ostacoli al libero esercizio dell’attività economica che si rivelino inutili o sproporzionati e, dall’altro, mantenga le normative necessarie a garantire che le dinamiche economiche non si svolgano in contrasto con l’utilità sociale e con gli altri principi costituzionali».

facoltà di scelta in relazione alle modalità gestionali ritenute più opportune per la migliore tutela degli interessi perseguiti e che possono giustificare il ricorso all’autoproduzione del servizio a seconda del contesto organizzativo e regolatorio esistente.

Infine, ulteriore condizionamento indiretto, tramite incentivi, sulla scelta degli enti locali riguardante la modalità di gestione, consiste nella destinazione di una quota del fondo infrastrutture177 ad investimenti infrastrutturali «effettuati dagli enti territoriali che procedano alla dismissione di partecipazioni in società esercenti servizi pubblici locali di rilevanza economica, diversi dal servizio idrico».178

4. Limiti alla possibilità per gli enti locali di detenere partecipazioni

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