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Gli eventi come strumenti di comunicazione dell’istituzione pubblica: esperienze

CAPITOLO 4: GLI EVENTI CULTURALI COME STRUMENTI D

2. GLI EVENTI NELLA RIFORMATA AMMINISTRAZIONE PUBBLICA

2.3 Gli eventi come strumenti di comunicazione dell’istituzione pubblica: esperienze

partecipazione e identità nazionale

L’intuizione delle potenzialità comunicative degli eventi non spetta di certo ai manager o ai professionisti di relazioni pubbliche, ma ai potenti, ai sovrani e agli strateghi di secoli orsono. Questi ultimi sono stati fin dall’antichità i soggetti promotori di molteplici iniziative con fini politici e propagandistici, consapevoli della forza di questo strumento, in una società che ancora non aveva conosciuto i mass media. In questo senso possono essere considerati le più antiche forme di comunicazione conosciute dall’uomo.

Già nella Roma antica, eventi quali i ludi circenses, venivano organizzati su preciso volere dell’imperatore, non solo con obiettivi di carattere ludico, ma anche per rendere visibile quel particolare intreccio tra spettacolo e potere e consolidare il proprio dominio sulle masse. Erano grandi spettacoli cruenti e sanguinosi, che, attirando l’attenzione di tutto il popolo, permettevano al regnante di stabilire un prezioso contatto con la folla, evitando di chiudersi in un pericoloso isolamento:

“In un’epoca in cui la vita politica faticava ad esprimersi attraverso la libera discussione nei Comizi e il Senato svolgeva una funzione più di facciata che di fatto, l’opinione pubblica riusciva ancora a prendere forma solo nell’allegra confusione dei ludi, arrivando spesso anche a tradursi in petizioni acclamate all’unisono da migliaia di voci. Gli spettacoli assolvevano così la duplice funzione di sostenere l’ossatura del regime imperiale e di tenere occupata la popolazione, allentandone le passioni, distraendone gli istinti, sfogandone l’energia repressa nelle ore di ozio. (…) I giochi sono un chiaro esempio di evento culturale creato e gestito dal potere per autoperpetuarsi”141

Forse nessun altra forma di governo come il totalitarismo ha saputo sfruttare gli eventi a fini propagandistici, all’interno di un ampio e attento processo di manipolazione ideologica di simboli e messaggi. Il regime nazista, accanto alle famose liturgie di massa, che coinvolgevano ogni aspetto della vita collettiva e in cui trovavano esaltazione e concretizzazione gli ideali di ordine, potenza e vigoria, seppe organizzare eventi capaci di diffondere l’ideologia nazista sia all’esterno che all’interno dei propri confini. Per esempio le Olimpiadi di Berlino del 1936 vennero trasformate in una vera e propria kermesse del regime, in cui tutto simboleggiava il Reich, ogni particolare era un omaggio a Hitler, mostrando al mondo la forza del regime. La volontà e la necessità di dominare la cultura in ogni suo aspetto e in ogni sua forma, portò il regime a confiscare oltre 5000 opere, espressione della cosiddetta arte degenerata, dando vita alla più grande mostra

141Stefano Cristante e Nello Barile, Breve storia degli eventi culturali, Bevivino Editore,

itinerante mai realizzata, caratterizzata da una ricercata atmosfera scandalistica, volta a mostrare al popolo tedesco fino a che punto potesse spingersi la corruzione dell’arte moderna, considerata fonte di degrado culturale e minaccia per la purezza mentale dei tedeschi.

In Italia, è proprio il regime fascista a scoprire per primo la forza della comunicazione, trasformando ogni sua forma, compresi gli eventi, in un potente strumento di consenso ideologico. Per esempio, per celebrare il decennale della Marcia su Roma, nel 1932 venne organizzata presso il Palazzo delle Esposizioni, la Mostra della Rivoluzione Fascista, per connotare in maniera eroica e mitica la presa del potere di Mussolini, ponendo l’accento sull’azione salvifica del fascismo dal pericolo bolscevico.

In Italia la comunicazione pubblica nasce proprio da questa concezione tutta politica della comunicazione, espressa da un partito fattosi stato142 che ha conosciuto e sfruttato le potenzialità della comunicazione e degli eventi a proprio vantaggio. A causa di questa origine, tutt’oggi la comunicazione pubblica in Italia deve scontare l’idea diffusa di essere uno strumento al servizio di un’autorità che informa per convincere. Oggi, però, il ruolo svolto dagli eventi nelle moderne società democratiche è diametralmente opposto: da potentissimi mezzi di propaganda del regime, si affermano oggi, in virtù della loro capacità di creare relazioni e coinvolgimento, e del loro potente impatto cognitivo e ed emotivo sul pubblico, come grandi strumenti di democrazia e partecipazione, assumendo parte attiva in quel processo di creazione di un nuovo rapporto, basato sulla fiducia, sul confronto e sulla collaborazione con la cittadinanza, trasformata questa da controparte a interlocutrice primaria.

Gli eventi, infatti, da un lato sono un servizio pubblico offerto ai cittadini, dall’altro possono acquisire un ruolo cruciale all’interno di quel rinnovato rapporto che il processo di riforma descritto sopra intende costruire tra istituzioni e cittadinanza, perché per la loro stessa natura sottintendono un approccio fondato sull’ascolto, l’inclusione e la condivisione.

Come sottolineato da Rovinetti143, e come riconosciuto dalla stessa legge 150, oggi la pubblica amministrazione non può limitarsi ad informare, né a comunicare con i cittadini, ma deve imparare ad interagire con gli stessi, costruendo una relazione paritaria, biunivoca e basata sulla fiducia reciproca. Da questo punto di vista agli eventi, in virtù del loro carattere eminentemente sociale

142 Alessandro Rovinetti, Diritto di parola: strategie, professioni, tecnologie della

comunicazione pubblica, Il sole-24 ore, Milano, 2002

e relazionale, di esperienze e di momenti di aggregazione e di interazione con e tra i partecipanti, può essere riconosciuto quella funzione essenziale di

“costruzione di legami sociali con i cittadini, di partnership e di fiducia. La fiducia è la risorsa centrale intorno alla quale si costituisce la società civile. (…) Ma la partnership e la fiducia si costruiscono e si fondano su prove concrete – appunto affidabili – di conoscenza circa le reciproche responsabilità degli interlocutori. La fiducia necessita di un contratto implicito, di relazioni sostanziate da fatti, da conoscenze, da esperienze.”144

In tal senso, quindi gli eventi si affermano da un lato come simbolo di quell’apertura delle istituzioni nei confronti dei cittadini, dall’altro come esperienze creatici di un processo comunicativo bidirezionale e interattivo basato sulla circolazione di risorse cognitive ed emotive all’interno dei contesti sociali, rafforzando parimenti la relazione di fiducia tra istituzioni e i cittadini.

Inoltre gli eventi si affermano, soprattutto quelli promossi a livello locale, come occasione di partecipazione agli affari pubblici, per ricostruire quella mancata saldatura tra cittadini e istituzioni pubbliche, che per decenni ha relegato il cittadino in una posizione subordinata, di

“suddito nei confronti dell’amministrazione, che esercita la più ampia discrezionalità nel fare o non fare, e nel fare oggi o domani.”145

I cittadini infatti possono svolgere un ruolo attivo negli eventi, non solo attraverso la loro partecipazione come spettatori, ma anche come soggetti impegnati nella loro realizzazione. Frequenti sono infatti i casi di manifestazioni che vedono i cittadini impiegati, come volontari, nel lavoro organizzativo, soprattutto nel caso di iniziative fortemente radicate nelle tradizioni di una comunità, che vedono l’intero tessuto sociale urbano a vari livelli coinvolto nel processo. È anche da questo punto di vista che si può realizzare concretamente quel concetto introdotto da Arena di amministrazione condivisa, che inizialmente suonava più come un’utopia, che come reale riflesso della realtà. Coinvolgere i cittadini in prima persona nell’organizzazione di eventi che ricalcano la storia e le tradizioni di una comunità, significa riporre fiducia nei loro confronti, in quanto portatori di competenze, idee e tempo, che possono risultare determinanti in vista di un progetto da realizzare. Del resto, sono le persone che abitano quei luoghi, i veri depositari dei valori e della tradizione locali che si vogliono far rivivere attraverso gli eventi.

È anche da questo punto di vista che gli eventi giocano un ruolo decisivo nel favorire la partecipazione dei cittadini agli affari pubblici, considerata questa la premessa fondamentale affinché si realizzi pienamente il concetto di cittadinanza:

144 Laura Solito, op. cit., p. 14

145 Cassese, citato in Loredana Sciolla, “Religione civile e valori della cittadinanza”, in

“any institutional attempt to involve citizens more actively in community life promises to transform those who are citizens in name only (its legal status) into more active, public-spirited citizens”146

Ma anche le varie associazioni e organizzazioni di cittadini operanti sul territorio possono costituire risorse importanti per le Istituzioni in vista dell’organizzazione di eventi. È il caso per esempio delle rassegne estive che abitualmente si svolgono nelle città. È impensabile che il Comune da solo possa ideare e organizzare in prima persona un numero così elevato di iniziative. Molto spesso si limita a fornire finanziamenti per poi far rientrare eventi organizzati da terzi all’interno delle rassegna estiva, dando in questo modo anche un sostegno non secondario alla promozione dell’iniziativa. Il vantaggio è reciproco: per il Comune significa far convergere nel proprio cartellone ulteriori eventi, arricchendone l’offerta, per i reali promotori significa ottenere finanziamenti, supporti di vario genere e livelli di visibilità e partecipazione difficilmente replicabili operando isolatamente. Agire in tale direzione, però, è possibile solo se la pubblica amministrazione

“assimila l’idea che l’utente cui i soggetti pubblici rivolgono la propria attività non è un problema da risolvere bensì una persona che ha capacità e energie che, opportunamente integrate con le risorse organizzative, finanziarie, umane dell’amministrazione in questione, possono essere determinanti al fine di garantire sia il soddisfacimento delle esigenze della persona in questione, sia la soluzione di problemi di interesse generale”147

Da questo punto di vista le amministrazioni pubbliche si affermano come “imprenditrici delle capacità presenti”148, con il compito di

“attivare relazioni e risorse, coordinare capacità ed esperienze, progettare scenari e ambienti allo scopo di costruire lo spazio pubblico come il risultato della sinergia delle potenzialità presenti nella società, in vista della realizzazione dell’interesse generale”149

Gli eventi, inoltre, grazie alla loro già ricordata capacità di ottenere l’attenzione dei media, possono contrastare una tendenza diffusa in tutto il mondo occidentale, che vede la pubblica amministrazione al centro del dibattito giornalistico solo nel caso di fatti in cui emerge il mal funzionamento della burocrazia, continuando ad alimentare un’immagine negativa dell’agire istituzionale. La pubblica amministrazione, infatti, entra nelle cronaca quotidiana, solo per i casi di mala sanità, truffe, spreco di denaro pubblico, di pedante

146 Troy Glover, “The community center and the social construction of citizenship”, in

Leisure Science, n. 26, 2004, p. 77

147 Gregorio Arena, “Comunicazione e amministrazione condivisa”, in Stefano Rolando (a

cura di), Teoria e tecniche della comunicazione pubblica, op. cit., p. 48

148 Franca Faccioli, Comunicazione pubblica e cultura del servizio, Carocci, Roma, 2000 149 Ibidem, p. 119

ossequio delle norme, di incapacità di venire incontro alle esigenze degli utenti, reiterando l’archetipo del bene contro il male, di Davide contro Golia, del cittadino solo in balia dei vizi della moderna burocrazia. Questa tendenza di certo non facilita quel processo di avvicinamento tra istituzioni e cittadini e di affermazione di una nuova identità e di una nuova legittimazione della pubblica amministrazione, ispirata ad una radicale trasformazione dei valori profondi che ne hanno contraddistinto per troppo tempo l’operato.

Da questo punto di vista, gli eventi invece possono essere delle occasioni importanti per ottenere una copertura mediatica positiva, capace di far entrare la pubblica amministrazione al centro dell’attenzione mediale non a causa dei suoi errori, ma, ad esempio, perché promotrice di grandi eventi culturali. È anche in questo modo che è possibile incidere positivamente sull’immagine percepita della pubblica amministrazione e ottenere una nuova legittimazione da parte dei cittadini, catturando la loro attenzione su azioni che concretizzano i valori a cui la riforma si ispira.

Per dare efficacia al processo di riforma e a tutti i flussi comunicativi messi in atto dalle istituzioni, bisogna infatti partire dal presupposto che oggi

“la pubblica amministrazione si trova in una situazione di crisi comunicativa, in quanto deve rilegittimarsi come soggetto credibile in relazione a ciò che comunica su se stessa e, contemporaneamente, a ciò che fa. Dalla crisi si esce soltanto ricontattando la fiducia dei rispettivi pubblici – sia esterni che interni – e ricostruendo la propria credibilità”150

Si tratta cioè di utilizzare la comunicazione, e nello specifico gli eventi, per contrastare quegli abiti mentali che si sono sedimentati nel corso degli anni e che tendono a legare la pubblica amministrazione ad un’identità chiusa, autoreferenziale e inefficiente.

Gli eventi però giocano un ruolo centrale anche in quel processo di costruzione di una memoria collettiva e di appartenenza ad una società. È forse soprattutto da questo punto di vista che l’utilizzo delle relazioni pubbliche in campo istituzionale può trovare piena legittimazione. Alcuni autori in questo campo, come Kruckeberg e Starck, hanno infatti sostenuto che

“public relations is best defined and practiced as the active attempt to restore and maintain a sense of community. (…) Only with this goal (community) as a primary objective can public relations become a full partner in the information and communication milieu that forms the lifeblood of U.S. society and, to growing extent, the world”151

Si pensi per esempio a quegli eventi a forte carattere rituale e simbolico, come la parata del 2 giugno, che celebrano i momenti fondamentali del passato

150 Roberto Grandi, La comunicazione pubblica. op. cit., pp. 265-266 151 Kruckeberg e Starck, citati in John Ledingham, op. cit.

della nazione. Questi possono essere letti come tentativi di affermare e celebrare l’identità italiana, in un contesto problematico, quale quello italiano, dominato dalla secolare presenza di localismi e particolarismi e dalla profonda sfiducia verso le istituzioni. È attraverso questo genere di eventi che si può costruire anche nel nostro Paese quella religione civile152, storicamente assente153, che non può

fondarsi solo sulla condivisione di norme, ma che deve passare anche attraverso la condivisione di momenti di elevata portata emotiva e simbolica.

A tale proposito, mi sembra significativo ricordare le riflessioni di Carlo Tullio-Altan, impegnato da tempo nello studio di questi fenomeni. Secondo lo studioso, l’assenza di religione civile in Italia, tra le tante concause, è da far risalire anche alla

“«cattiva pedagogia delle istituzioni», che costituisce la vera fonte di sfiducia dei cittadini nei confronti della cosa pubblica. E’ nell’esperienza scolastica, nel rapporto con la burocrazia, nel modo in cui vengono erogati i servizi e in cui funzionano le istituzioni, che i cittadini possono maturare un senso di comunità e di cittadinanza o acquisire quel senso di sfiducia istituzionale che li proietta verso soluzioni particolaristiche ai propri bisogni”154.

Da questo punto di vista quindi gli eventi possono contribuire alla costruzione di questa religione civile, perché, sia intesi come servizi, sia intesi come strumenti di comunicazione, rappresentano quel segnale di apertura delle istituzioni verso l’esterno, di riforma di quell’agire pubblico che secondo Tullio- Altan gioca un ruolo tutt’altro che secondario in questo processo. Dall’altro però gli eventi si affermano come quei riti e cerimonie collettive, a cui, nella religione civile, come in ogni tipo di religione, è affidato il compito di rievocare i valori e i fatti fondanti la storia di una nazione155, colmando quello storico deficit di identificazione simbolica che contraddistingue il nostro Paese.

152 Per religione civile si intende “l’insieme dei discorsi e degli atteggiamenti pubblici, con

valore e intento normativo, dotati di simbolismo e di codice religioso, che si riferiscono alla formazione e all’affermazione della comunità nazionale” (Rusconi,, citato in Franco Garelli, “La

religione civile e il problema dell’integrazione nelle società complesse”, in Rassegna Italiana di

Sociologia, n. 2, aprile 1999, pp. 169-188); o ancora “l’insieme delle dottrine politiche, delle narrazioni storiche, delle figure esemplari, delle occasioni celebrative e dei riti della memoria mediante i quali lo stato si imprime nelle menti dei suoi membri, specialmente dei più giovani e di quelli di più recente acquisizione” (Walzer, citato in Franco Garelli, op. cit.)

153 Secondo Sciolla nel caso italiano mancano tutti gli elementi costitutivi del concetto di

religione civile: manca un’auto- legittimazione della comunità politica; manca l’esperienza storica fondante della rivoluzione che in Paesi come Francia e Stati Uniti ha rappresentato il momento di rottura con il passato e la nascita di una nuova comunità; si è avuto un ritardo nel processo di unificazione politica, che si è realizzato prima dell’unificazione culturale e linguistica del paese

154 Franco Garelli, op. cit., p. 177 155 Sciolla, op. cit.

Gli eventi legati alla ricorrenza del 2 giugno, per esempio, celebrando la nascita della Repubblica italiana, ricordano il momento fondativi della stessa comunità nazionale, che le ha permesso di esistere come tale, al pari del Giorno del Ringraziamento o il Memorial Day negli Stati Uniti.

Questi eventi, al pari di altri organizzati dalle comunità locali come vedremo in seguito, possono essere considerati dei riti, nella concezione durkheimiana del termine, cioè momenti di effervescenza collettiva, che suscitano, mantengono o riproducono certi stati mentali di un dato gruppo sociale. Collegando presente e passato, l’individuo alla comunità, rafforzano il legame sociale quale fondamento ultimo della coscienza collettiva e dei valori comuni ed evocano il legame sacro con la nazione:

“In quanto attività di natura eccezionale, talvolta deviante, e di intensità fuori dal comune, durante le quali le regole normali vengono infrante, questi rituali hanno l’effetto di rafforzare i sentimenti di appartenenza collettiva e di dipendenza da un ordine morale superiore che salvano gli individui dal caos e dal disordine”156.

È attraverso i riti che gli individui, riuniti in un medesimo contesto spazio- temporale, legati da sentimenti comuni e azioni collettive, possono entrare in contatto con il centro sacro della comunità, permettendo alla stessa di riaffermarsi periodicamente.

Oppure si pensi ancora a tutti quegli eventi organizzati per ricordare momenti tragici del passato, come l’attentato alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980. Attraverso simboli (l’orologio e le lapidi nella stazione), pratiche commemorative, iniziative culturali e sportive (il concorso nazionale di composizione, le staffette podistiche), è il passato che rivive attraverso questi eventi, per ricordare a tutta la società come dovrebbe essere la quotidianità della democrazia, i valori di uno stato in lotta contro il terrore :

“Nell’atto stesso del commemorare, gli imprenditori morali di questa memoria (…) contribuiscono a ricostruire il filo spezzato della possibilità stessa di dialogo fra stato e società civile, in quanto ridanno voce agli ideali democratici di una nazione che non vuole e non può dimenticare (…) La funzione della comunicazione in questo caso non è tanto quello di produrre coesione e solidarietà sociale, come indicato nella teoria durkheimiana, quanto piuttosto quello di articolare l’ambivalenza e il dissenso su questo passato così controverso e, al contempo, di ridare forma agli ideali democratici spezzati di una parte della società civile bolognese e italiana”157

In ultima analisi, quindi, gli eventi si affermano come leve centrali per creare

156 Martine Segalen, Riti e rituali contemporanei, Il Mulino, Bologna, 2002

157 Anna Lisa Tota, La città ferita. Memoria e comunicazione pubblica della strage di

“un ambiente inteso come insieme di relazioni e interazioni, processi di scambio, reciprocità e condivisione, ambito nel quale gli individui creano e danno senso ai flussi di eventi che si svolgono intorno a loro (azioni, scelte, decisioni). Un nuovo spazio sociale – evidentemente simbolico – ma non per questo meno in grado di alimentare condivisione, organizzazione, orientamento all’azione e alla scelta. Uno spazio sociale, cioè, dove gli individui e le istituzioni si incontrano e soprattutto si riconoscono, interagiscono; uno spazio sociale che sia più popolato, denso e partecipato, capace di includere, accogliere, costruire e mantenere un ordine sociale condiviso. In questo senso la comunicazione – o meglio la cultura della comunicazione – è risorsa per contribuire a costruire una sfera pubblica più ampia e condivisa e forse anche per realizzare una società meno vulnerabile”158

3. Gli eventi culturali: un’opportunità per