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Le esportazioni italiane di pesche e pere sui principali mer- mer-cati europei

Nel documento Volume Rapporto 1999 (.pdf 3.8mb) (pagine 125-131)

5. GLI SCAMBI CON L’ESTERO

5.5. Le esportazioni italiane di pesche e pere sui principali mer- mer-cati europei

In questo paragrafo sono presentati i risultati di un’analisi sull’evoluzione nel periodo 1988-1998 delle quote di mercato dell’Italia in valore e in quan-tità in tre importanti paesi europei - Germania, Regno Unito e Francia - per due prodotti frutticoli di grande interesse per la regione Emilia-Romagna:

pesche e pere.

Nell’arco del decennio considerato, le esportazioni di pesche del nostro Paese si sono mantenute su un livello elevato, anche se molto instabile: con l’eccezione del biennio 1988-89, periodo nel quale le esportazioni italiane di pesche si sono attestate sui 410-420 miliardi di lire, negli anni successivi i valori a prezzi correnti hanno oscillato sensibilmente e con una certa irrego-larità, ma senza presentare un trend ben definito, tra un minimo di 500 mi-liardi del 1992 ed un massimo di 660 mimi-liardi di due anni dopo; nel 1998, ul-timo anno per il quale si dispone dei dati definitivi, le esportazioni hanno fat-to segnare un fatturafat-to pari a 607 miliardi di lire.

Tra i paesi di destinazione, la Germania ha assorbito da sola la metà del totale delle esportazioni italiane di pesche e tale quota si è mantenuta sostan-zialmente stabile nell’arco dell’intero periodo considerato. Nello stesso arco di tempo il Regno Unito è rimasto stabilmente il secondo paese di destina-zione della pesche italiane: nel 1998 la sua quota sul totale delle esportazioni nazionali è stata di poco inferiore al 15%. La Francia, infine, si presenta co-me un co-mercato di sbocco molto co-meno importante per questo prodotto, anche se in passato ha occupato la terza posizione tra i paesi di destinazione del prodotto italiano. Con riferimento al 1998 le esportazioni italiane sul merca-to francese sono state di 21 miliardi di lire, vale a dire poco più della metà dei 41 miliardi di lire realizzati sia in Svizzera che in Austria.

L’analisi è basata semplicemente sul calcolo delle quote in quantità e va-lore per il periodo 1988-1998, delle importazioni di pesche realizzate nei tre paesi oggetto di analisi (Germania, Regno Unito e Francia), per i principali fornitori; per tutti i paesi, sono state considerate 5 provenienze: Italia, Spa-gna, Francia (ovviamente non per il mercato francese), Grecia e l’aggregato residuale “altri” (tab. 5.9).

Se, come si è accennato, le esportazioni italiane di pesche nel corso degli 11 anni considerati appaiono sostanzialmente stabili, emerge con evidenza dall’analisi che la quota del nostro Paese su questi mercati è in sensibile di-minuzione, indipendentemente dal fatto che sia calcolata sui flussi in valore o in quantità. L’Italia, in altri termini, anche per un prodotto come le pesche per il quale le esportazioni continuano ad essere consistenti, sta perdendo

importanti quote di mercato sui principali mercati europei, e ciò soprattutto a favore della Spagna. Il rovescio della medaglia è che i nostri operatori stan-no differenziando la loro presenza sui mercato esteri; resta ora da capire se per loro questo è il risultato di una strategia precisa o una scelta obbligata.

Più in dettaglio, la quota italiana in quantità sul totale delle pesche impor-tate sul mercato tedesco, è scesa sensibilmente, sia pure con forti oscillazioni annue, da oltre l’80% del biennio 1988-89 al 66-67% del 1997-98. In termini Tab. 5.9 – Ripartizione percentuale per paese di origine delle importazioni di pe-sche in Germania, Regno Unito e Francia

1988 1989 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 GERMANIA Fonte: nostre elaborazioni su dati Eurostat.

di valore la quota è passata, in modo analogo, dal 79% del primo biennio considerato al 61% dell’ultimo: si tratta di una diminuzione di ben 18 punti percentuali, ancor più forte rispetto alla diminuzione dei 13-14 punti percen-tuali registrata dalle quote in quantità. Oltre al dato di per sé negativo della forte diminuzione sia delle quote in valore che di quelle in quantità, si deve rilevare che le quote in valore sono state sempre inferiori, per tutti gli 11 an-ni considerati, alle relative quote in quantità: ciò sigan-nifica che il prezzo me-dio delle pesche italiane esportate su questo mercato è stato sempre inferiore al prezzo medio del totale delle pesche importate in Germania o, in altri ter-mini, che il prodotto italiano non è stato in grado di spuntare prezzi medi uguali a quelli di concorrenti, o che il prodotto italiano continua a perdere quota di mercato nonostante venga offerto a prezzi più bassi di quelli prati-cati dai concorrenti.

Il principale concorrente sul mercato tedesco continua ad essere senza dubbio la Spagna: la quota delle importazioni tedesche di pesche spagnole è salita in quantità da poco meno del 4% nel biennio 1988-89 a oltre il 19%

dell’ultimo biennio (1997-98). Le quote calcolate sul valore, in questo caso, sono ancora più alte delle precedenti: si passa dal 5,6% al 21,6%. Inoltre, a differenza di quanto segnalato per l’Italia, in questo caso le quote in valore sono stabilmente superiori alle quote in quantità. Anche la Francia ha mo-strato andamenti analoghi a quelli della Spagna, anche se di entità assai mi-nore: sono infatti aumentate le quote delle importazioni tedesche da questo paese sia in quantità che, soprattutto, in valore.

La Grecia, invece, che a fine anni ‘80 contribuiva alle importazioni tede-sche con una quota pari al 10% in quantità e di poco inferiore in termini di valore, ha visto diminuire la propria presenza fino ad attestarsi, nell’ultimo biennio considerato, su livelli mediamente inferiori al 3% sia in quantità che in valore. Resta infine piuttosto trascurabile il peso degli altri fornitori, an-che se la quota residua ad essi attribuita mostra qualan-che modesto segno di incremento: nel 1998 la quota in quantità ha raggiunto il 2,6% e quella in va-lore il 3,3%.

I fenomeni descritti con riferimento al mercato tedesco si ripetono con modalità assai simili anche sul mercato del Regno Unito e su quello france-se: ciò che cambia, in parte, è il ruolo dei singoli fornitori sui vari mercati.

Le importazioni di pesche dall’Italia hanno rappresentato, in quantità, il 76%

del totale delle importazioni del Regno Unito, nel 1988-89, per scendere poi fino ad un minimo del 38% nel 1997 e poi risalire ma solo fino al 54%

nell’anno seguente. In termini di valore le quote sono passate dal 69% di fi-ne anni ‘80, al 38% e al 47% rispettivamente fi-nel 1997 e fi-nel 1998. Anche in questo caso, quindi, il prezzo medio del prodotto di provenienza italiana

ri-sulta inferiore alla media, segno di un apprezzamento minore rispetto al pro-dotto di provenienza spagnola e francese. Se il propro-dotto greco è praticamente assente da questo mercato, il prodotto spagnolo ha aumentato sensibilmente la sua presenza specialmente negli ultimi due anni, mentre quello francese, già importante all’inizio del periodo considerato, ha aumentato la sua quota soprattutto a partire dal 1993, anno di inversione di tendenza delle quote de-tenute del prodotto italiano.

I dati relativi al mercato francese appaiono ancor più preoccupanti per l’Italia, anche se a fine anni ‘80 il nostro paese si collocava su un livello più basso rispetto a quanto si è rilevato per Germania e Regno Unito. Con rife-rimento al biennio 1988-89 la quota in quantità delle importazioni francesi di pesche dall’Italia rispetto al totale è stata del 46%, mentre nell’ultimo bien-nio non ha raggiunto l’11%. In termini di valore, inoltre, la quota italiana è ancor più modesta, come già per gli altri due mercati di destinazione: è stata pari rispettivamente al 35% e all’8%.

Nel corso del periodo compreso tra il 1988 ed il 1998, a differenza delle pesche, le esportazioni italiane di pere sono andate aumentando sia in quan-tità che in valore: le esportazioni, pari a 93 miliardi di lire nel 1988, hanno raggiunto il loro massimo con 215 miliardi di lire nel 1996, per mantenersi comunque attorno ai 200 miliardi anche nei due anni successivi; in termini quantitativi si è passati dalle 84 mila tonnellate del 1988, ad un massimo di 180 mila del 1996 e quindi alle 160 mila tonnellate di due anni più tardi. Il saldo commerciale, quindi, è passato da valori prossimi all’equilibrio a valo-ri stabilmente positivi: dopo l’attivo record per circa 120 miliardi di lire del 1996, il saldo è rimasto positivo anche negli anni successivi, attestandosi sui 76 miliardi di lire nel 1998. Anche se questo prodotto, quindi, non presenta, in termini assoluti, i risultati commerciali positivi delle pesche, la tendenza generale in questo caso sembra migliore: per le pere le esportazioni tendono ad aumentare in modo stabile e in misura maggiore rispetto alle importazio-ni, dando così luogo ad un saldo positivo ed in continuo miglioramento.

Con riferimento a tutto il periodo oggetto di analisi, dal 1988 al 1998, i tre paesi considerati occupano stabilmente e nello stesso ordine i primi tre posti tra le destinazioni estere del prodotto italiano: Germania (51% nel 1998), Francia (17%) e Regno Unito (12%). Complessivamente questi paesi assorbono, da soli, i quattro quinti delle esportazioni di pere dell’Italia. Tut-tavia, se per le pesche l’Italia è comunque il primo fornitore sia in Germania che nel Regno Unito e lo è stato in passato anche in Francia, ciò non è vero in generale per le pere: il nostro Paese è il primo fornitore solo in Germania (tab. 5.10), ma non nel Regno Unito, dove è sopravanzato da Paesi Bassi e da Belgio-Lussemburgo, e nemmeno in Francia, dove è superato dai Paesi

Bassi.

Nel periodo considerato il nostro Paese ha rafforzato la sua presenza sul mercato tedesco: la quota in quantità è passata dal 31% di fine anni ‘80 al 40% del biennio 1997-98; in valore la crescita è risultata ancora maggiore:

Tab. 5.10 - Ripartizione percentuale per paese di origine delle importazioni di pe-re in Germania, Regno Unito e Francia

1988 1989 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 GERMANIA Belgio-Lux 19,5 21,3 22,6 12,2 16,1 16,2 27,5 17,4 17,1 13,5 14,9 Altri 43,9 42,7 42,9 53,1 47,3 33,3 22,0 18,6 25,6 28,1 20,2

Quote % in valore

Italia 16,4 19,4 13,9 15,4 14,9 19,7 22,0 23,4 22,2 21,9 22,5 Spagna 7,3 6,5 2,8 7,7 4,1 9,8 6,8 6,3 7,9 9,4 8,5 Paesi Bassi 14,5 14,5 18,1 16,7 20,3 16,4 20,3 35,9 30,2 26,6 31,0 Belgio-Lux 16,4 22,6 25,0 14,1 16,2 18,0 30,5 17,2 17,5 14,1 16,9 Altri 45,5 37,1 40,3 46,2 44,6 36,1 20,3 17,2 22,2 28,1 21,1 Fonte: nostre elaborazioni su dati Eurostat.

negli stessi anni passa dal 31% al 42%. A fronte di questo sia pure modesto rafforzamento delle quote di mercato, si osserva anche una differenza a fa-vore delle quote in valore: ciò significa che il prodotto italiano in questo ca-so, a differenza di quanto si è evidenziato per le pesche, riesce a spuntare mediamente un prezzo superiore rispetto a quello medio pagato sul mercato tedesco per il prodotto di importazione; in altri termini questo indicatore po-trebbe segnalare un maggiore apprezzamento delle pere italiane rispetto a quelle della concorrenza.

Oltre all’Italia, in questa parte dell’analisi sono stati considerati quali pa-esi fornitori Spagna, Francia, Papa-esi Bassi, Belgio-Lussemburgo e l’aggregato residuale denominato “altri”. Tra tutti questi fornitori Belgio-Lussemburgo è quello che presenta, sul mercato tedesco, le migliori perfor-mance: la sua quota sale infatti significativamente sia in quantità che in valo-re, mentre quella dei Paesi Bassi resta sostanzialmente stabile nell’arco degli 11 anni considerati. Se si confrontano le quote in valore e quelle in quantità si può notare che il prodotto belga spunta mediamente un prezzo minore ri-spetto alla media, mentre, al contrario, quello dei Paesi Bassi ottiene un prezzo maggiore.

Nettamente più stabile e più modesta si presenta la posizione competitiva del prodotto italiano sul mercato delle pere nel Regno Unito: la quota in quantità resta fissa attorno al 10% nell’arco dell’intero periodo, mentre in termini di valore si mantiene ad un livello superiore di circa due punti per-centuali; ancora una volta, quindi, il prodotto italiano realizza un buon prez-zo, anche se nel tempo non riesce a guadagnare quote di mercato. Su questo mercato sono soprattutto i Paesi Bassi a guadagnare posizioni e a rafforzare la loro leadership: nel 1998 la loro quota è pari al 44% in quantità e al 42%

in valore. Cresce anche l’importanza del Belgio-Lussemburgo, mentre si ri-duce sensibilmente il ruolo della Francia: se la quota in valore del primo passa dal 6,5% del 1988 al 11,2% del 1998, quella della Francia scende nello stesso arco di tempo dal 21% al 5%.

Le migliori performance delle esportazioni italiane in senso relativo, so-no quelle riferite al mercato francese: la quota delle importazioni dal so-nostro Paese tra il 1988 e il 1998 passa dal 12% al 27% in quantità e dal 16% al 23% in valore. Su questo mercato si rafforza anche l’importanza dei Paesi Bassi (31% in valore nel 1998), mentre si riduce il pur importante ruolo de-gli “altri” paesi non considerati in modo esplicito in questa analisi (21% nel 1998).

6. LA DISTRIBUZIONE ALIMENTARE AL

Nel documento Volume Rapporto 1999 (.pdf 3.8mb) (pagine 125-131)