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L’esplicito richiamo ad Agostino non è, in questo caso, un mero sfruttamento

Te orie e vi sioni de ll ’es perienza

36. L’esplicito richiamo ad Agostino non è, in questo caso, un mero sfruttamento

di una posizione autorevole, ma una sorta di aggiornamento delle Confessioni alla luce di nuove esperienze e conoscenze.

Teorie e visioni dell’esperienza “teatrale” Edoardo Giovanni Carlotti 92

tralasciata, e liquidata in poche righe come un punto parti- colarmente oscuro, su cui nessun commentatore è riuscito a

fornire delucidazioni convincenti.37

Inoltre, per rispondere all’osservazione del suo avver- sario che nei canoni ecclesiastici non erano mai comparse proibizioni alla frequenza degli spettacoli per i laici, Bossuet cita il terzo Concilio di Tours (813), dove la questione non riguarda differenze di status tra gli spettatori, ma gli effetti nocivi provocati dalla mera esperienza sensoriale delle rap- presentazioni:

Questo canone non presume negli spettacoli che biasima discorsi o azioni licenziose, né alcuna marcata incontinenza; si riferisce solamente a ciò che accompagna naturalmente que- ste attrattive, questi piaceri degli occhi e degli orecchi – ocu-

lorum et aurium illecebras –; che è una mollezza nei canti, e

qualsiasi cosa per gli occhi, che indebolisce insensibilmente il vigore dell’anima. Non poteva esprimere meglio l’effetto di questi divertimenti che dicendo che permettono l’accesso ad una turba di vizi: nulla per cosi dire in particolare; e se si dovesse segnalare precisamente ciò che è cattivo, spesso sareb- be arduo farlo: è il tutto che è pericoloso; è che vi si trovano insinuazioni impercettibili, sentimenti deboli e viziosi; che vi si offre un’esca segreta a quella disposizione intima che ram- mollisce l’anima e apre il cuore a tutto il sensibile: non si sa che cosa si vuole, ma in fin dei conti si vuole vivere la vita dei sensi; e in uno spettacolo dove ci si riunisce solo per il piacere, si è disposti dal lato degli attori a impiegarne tutto ciò che ne può dare, e dal lato degli spettatori a riceverlo.38

Se l’intento specifico del passo è indicare che i precetti cano- nici possono essere estesi a tutta la comunità dei credenti, il

37. «Dopotutto, quale frutto ci si può ripromettere dalla pietà o dal timore che

sono ispirati dalle sventure dell’eroe, se non quello di rendere alla fine il cuore umano più sensibile agli oggetti di queste passioni? Ma lasciamo, se vogliamo, ad Aristotele questa maniera misteriosa di purificarle, di cui né lui né i suoi interpreti hanno saputo ancora dare buone ragioni: ci insegnerà almeno che è pericoloso suscitare le passioni piacevoli; alle quali si può estendere il principio dello stesso filosofo, che: l’azione segue da presso il discorso, e ci si lascia facilmente conqui- stare dalle cose di cui si ama l’espressione: massima importante nella vita, e che porta all’esclusione i sentimenti gradevoli che costituiscono adesso il fondo e il soggetto delle nostre pièce tea trali» (J.-B. Bossuet, Maximes cit., pp. 57-58). Poco sopra, Bossuet segnala che lo stesso Aristotele sconsigliava, nel VII libro della Poli-

tica, ai giovani di assistere «ni aux ïambes ni à la comédie» prima di aver raggiunto

la maggiore età.

Imitazione e contagio delle passioni nella polemica antitea trale 93

procedimento utilizzato non è il riferimento a definiti pre- cedenti dottrinali, ma l’osservazione che determinate espe- rienze influenzano invariabilmente ogni individuo: in questo caso, assistere a spettacoli è aprire, come in Girolamo, l’ani- ma all’ingresso dei vizi; ma qui il piacere è già vizio, poiché corrisponde alla vita dei sensi. Nell’impostazione generale del discorso, in cui la rinuncia ai piaceri mondani è il fonda- mento della devozione cristiana, le rappresentazioni tea trali sono una sorta di compendio di tutti i pericoli che s’incontra- no nell’esistenza: i cinque sensi, elogiati in quanto doni del creatore, sono condannati nella misura in cui si trasformano in strumenti di piacere, cosicché ogni forma di esperienza estetica è da condannare in sé, dal momento che distoglie l’individuo da più nobili occupazioni per le sue facoltà senso- riali. Il piacere che ne viene tratto amplifica il desiderio della vita mondana, e di conseguenza le disposizioni per i vizi e le passioni, che non possono più essere sottoposte al control- lo della ragione, specialmente quando sono alimentate da oggetti e circostanze apparentemente innocue. Il soggetto e l’oggetto appaiono, allora, come unificati nell’esperienza, perdendo la demarcazione che consente l’esercizio della fa- coltà razionale.

All’alba dell’Illuminismo, la dottrina antitea trale del pri- mo cristianesimo trova, nel caso esemplare dell’eloquente predicatore dell’ortodossia cattolica sotto Luigi XIV, nuove argomentazioni che non si configurano più come il riflesso di uno scontro tra culture (e religioni), ma sono sorrette da un approccio psicofisiologico agli effetti dell’esperienza. Il contagio delle passioni è infatti adesso descritto come un processo che coinvolge non la dimensione morale e la vo- lontà, ma ciò che più sfugge al controllo razionale, in una condizione di esperienza diversa da quella ordinaria.

Per quanto le conclusioni di Bossuet si avvicinino, in ter- mini generali, a quelle dei suoi predecessori immediati, come Nicole o Lamy, la sua posizione si distingue dalla loro nel percorso che segue, individuando una base fisiologica per la sua condanna delle rappresentazioni tea trali; la dottrina tradizionale sembra come restaurata e rigenerata con il ri- corso a un’impostazione che, nel suo sviluppo, infirma ogni obiezione di origine culturale. A differenza di chi, nello stes- so periodo, riteneva ancora sufficiente ribadire le massime della patristica, e di chi – al contrario – segnalava la necessità

Teorie e visioni dell’esperienza “teatrale” Edoardo Giovanni Carlotti 94

di riconsiderare la questione valutando ciò che di nuovo era intervenuto nel tempo, Bossuet rafforza la tradizione sfrut- tando le sue conoscenze di fisiologia, che trae principalmen-

te da Cartesio;39 facendo largo impiego di termini e concetti

che aveva in precedenza introdotto in De la connaissance de Dieu et de soi-même, la sua esposizione s’indirizza alla dimostra- zione che le rappresentazioni sceniche agiscono profonda- mente sugli spettatori tramite le impressioni cerebrali che gli oggetti dei sensi, rispecchiati nei mouvements suscitati nel corpo, depositano risvegliando le innate disposizioni umane per le passioni rappresentate, cosi che l’unico atteggiamento da assumere per prevenirne l’effetto nocivo è, come davanti alle passioni nella vita reale, trovare una possibilità di fuga o di diversione.40

Distogliere l’attenzione dalle passioni sulla scena, però, non è praticabile come nella vita reale, perché le sensazio- ni di piacere tipiche dell’esperienza estetica si configurano come un ostacolo aggiuntivo: se, infatti, il piacere e il dolo- re – sui quali la ragione non può agire – sono indicati come le cause efficienti delle passioni, il dolore stimola una reazio- ne di allontanamento dagli oggetti che lo suscitano. E poiché la passione che domina sulla scena è per Bossuet come per