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La riforma del settore culturale: gli Enti Locali tra tutela e valorizzazione

CAPITOLO 4: GLI EVENTI CULTURALI COME STRUMENTI D

3. GLI EVENTI CULTURALI: UN’OPPORTUNITÀ PER COMUNICARE IL PATRIMONIO

3.1 La riforma del settore culturale: gli Enti Locali tra tutela e valorizzazione

Le modalità di gestione del settore culturale nel nostro paese è foriera di uno dei più grandi paradossi italiani: se da un lato abbiamo la fortuna di custodire un patrimonio unico ed irriproducibile di storia, arte e cultura159, unico e vero valore aggiunto rispetto agli altri paesi industriali, dall’altra abbiamo assistito per anni ad una incapacità di tutelarlo e valorizzarlo adeguatamente, in quanto manifestazione delle radici e dell’identità nazionali da un lato, e ricchezza e risorsa economica dall’altro.

Arte e cultura sono sempre stati considerati nel nostro paese dei beni

meritori, cioè dei beni in sé, in virtù della loro capacità di contribuire al

soddisfacimento di bisogni, sebbene non primari, indispensabili per una corretta crescita intellettuale e il raggiungimento di importanti fini sociali, come il miglioramento della qualità della vita, l’aumento del benessere sociale, l’arricchimento intellettuale, valoriale e estetico.

Il riconoscimento che dalla produzione e dal consumo dei beni culturali derivano esternalità positive ha da sempre giustificato l’affidamento alla mano pubblica della gestione delle risorse culturali. Al di là della loro appartenenza

158 Solito, op. cit., p. 16

159 Secondo il censimento Istat, al 31 dicembre 1995 l’Italia può vantare 3790 musei e

istituzioni similari, 29 siti dichiarati dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità, contro i 25 della Francia, i 22 della Spagna, i 20 della Germania e i 18 del Regno Unito, per un patrimonio culturale che nel suo complesso può essere stimato in circa un milione di miliardi di lire (Beatrice Fabbretti, “Lo “stato dell’arte”: consistenza e gestione dei beni culturali”, in Economia della Cultura, n. 3, 1999, pp. 359 – 368).

pubblica o privata, i beni culturali sono infatti di pertinenza pubblica160, cioè dovrebbero essere a disposizione di tutti i cittadini, perché considerati come la concretizzazione della cultura e dell’identità di una nazione, nonché come i segni più tangibili del suo passato. Come tali, le istituzioni pubbliche sono chiamate a presidiare e garantire la loro “intrinseca vocazione a una fruibilità universale”161.

Allo stesso tempo però l’agire pubblico in campo culturale è stato caratterizzato da una costante tensione tra spinte centriste da un lato e federaliste dall’altro, conclusasi solo agli inizi degli anni ’90, quando anche il settore in oggetto è stato coinvolto dal processo di riforma della pubblica amministrazione. In particolare, la legge n. 59 del 1997, la cosiddetta Bassanini 1, prevedendo la ridistribuzione delle funzioni amministrative fra lo Stato e gli Enti territoriali, ha attribuito estese competenze in materia di gestione dei beni culturali agli Enti Locali, e in particolare ai Comuni e alle Province.

In realtà è solo con il decreto legislativo 112 del 1998 che si è fatta maggiore chiarezza in questo processo di ridefinizione delle competenze in materia e, soprattutto, accanto alle tradizionali attività di tutela e gestione dei beni culturali, è stata riconosciuta equa dignità e importanza alle attività di

valorizzazione e promozione, fino a quel momento rimaste in secondo piano. È

così che

“l’intervento pubblico ha mutato prospettiva, transitando da un’attività di tutela statica del bene a un intervento diretto a garantire al cittadino ampia ed effettiva fruizione del valore culturale custodito dal bene”162.

Il decreto in questione assegna allo Stato in maniera esclusiva la funzione di

tutela, riconosciuto come il responsabile primario di “ogni attività diretta a riconoscere, conservare e proteggere i beni culturali e ambientali”.

160 L’articolo 9 della Costituzione recita “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura

e la ricerca scientifica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico-artistico della Nazione”.

Secondo l’articolo 98 del Decreto Legislativo n. 490 del 29 ottobre 1999, intitolato “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali”, “i beni culturali indicati

nell’art. 54 sono destinati al godimento pubblico”. L’articolo 54 rinvia a sua volta agli articoli 822

e 824 del Codice Civile e stabilisce che “i beni culturali appartenenti allo Stato, alle regioni, alle

province e ai comuni costituiscono il demanio storico, artistico, archivistico e bibliografico e sono assoggettati al regime proprio del demanio pubblico”. Quindi, come sostiene Arcella (Stefano

Arcella, La gestione dei Beni Culturali. Fruizione, valorizzazione e promozione del patrimonio

culturale italiano, Finanze e Lavoro, Napoli, 2000), è la demanialità di questi beni che costituisce

il titolo giuridico che fonda e legittima la loro fruizione pubblica.

161 Anna Wiezemann, “La comunicazione istituzionale nel settore artistico-culturale”, in

Economia della Cultura, n. 4, 2003, pp. 499-512

162 Anna Wizemann, “La comunicazione per l’arte e la cultura”, in Stefano Rolando (a cura

di), La comunicazione di pubblica utilità 2. Società, economia, cultura, Franco Angeli, Milano, 2004, p. 401

La funzione gestionale viene affidata agli Enti Locali, che hanno il compito di svolgere “ogni attività diretta ad assicurare la fruizione dei beni culturali e

ambientali, concorrendo al perseguimento delle finalità di tutela e di valorizzazione”.

La valorizzazione invece va perseguita attraverso forme di cooperazione tra Stato, Regioni e Enti Locali, chiamati a collaborare, nello specifico, per la realizzazione di attività concernenti:

• Il miglioramento della conservazione fisica dei beni e della loro sicurezza, integrità e valore.

• Il miglioramento dell’accesso ai beni e la diffusione della

loro conoscenza anche mediante riproduzioni, pubblicazioni e ogni altro mezzo di comunicazione.

• L’organizzazione di studi, ricerche, iniziative scientifiche anche in collaborazione con università ed istituzioni culturali e di ricerca.

• L’organizzazione di attività didattiche e divulgative anche in collaborazione con altri soggetti pubblici e privati.

• L’organizzazione di eventi culturali connessi a particolari aspetti dei beni o ad operazioni di recupero, restauro o ad acquisizione.

• L’organizzazione di itinerari culturali, individuati mediante la connessione fra beni culturali e ambienti diversi, anche in collaborazione con gli enti e organi competenti per il turismo.

Le funzioni di promozione, analogamente, devono essere attuate mediante forme di cooperazione tra Stato, Regioni ed Enti Locali e comprendono attività concernenti:

• Gli interventi di sostegno alle attività culturali mediante ausili finanziari, la predisposizione di strutture e la loro gestione.

• L’organizzazione di iniziative dirette ad accrescere la

conoscenza delle attività culturali e a favorirne la migliore diffusione.

• L’equilibrato sviluppo delle attività culturali tra le diverse aree territoriali.

• L’organizzazione di iniziative dirette a favorire l’integrazione delle attività culturali con quelle relative alla istruzione scolastica e alla formazione professionale.

• Lo sviluppo delle nuove espressioni culturali e artistiche e di quelle meno note, anche in relazione all’impiego di tecnologie in evoluzione.

Distinguere in modo analitico queste funzioni significa riconoscerne la specificità, e soprattutto, significa affermare formalmente che le organizzazioni artistiche non possono limitarsi a difendere, conservare il proprio patrimonio e ad aprirlo al pubblico, ma

“devono essere soggetti propulsori della conoscenza collettiva di tali beni, stimolando l’interessamento del pubblico con iniziative sia di carattere didattico sia di taglio più divulgativo”163

Si tratta di una vera e propria rivoluzione che interessa le politiche culturali del nostro Paese, a lungo dominate da un’ottica protezionista e conservatrice, che ha relegato di fatto i concetti di fruizione e accessibilità ad un ruolo del tutto secondario.

La valorizzazione e la promozione del patrimonio storico e artistico divengono così riconosciute funzioni complementari in vista della produzione dell’esperienza culturale e quindi in vista dell’effettiva soddisfazione del diritto dei cittadini all’accesso a questi beni.

Lo scenario delineato dal legislatore è pertanto quello di una pubblica amministrazione attiva, decentrata ed aperta anche in campo culturale, che non può più limitarsi a salvaguardare l’esistente, ma che deve diventare soggetto promotore di iniziative di diverso genere, volte a favorire l’avvicinamento tra cittadini e beni culturali, facendo leva su ogni possibile mezzo di comunicazione e divulgazione. In linea con la riforma della pubblica amministrazione descritta precedentemente, anche in campo culturale, quindi, al cittadino è riconosciuta una posizione centrale, attorno alla quale prende senso l’operato pubblico. Anche le organizzazioni culturali pubbliche, per assolvere a questi nuovi doveri, dovranno uscire da quella culla di autoreferenzialità che per anni ha caratterizzato il loro agire in campo di tutela e conservazione dei beni culturali, per dare vita a flussi comunicativi, che andranno a configurarsi come delle specificità all’interno del più ampio ambito della comunicazione pubblica.

È il Comune l’ente locale su cui gravano le maggiori responsabilità in campo culturale, soprattutto in merito al compito di favorire un avvicinamento reale tra patrimonio artistico e cittadini, incentivando la fruizione di quell’immenso complesso di beni culturali che contraddistingue il nostro Paese. Da un punto di vista giuridico, infatti, la riforma Bassanini assegna al Comune, in quanto ente più vicino al cittadino/utente, primarie competenze nel campo della gestione, della promozione e della valorizzazione dei beni culturali, e il decreto legislativo n. 267 del 18 agosto 2001 lo riconosce come il soggetto che “rappresenta la propria comunità, ne cura gli interessi e ne promuove lo

sviluppo”. Del resto secondo la “Carta del rischio” del patrimonio culturale, circa

l’80% degli 8100 comuni italiani possiede almeno un bene di notevole interesse artistico e oltre la metà dei beni di maggior rilievo si trova in comuni che hanno meno di 15 mila abitanti164.

3.2 Gli eventi come strumenti di comunicazione pubblica in