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X. Un libro sui generis, questo

2. Dizionarietto di una teoria tascabile

2.8 Forma e immagine

Lo scopo di un dizionarietto è quello di farci evitare fraintendimenti. È perciò che siamo risaliti a termini di una teoria (da Thom a Fontanille passando per Simondon) esemplificandoli, forse, banalizzandoli. Ma sono questi i termini che ricorrono nei discorsi sulle pratiche progettuali e artistiche, dove, tuttavia, “forma” e “immagine” assumono spesso significati assai diversi. Dobbiamo in- tenderci, a costo di risultarvi didascalici e ripetitivi.

2.8.1 Forma

Nel senso comune col quale “forma” si riferisce a oggetti e prodotti delle pratiche progettuali, indica genericamente il modo di apparire (manifestato) di un oggetto; ciò che in inglese si direbbe “shape”, profilo. Fortunatamente nes- suno potrà mai impedirci di dire, per esempio, che un cappello è “in forma di pera”, o potrà dire che Erik Satie ha fatto male a intitolare una suite pianistica in sette parti come “Trois Morceaux en Forme de Poire”. Ma sarebbe grave se un designer non capisse in cosa differiscono un cappello e una suite “in forma di pera” per pianoforte.

Tipicamente, quando parliamo genericamente della “shape” del “cappello”, dal punto di vista semiotico, ci stiamo riferendo a una “sostanza dell'espres-

sione” che – riconoscendola – diviene una “salienza” (§ 2.1), per qualcuno e

in date circostanze, emergendo da un substrato per azione di un campo di “pregnanze” (§ 2.1). Diviene “forma” (espressiva) solo attraverso l'astrazione percettiva e categoriale, cioè relazionata99 a una “forma del contenuto”. La

sostanza ha presenza “attuale” (§ 2.2), sensibile, percepibile. Invece la forma ha esistenza “virtuale” (§ 2.2) – intelligibile e astratta – e, come tale, è data solo in relazione alle altre forme di pari livello di pertinenza. Si tratta sempre di una posizione in un “sistema” di differenze (§ 2.3) che noi figuriamo come la strut- tura categoriale di qualche tipo (paradigma).

2.8.2 Immagine

Come indica Simondon (2008:12), “immagine” è «tutto ciò che interviene come intermediario tra soggetto e oggetto [… giocando] un ruolo di protesi sia adattiva, sia restrittiva». Non è solo – lo precisavamo in § 0.6 – “rappresenta- zione”, cioè una realtà visuale intesa “a immagine di...”. Cominciando il nostro dizionarietto con la nozione di “pregnanza” (§ 2.1) siamo partiti con un esem- pio biologico – la fame –, ovvero quello di un'immagine anticipatrice pre-per- cettiva (motoria ed endogena) per giungere, solo poi, a una nozione di

99 Questa relazione (funzione) è appunto la “significazione”. È una relazione tra forme,

tra una “forma dell’espressione” e una “forma del contenuto”, non tra sostanze. La se- miosi è la conversione di una sostanza in forma, o di un processo in un sistema (§ 2.3).

immagine intra-percettiva – salienza pregnante (Gestalt)100 in senso psicologico

– indicandone i modi di presenza (§ 2.2).

Sono le immagini infra-percettive e mnemoniche (a posteriori) che hanno l'ef- fetto di riportare qualcosa in presenza manifestata (in mente, in picture, in te- sto, in oggetto o in scena) attraverso una pratica interpretativa necessariamente simbolica.

L'uso comune confonde l'immagine come sostanza espressiva con “imma- gine” come forma del contenuto. Intesa come sostanza espressiva indica con- crete realtà sensibili (pictures), fisicamente obiettivate – iscritte in supporti fi- sici: piani o solidi, chimici, ottici, elettromagnetici... – e non quelle (images) incorporate nelle nostre memorie carnali. Invece come forma del contenuto “immagine” (image) si riferisce alle diverse salienze mnemoniche – a prescin- dere da quale canale sensoriale arrivino – e intelligibili che sono materia rego- lativa del nostro stesso pensare.

Nel nostro percorso fiorentino abbiamo abbordato tante immagini reperibili in una loro specifica dimensione antropologica e fisica: nel naso, negli occhi, nelle mani, sotto i piedi… negli usi di K. Con ciò abbiamo implicitamente in- teso una mutua definizione delle nozioni di “corpo”, “immagine” e “mezzo”, nei termini di Hans Belting (Belting 2011, pp. 19-72).

Attraverso l'immagine anatomica comparata del corpo (§ 3.3.2) abbiamo in- dicato due modi (soggiacenti uno all'altro) d'intendere il corpo dell'immagine: come sintagma (processo in atto) e come sistema (paradigma virtuale), sia in senso ontogenetico che filogenetico. Detto altrimenti, abbiamo inteso l'imma- gine come un “corpo” di un “corpus”101. Cioè, un corpo che si presenta come

sintagma di parti e che partecipa alla rete di correlazioni di un corpus d'imma- gini di una data cultura.

Aspetti di questo corpus virtuale si possono attualizzare come “paradigmi”, quali quelli figurati, per esempio, nella costruzione di atlanti iconologici co- struiti con tecniche di montaggio d'immagini.102 Quindi ad aspetti di queste

tecniche di rimontaggio si sono riferiti gli esempi coi quali abbiamo presentato

100 L'immagine funziona come una forma (una salienza iconica) che passa (si propaga)

attraverso media diversi propagandovi la pregnanza del suo “effetto figurativo”. In quanto pregnante l'immagine funziona come un “diagramma di forze” che si dispiegano e si contrappongono nello spazio-tempo.

101 Intendiamo con questo che le immagini hanno senso solo relazionandosi ad altre

immagini, come entità culturali. La loro “vita” va oltre la loro occorrenza in un docu- mento fisico e riguarda diversi ordini di realtà obiettiva e soggettiva.

102 L'immagine come contenuto icastico (image) si può interpretare genealogicamente

attraverso il tessuto relazionale di concrete immagini (pictures). Il prototipo più signifi- cativo di questa tecnica è il Bilderatlas Mnemosyne col quale Aby Warburg tracciava le reviviscenze di immagini antiche nella cultura europea contemporanea accostando, in una serie tavole, fotografie di opere d'arte figurativa, d'architettura, di stampa, antiche e moderne. Tra l'ampia e variegata esegesi dell'atlante di Warburg crediamo preminenti le letture di Georges Didi-Huberman (Didi-Huberman 2006); (Didi-Huberman 2011) che scongiurano l'assimilazione del Bilderatlas Mnemosyne alle derive associative rap- presentate da più recenti “atlanti delle emozioni” e altri deliri inconsapevoli.

(§ 2.4) la nozione di “prova commutativa” attraverso la quale si saggia il “potere delle immagini”, individuando relazioni tra specifiche forme dell'espressione e del contenuto.

Dunque, abbiamo messo in relazione (intrecciato distintamente) le nozioni di “immagine” e di “forma”, seguendo Bordron (2011). Come il semiotico fran- cese abbiamo intesa l'immagine in un “processo generativo dell'espressione”, poi specificato (§ 2.6) nei termini di Fontanille (2008: cap. 1). Insomma, ab- biamo cercato di mostrare come l'immagine assuma “forma” (Gestalt) prima di divenire “segno” o “simbolo potenziale”. Mostrando come questa “forma-im- magine” si possa articolare nei suoi aspetti mereologico e associativo, speriamo di comprenderla come un oggetto più operabile (“a ragion veduta”) nella sua multiforme efficacia. Seguiremo questo tema specialmente in § 4.3.