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La riforma tea trale, o del minore tra i due mal

Te orie e vi sioni de ll ’es perienza

1. La riforma tea trale, o del minore tra i due mal

Il dibattito sul tea tro in Francia sembrava aver perduto vigore negli ultimi anni del regno di Luigi XIV, quando la corte e la nobiltà, sottoposte a un impulso moralizzatore, avevano abbandonato ogni interesse per spettacoli e rappresentazio- ni. Sono sufficienti però pochi anni affinché la discussione si riapra, in concomitanza con il mutamento che si verifica nella composizione degli uditori, dove la borghesia in ascesa iniziava a caratterizzarsi come influente soggetto sociale. Du- rante la reggenza del duca d’Orléans, si assiste a una graduale inversione di rotta nei confronti del recentissimo passato, come dimostrano sia l’emblematico rientro a Parigi nel 1716 dei comici italiani e la fondazione dell’Opéra-Comique dalla fusione dei due maggiori tea tri della foire. Ciononostante, continuavano a rimanere in vigore i bandi ecclesiastici contro la professione attoriale, ai cui esponenti erano negati sia i sa- cramenti che la sepoltura in terra consacrata, e la situazione evidenziava, nel complesso, la contraddizione tra la crescente popolarità della scena e l’antico marchio d’infamia assegnato a coloro che si guadagnavano da vivere con le rappresenta- zioni – un marchio che stava iniziando a sbiadire sui i loro colleghi degli altri paesi europei.

Teorie e visioni dell’esperienza “teatrale” Edoardo Giovanni Carlotti 98

Tuttavia, il rigore del cattolicesimo gallicano, dopo avere raggiunto il suo apice con le Maximes di Bossuet, iniziò a mitigarsi in concomitanza con l’emergere di nuove posizioni tra gli intellettuali, che rivendicavano al tea tro una funzione sociale, per quanto nessuno sottovalutasse i rischi connessi alle rappresentazioni, e ritenesse che gli eventuali vantaggi da trarne non dovessero prescindere da un attento controllo preventivo dei soggetti drammatici. A questo proposito, la querelle des anciens et des modernes, che impegna a lungo acca- demici e intellettuali francesi, fornisce argomenti anche a favore di tali posizioni, mano a mano che viene accolta l’idea che le opere e le rappresentazioni drammatiche della tradi- zione recente fossero ben lontane, da un punto di vista etico, degli eccessi dei classici, e potessero di conseguenza essere ri- tenute prive di elementi che ne giustificassero la proibizione. Cominciano così a susseguirsi le pubblicazioni di trattati che, o discutendo della funzione e dell’utilità del tea tro o, più in generale, prescrivendo regole di poetica (sia come opere originali o come ennesimi commenti ad Aristotele); alcuni di essi, per la prima volta nella cultura moderna, affrontavano la materia da una prospettiva storica o rivolgevano la loro at- tenzione all’attore, suggerendo di valutare in termini artistici il suo contributo agli allestimenti.

Negli stessi anni, mentre Voltaire si batteva con passione per difendere sia il valore sociale del tea tro e la dignità del lavoro attoriale, Luigi Riccoboni, meglio noto come “Lelio” durante la sua carriera alla Comédie-Italienne, che aveva vissuto personalmente l’espulsione del 1697 e il rientro a Parigi sotto la Reggenza, è il primo professionista della scena che adotta questa attitudine moderna rispetto alle questioni tea trali. Nei suoi trattati, il cui argomento è di volta in volta storico o tecnico, l’attore italiano non introduce elementi nuovi nel dibattito, ma tenta piuttosto una sistematizzazione generale della materia. La sua difesa della pratica scenica come attività professionalmente dignitosa e socialmente le- gittima è comunque sottesa dalla convinzione che una rifor- ma del tea tro sia necessaria e improcrastinabile, tanto che nel 1743 l’attore pubblica un trattato specifico per esporre la sua visione delle misure da adottare in merito. De la réfor- mation du théâtre è sviluppato sul presupposto che un attento controllo preventivo dei soggetti drammatici sia l’intervento più indicato per prevenire eventuali effetti nocivi delle rap-

Riforma della scena ed e(ste)tiche della rappresentazione 99

presentazioni, e buona parte del volume è dedicata all’elenco di tragedie e commedie da proibire, emendare o approvare.

Il suo approccio è conforme alla tendenza prevalente del periodo, che si manifesta anche nell’emergere di nuovi ge- neri drammatici, come la comédie larmoyante in Francia o la comedy of manners in Inghilterra, secondo cui la scena deve svolgere il compito di una scuola di morale. Tuttavia, Ric- coboni è dell’opinione che la strada per una riforma non può essere aperta affidandone il compito a chi appartiene al mondo della scena, poiché il tentativo si risolverebbe in un nulla di fatto: i drammaturghi e gli attori (come del resto il pubblico) non sono nella condizione di promuovere cambia- menti, giacché per loro la situazione presente è reputata più che soddisfacente; sta invece ai governi imporre una riforma che, partendo dal controllo censorio, elimini ogni eventuale offesa al senso corrente della morale. La prospettiva di un controllo completo e capillare può essere effettivamente im- praticabile, ma la soluzione alternativa, cioè il divieto assolu- to delle rappresentazioni, implicherebbe serie e immediate ripercussioni sull’ordine pubblico.

Questa posizione era condivisa dall’abate Terrasson, che aveva appoggiato l’idea della necessità di una riforma del tea tro sin dai suoi primi scritti in favore dei moderni, ma si premurava di sottolineare che, in sostanza, essa era motivata dalla scelta del minore tra due mali, come riassumeva nella sua Philosophie:

Supponendo prima di tutto che le Pièce tea trali non solo siano purgate da tutto ciò che può offendere i Buoni Costumi e l’onestà pubblica, ma in più che tendano alla correzione del ridicolo, cosa che conviene alla Commedia, o alla minaccia delle Punizioni connesse di per sé al Vizio e al Crimine, cosa che è propria della Tragedia; supposto tutto ciò, io dico che se i Predicatori hanno buonissime ra- gioni per distogliere i loro Uditori da frequentare il Teatro, il Principe e i Magistrati non ne hanno di meno forti per sostenere gli Spettacoli. I primi vogliono portare i loro Udi- tori alla perfezione Cristiana; e gli altri vogliono prevenire i disordini pubblici.1