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I caratteri della riforma dei servizi pubblici local

Gli ampi poteri discrezionali rimessi ai poteri pubblici nell’individuazione e nell’organizzazione delle attività di servizio pubblico, spiegabili con l’impossibilità di definire con precisione i confini della nozione e con l’indeterminatezza del limite dell’utilità sociale espresso dalle norme costituzionali sui rapporti economici, hanno contribuito a determinare l’assetto tradizionale dei settori di servizio pubblico: l’ampliamento dell’intervento pubblico in vasti settori dell’economia anche non riconducibili strettamente al novero dei servizi pubblici e sottoposti al medesimo regime giuridico; l’attribuzione di diritti esclusivi o speciali; la pubblicizzazione del rapporto con l’impresa mediante concessione dell’attività riservata; l’addossamento delle

71 AGCM, AS 965 Città di Ventimiglia - Gestione aree di sosta a pagamento. Sul punto si richiama la

senenza della Corte di giustizia CE, 16 settembre 2008, C-288/07, Commissioners of Her Majesty's Revenue & Customs e Isle of Wight Council, par. 62, in cui si fa divieto di qualsiasi misura discriminatoria suscettibile anche solo «di dissuadere i potenziali concorrenti dall'ingresso sul mercato della locazione di posti di stazionamento in parcheggi».

72 Sul tema generale del finanziamento, G. Colombini, Il finanziamento dei servizi pubblici, in A.

Massera (a cura di) Il diritto amministrativo dei servizi pubblici tra ordinamento nazionale e ordinamento comunitario, Pisa, 2004, p. 149 ss.

perdite di bilancio direttamente sulla fiscalità generale come conseguenza della teoria degli oneri impropri, nonostante la scarsa efficienza ed economicità delle gestioni e l’insufficiente qualità dei servizi erogati.

I vari aspetti che hanno ingenerato un cambiamento di prospettiva possono essere ricondotti sia nell’ambito di un generale processo di trasformazione della pubblica amministrazione,73sia più specificamente all’applicazione del principio di concorrenza alla categoria dei servizi di interesse economico generale, il cui effetto prevalente è stata la liberalizzazione dei servizi pubblici a rete.

Anche la riforma del settore dei servizi locali è andata nella direzione di promuovere forme di liberalizzazione con l'obiettivo principale di attuare una separazione della titolarità dei compiti di gestione da quella relativa all'attività di regolazione, superando le criticità derivanti dalla confusione di ruoli in capo all'ente locale e da posizioni di conflitto d'interesse.

Il legislatore si è prefissato il raggiungimento di queste finalità muovendo in quattro direzioni fondamentali: in primo luogo prevedendo la privatizzazione e societarizzazione di tutti i moduli gestionali; promuovendo la concorrenza per il mercato, mediante l'obbligo della gara e limitando, in seguito, la possibilità di ricorrere a gestioni in house; richiedendo agli enti locali, dismessi i panni di gestori diretti dei servizi, di concentrarsi sul ruolo di indirizzo e controllo delle attività svolte da imprese private, principalmente con lo strumento del contratto di servizio; infine prevedendo la separazione della proprietà degli impianti, reti e delle altre dotazioni dalla titolarità dell'attività di gestione dei servizi.74

73 Dal lato organizzativo l’esigenza di un recupero di efficienza ed efficacia del sistema pubblico ha

portato ad una ridefinizione dei suoi confini e a predisporre le basi per un significativo ripensamento dei modelli organizzativi e funzionali, alla ricerca di forme di gestione più flessibili. Sino alla seconda metà del XX secolo, la pubblica amministrazione, intesa come apparato, è definita in contrapposizione all’impresa privata: un settore pubblico finalizzato al perseguimento d’interessi collettivi, nettamente distinto da un settore privato guidato dal fine essenziale del perseguimento del profitto. Si afferma un approccio dicotomico, sostenuto sia nelle tesi c. d. ”istituzionali”, che affermano l’unicità della pubblica amministrazione, sia nelle tesi contrapposte che, in conformità a un approccio organizzativistico, sostengono la perfetta analogia tra pubblico e privato, affermando sostanzialmente l’assoluta possibilità di trasporre le regole del privato al pubblico. Vedi, R. D’Amico, (a cura di), L’analisi della pubblica amministrazione. Teorie, concetti e metodi, Vol. 1, La Pubblica amministrazione e la sua scienza, Milano, 2006.

74 Tra i numerosi commenti alla riforma si segnala, A. Vigneri, La liberalizzazione dei servizi pubblici

locali, in Le Regioni, 5, 2002, p. 1091, ss.; M. Massarutto, La riforma dei servizi pubblici locali. Liberalizzazione, privatizzazione o gattopardismo, in Mercato, concorrenza, regole, 1, 2002; L. Perfetti, P. Polidori (a cura di) Analisi economica e metodo giuridico, i servizi pubblici locali, Padova, 2003; F. Merusi, La nuova disciplina dei servizi pubblici, in Annuario 2001 AIPDA, Milano, 2002, p.

Il processo di privatizzazione con un progressivo allentamento dei legami di organicità tra azienda ed ente locale e l’affermazione di condotte maggiormente ispirate a logiche imprenditoriali si è avuto anche nei servizi pubblici locali, ove si è privilegiato il modello societario per la gestione dei servizi e la raccolta di capitali privati per la realizzazione di investimenti anche infrastrutturali.75 La previsione dello strumento societario si fonda sull’idea che il privato sia attivo nella gestione del servizio o comunque sia mantenuta aperta la possibilità di un suo ingresso anche in caso di gestioni inizialmente in mano pubblica.76

La riforma organica dei servizi pubblici locali, attuata con l’art. 35 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, oltre a raggiungere la piena societarizzazione delle gestioni, ha ridisegnato complessivamente l’assetto preesistente modificando i caratteri fondamentali del regime tradizionale.

L’art. 35, comma 12 lett. c), della legge n. 448 del 2001 ha abrogato il secondo comma dell’art. 112 T.U.E.L., il quale prevedeva che «i servizi riservati invia esclusiva ai comuni e alle province sono stabiliti dalla legge», attribuendo all’organo consiliare, in luogo della giunta, la competenza in ordine all’assunzione

59 ss.; G. Napolitano, Regolazione o programmazione nella nuova disciplina dei servizi pubblici locali, in Riv. giur. quad. serv. pubbl., 2002, p. 25 ss.; G. Corso, La nuova disciplina dei servizi pubblici, in Riv. quad. serv. pubbl., 12, 2002; G. Caia, Autonomia territoriale e concorrenza nella nuova disciplina dei servizi pubblici locali, in www.giustizia- amministrativa.it.

75 La legge 8 giugno 1990 n. 142, recante il nuovo ordinamento delle autonomie locali, in particolare

l’art. 22, aveva profondamente innovato l’assetto delle forme di gestione del servizio, prevedendo accanto alla concessione a terzi ed alla gestione diretta, la gestione del servizio a mezzo di azienda speciale, in sostituzione della precedente azienda municipalizzata, che ha assunto la natura di ente pubblico economico dotata di personalità giuridica ed autonomia patrimoniale oppure a mezzo di società di capitali a prevalente partecipazione pubblica locale.

76 In realtà l’esperienza concreta ha mostrato che le società in mano pubblica hanno raramente

improntato la propria attività a criteri di efficienza economica e produttiva, rimanendo soggette all’influenza dei condizionamenti provenienti dai vertici politici. L’eventuale dismissione delle partecipazioni pubbliche è stata impedita dalla volontà delle amministrazioni locali di mantenere il controllo diretto sulle imprese e, d’altro lato, le inefficienze gestionali hanno notevolmente ridotto l’interesse del mercato a farvi ingresso La legge 8 giugno 1990, n. 142, alla ricerca di nuove modalità gestionali maggiormente autonome e flessibili, in grado di meglio rispondere alle esigenze operative connesse allo svolgimento di un'attività imprenditoriale ed al fine di migliorarne l'economicità e l'efficacia, aveva introdotto il modello della società per azioni con capitale pubblico, inizialmente ammesso con una partecipazione maggioritaria ed in seguito esteso ad una partecipazione pubblica anche soltanto minoritaria. La possibile partecipazione minoritaria dell'ente è stata contemplata dall'art. 12 della legge 23 dicembre 1992, n. 498. Poi il regolamento attuativo introdotto dal D.P.R. 16 settembre 1996, n. 533 ha disciplinato dettagliatamente il procedimento di costituzione delle società minoritarie, nonché il contenuto dell'atto costitutivo e del contratto di servizio riguardante i rapporti tra ente titolare del servizio e società. Detto regolamento però non confluì nel testo unico di cui al d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L'art. 17 della legge 15 maggio 1997, n. 127, ha poi promosso la trasformazione delle aziende speciali in società per azioni, comprendendo tra le forme di gestione anche la società a responsabilità limitata e disponendo incentivi fiscali in caso di trasformazione societaria delle imprese pubbliche locali.

ed organizzazione del servizio. La citata disposizione evidenzia che l’organizzazione dell’erogazione del servizio pubblico locale di tipo imprenditoriale deve avvenire nel rispetto del principio di concorrenza e non può concretizzarsi nell’assunzione diretta da parte dell’ente locale attraverso una propria struttura.77

Nella stessa direzione l’art. 113 comma 5 ha stabilito che «l'erogazione del servizio, da svolgere in regime di concorrenza, avviene secondo le discipline di settore, con “conferimento della titolarità” del servizio a società di capitali individuate attraverso l'espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica». La previsione del conferimento della titolarità della gestione del servizio direttamente al gestore privato, individuato con gara ad evidenza pubblica, indica che la gestione stessa non compete più all’ente, che eventualmente la concede e trasferisce al privato, ma è di esclusiva spettanza del mercato. Infatti, lo stesso art. 113 comma 5 non riconosceva altre possibili modalità di conferimento della gestione all’infuori della gara, escludendo in radice la possibilità che fosse lo stesso ente locale, tramite una propria articolazione, a provvedere all'erogazione del servizio.78Si mirava così a delineare un assetto concorrenziale del mercato dei servizi ed a valorizzare la funzione regolatoria degli enti locali, mediante il ricorso alla gara per l’affidamento e la separazione fra funzione regolatoria e gestionale.

Lo strumento generale per la regolazione dei rapporti tra ente e gestore è stato individuato nel contratto di servizio, prima previsto soltanto da discipline di settore.79

In realtà già il r. d. 14 settembre 1931, n. 1175 (testo unico per la finanza locale), disciplinava il contratto di concessione,80 con il quale l'ente locale

77 Come sottolineato dalla giurisprudenza amministrativa, la ratio dell’abrogazione del comma 2

dell’art. 112, T.U.E.L. non può essere certo rinvenuta nella diversa volontà del legislatore di far riespandere la potestà comunale di riserva esclusiva di servizi pubblici locali.

78 L. Perfetti, La riforma dei servizi pubblici locali a rilevanza industriale tra liberalizzazione e

regolazione, in Analisi economica e metodo giuridico, cit., p. 41.

79 Il contratto di servizio trova la propria fonte più immediata nel diritto comunitario. Già l'art. 14 par. 1

del regolamento 69/1191/CEE come sostituito dall'art. 4 par. 1 del regolamento 91/1893/CEE ha previsto che «per garantire servizi di trasporto sufficienti tenendo conto segnatamente dei fattori sociali, ambientali e di assetto del territorio o per offrire particolari condizioni tariffarie a favore di determinate categorie di passeggeri le competenti autorità degli Stati membri possono concludere contratti di servizio con un'impresa di trasporto».

80 Il contratto accessivo alle concessioni, secondo lo schema duale delle concessioni-contratto. M.

D'Orsogna, A. Erspamer, Il contratto di servizio, in S. Mangiameli (a cura di), I servizi pubblici locali, cit., p. 229

regolamentava vari profili del rapporto con il concessionario privato gestore del servizio.81

In seguito è stata introdotta un'analoga previsione anche per la disciplina dei rapporti con il gestore pubblico.82 L'ente locale, tra gli atti fondamentali, veniva chiamato ad approvare un piano programma «comprendente un contratto di servizio che disciplini i rapporti tra ente locale ed azienda speciale». In tal modo il legislatore ha rimarcato la separazione giuridica tra ente locale ed azienda speciale, derivante anche dal riconoscimento a quest'ultima della personalità giuridica. Non è però in tal modo venuta meno la strumentalità dell'azienda speciale, sottoposta ai poteri di indirizzo, programmazione e vigilanza da parte dell'ente locale, per il perseguimento del medesimo interesse pubblico.83

Rispetto all'attività del gestore privato, invece, la funzione di indirizzo e programmazione si attua nella fase antecedente all'affidamento, e sul suo contenuto si svolge il confronto competitivo tra le imprese in sede di gara. Questa poi cristallizza nel contratto di servizio, andando a formare gli specifici diritti ed obblighi assunti reciprocamente da ente affidante e gestore.

L'importanza della preventiva regolamentazione dei rapporti non trova allora la propria ragione d'essere in mere esigenze di certezza dei rapporti giuridici, ma principalmente nella necessità di funzionalizzazione dell'attività privata agli interessi della collettività. Ed infatti ciò che contraddistingue i servizi pubblici dalle altre attività economiche è il carattere della "doverosità" del servizio che impone al gestore di esercitare l'attività anche quando questa non presenta profili di remuneratività. In questa prospettiva, contenuto tipico dei contratti di servizio può considerarsi la specificazione degli standard quantitativi e qualitativi delle prestazioni da rendere all'utenza, gli eventuali obblighi di servizio pubblico imposti al gestore e le modalità del loro finanziamento.

81 Come ad esempio la manutenzione degli impianti, la rigorosa osservanza delle tariffe per le

prestazioni da rendere all'ente locale ed all'utenza, la vigilanza sul funzionamento del servizio, le penalità, i casi di decadenza e le modalità per la definizione delle controversie.

82 Art. 4 comma 4 del d. l. 31 gennaio 1995, n. 26. 83

Sul contratto di servizio quale strumento per la regolamentazione del rapporto con soggetti pubblici, M. Capantini, Contratto di servizio e affidamenti in house, in Riv. it. dir. pubbl. com., 3-4, 2004, p. 801 ss.; B. Spadoni, Il contratto di servizio nella regolazione dei servizi pubblici locali, in www.dirittodeiservizipubblici.it, 26.10.2012.

La sola previsione della regolazione dell’attività privata tramite il contratto di servizio non garantisce, però, né che il servizio sia organizzato in modo efficiente, né che nella fase di esecuzione del contratto il gestore adempia correttamente agli obblighi assunti. Questa fondamentale esigenza dipende dalla predisposizione di un giusto sistema di incentivi previsti nel contratto e dalla correttezza del controllo operato ex post dall’ente affidante, circostanze la cui presenza è legata alle diverse capacità regolative esistenti a livello locale.

Riguardo il regime dei beni strumentali, il principio di separazione tra assetto proprietario - ed eventualmente anche gestionale - delle reti e degli impianti rispetto alla fase di erogazione del servizio è previsto dall'art. 113 comma 2 del TUEL, il quale stabilisce che gli enti locali «non possono cedere la proprietà degli impianti, delle reti e delle altre dotazioni destinati all'esercizio dei servizi pubblici».84

Nel momento in cui la gestione del servizio è divenuta un'attività contendibile tra più operatori, il legislatore ha scelto di dettare un'espressa disciplina per riservare la proprietà dei beni strumentali agli enti locali titolari del servizio pubblico. Così gli enti locali oppure le società interamente pubbliche cui possono essere conferiti i beni strumentali,85mettono questi ultimi a disposizione del soggetto incaricato della gestione del servizio. Al termine dell'affidamento l'ente proprietario potrà consentire il subentro, eventualmente prescrivendo al nuovo gestore di corrispondere al suo predecessore un indennizzo pari al valore degli incrementi realizzati e non ancora ammortizzati.86

La separazione della proprietà delle reti è diretta espressione del principio di concorrenza. Per garantire che la competizione si svolga ad armi pari occorre

84

La norma pone in capo all'ente locale il divieto di cessione dei beni strumentali. Si tratta di una disposizione imperativa con la conseguenza che, in caso di violazione, il relativo contratto di trasferimento del bene è nullo per effetto dell'art. 1418 comma 1 c.c. V. Italia (a cura di), I servizi pubblici locali modalità di affidamento, gestione e tariffe, Milano, 2010, p. 103; S. D'Antonio, La gestione dei servizi di rilevanza economica, in S. Mangiameli (a cura di) I servizi pubblici locali, Torino, 2008, p. 135 ss.

85 L'art. 113 comma 13 del TUEL, come modificato dall'art. 14 lett. g) del d. l. n. 269 del 2003 prevede

che ove ciò non sia espressamente vietato dalle normative di settore, la proprietà dei beni può essere conferita a società a capitale interamente pubblico, espressamente definito incedibile. Lo stesso comma 13 prevede inoltre che alle società in questione può anche essere conferita la gestione delle reti nonché il compito di espletare le gare per l'affidamento della gestione.

infatti evitare che uno dei contendenti disponga in modo esclusivo o preferenziale dei mezzi di produzione o distribuzione.87

L'art. 113 commi 3 e 4 del TUEL prevede e disciplina, poi, la facoltà di separare l'attività di gestione dei beni dall'attività di gestione dei servizi pubblici locali.

Dal momento che la separazione dell'attività di gestione delle infrastrutture è stabilita come mera eventualità, rimessa alle scelte delle discipline di settore, si ricava che di regola tale attività è accorpata con quella di erogazione del servizio all'utenza. Qualora sia separata, l'attività di gestione delle reti deve essere affidata ad una società di capitali con la partecipazione pubblica totalitaria oppure ad imprese da individuare mediante procedure ad evidenza pubblica.88

La possibilità di separare la gestione della rete è funzionale alle ipotesi di discipline settoriali che promuovano l'apertura ad assetti pienamente concorrenziali, con la coesistenza di una pluralità di operatori sul mercato. In tal caso infatti l'attribuzione di compiti di gestione della rete ad un soggetto terzo rispetto alle imprese di erogazione presenta una precisa valenza pro- concorrenziale, assicurando condizioni di parità e piena accessibilità a quanti intendano utilizzare la medesima infrastruttura.89 In realtà la separazione può agevolare anche il funzionamento di un sistema di concorrenza per il mercato, eliminando le difficoltà insite nel subentro del nuovo gestore e nel necessario indennizzo degli ammortamenti ancora non completati.

87

M. Dugato, Proprietà e gestione delle reti nei servizi pubblici locali, in Riv. trim. app., 2003, p. 523

88 Nel silenzio della legge su cosa debba intendersi per attività di gestione delle reti può ritenersi che

questa consista prevalentemente nella manutenzione delle infrastrutture ed eventualmente nella riscossione del canone verso chi le utilizza per erogare il servizio. G. Caia, Autonomia territoriale e concorrenza nella nuova disciplina dei servizi pubblici locali, in www.giustizia-amministrativa.it; M. Dugato, Proprietà e gestione delle reti nei servizi pubblici locali, in Riv. trim. app., 2003, p. 523 ss.

89 F. Merusi, Le vie della municipalizzazione, in Italianieuropei 4, 2004, sottolinea come risulta difficile

capire la logica della dissociazione del regime delle reti dall'erogazione del servizio quando non serve a creare un mercato concorrenziale dell’erogazione, col rischio che la separazione serva soltanto ad addossare alla mano pubblica il costo delle reti e degli impianti e ad immettere i privati concessionari (dentro una società mista o da soli) in condizione di gestire una attività imprenditoriale produttiva di utili.

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