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La “mediatizzazione” del sostegno alla genitorialità Definizione dell’oggetto di indagine

2.6 Operazionalizzazione del termine “risorsa”

2.6.2 Fase “Fiel”

La caratterizzazione di un legame conduce la riflessione e l’esame, a dispiegarsi su quell’insieme di dinamiche attraverso le quali esso acquisisce forma e spessore. Pertanto, il quesito sul quale ruota tale indagine (in che modo Sos Tata e Diario possono divenire risorsa pedagogica per la famiglia?) può scorgere una risposta

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Fedeli S., Per una guida metodologica, in Lecconi L. (a cura), La ricerca qualitativa in

educazione, Franco Angeli, Milano, 2002, p.45

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Dott.ssa Maria Francesca Ghiaccio, Programmazione televisiva e sostegno alla genitorialità. Strutture, processi e dotata di maggiore esaustività e completezza, spingendo l’inquisizione oltre i contenuti e la modalità con la quale i due programmi interpellano e coinvolgono lo spettatore, promuovendo attraverso la fruizione, la realizzazione di una relazione educativa (e dunque, di apprendimento) dotata di determinate caratteristiche e, in questo distanziamento dalla testualità televisiva, raggiungere il pubblico e valutare effettivamente l’uso che esso fa di tali programmazioni.

Interrogarsi sulla modalità con la quale gli spettatori “utilizzano” Sos Tata e Diario, rispondendo, in maniera più o meno consapevole, al bisogno che nasce in seno al proprio disorientamento educativo, o semplicemente alimentando il piacere di vedere una delle Tate in azione o soddisfare la curiosità di sentire la Parsi esprimere la sua considerazione su quanto rappresentato, ci conduce a muoverci all’interno di una cornice teorica che va dalla teoria degli “Usi e gratificazioni” (nonché dalle indagini sorte al suo interno) a quell’insieme di studi sugli “usi familiari dei media”, circoscrivendo un ambito di riflessione e d’indagine in cui i media (in maniera particolare per noi la Tv) si configurano come dei veri e propri mezzi di comunicazione in grado di facilitare negli individui differenti forme di “contatto” (con se stessi, con gli altri, con la società, … con la vastità della realtà fenomenica del mondo). Un orizzonte, all’interno del quale, l’accento, nel porsi in maniera privilegiata sull’audience ( e non sulle emittenti o i programmi), si dispiega dirigendosi oltre gli interrogativi che nascono in seno alla tematica degli effetti, assumendo consistenza sull’individuazione delle motivazioni e delle modalità, per e con le quali, l’audience, utilizza i media.

2.6.2.1 Approccio “Usi e Gratificazioni”

Con la teoria degli “Usi e gratificazioni” per la prima volta diviene esplicita “l’attività” dello spettatore: si fa riferimento alla sua intenzionalità, alla sua capacità di selezione, al suo utilizzare, secondo le proprie esigenze, contenuti, vicende rappresentate o valori espressi dai media. In esso diviene emblematica la frase di Waples, uno dei primi studiosi che tempo fa ne favorì lo sviluppo: non dobbiamo domandare ciò che i media fanno alla gente, ma ciò che la gente fa con i media.

Dott.ssa Maria Francesca Ghiaccio, Programmazione televisiva e sostegno alla genitorialità. Strutture, processi e Nel corso degli anni questo approccio ha subito non pochi sviluppi e mutamenti146 conducendo la ricerca a focalizzarsi su differenti posizioni, come ci suggerisce Grandi, raggruppabili in tre fasi: la prima “quella pionieristica, è stata caratterizzata da due aspirazioni: riequilibrare lo sbilanciamento che aveva fino ad allora favorito la comunicazione persuasiva quale oggetto di ricerca e inserire i bisogni della audience quali variabili rilevanti negli studi tradizionali degli effetti147” e, quindi, ad essa fanno capo quell’insieme di ricerche che nel tentativo di cogliere i procedimenti fruitivi quali processi selettivi, rispondenti ai propri bisogni individuali, hanno prestato attenzione da un lato alle diverse gratificazioni soddisfate e dall’altro alla quantificazione e alla misurazione delle gratificazioni ricercate e ottenute rispetto alla quantità di tempo dedicato alla fruizione148. La seconda, nella quale emerge una predilezione per l’individuazione di differenti modelli di esposizione, nonché la loro correlazione con la presenza di determinate condizioni o peculiarità dei soggetti presi in esame149 e la terza, in cui la preoccupazione principale diviene la comprensione

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Katz E., Blumer J. G., Gurevitch M., Utilization of Mass Comunication by the Individual, in Blumer J.G., Katz E., The Uses of Mass Comunications. Current Perspectives on Gratifications

Research, Sage, Beverly Hills, pp.19-32; Palmgreen P., Uses and Gratications. A Theoretical Perspective, in BostromR.N., Westley B.H., Communication Yearbook, n°8, London, Sage, 1984

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Grandi R., I massa media fra testo e contesto, op.cit., p.43

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A questo proposito possiamo ricordare gli studi di Herta Herzong, in maniera particolare la ricerca che essa conduce, su un vasto numero di fans delle soap operas, tutte donne appartenenti a classi sociali differenti, nel tentativo di individuare e rilevare le differenti gratificazioni che essa ottenevano e attribuivano alla fruizione. Ciò che ne venne fuori furono tre tipologie di gratificazioni: opportunità di rilassarsi; di sognare compensando frustrazioni emotive e difficoltà quotidiane e la possibilità di ricavare da quanto esperito, stimoli e consigli da applicare alla propria vita. Herzog H., Wat Do We

Really Know about Daytime Serial Listeners?, in Lazarsfeld P., Stanton F., Radio Research: 1942-43,

Duell Sloan &Pearce, New York, 1944; O ancora, lo studio condotto da Bernad Berelson nel 1949, quando dinnanzi ad uno sciopero di una delle più famose testate newyorkesi intervistò diversi fedeli lettori con lo scopo di conferire forma a quella sensazione di mancanza e di assenza che lo sciopero aveva causato conducendo i lettori a prendere consapevolezza delle funzioni svolte dal quotidiano. A termine dell’inchiesta emersero tutta una serie di funzioni che andavano dall’informazione al suo divenire rituale quotidiano, dall’essere un mezzo di contatto sociale al configurarsi quale fonte di rilassamento, ecc.. Ma ciò che lo studioso rimarca è la funzione strumentale del quotidiano in quanto particolare e privilegiata fonte di informazione, nonché la possibilità di fare dell’acquisto un vero e proprio rituale. Bereleson B., What Missing the Newspaper Means, in in Lazarsfeld P., Stanton F.,

Comunication Research 1948-49, Haper, New York, 1949.

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Un esempio sono gli studi condotti dai Riley, in cui la modalità con la quale differenti ragazzi utilizzavano le storie d’avventura, assumeva diverse configurazioni e si rifletteva sulla loro integrazione sociale. Riley J.W., Riley M., “A Sociological Approach to Comunication Research”, in

Public Opinion, Quarterly n°3, 1951; o ancora lo studio condotto da Freidson nel quale, lo studioso,

pone in evidenza come la differente tipologia di legame che unisce ai parenti e agli amici è correlata al preferire, nonché all’uso di differenti media. Freidson E., “The relathion of the Social Situation of

Dott.ssa Maria Francesca Ghiaccio, Programmazione televisiva e sostegno alla genitorialità. Strutture, processi e della modalità con la quale le motivazioni, le aspettative e i comportamenti sottesi ai singoli media vadano tra loro correlandosi150.

Ciò che emerge dall’analisi della molteplicità delle ricerche che caratterizzano questo filone di studi è che le gratificazioni individuate vanno dispiegandosi all’interno di differenti aree, quali, quella dei contenuti, e in tale contesto, per esempio, vanno annoverandosi quelle soddisfazioni o forme di appagamento che confluiscono nella necessità di conoscere nuove realtà o situazioni, o nell’esigenza di ricevere informazioni o fruire spettacoli divertenti; quella dell’esposizione al media in sé e quella concernente il contesto di fruizione. Ma, nonostante la molteplicità delle indagini e degli sviluppi, ai quali esse hanno contribuito nel corso degli anni, tale corrente teorica si è scontrata sin da subito in numerose critiche. Tra le quali possiamo ricordare l’eccessivo peso dato all’individualità, o meglio, il suo focalizzarsi su aspetti prevalentemente psicologici spesso trascurando il legame che connette il singolo al proprio contesto sociale151, o ancora la sua tendenza a conferire

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In questo caso diviene doveroso menzionare la ricognizione operata da Katz, Gurevitch e Haas nel 1973, quando partendo da quanto fin ad allora tematizzato e individuato empiricamente circa le funzioni dei media, suddividono i bisogni che i media possono appagare in cinque classi riguardanti i bisogni psicologici e sociali, precisamente:

− Bisogni cognitivi: informazione, conoscenze e apprendimento; − Bisogni affettivo-estetici: rafforzamento della sfera emotiva;

− Bisogni integrativi a livello della personalità: (aspetti cognitivi più aspetti emotivi) rafforzamento della credibilità, dello status, della fiducia in se stessi;

− Bisogni integrativi a livello sociale: rafforzamento dei contatti familiari, sociali, ecc..; − Bisogni di evasione: allentamento delle tensioni fuoriuscendo dal proprio ruolo sociale Katz E., Gurevitch M., Haas H., On the Use of the Mass Media for important Things, in “American

Sociological Review”, n°38, 1973, pp. 164-81; O ancora la ricerca di Bradley Greenbrg, il quale nel

tentativo di individuare le tipologie di gratificazioni ottenute, dagli adolescenti, nella fruizione televisiva, condusse, in un distretto scolastico di Londra, tutta una serie di interviste strutturate e di temi, dai quali emerse che i ragazzi dai nove ai quindici anni, guardavano la tv per:

− Passare il tempo; − Scordare i problemi; − Per informarsi;

− Per conoscere se stessi osservando gli altri e situazioni in cui potersi immedesimare; − Provare emozioni;

− Per rilassarsi; − Per avere compagnia; − Per abitudine;

Inoltre emerse in maniera decisiva la tendenza e il desiderio dei giovani di discorrere della programmazione fruita. Greenbrg B. S., Gratifications of Television Viewing and their Correlates for

British Children, in Blumer J.G., Katz E., The Uses of Mass Comunications. Current Perspectives on Gratifications Research, Sage, Beverly Hills, 1974, pp.71-92

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McQuail D., Gurevitch M., Explaining Audience Behavior: Three Approaches Considered, in Blumer J.G., Katz E., The Uses of Mass Comunications. Current Perspectives on Gratifications

Research, Sage, Beverly Hills, 1974, pp.287-301

Dott.ssa Maria Francesca Ghiaccio, Programmazione televisiva e sostegno alla genitorialità. Strutture, processi e un elevato grado di razionalità e consapevolezza ai fruitori, quasi tralasciando la possibilità che ci si ponga dinnanzi alla Tv senza un intenzione particolare o che si possa, spesso e volentieri, essere inconsapevoli di quelli che sono i propri bisogni.

Ricordando l’obiettivo che ci guida in questa seconda parte dell’indagine e, dunque, l’esigenza di valutare in che modo tale programmazione televisiva potrebbe supportare la genitorialità, individuando l’uso che i genitori selezionati ne fanno, ci conduce da un lato a rilevare la motivazione per la quale i genitori (o il solo genitore fruitore) si ritrovano a guardare questi due programmi, perseguendo più o meno intenzionalità educative e rispondendo a un bisogno percepito e, dall’altra a espandere l’analisi anche agli “usi extratesuali”, dirigendosi oltre la tematica delle gratificazioni ottenute dai contenuti, e raggiungere quell’insieme di situazioni (dal risvolto educativo) che vanno creandosi, nel momento in cui il programma o l’argomento trattato divengono, per il soggetto, occasioni di incontro e confronto costruttivo (processo di crescita o consapevolezza) con se stessi e con gli altri familiari.

Pertanto, la realizzazione e la costruzione del nostro strumento di indagine (traccia dell’intervista), non può che essere preceduta dall’esame di quell’insieme di studi concernenti “l’uso familiare” della Tv.

Gli usi familiari della Tv

Discorre sulle differenti indagini che hanno assunto a proprio oggetto gli “usi” della Tv (testuali ed extratestuali), facendo di essi delle vere e proprie prassi e consuetudini che nell’intrecciarsi alla molteplicità delle attività che contraddistinguono la quotidianità, incidono sulle dinamiche relazionali che si consumano all’interno della famiglia, significa muoversi all’interno di quell’ambito, definito Audience Studies, già precedentemente sfiorato con Dorothy Hobson e Mary Ellen Brown. Entrambe le studiose, infatti, appartengono a quel filone di studi definito “sugli usi femminili della Tv”, in un certo senso definibile, “cugino” di quell’altro indirizzo d’indagine che, a causa del suo prestare attenzione alla famiglia in qualità di principale contesto di fruizione, lo sentiamo maggiormente vicino. Intorno agli anni ottanta e novanta i Cultural Studies britannici, che già avevano conosciuto un modesto sviluppo attraverso la realizzazione di tutta una serie di

Dott.ssa Maria Francesca Ghiaccio, Programmazione televisiva e sostegno alla genitorialità. Strutture, processi e ricerche etnografiche concernenti gli “usi familiari della televisione”, vanno diffondendosi negli Stati Uniti e in Australia, ricevendo una forte espansione su differenti campi.

Ciò che accomuna tutte le indagini empiriche che confluiscono in tale tradizione concettuale è il loro fare della Tv quale dispositivo comunicativo in grado di interferire poderosamente nell’intricata rete delle dinamiche relazionali che contraddistinguono ogni nucleo familiare, prestando particolarmente attenzione alla modalità con la quale, nella fruizione, esse assumono consistenza, riflettendosi, nei rapporti di potere che caratterizzano il nucleo in questione.

A questo proposito, è possibile citare James Lull, David Morley, Ann Gray … nonché quell’insieme di studi condotti nel nostro Paese e ad essi comunque ispirati, ribadendo la rilevanza che, in tale sede, assumono i risultati da loro raggiunti. Infatti, se Morley e Gray hanno prestato maggiore attenzione, rispettivamente, a come il potere legato al ruolo che ognuno ricopre in famiglia, connesso, a sua volta all’appartenenza a un genere sessuale piuttosto che all’altro, influenzi notevolmente lo stile di fruizione televisiva, in essa espletato, e a come determinate tecnologie, quali per esempio il registratore, vengano investite da stereotipi, conducendo ad attribuire loro una tendenza di genere (il registratore, infatti, veniva considerato da molte donne un’apparecchiature “maschile”) che và riflettendosi e manifestandosi in un senso di profonda incapacità e inadeguatezza relativa all’utilizzazione, le teorizzazioni di Lull offrono una vera e propria disamina dei differenti usi sociali della televisione.

Gettando le basi della sua indagine su un territorio vasto ed eterogeneo, all’interno del quale si vedono dialogare e interagire tra loro l’approccio “usi e gratificazioni”, le posizioni assunte dai Culturalisti britannici e le riflessioni di Garfinkel, Schutz e Goffman, Lull152 “s’introduce e osserva” 200 famiglie di differente estrazione sociale, interrogandosi sulle pratiche che conferivano forma ad una particolare attività con la quale essi occupavano parte della loro quotidianità: guardare la Tv.

Egli và sottolineando la complessità della questione avanzata dai precedenti studi, ponendo in evidenza la rilevanza della specificità dell’ambiente socioculturale nel

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L’indagine di Lull a cui si fa riferimento è rintracciabile, nel saggio da J. Lull nel saggio, Lull J., “The Social Uses of Television”, in “Human Comunication Research”, n°6, pp.197-209, 1980, trad. ita., in Lull J., In famiglia, davanti alla tv, Meltemi, Roma, 2003

Dott.ssa Maria Francesca Ghiaccio, Programmazione televisiva e sostegno alla genitorialità. Strutture, processi e quale avviene la fruizione e con essa la gratificazione al bisogno manifestato, nonché l’adozione e la predilezione di un uso o più usi, rispetto ad altri.

Dall’indagine emersero due macro-categorie relative all’uso della televisione, all’interno delle quali confluivano altre categorie, a loro volta raggruppanti differenti attività. In questo senso Lull, affermava, da una parte, l’esistenza di usi strutturali della Tv, a sua volta comprendenti le due categorie, ambientali e regolatori all’interno dei quali la televisione andava connotandosi da mezzo in grado di creare una sorta di rumore continuo di sotto fondo, a regolatore comportamentale atto a disciplinare, in un certo senso, lo scorrere e l’alternarsi della quotidianità familiare. E, dall’altra, la presenza di usi relazionali riguardanti quell’insieme di modalità attraverso le quali un individuo utilizza la Tv ricercando o, al contrario, evitando la comunicazione e lo scambio con gli altri membri della famiglia. Pertanto, la Tv può facilitare la comunicazione in determinate situazioni o con determinati interlocutori familiari, in particolari circostanze, invece, essa si configura come un occasione per stare tutti insieme e condividere un momento di intimità familiare (appartenenza/esclusione), per apprendere e sperimentare nuove modalità relazionali o ricevere consigli di vario genere (apprendimento sociale), nonché per sviluppare nuove competenze o rafforzare e dimostrare, agli altri, il potere connesso al proprio ruolo (competenza o dominio) all’interno del nucleo familiare. In conclusione, possiamo affermare che attraverso tali indagini, nel riscontrare una molteplicità di usi connessi alla Tv e, dunque, nel ribadire il carattere sociale che contraddistingue il mezzo televisivo, Lull si pone in contrapposizione con quanti le andavano volgendo uno sguardo di diffidenza, accentuando la pervasività del suo carattere comunicativo e attribuendole capacità inibitrici.

Intorno agli anni novanta, l’attenzione per le audience diviene anche una tendenza italiana. In questo senso, i nomi di Paolo Mancini153, di Francesco Casetti154, di Mariagrazia Fanchi155, Saveria Capecchi156, Pier Marco Aroldi e Fausto Colombo157,

153

Mancini P., Guardando il telegiornale. Per una etnografia del consumo televisivo, Rai-Eri, Torino, VQPT, n°108, 1991

154

Casetti F., L’ospite fisso. Televisione e mass media nelle famiglie italiane, op.cit.

155

Fanchi M.G., La famiglia in televisione. La famiglia con la televisione. Le nuove forme del

consumo televisivo in Italia, Rai-Eri, Torino, VQPT, n°183, 2001

156

Capecchi S., Ridendo e sognando (con le soap). Il pubblico di Un posto al sole e d i Beautiful, Rai- Eri, Torino, VQPT, n°176, 2000

Dott.ssa Maria Francesca Ghiaccio, Programmazione televisiva e sostegno alla genitorialità. Strutture, processi e (tutti già incontrati nel corso della presente riflessione) suonano all’unisono, conferendo forma e spessore a un ambito di indagine in cui emerge, nella molteplicità dei suoi aspetti, “l’attività” dell’audience italiana. L’insieme dei risultati di tali ricerche, infatti, mostrano chiaramente la modalità con la quale è possibile articolare il termine “attività”. L’audience si configura capace di rielaborare quanto rappresentato, di ancorare e integrare quanto esposto e spiegato in Tv, in maniera più o meno critica, di comporre e dare origine a letture e percorsi di senso non solo propri ma spesso discordanti rispetto alla lettura prevista dall’emittente. Ciò che ne viene fuori, è un pubblico vivace e competente in grado di utilizzare l’apparecchio televisivo in modo creativo, privilegiando ora la solidarietà e la comunione familiare e ora la possibilità di forgiare alleanze o ostilità. Un mezzo attraverso il quale si scopre il mondo e la realtà, attraverso il quale si ha la sensazione di partecipare alla vita pubblica, di condividere drammi e problematiche, di esperire situazioni e vicende fisicamente lontane. Ma soprattutto, ciò che maggiormente a noi colpisce è il suo fornire, ai telespettatori, un insieme di immagini e di rappresentazioni dinnanzi alle quali commisurare il proprio essere. La possibilità ad assumere a proprio modello comportamenti, gesti, parole e particolari situazioni facendo, della fruizione televisiva, una vera e propria forma di palestra di sperimentazione dell’identità soggettiva158.

2.6.2.3 L’uso educativo di “Sos Tata” e di “Diario di Famiglia”

In questo secondo momento di analisi il termine “risorsa educativa”, in quanto obiettivo ultimo che attraversa l’intero processo d’analisi, nel dispiegarsi sulla fruizione, definisce i suoi contorni avanzando quesiti, nonché approntando, ad essi, risposte adeguate e soddisfacenti, sull’uso che alcuni fruitori fanno dei due programmi in esame, valutando l’educatività di tale consumo. In un certo senso, dunque, potremo affermare che in questa seconda fase di analisi diviene doveroso riflettere e interrogarci sull’uso educativo che i telespettatori fanno (o non fanno)

157

Aroldi P.M., Colombo F., L’età della Tv. Indagine su quattro spettatori di italiani, Vita e Pensiero, Milano, 2003

158

Capecchi S., Una vita davanti alla televisione: la rinegoziazione dell’identità soggettiva, in S.Dinelli (a cura), Tecnologie, soggettività, relazioni, contesti, Inchiesta, n°135, 2002

Dott.ssa Maria Francesca Ghiaccio, Programmazione televisiva e sostegno alla genitorialità. Strutture, processi e delle due testualità televisive. Ma affiancare l’attributo educativo al sostantivo uso impone, sia delle precisazioni, sia una sorta di puntualizzazione circa la sua “collocazione teorica” all’interno dell’orizzonte sinteticamente abbozzato. Come si è già accennato più volte, esplicitamente o implicitamente, nel corso della dissertazione fin’ora portata avanti, il termine educativo si ascrive alla dimensione del cambiamento e della trasformazione, facendo proprie le categorie dell’apprendimento e della comprensione e configurandosi come un processo di rinnovamento consapevole che invoca la rivisitazione dell’acquisito e del consolidato. Pertanto la tipologia d’uso che rapisce il nostro interesse, confluisce in una forma di utilizzo che acquisisce i caratteri della dinamicità e dell’irrequietezza, tipici del movimento evolutivo. Quindi, interrogarsi sulla modalità con la quale i telespettatori utilizzano educativamente (o meno) Sos Tata e Diario significa chiedersi in che modo, i due programmi, favoriscono il cambiamento in chi li fruisce, configurandosi come dei testi in grado di dar loro l’opportunità di acquisire nuove conoscenze, nuovi modelli relazionali, nuove strategie … di configurarsi quali piccoli o intensi momenti di confronto individuale o collettivo (singolarmente in quanto singolo genitore o collettivamente in quanto genitori o in quanto mamme accorte e solerti) da consumarsi dinnanzi a problematiche concernenti sia la quotidianità che le dinamiche relazionali che contraddistinguono ogni nucleo familiare. Valutare se si tratta di una forma di crescita e maturazione personale, consumata privatamente (in questo caso possiamo parlare di autoeducazione, l’individuo fruisce in totale solitudine un programma e da tale fruizione si verifica una qualsiasi forma di apprendimento che non condivide o discute con nessuno) o se, al contrario, essa diviene un’occasione attraverso la quale, entrambi i genitori o differenti mamme fruitrici, traggono spunti per riflettere e discutere di problematiche, atteggiamenti, modelli … situazioni, creando momenti di confronto attivo e promuovendo, al medesimo istante, un processo di acquisizione e definizione