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Lo scenario comunitario

Nel documento Volume Rapporto 1999 (.pdf 3.8mb) (pagine 27-41)

2. LE POLITICHE PER IL SETTORE AGRO-ALIMENTARE

2.1. Lo scenario comunitario

Lo scenario comunitario nel corso del 1999 è stato dominato dalla defini-zione e dalla successiva pubblicadefini-zione dei regolamenti attuativi delle indica-zioni programmatiche contenute in Agenda 2000. La maggioranza dei rego-lamenti sono stati redatti entro luglio 1999 e conseguentemente molti altri regolamenti già consolidati sono stati abrogati con variazioni consistenti nel-le principali politiche dell’Unione europea.

L’Unione europea aveva inoltre riposto grandi aspettative nell’incontro del WTO di Dicembre 1999 a Seattle. Questo incontro si è poi rivelato un completo fallimento: non solo non si sono raggiunti accordi rilevanti ma le posizioni riguardo il commercio agroalimentare con gli Stati Uniti sembrano essersi ulteriormente allontanate.

L’euro, la moneta adottata dall’UE dal primo gennaio del 1999, ha attra-versato un periodo particolarmente difficile con una svalutazione progressi-va che lo ha portato al di sotto della parità rispetto al dollaro.

Lo scandalo alimentare della diossina, proveniente dalla carne avicola prodotta in Belgio, che ha colpito l’UE nel giugno 1999 ha fatto riemergere prepotentemente il problema della sicurezza alimentare. A tale riguardo l’UE ha pubblicato nel gennaio 2000 un Libro bianco che detta le nuove re-gole sulla sicurezza alimentare presentando le scadenze per le oltre 80 misu-re che l’UE pmisu-renderà a tale riguardo entro il 2002.

2.1.1. L’andamento congiunturale dei redditi agricoli

La produzione finale agricola dei 15 paesi dell’UE è diminuita del 4% tra il 1999 e il 1998. Questo risultato è caratterizzato sostanzialmente all’abbas-samento dei prezzi alla produzione del 4,6% e ad un aumento medio della

produzione finale in volume dell’1%. La crescita piuttosto contenuta della produzione per il complesso dell’UE, nasconde però delle differenze molto profonde tra i paesi; con un aumento notevole in Portogallo (+17%), una crescita più contenuta in Belgio, Lussemburgo e Paesi Bassi (+4%), ed una forte diminuzione (-5%) in Spagna.

La produzione cerealicola è diminuita del 6% rispetto al 1998, anche per la riduzione della superficie coltivata dovuta al raddoppio della superficie obbligatoria a set-aside (passato dal 5% al 10%). Le altre produzioni vegetali sono invece aumentate in volume: le oleaginose +6%. I prezzi medi delle produzioni vegetali sono diminuiti in media del 4%. Tra le coltivazioni arbo-ree la frutta, è aumentata in media del 10% (con una punta in Grecia del 18%), e un aumento notevole (+7%) si è avuto anche nella produzione di vi-no.

La produzione animale è risultata stabile con una forte diminuzione dei prezzi (-6%). La super produzione suina del 1998 ha avuto ulteriori riflessi anche nel 1999 provocando un calo del 10% dei prezzi. Inoltre, la crisi della diossina nel secondo semestre del 1999 ha provocato un ribasso dei prezzi di pollame e uova dell’8% e del 10%.

Il volume dei consumi intermedi è rimasto inalterato rispetto agli anni passati, mentre sono diminuiti i prezzi del 5%. Nel 1999 si è assistito ad un leggero calo (2%) anche nelle sovvenzioni agli agricoltori. Gli addetti all’agricoltura (in termini di unità di lavoro) sono scesi del 3%, le diminu-zioni maggiori si sono verificate in Spagna e in Lussemburgo (-5%).

In base a questi andamenti complessivi l’indice del reddito agricolo per unità di lavoro è diminuito in termini reali di circa il 3%, secondo le stime dell’Eurostat (tab. 2.1). Ben 11 paesi su 15 hanno avuto un declino del reddi-to tra il 1999 e il 1998, mentre solo tre paesi hanno registrareddi-to una crescita il Lussemburgo (+2%), la Svezia (+6%)e il Portogallo (+16%). In Italia il red-dito agricolo per occupato è diminuito del 2% e i risultati peggiori in termini di reddito si sono avuti in Irlanda (-12%) e in Danimarca (-11%).

Nel valutare questi dati occorre tenere presente che per la prima volta nel 1999 il reddito agricolo è stato calcolato seguendo la nuova metodologia di Contabilità economica europea adottata dall’Eurostat (SEC95).

2.1.2. Gli sviluppi di Agenda 2000

Il proseguimento della discussione e gli accordi raggiunti sul documento Agenda 2000, hanno portato alla definizione di nuovi indirizzi di politica a-gricola rivolti al raggiungimento di “un’agricoltura competitiva e multifun-zionale”, modificando sostanzialmente il ruolo dell’agricoltura nella società

europea.

Le nuove indicazioni di politica agricola sono state in parte tradotte nei nuovi regolamenti attuativi di Agenda 2000 che, come abbiamo detto, sono stati approvati tra maggio e luglio del 1999. Tra i più importanti sono da ri-cordare quelli relativi al settore dei seminativi: il reg. (CE) n. 1251/1999, che istituisce un regime di sostegno a favore dei coltivatori di taluni seminativi;

il reg. (CE) n. 1253/1999, che modifica il reg. 1766/92 relativo all’organizzazione dei mercati nel settore dei cereali; il reg. (CE) n.

2316/1999, recante modalità di applicazione del precedente regolamento; il reg. (CE) n. 2461/1999, recante modalità di applicazione per quanto riguarda l’uso di superfici ritirate (set-aside) dalla produzione allo scopo di ottenere materie prime per la fabbricazione di prodotti non destinati in primo luogo al consumo umano o animale.

Le modifiche contenute nei regolamenti sono numerose ed alcune avran-no effetti immediati e rilevanti sull’agricoltura italiana. Innanzi tutto, i con-tributi ai seminativi non sono più considerati compensazioni al reddito deri-vanti dalla riduzione dei prezzi. I contributi non saranno legati a tale ridu-zione, e quindi saranno sempre più “disaccoppiati” e dovranno trovare nuo-ve giustificazioni per evitare di ridurre successivamente il sostegno all’agricoltura.

Fra le modifiche di effetto immediato va ricordato l’aumento della resa Tab. 2.1 - Redditi agricoli nell’Unione europea

Paesi Reddito pro-capite (%)

1998/97 1999/98

Belgio -8,7 -9

Danimarca -22,3 -11

Germania 4,0 -3

Grecia -3,8 0

Spagna -7,3 -3

Francia -0,5 -4

Irlanda -5,8 -12

Italia 0,7 -2

Lussemburgo 2,0 +2

Olanda -9,9 -6

Austria -4,3 -2

Portogallo -13,4 +16

Finlandia -4,7 -2

Svezia 9,0 +6

Gran Bretagna -16,4 -2

UE-15 -3,9 -3

Fonte: Eurostat.

media nazionale dei cereali, da 3,79 t/ha a 3,90 t/ha, che porterà ad un legge-ro aumento degli aiuti previsti. Inoltre, l’abolizione della distinzione tra re-gime semplificato e generale produrrà notevoli benefici per i piccoli produt-tori di oleaginose, che potranno usufruire di contributi più elevati senza ave-re l’obbligo della messa a riposo dei terave-reni. Il piano di Regionalizzazione ri-sulta praticamente identico a quello della precedente riforma che divide l’Italia in 276 zone “omogenee”, con notevoli differenze non solo fra le re-gioni ma anche al loro interno. In tutti gli altri paesi europei invece l’applicazione della regionalizzazione è molto più uniforme.

Una novità importante contenuta nelle misure orizzontali della PAC, ri-guarda la possibilità di modulazione degli aiuti ai seminativi. Non sappiamo se in Italia questa misura sarà effettivamente utilizzata, mentre, sia la Fran-cia, nella sua legge d’orientamento per l’agricoltura, che la Gran Bretagna hanno deciso di adottare la modulazione dei pagamenti diretti destinando i fondi risparmiati a misure nazionali agroambientali e di sviluppo rurale.

La politica strutturale, con i nuovi accordi su Agenda 2000, assume rile-vanza non solo dal punto di vista finanziario ma principalmente nell’ottica di un aumento della coesione tra i diversi paesi e regioni dell’Unione europea.

Il regolamento (CE) 1260/1999, che modifica le disposizioni in materia di Fondi strutturali, è stato approvato il 21 giugno 1999, e prevede un insie-me di interventi che in parte sono diversi rispetto al passato. In particolare gli interventi vengono concentrati in tre obiettivi prioritari rispetto ai sei precedenti. I principali interventi riguardano:

− aiuti per le regioni in ritardo di sviluppo;

− strategie per l’occupazione;

− miglioramento dell’efficienza della produzione, trasformazione e com-mercializzazione dei prodotti agricoli e forestali;

− collaborazioni tra istituzioni e parti economiche e sociali;

− necessità di finanziamento misto pubblico-privato per le iniziative da in-traprendere;

− programmazione di lungo periodo.

L’importo dell’intera dotazione dei Fondi strutturali ammonta a 195 mi-liardi di euro per il periodo 2000-2006. L’Italia avrà nel complesso un finan-ziamento che si aggira sui 56.800 miliardi che saranno in grado di sviluppare investimenti per circa 100.000 miliardi. L’Italia quindi non deve perdere l’occasione che le viene fornita, in questa fase di programmazione e distri-buzione dei fondi.

Relativamente all’Obiettivo 1 (regioni in ritardo di sviluppo) dobbiamo registrare per l’Italia l’uscita di un’altra regione, il Molise, che però avrà comunque fondi per un periodo transitorio. La novità introdotta

relativamen-te all’Obiettivo 2 (riconversione economica e sociale) è che può farne parrelativamen-te complessivamente al massimo il 18% della popolazione dell’Unione. Nel luglio 1999, per l’Italia, era stata definita la popolazione ammissibile nell’ambito di ciascuna regione del Centro Nord per l’Obiettivo 2, tenendo conto che all’Italia era stato assegnato un massimale di popolazione pari a 7.402.000 abitanti, ben il 30% in meno rispetto alla programmazione prece-dente (tab. 2.2). L’Unione europea ha però bocciato questa proposta di ripar-tizione che dovrà quindi essere riformulata.

La politica di sviluppo rurale accresce notevolmente la sua importanza, in linea con i contenuti di Agenda 2000, anche se da un punto di vista finanzia-rio, la maggioranza della spesa agricola, dal 2000 al 2006, è ancora destinata alle politiche dei mercati (90% contro il 10%). Risulta fondamentale che la Commissione abbia dato a tutte le misure di sviluppo rurale un carattere o-rizzontale (interessando quindi, tutto il territorio comunitario) riunendole in un unico regolamento definitivamente approvato il 17 maggio 1999 (reg.

(CE) n. 1257/99). Successivamente è stato emanato il regolamento applica-tivo (reg. (CE) n. 1750/99) in cui si chiede agli stati di predisporre i Piani di sviluppo rurale, entro i primi giorni di gennaio 2000, sulla cui base si decide-Tab. 2.2 - Stanziamenti dei Fondi strutturali per gli Obiettivi 1,2 e-3

Obiettivo 1 Obiettivo 2 Obiettivo 3

Stanzia-menti (b) % Massim.

Pop.(a)

Stanzia-menti (b) % Stanzia-menti (b) %

Belgio 625 0,5 1.269 433 1,9 737 3,1 Danimarca - 0,0 538 183 0,8 365 1,5 Germania 19.958 14,8 10.296 3.510 15,6 4.581 19,0 Grecia 20.961 15,5 - - 0,0 - 0,0 Spagna 38.096 28,2 8.809 2.651 11,8 2.140 8,9 Francia 3.805 2,8 8.768 6.050 26,9 5.450 18,9 Irlanda 2.988 2,2 - - 0,0 - 0,0 ITALIA 22.122 16,4 7.402 2.522 11,2 3.744 15,6 Lussemburgo - 0,0 118 40 0,2 38 0,2 Olanda 123 0,1 2.333 759 3,5 1.686 7,0 Austria 261 0,2 1.995 680 3,0 528 2,2 Portogallo 19.029 14,1 - - 0,0 - 0,0 Finlandia 913 0,7 1.582 489 2,2 403 1,7 Svezia 372 0,3 1.223 406 1,8 720 3,0 Gran Bretagna 5.851 4,3 13.836 4.695 20,9 4.568 19,0 TOTALE 135.104 100 68.169 22.454 100 24.050 100 (a) Prezzi 1999 in milioni di euro.

(b) In migliaia di abitanti.

Fonte: Commissione Europea.

rà l’esatta ripartizione dei fondi. Una ripartizione indicativa dei fondi FEOGA per Stato membro nel 1999 è stata effettuata dalla Commissione eu-ropea l’8 settembre 1999 (tab. 2.3).

Per l’applicazione delle misure di sviluppo rurale entrano in gioco le competenze nazionali, con la predisposizione dei Piani di sviluppo rurale a livello regionale. In base a questi piani l’Italia dovrà ripartire i 4.165 milioni di euro che le sono stati destinati per i prossimi sette anni. I Piani di sviluppo rurale devono essere stilati dalle regioni con caratteristiche comuni, per quanto riguarda le possibili tipologie di interventi e misure. Un approfondi-mento per gli interventi e i Piani di sviluppo rurale nelle regioni italiane vie-ne effettuato vie-nel paragrafo sullo scenario nazionale (par. 2.2).

2.1.3 La posizione dell’UE nei negoziati agricoli del Millennium Round

La Commissione europea ha già da tempo fatto conoscere alle altre isti-tuzioni comunitarie, all’opinione pubblica europea e ai propri partner gli o-rientamenti a cui essa intende ispirarsi nel corso del nuovo ciclo di negoziati multilaterali in seno all’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC).

Ovviamente, si tratta, per ora, soltanto di orientamenti di massima che an-Tab. 2.3 - Stanziamenti per il sostegno allo sviluppo rurale

1999

Mio. euro %

Belgio 50 1,2

Danimarca 46 1,1

Germania 700 16,6

Grecia 131 3,0

Spagna 459 10,6

Francia 760 17,5

Irlanda 315 7,3

ITALIA 595 13,7

Lussemburgo 12 0,3

Olanda 55 1,3

Austria 423 9,7

Portogallo 200 4,6

Finlandia 290 6,7

Svezia 149 3,4

Gran Bretagna 154 3,5

TOTALE 4.339 100

Fonte: Commissione europea (ripartizione dell’8 settembre 1999).

dranno tradotti in più precise posizioni negoziali, man mano che i negoziati entreranno nel vivo dei vari temi in discussione. Tuttavia, essi consentono di avere già un’idea abbastanza precisa dello spirito con cui la Unione europea si presenta a questo nuovo impegnativo appuntamento e degli obiettivi che essa intende perseguire.

Anzitutto, va detto che, contrariamente forse a quanto è accaduto in altre circostanze, questa volta la Unione europea è stata tra i principali promotori del nuovo ciclo di negoziati commerciali. In effetti, anche se l’accordo di Marrakech, che ha chiuso il negoziato dell’Uruguay Round, prevedeva già la ripresa delle trattative su alcuni capitoli, ed in particolare su quello agricolo, entro la fine del 1999, il principio di un ciclo completo di negoziati commer-ciali è stato soprattutto difeso dalla Unione europea.

Il punto di partenza della riflessione della Commissione è la constatazio-ne che, oggi, il principale motore della crescita economica mondiale è rap-presentato dagli scambi e in particolare dagli scambi internazionali. Per il periodo 1995-97, il volume degli scambi mondiali è aumentato di quasi l'8%

l’anno, un ritmo questo che è nettamente superiore all’aumento del PIB mondiale. D’altra parte, gli studi realizzati dall’OMC e dall’OCSE sull’incidenza del ciclo dell’Uruguay Round hanno confermato i suoi effetti benefici sull’economia mondiale, man mano che i suoi risultati entravano in applicazione.

Questa constatazione è particolarmente importante in una fase in cui la crescita mondiale è piuttosto debole, soprattutto per una regione, come l’Unione europea, che è la prima potenza commerciale a livello mondiale. In queste circostanze, la Commissione europea è infatti del parere che una ulte-riore liberalizzazione degli scambi nel quadro dell’OMC potrebbe stimolare la concorrenza, la crescita e l’occupazione in Europa.

A parere della Commissione, un ciclo globale di negoziati è necessario anche per garantire dei risultati equilibrati e accettabili da tutti. E’ vero, in-fatti, che il programma “implicito” dell’OMC prevede già l’avvio di nego-ziati per un’ulteriore liberalizzazione di agricoltura e servizi a partire dalla fine del 1999, senza però fissare un termine per le conclusioni. Resta il fatto che, per l’Unione, questi negoziati daranno risultati sostanziali soltanto se inseriti in un contesto negoziale più ampio e delimitato da scadenze ben pre-cise.

Per quanto riguarda più specificatamente il negoziato agricolo, la posi-zione dell’Unione europea si iscrive pienamente nel quadro definito dall’articolo 20 dell’Accordo sull’Agricoltura per la continuazione del pro-cesso di riforma, firmato a Marrakech nel 1994. A giudizio della Commis-sione, quest’articolo realizza, infatti, un giusto equilibrio tra l’obiettivo a

lungo termine di questa riforma (vale a dire delle riduzioni progressive e so-stanziali del sostegno e della protezione) e tutta una serie di altre considera-zioni che devono essere ugualmente tenute presenti: come il trattamento speciale a favore dei paesi in via di sviluppo membri dell’OMC, nonché gli aspetti di natura non commerciale.

Alla luce di queste considerazioni, l’Unione europea intende essenzial-mente concentrare i suoi sforzi su tre obiettivi principali:

a) la necessità di mantenere, nel futuro accordo agricolo, una serie di dispo-sizioni già presenti nell’accordo di Marrakech e che sono fondamentali per la politica agricola comune;

b) la necessità di migliorare alcuni aspetti dell’attuale accordo agricolo, in particolare l’accesso delle proprie esportazioni ai mercati dei paesi terzi;

c) la necessità di garantire spazi a interventi non commerciali come la com-patibilità della politica di sviluppo rurale e delle politiche agro-ambientali, le nuove preoccupazioni relative al benessere degli animali e della salubrità degli alimenti, che stanno assumendo un rilievo crescente nella nostra società.

Si tratta, in primo luogo, di mantenere al di fuori degli impegni di ridu-zione del sostegno le misure classificate nella cosiddetta “scatola verde”

(misure agro-ambientali, politiche di sviluppo rurale, ecc.) e soprattutto quelle classificate nella “scatola blu” (come gli aiuti diretti concessi nel qua-dro della riforma della PAC), che sono indubbiamente quelle più a rischio, tenuto conto delle prese di posizione già assunte a questo riguardo dai paesi del cosiddetto “Gruppo di Cairns” di cui ne fanno parte paesi come l’Australia, il Canada, la Nuova Zelanda, l’Argentina, il Brasile e alcuni pae-si del Sud-Est apae-siatico.

Anche se questa battaglia può considerarsi tutt’altro che vinta in parten-za, l’Unione europea ha proseguito, grazie alle decisioni assunte nel quadro dell’Agenda 2000, nella riduzione dei prezzi di sostegno (riduzione peraltro solo parzialmente compensata da un aumento degli aiuti ai produttori) ed è stato rafforzato, almeno per i seminativi, il “disaccoppiamento” degli aiuti;

inoltre, i pagamenti diretti sono stati subordinati al rispetto di tutta una serie di obblighi in materia ambientale.

Purché l’esistenza della “scatola blu” e della “scatola verde” non venga-no messe in causa, l’Unione europea si è dichiarata disponibile a intrapren-dere un negoziato sulla ulteriore riduzione del sostegno. Si tratta, tuttavia, di vedere fino a che punto questo processo può spingersi.

Due altre esigenze che saranno affermate dall’Unione europea in questo contesto riguardano la necessità di mantenere la clausola di salvaguardia speciale, prevista dall’accordo sull’agricoltura, e quella di assicurare la

cer-tezza giuridica dei risultati dei negoziati attraverso il rinnovo della cosiddetta

“clausola di pace”, che prevede una deroga temporanea per il sostegno all’agricoltura dalla disciplina generale in materia di sussidi che si applica in sede OMC.

I miglioramenti che l’Unione europea chiede di introdurre nell’Accordo sull’Agricoltura riguardano il sostegno interno, l’accesso ai mercati, le sov-venzioni all’esportazione e le agenzie commerciali statali (i cosiddetti “mar-keting board” che hanno il monopolio degli scambi in alcuni paesi).

Per quanto riguarda il sostegno interno, praticamente nessuno dei nostri partner commerciali ha mai messo in discussione le misure della cosiddetta

“scatola verde”. Tuttavia, l’UE si riserva di valutare se sia opportuno chiede-re un ampliamento delle misuchiede-re collocabili nella categoria della “scatola verde”, nella quale si potrebbe inserire, ad esempio, la tematica della prote-zione degli animali.

Per quanto riguarda l’accesso ai mercati, l’UE si adopererà per migliorare l’accesso delle proprie esportazioni ai mercati esteri. L’Unione è infatti un grande esportatore di prodotti agricoli e alimentari e come tale intende parte-cipare all'espansione degli scambi prevista da molti specialisti per il prossi-mo decennio. In particolare, essa rivendica una maggiore chiarezza nella gestione dei contingenti all’importazione e la soppressione di altre barriere non tariffarie non giustificate.

In materia di sovvenzioni all’esportazione, l’Unione è del parere che va-dano disciplinate non soltanto le restituzioni all’esportazione classiche (co-me quelle concesse dalla Unione per molti prodotti agricoli) ma anche altre forme di sostegno all’esportazione, come i crediti all’esportazione, nonché certe forme di aiuto alimentare che talvolta sembrano più rivolte a sostenere l’agricoltura nei paesi produttori che a dare sollievo ai paesi beneficiari. In-fine, l’UE intende mettere in discussione ogni forma di monopolio di stato nella gestione degli scambi agricoli.

L’Unione europea ha da tempo avvertito i suoi partner che un nuovo round di negoziati multilaterali non può limitarsi ai temi classici degli scam-bi agricoli, vale a dire alle sole questioni commerciali. Nella società odierna stanno emergendo nuove esigenze e nuove preoccupazioni di cui le politiche agricole debbono farsi carico: dalla salvaguardia dell’ambiente alla desertifi-cazione delle zone rurali, dalla qualità e salubrità degli alimenti al benessere degli animali. La presa in conto di tutti questi fattori nelle politiche agricole e di sviluppo rurale, senza la quale la stessa legittimità di queste politiche ri-schierebbe probabilmente di essere messa in causa, impone tuttavia vincoli crescenti all’esercizio dell’attività agricola che possono incidere negativa-mente sulla competitività delle aziende agricole e che non possono quindi

non essere presi in considerazione a livello internazionale.

Questo è particolarmente evidente per l’agricoltura europea che, per la sua influenza sul territorio e sull’assetto sociale in molte regioni rurali, as-solve tutta una serie di funzioni complementari alla produzione agricola pro-priamente detta: dalla conservazione del paesaggio alla protezione dell’ambiente, dalla valorizzazione del patrimonio culturale al mantenimento della vitalità delle nostre regioni rurali. Tutte prestazioni, queste, che si con-figurano come attività produttive di veri e propri “beni pubblici” (public go-ods, secondo l’espressione inglese), di cui usufruisce l’intera collettività e come tali vanno remunerati nell’ambito delle politiche agricole e di sviluppo rurale. Agenda 2000, ha cercato di dare un nuovo impulso allo sviluppo rurale e al ruolo polivalente dell’agricoltura europea. E’ chiaro che, per essa, gli aiuti che verranno concessi a questo fine non potranno essere sanzionati sul piano internazionale.

D’altra parte, l’Unione intende impegnarsi perché si tenga maggiormente conto degli interessi legittimi dei consumatori, i quali chiedono prodotti di qualità e non dannosi alla salute umana. L’OMC non deve diventare uno strumento per imporre la liberalizzazione degli scambi dei prodotti sulla cui sicurezza alimentare è legittimo dubitare. A questo proposito, il principio cosiddetto della “precauzionalità” in materia di tutela del consumatore, in base al quale è possibile vietare la circolazione di un prodotto anche quando la sua nocività non è dimostrata scientificamente, purché esistono dubbi sul-la sua nocività, dovrebbe trovare un riconoscimento più formale in sede in-ternazionale. Questo vale, in particolare, per la questione degli organismi geneticamente modificati. Per quanto riguarda, d’altra parte, la qualità dei

D’altra parte, l’Unione intende impegnarsi perché si tenga maggiormente conto degli interessi legittimi dei consumatori, i quali chiedono prodotti di qualità e non dannosi alla salute umana. L’OMC non deve diventare uno strumento per imporre la liberalizzazione degli scambi dei prodotti sulla cui sicurezza alimentare è legittimo dubitare. A questo proposito, il principio cosiddetto della “precauzionalità” in materia di tutela del consumatore, in base al quale è possibile vietare la circolazione di un prodotto anche quando la sua nocività non è dimostrata scientificamente, purché esistono dubbi sul-la sua nocività, dovrebbe trovare un riconoscimento più formale in sede in-ternazionale. Questo vale, in particolare, per la questione degli organismi geneticamente modificati. Per quanto riguarda, d’altra parte, la qualità dei

Nel documento Volume Rapporto 1999 (.pdf 3.8mb) (pagine 27-41)