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Sicurezza e shock alimentari

Nel documento Volume Rapporto 1999 (.pdf 3.8mb) (pagine 101-107)

4. LE NUOVE TENDENZE DEI CONSUMI ALIMENTARI

4.4. Sicurezza e shock alimentari

Il tema della protezione del consumatore dai rischi legati all'alimentazio-ne ha assunto all'alimentazio-negli ultimi anni un ruolo sempre più rilevante all'alimentazio-nella politica comunitaria, fino a divenire una delle priorità descritte negli obiettivi strate-gici della Commissione europea per il periodo 2000-2005. Al centro della strategia comunitaria sul tema c’è il Libro Bianco sulla Sicurezza degli Ali-menti, pubblicato nel gennaio 2000, che programma 80 diverse azioni per i prossimi anni. Tra queste, quella più importante è sicuramente la costituzio-ne dell’Autorità Alimentare Europea, chiamata a dimostrare “il più alto livello di indipendenza, eccellenza scientifica e trasparenza delle operazioni […] per stabilirsi come il punto di riferimento istituzionale per i consumato-ri, l’industria alimentare, le istituzioni degli Stati Membri all’interno della più vasta scena mondiale”.

Con questa iniziativa la Commissione intende rispondere alle crisi ali-mentari degli ultimi anni, che hanno colpito in modo particolare il settore delle carni. La protezione del consumatore ed il ripristino della fiducia nella sicurezza degli alimenti e nelle capacità di controllo – istituzionali e non – sono il passo essenziale per sostenere i settori alimentari in crisi.

La normativa europea che verrà sviluppata nel corso dei prossimi anni Tab. 4.10 – Persone di 14 anni e più per consumo di vino, birra e alcolici fuori pasto (per 100 persone di 14 anni e più) in Emilia-Romagna

E.R. % E.R. rispetto Italia=100

Consuma vino 65,5 111,4

Oltre 1/2 litro di vino 7,3 119,7 1-2 bicchieri di vino 30,6 114,6 Consuma vino più raramente 25,2 109,1

Consuma birra 43,5 92,9

Birra tutti i giorni 4,3 87,8 Consuma birra più raramente 25 106,8 Birra solo stagionalmente 14,2 77,2 Consuma alcool fuori pasto 24 98,8 Alcool più di 1 volta a settimana 6,9 95,8 Non consuma vino, birra e alcool 23,8 86,9 Fonte: ISTAT, Indagine Multiscopo sulle famiglie, 1997.

sulla base del Libro Bianco e le modalità con cui verrà recepita in Italia, af-fideranno certamente alle Regioni un ruolo di forte responsabilità soprattutto nella loro funzione di controllo. In Italia, nel dicembre 1999 è stata approva-ta la “Legge comuniapprova-taria” 526/99, per l’attuazione di diverse direttive tra le quali anche quelle contenenti indicazioni sulla sicurezza degli alimenti.

Tra le novità c’è anche il compito affidato alle Regioni di individuare le industrie alimentari in cui adottare misure di semplificazione delle procedure HACCP di controllo del rischio alimentare, in particolare per le aziende di piccole dimensioni. Rispetto all’incoraggiamento alla produzione dei “Ma-nuali di corretta prassi igienica” da parte delle associazioni di produttori ali-mentari, la Legge 526 (art. 10) stabilisce inoltre che un’impresa alimentare, anche in assenza di uno specifico Manuale, deve essere in grado di mostrare all’autorità competente un documento che descriva le modalità di individua-zione delle fasi critiche per la sicurezza dell’alimento, le relative procedure di controllo e tutte le informazioni sull’applicazione di tali procedure e delle attività di sorveglianza. Inoltre le autorità regionali dovranno predisporre un elenco di laboratori di analisi conformi alle norme EN 45001, autorizzati a svolgere esternamente le analisi per la convalida del sistema HACCP per le (numerose) imprese che non hanno laboratori interni. Nella stessa Legge vengono affrontati altri temi fondamentali per la competitività del settore a-groalimentare e legati strettamente al più ampio dibattito sulla sicurezza de-gli alimenti. In primo luogo si cerca di circoscrivere il rischio che le norme per la sicurezza degli alimenti si rivelino una pericolosa barriera al commer-cio dei prodotti tradizionali e tipici. In questo senso la Legge afferma che i prodotti tipici prodotti con metodi specifici essenziali a garantirne la tipicità, ma non completamente conformi alle direttive europee, non possono essere esportati o commercializzati a meno che non siano classificati tra i “cibi tra-dizionali” nel D.L. 173/98. I prodotti tipici non conformi potranno comun-que essere venduti all’interno della specifica area di produzione dai produt-tori o dalle loro associazioni, direttamente al consumatore finale. Il Ministe-ro della Sanità dovrà comunque monitorare costantemente i pMiniste-rodotti tipici, con il potere di ritirarli dalla circolazione nel caso ci sia un potenziale rischio per la salute del consumatore.

L’altro rilevante avanzamento della Legge comunitaria è la definizione dei criteri di delega per l’impiego confinato di Organismi Geneticamente Modificati (OGM), argomento che è destinato a divenire sempre più rilevan-te e per il quale si sta facendo più pressanrilevan-te l’esigenza di un quadro normati-vo. I criteri di delega prevedono tra i vari aspetti la classificazione degli im-pieghi confinati secondo i rischi per la salute e per l’ambiente, la garanzia delle attività di controllo su tali impieghi, la regolamentazione delle

autoriz-zazioni, la predisposizione di piani di emergenza relativi al rilascio acciden-tale di organismi ed agenti biologici geneticamente modificati e di misure di controllo per l’eliminazione dei materiali residui derivanti dall’uso di OGM.

La necessità di un controllo istituzionale più efficace sulla sicurezza degli alimenti, anche per garantire tutti gli operatori della filiera alimentare, emer-ge in tutta la sua rilevanza se si analizza l’evoluzione della crisi del settore delle carni conseguente alle notizie del marzo 1996, provenienti dal Regno Unito, sul potenziale rischio per la salute umana connesso alla diffusione dell’encefalopatia spongiforme bovina (BSE). Sebbene gli allevamenti ita-liani siano stati appena sfiorati (2 soli casi nel 1994) dalla malattia bovina e quelli emiliano-romagnoli ne siano completamente indenni, la reazione del consumatore emiliano-romagnolo è stata significativa. I dati ISTAT sui con-sumi in Emilia-Romagna arrivano al 1997 e solo fino al 1996 sono scompo-nibili su base trimestrale, ma da questi non sembrano emergere segni di ri-presa sostanziali, anche se l’effetto “shock” si è andato a sovrapporre ad una crisi perdurante nel settore delle carni.

Nella figura 4.1 è riportata l’evoluzione della spesa media reale per fami-glia in Emilia-Romagna, ponendo come punto di riferimento il primo trimestre Fig. 4.1 - I consumi di carne in Emilia-Romagna: indice trimestrale della spesa media reale per famiglia e per tipo di carne (1992-1996)(a)

95,1 87,3 96,1

104,3

80,0 90,0 100,0 110,0 120,0 130,0

1992:1 1992:2 1992:3 1992:4 1993:1 1993:2 1993:3 1993:4 1994:1 1994:2 1994:3 1994:4 1995:1 1995:2 1995:3 1995:4 1996:1 1996:2 1996:3 1996:4

Trimestre

Indice spesa mensile (1996:1=100)

Carne (totale) Carne bovina Carne pollo Pesce

(a) Base 1° trimestre 1996=100. Dati destagionalizzati.

Fonte: nostre elaborazioni su dati individuali ISTAT, Indagine sui consumi delle famiglie.

del 1996, interessato solo dall’inizio della crisi, riconducibile alla comunica-zione del Ministro inglese Dorrell del 20 marzo 1996. Dal grafico emerge co-me nel trico-mestre successivo il consumo di carne sia diminuito complessiva-mente di circa il 5%, mentre la carne bovina nel trimestre compreso tra l’aprile e il giugno 1996 ha perso quasi il 13%. L’oscillazione nei consumi di carne di pollo (-3,9%) non pare segnalare un andamento anomalo, ma chiaramente sarà interessante valutare in futuro gli effetti “diossina” del giugno 1999.

Limitandosi alla voce di spesa per la carne in generale (fig. 4.2) si può derivare qualche indicazione anche relativamente al 1997. Come si nota immediatamente, la tendenza negativa ha radici ormai ventennali. A dispetto di alcuni cenni di ripresa agli inizi degli anni ’90, la progressione negativa del biennio 1996-1997 è piuttosto marcata, mentre su quote di spesa così basse (meno del 25% della spesa alimentare contro l’oltre 40% degli anni Settanta) ci si poteva attendere una stabilizzazione o almeno un calo nel rit-mo di diminuzione dei consumi. Ragionando in termini rit-monetari, le famiglie emiliano-romagnole hanno ridotto la spesa media mensile per carni di circa 18.000 lire negli ultimi due anni.

Se l’effetto BSE sul consumo complessivo di carne appare comunque li-mitato rispetto alle tendenze di lungo periodo, è più netto invece quello sulla Fig. 4.2 - Spesa media mensile per carne in Emilia-Romagna (1980-1997): valori a prezzi correnti e quota di spesa sul totale della spesa per beni alimentari

25,7

1980 1981 1982 1983 1984 1985 1986 1987 1988 1989 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997

Anno

Valore in lire (a prezzi 1997) % sulla spesa per beni alimentari

Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT (2000).

composizione interna della spesa per carne (fig. 4.3). Analizzando la quota di spesa per carne bovina, lo “scalino” tra il primo e il secondo trimestre del 1996 appare ben marcato e la lieve inversione di tendenza del terzo trimestre non è comunque sufficiente a ristabilire la situazione precedente allo shock.

Tutti gli altri tipi di carne erodono parte della quota di mercato persa dalla carne bovina. Le osservazioni disponibili per il periodo successivo allo shock BSE sono comunque ancora troppo poche per trarre conclusioni sulla perma-nenza degli effetti. Non è comunque difficile immaginare le conseguenze e-conomiche di reazioni così improvvise da parte del consumatore, con tempi invece lunghi per ristabilire la fiducia nei confronti del prodotto. Inoltre, per la struttura del sistema agroalimentare europeo, l’estensione degli shock ali-mentari non è confinabile a livello geografico. Si comprende dunque l’obiettivo dei passi normativi citati e soprattutto l’importanza, anche econo-mica, di controlli che garantiscano la protezione del consumatore.

Fig. 4.3 - Spesa media mensile per carne in Emilia-Romagna (1980-1997): valori a prezzi correnti e quota di spesa sul totale della spesa per beni alimentari

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

1992:1 1992:2 1992:3 1992:4 1993:1 1993:2 1993:3 1993:4 1994:1 1994:2 1994:3 1994:4 1995:1 1995:2 1995:3 1995:4 1996:1 1996:2 1996:3 1996:4

Trimestre

Quota di spesa (totale carni = 100%)

50,5%

15,3%

14,0%

20,2%

45,4%

16,7%

15,0%

22,9%

Carne bovina Pollame Altre carni Salumi e carne suina

Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT (2000).

Nel documento Volume Rapporto 1999 (.pdf 3.8mb) (pagine 101-107)