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Il settore alimentare emiliano-romagnolo

Nel documento Volume Rapporto 1999 (.pdf 3.8mb) (pagine 158-169)

7. L’INDUSTRIA ALIMENTARE

7.3. Il settore alimentare emiliano-romagnolo

Il settore alimentare ha vissuto durante gli anni ’90 una fase molto inten-sa di cambiamenti fattori esterni ed interni hanno creato condizioni che han-no spinto gli operatori principalmente verso due distinti versanti:

− da un lato, la crescita delle imprese ottenuta mediante acquisizioni, fusio-ni e accordi di collaborazione commerciale in particolare; la riorgafusio-nizza- riorganizza-zione delle strutture ed un processo di rifocalizzariorganizza-zione sul core business delle singole aziende;

− d’altro lato questa crescita è intervenuta in un mercato nazionale, ancor-ché ricco di occasioni, fondamentalmente stagnante, il che ha, in una cer-ta misura, obbligato l’allargamento degli orizzonti operativi al di fuori dei confini nazionali.

Per una regione, l’Emilia-Romagna, in cui le esportazioni hanno sempre

avuto un peso, più o meno rilevante, questo cambiamento è consistito so-prattutto in una diversa forma di internazionalizzazione. Da esportatrici di prodotti, le aziende sono, in molti casi significativi, diventate portatrici di capacità organizzative, tecnologiche ed anche culturali. Queste capacità tra-piantate all’estero hanno permesso di guadagnare quote di mercato e di as-sumere quelle dimensioni globali richieste da molti mercati.

Operatori globali, ma che conservano racchiuse in loro la tipicità e le ca-ratteristiche dei prodotti made in Italy che non sono riconducibili ai soli at-tributi organolettici degli alimenti.

Le vicende vissute nel decennio appena concluso da alcuni operatori dei principali segmenti alimentari della regione, e descritte di seguito, vogliono essere degli esempi per illustrare le diverse strade che sono state percorse.

Bisogna sottolineare che è comunque tutto il substrato socioeconomico e culturale, la presenza di tanti fattori di aggregazione e di sviluppo, sia in E-milia che in Romagna, e di numerosi operatori di diversa dimensione, da quella artigianale a quella multinazionale, che hanno permesso la crescita del sistema alimentare regionale.

Amadori, realtà che opera dagli anni trenta nella commercializzazione dei prodotti avicoli e che, a partire dalla fine degli anni ’60, si è rivolta anche alla fase industriale arrivando ad una integrazione di filiera in cui è presente in ogni stadio, dall’allevamento dei riproduttori fino alla distribuzione.

Nel 1999 il gruppo Amadori ha realizzato un giro d’affari di 920 miliardi (+5.7% sul ‘98) contro i 655 del 1997.

Nell’ambito degli anni ’90, caratterizzati dalla crescita dei prodotti tra-sformati, Amadori risponde alla situazione creando gli stabilimenti di Tera-mo e di Cesena specializzati nella ricerca e sviluppo di nuovi prodotti quali:

arrosti, impannati e wurstel. Queste produzioni vanno ad affiancarsi a quelle tradizionali del pollo e della lavorazione delle sue parti. In quest’ottica sono state acquisite Pollo Cibus e Avi chianti. Attualmente la società si compone di cinque stabilimenti di trasformazione e sei di confezionamento.

Il processo di espansione dell’azienda, anche fuori dai confini nazionali è resa possibile dalla valorizzazione operata, e dalla notorietà acquisita dal marchio, strategia già rinforzata durante gli anni ’80 grazie anche al ricorso a campagne pubblicitarie.

L’esportazione rappresenta attualmente circa il 10% del fatturato, ossia circa 100 miliardi, in forte crescita in questi ultimi anni anche perchè è prvalentemente con i prodotti elaborati che l’azienda si è rivolta al mercato e-stero.

La forza del gruppo è legata anche ad accordi commerciali stipulati con

McDonald’s, Nestlé, Plasmon e Bofrost.

Nel 1989, attraverso un riassetto societario, nasce la Holding del Gruppo Barilla, Barilla G. e R. F.lli S.p.A., a cui fanno capo, attraverso otto Società operative, 34 società nazionali ed estere.

Il fatturato consolidato del gruppo, in pieno sviluppo, raggiunge i 2.390 miliardi di Lire, 6.050 sono i dipendenti. La sua diffusione è descritta dalle specifiche quote di mercato in cui si afferma sempre come leader: sul merca-to nazionale della pasta, 34%, sul mercamerca-to europeo, 21%; Mulino Bianco:

pani speciali, 38%, biscotti e pasticceria industriale, 24%, merendine mono dose, 37%.

Nel corso del 1990, parte la campagna Mulino Bianco, acquisisce la lea-dership nel mercato dei sughi lanciata solamente un anno prima, viene orga-nizzata la struttura logistica di supporto alle vendite anche per adeguare l’azienda alla modernizzazione della distribuzione.

Negli anni successivi, grazie ai successi del Gruppo, aumentano le quote di mercato e i fatturati, tante partecipazioni parziali acquisite negli anni, in imprese del settore, vengono gradatamente portate al 100 per cento, in Italia e all’estero.

Fatti molto rilevanti sono rappresentati dall’acquisizione di Misko e Pa-vesi, la costruzione degli stabilimenti, statunitense, di Ames, greco (Misko) e di Foggia.

Il fatturato consolidato ’98 è di 3.694 miliardi di Lire, e la partecipazione agli incrementi nelle vendite è particolarmente imputabile ai mercati esteri quantificabili, in volume, nel 28% del totale.

La strategia del Gruppo è evidentemente sempre più trasversale e orienta-ta allo sviluppo dell’attività di produzione diretorienta-tamente in località estere stra-tegiche, a confermare la sempre forte attenzione rivolta alle problematiche della logistica, dei trasporti e dell’organizzazione sul territorio, indubbia-mente ormai inteso come il “globo”.

Anche la recente riorganizzazione dell’azienda - ottenuta mediante l’introduzione di un sistema a matrice che incrocia le divisioni operative con il mercato mondiale suddiviso in macro aree geografiche, e posta sotto la di-rezione dello stesso inventore del sistema – restituisce la sensazione che per il futuro sia possibile prevedere un rafforzamento sui mercati esteri e, per quanto attiene alla gamma prodotti, la prosecuzione della politica di poten-ziamento e, soprattutto, di ampliamento, perseguendo il consolidamento del-la leadership, nei segmenti dove opera, e valutando l’opportunità di esplo-rarne dei nuovi.

Caviro fondata, nel 1966, da nove cantine sociali romagnole, è un

con-sorzio nazionale con unità produttive dislocate in tutto il Paese: oltre 50 mila produttori viti-frutticoli associati, più di 50 cantine sociali e cooperative ade-renti in tutta Italia. Svolge le sue attività in 10 stabilimenti: nella sede di Fa-enza vi sono i principali impianti di distillazione, di produzione del mosto concentrato rettificato, del compost e del tartrato.

La lavorazione e il confezionamento dei vini avviene negli stabilimenti di Forlì, Savignano sul Panaro e Modena. A Treviso e Palermo viene prodotto l’acido tartarico. Altri impianti di distillazione sono ubicati a Ortona (Abruz-zo), Foggia e Novoli (Puglia) e Sciacca (Sicilia).

Caviro ha chiuso il bilancio 1998/99 con un fatturato di 367 miliardi (+11%) ottenuto da una produzione di quasi 1,7 milioni di ettolitri. Il fattura-to consolidafattura-to del gruppo ha superafattura-to i 400 miliardi.

il Consorzio durante gli anni ’70 e fino alla metà degli anni ’80 si occupa prevalentemente dei sottoprodotti della vinificazione, della distillazione e della produzione dei mosti concentrati d’uva.

Nel 1985, con l’acquisizione del consorzio cooperativo Corovin, il grup-po faentino attiva anche la fase di imbottigliamento del vino ed entra nel mercato del prodotto confezionato in brik. Questa attività si rinforza partico-larmente durante gli anni ’90 con l’acquisizione di Castellino, che va ad af-fiancare le produzioni a marchio Tavernello e Poggese; nel particolare seg-mento di mercato rappresentato dal vino in brik, l’azienda detiene la lea-dership. E’ un prodotto a se su cui l’azienda, di spessore mondiale, è attiva da quasi vent’anni.

La gamma produttiva viene completata dal prodotto imbottigliato rivolto per lo più al dettaglio e, con una apposita linea creata per le particolari esi-genze, alla ristorazione.

Sul fatturato totale il vino e i distillati rappresentano la parte più impor-tante (oltre il 90%), tuttavia l’attività originaria dell’azienda nell’uso dei sot-toprodotti della vinificazione, alla quale si sono aggiunte, alle soglie degli anni ’90, la produzione di acido tartarico e, più recentemente, quella di com-post, continuano a dare un apporto fondamentale. Soprattutto queste produ-zioni consentono all’azienda di operare lungo tutta la filiera valorizzando anche le vinacce risultanti dalla lavorazione dell’uva dei soci e acquistando-ne dal mercato.

Nel campo della distillazione l’importanza della società è destinata ad accrescersi in seguito all’intesa raggiunta, nel 1996, con la cooperativa Di-stercoop e alla creazione della società, pariteticamente partecipata, DI.CA e all’accordo, seppure ancora in via di definizione, con la multinazionale tede-sca Ecks.

Per il futuro il mercato estero rappresenta sicuramente una delle strade

che Caviro dovrà seguire, viste, da un lato la stagnazione del mercato inter-no, e dall’altro, la crescita che sta intervenendo in altri paesi; dovrà inoltre inoltrarsi sulla strada di una più spinta diversificazione produttiva.

Coltiva, azienda di commercializzazione fondata nel 1975, di cui, nel 1994, Cevico e le Cantine Civ&Civ acquisiscono il controllo. Il nuovo grup-po, al quale sono state cedute le attività di imbottigliamento, opera su tutta la filiera vitivinicola lavorando la produzione di oltre 10 mila ettari appartenen-ti ai 7 mila soci. Il controllo della filiera, l’uappartenen-tilizzazione della lotta integrata in circa l’80% dei suoi vigneti, e anche la produzione biologica consente al gruppo la valorizzazione dei vigneti e delle loro produzioni ed il raggiungi-mento di uno degli obiettivi societari.

Gruppo Coltiva Scarl ha chiuso il fatturato 1998 a 126 miliardi di lire; il suo fatturato viene realizzato per il 20% all’estero: attualmente i mercati più importati risultano Germania, Regno Unito, USA e Francia, nei quali realiz-za il 70% del fatturato estero, inoltre risultano in crescita le vendite dirette in Giappone, Australia, Brasile e Scandinavia.

Dell’80% del fatturato realizzato in Italia quasi la metà deriva dal canale della distribuzione moderna, ma anche il canale della ristorazione fuori casa sta assumendo particolare importanza. In questo il gruppo è facilitato dai di-versi formati offerti, dalla piccola bottiglia da 0,2 l alla classica da 0,75 l, che si concretizzano in 70 milioni di pezzi anche di qualità diversa, dal vino da tavola al DOCG, e, ancora, da una varietà molto ampia che comprende anche la commercializzazione di vino estero.

Il gruppo controlla il Gruppo Italiano Vini, una delle principali aziende vinicole nazionali a livello mondiale specializzata nella produzione e com-mercializzazione di vini pregiati. Il fatturato che origina dalla gestione di dieci cantine è di 256 miliardi, per un consolidato dell’intero gruppo che ar-riva a 372 miliardi.

Oggi possiamo definire il gruppo cooperativo Conserve Italia la più grande realtà conserviera europea alla quale fanno capo diverse cooperative e consorzi di cooperative.

La capogruppo opera sul mercato attraverso due differenti società per a-zioni, di cui detiene il 100% del pacchetto azionario, Salfa S.p.A. e Société Européenne de Conserve S.A. (L).

Mediante la prima società Conserve Italia opera sul territorio nazionale e attraverso la seconda è presente sia nella fase commerciale che produttiva in Francia, Germania, Regno Unito e Polonia.

Conserve Italia ha chiuso il bilancio dell’esercizio ’99 con 1.295 miliardi

di fatturato, dispone di 13 unità produttive in Italia, di 3 in Francia e di una in Polonia. Conta 7 centri di distribuzione logistica sul territorio europeo, e occupa oltre 1.300 dipendenti fissi integrati stagionalmente da altri oltre 4.400. Gli agricoltori nazionali, che aderiscono alle 76 cooperative associate sono 16.000, e al Gruppo sono associati anche 1.400 agricoltori francesi.

La quantità di materie prime ritirate e trasformate, in tutta Europa, supe-rano le 635.000 tonnellate e i prodotti finiti commercializzati si avvicinano alle 730.000.

Fin dalla sua fondazione, nel 1976, il gruppo ha attivato una strategia di espansione che indifferentemente si è rivolta al territorio nazionale ed euro-peo. Tra il ’79 e il ‘90 realizza l’acquisizione di Mon Jardin, Salfa, Otra e Barbier Dauphin, Warburg, la creazione di Mediterranean Growers e Agri Italia. Queste operazioni consentono a Conserve Italia di essere presente sui mercati francese, tedesco ed inglese e naturalmente di rinforzarsi sul territo-rio nazionale; il fatturato complessivo giunge così a superare i 400 miliardi di Lire.

I primi anni ’90 sono anni di consolidamento che preparano alla con-fluenza dei consorzi associati in Conserve Italia e all’acquisizione di Massa-lombarda Colombani. La fase successiva vede l’acquisizione di San Prospe-ro, Lomco, indiretta di Verjame, e ancora l’acquisizione o la presa in gestio-ne di diversi stabilimenti di lavoraziogestio-ne del pomodoro e di altre conserve vegetali a Mesagne, Tarquinia, Lavello e in Polonia.

Il fatturato realizza naturalmente un notevole incremento con l’apporto di Massalombarda, e continua a crescere fino agli attuali 1.295 miliardi di Lire.

Il core business del gruppo è rappresentato da nettari e succhi di frutta, I marchi del gruppo sono Valfrutta, Derby, Yoga, Jolly Colombani, St. Ma-met, Duchesse de Bourgogne, Barbier Dauphin, DEA e Mon Jardin.

Il futuro del Consorzio dovrebbe essere all’insegna della capitalizzazione dei marchi e specializzazione per marca. Le tradizionali produzioni, affian-cate dal lancio di nuove referenze sostenuto da una politica di innovazione e di differenziazione dovrebbe consentire all’azienda un migliore presidio dei diversi canali di vendita.

Corticella è un’azienda specializzata nella produzione di pasta nata nel 1948 e da allora cresciuta ritagliandosi una specificità all’interno di un com-parto presidiato da grandi imprese. Questa società bolognese a partire dal 1998 è entrata a far parte del gruppo Euricom (che detiene una quota del 70%) operante nella filiera dei cereali, in particolare riso, andando ad affian-care, assieme all’altro suo stabilimento di Foligno, un’altra azienda, il pasti-ficio Combattenti. Le quasi 200 mila tonnellate di capacità produttiva fanno

di questo polo di pastifici la seconda realtà del Paese.

Corticella Molini e Pastifici Spa ha chiuso il 1999 con quasi 90 mila ton-nellate di produzione ed un fatturato di 115 miliardi. La particolarità di que-sta azienda, che si rivolge per quasi l’80% al mercato nazionale pur essendo presente in tutti i continenti, consiste nella sua vocazione produttiva per il trade. In particolare fin dagli anni ’60 questa azienda produce e commercia-lizza pasta con il marchio del distributore (private label). In particolare sono circa 20 le private label prodotte per il mercato nazionale ed estero che gli consentono di detenere una quota del 37%. Risultati ottenuti in seguito ad una specializzazione intervenuta durante il biennio ‘95-‘96 che ha coinvolto ed orientato le strategie e gli investimenti dell’azienda. Sempre attorno a quegli anni gli interessi di Corticella si orientano verso il catering, attuale secondo cliente in ordine di importanza, che necessità particolari e specifi-che produzioni.

Infine l’altro segmento al quale l’azienda ha rivolto interesse è quello della pasta biologica di semola integrale, e lo stabilimento di Foligno è certi-ficato dal 1994 per questa tipologia di produzioni, le quali vengono com-mercializzate con il marchio Natura e tradizione.

Per il futuro l’azienda appartenente al gruppo Euricom, forte dei risultati fin qui conseguiti attraverso il potenziamento delle proprie capacità produt-tive, spinge per svilupparsi, guardando ad un orizzonte non solo nazionale che in futuro si può prevedere in rapida crescita.

Il Gruppo Cremonini è una realtà diversificata operante nella produzio-ne, distribuzione e ristorazione in campo alimentare, con un fatturato conso-lidato di 2.544 miliardi (+26%) ed oltre 3.500 dipendenti nel 1999. La di-stribuzione del fatturato per attività vede la primo posto l’area produttiva (52,2%) seguita da quella della distribuzione alimentare e dal catering (39,6%) e la parte rimanente (8,2%) afferente alla ristorazione.

Questi risultati, che pongono il gruppo modenese ai vertici di specifici comparti, sono il risultato di una continua evoluzione dell’azienda, creata nel 1963 da Luigi Cremonini, caratterizzata negli anni ’90 da alcune tappe: in particolare è tra il 1996 e 1998 che il Gruppo, attraverso una politica di rias-setto organizzativo e di focalizzazione, ricompone le sue attività.

Nel dicembre 1998 Cremonini Spa ha fatto il suo ingresso in Piazza Af-fari con la quotazione alla Borsa Valori di Milano. Fra le cessioni operate dal Gruppo citiamo la vendita della catena ristorativa Burghy, l’attività di produzione di olio, Olitalia, di vino, Castiglion del bosco, e di carni suine fresche, Europork.

Nel 1999 sono due, fra gli altri, gli avvenimenti più importanti per il

gruppo, da un lato l’inaugurazione dello stabilimento Inalca a Ospedaletto Lodigiano: uno stabilimento di lavorazione delle carni che, partendo dalla macellazione dei capi (fino a 6 mila la settimana), arriva al confezionamento finale di hamburger freschi, prodotti porzionati e precotti. Dall’altra parte sono intervenute le acquisizioni di Allevamenti Fiorani, Guardamiglio Carne di Piacenza, e di Ge.mark e di SanRemo Mare. Il gruppo durante l’anno ha proseguito nell’opera di riorganizzazione societaria con diverse fusioni ed accorpamenti di società controllate.

Negli anni ’90 il gruppo si è anche preoccupato di stabilire accordi pro-duttivi e partnership commerciali di medio lungo periodo con molte altre a-ziende alimentari fra cui McDonalds (contemporanea alla cessione di Bur-ghy nel 1996), Star, Lavazza, il gruppo Accor ed anche la società MSN Italia di Microsoft per la vendita online di prodotti surgelati a marchi “Quinta sta-gione”.

Nell’ambito del processo di rintracciabilità delle carni certificato di Inal-ca, si iscrive l’accordo firmato con l’Associazione Italiana Allevatori: come risultato diverrà operativa una collaborazione che consentirà di fornire, agli allevatori, un supporto per il collocamento dei bovini e, all’industria, un prodotto certificato e rintracciabile.

Per il futuro il gruppo Cremonini potrà contare sui risultati ottenuti dall’opera di ristrutturazione, ammodernamento e riorganizzazione attuata durante lo scorso decennio, avendo come possibile scenario futuro anche quello del superamento degli orizzonti nazionali.

Granarolo, azienda di produzione e commercializzazione di latte e deri-vati fondata nel 1991 dal Consorzio Emiliano Romagnolo Produttori Latte (Cerpl), l’attuale Consorzio Gran Latte Scarl, che detiene l’84,5% delle quo-te azionarie. Granarolo duranquo-te gli anni ’90 ha visto la sua funzione cambia-re dalla sola attività di commercializzazione a quella di unità che concentra in se tutti gli assets operativi del gruppo. Più precisamente questa società la-vora o commercializza direttamente, o tramite le sue controllate, tutto il latte e i derivati ottenuti attraverso la materia prima consegnatale dal Consorzio Gran Latte, e proveniente dai conferimenti degli allevatori associati al Con-sorzio.

Granarolo Spa ha chiuso il 1999 con un bilancio consolidato per 886,4 miliardi (+6.6%), dispone direttamente o attraverso le controllate Sail Spa e Dilat Spa, nove unità produttive dislocate sull’intero territorio nazionale e 103 tra centri distributivi e piattaforme logistiche che le consentono di servi-re 60 mila punti vendita in Italia.

Questi risultati che pongono l’azienda bolognese ai vertici nel comparto

lattiero caseario nazionale sono il risultato di una continua evoluzione che negli anni ’90 si è caratterizzata per alcune tappe:

Nel 1991, anno della sua creazione, il gruppo Cerpl acquisisce Dilat Spa, nel 1996 vengono acquisite Interpack Srl e latte San Giorgio e soprattutto avviene la fusione fra il Consorzio Bolognese Produttori Latte e Felsinea Latte nel Consorzio Latte Granarolo Felsinea. L’anno successivo le acquisi-zioni riguardano Fiore Srl di Udine ed in particolare Sail Spa, che viene in seguito fusa con Daunia, e Cerulli Latte che consentono una notevole cresci-ta ed un consolidamento nell’area meridionale.

Il 1998 è l’anno della svolta, da un lato, la concentrazione di tutti gli as-sets produttivi e di mercato in Granarolo Felsinea Spa e, dall’altro, la fusione di Cerpl nel Consorzio Latte Granarolo Felsinea che diventa la cassaforte del gruppo e cambia il nome in Granlatte.

Nel 1999 viene acquisito il 50% di Calabrialatte Spa, portato avanti il piano di rilancio della cooperativa viterbese Alto Lazio e ampliato il proget-to Filiera Alta Qualità: attualmente il 37% del latte fresco commercializzaproget-to dal gruppo è di alta qualità che, peraltro, sta consentendo la crescita dei vo-lumi di vendita.

Nel mese di novembre la società assume la denominazione attuale di Granarolo Spa e per il futuro si appresta ad avviare la procedura di quotazio-ne alla Borsa Valori di Milano; conta inoltre di partecipare alla gara per l’assegnazione della centrale del latte di Milano.

Orogel è una azienda specializzata nella produzione di surgelati fondata nel 1976 che fa parte del gruppo Apro-Fruttadoro di Romagna un consorzio agro alimentare che associa poco meno di 3.500 produttori agricoli per oltre 15.000 ha coltivati, 14 stabilimenti e 7 centri di ritiro. I conferimenti dei so-ci, 120 mila tonnellate provengono per oltre il 70% dall’Emilia-Romagna.

Il prodotto fresco viene destinato per poco più del 50% al mercato inter-no. Quello esportato, viene destinato per oltre il 40% al mercato tedesco, poi il 20% circa a quelli austriaco e svizzero. Il settore principale di attività del gruppo è rappresentato dal prodotto fresco che pesa per circa il 70%, e la ri-manente quota viene destinata al surgelato.

Orogel Spa ha chiuso il 1999 con un fatturato di 192 miliardi (+6,7%) sui

Orogel Spa ha chiuso il 1999 con un fatturato di 192 miliardi (+6,7%) sui

Nel documento Volume Rapporto 1999 (.pdf 3.8mb) (pagine 158-169)