LE DATE IMPORTANTI DELLA VITA DI LUCILIO
2. LA TRASMISSIONE DEL TESTO 1 EDIZIONI, COMMENTARI E GLOSSAR
2.5. I FRAMMENTI DUBB
Quello riportato sopra è soltanto un elenco approssimativo. Vi sono, infatti, anche altri frammenti, la cui attribuzione a Lucilio è dubbia.
L’identificazione dei versi di Lucilio poggia su quello che gli antichi hanno voluto dire, sia che essi diano un riferimento preciso, sia che si accontentino semplicemente di riportare il nome dell’autore. Biso gna cercare di capire, quindi, se la fonte che cita il satirografo sia affi dabile oppure contenga degli errori.
Ad esempio, per il fr. H. 124 Ch. (1195 M.), Paolo Diacono1 scrive:
TAMA dicitur cum labore viae sanguis in crura descendit et tumorem fa
cit. Lucretius…, “TAMA (tumore alle gambe) si dice quando il sangue
durante la circolazione penetra nelle gambe e forma un rigonfiamen to. Lucrezio…”. Il testo di Festo2 è il seguente: T
AMA dicitur cum labore
viae sanguis in crura descendit et tumorem facit. Lucilius…, “TAMA (tu
28 Sono indicati sotto il nome di Pseudo Acrone gli scolii oraziani che, pur derivando
forse in parte dal commento di Acrone ad Orazio, ora perduto, non sono però da at tribuirsi a lui. F. HAUTHAL – O. KELLER, Pseudo-Acro, Scholia Horatiana, Lipsia 1902-4.
29 P. WESSNER, Scholia in Persium, Lipsia 1891.
30 G. THILO – H. HAGEN, Scholia cod. bibl. Capituli Veronensis n. 38 palimps. saec. V-VI
in Vergilium, Lipsia 1902.
31 P. HILDEBRANDT, Scholia in Ciceronis Orationes Bobiensia, Lipsia 1907.
32 Corpus Glossariorum Latinorum a Gustavo Loewe incohatum; auspicis Academiae
literarum Saxonicae; composuit, recensuit, edidit Georgius Goetz, Hamsterdam 19652.
1 PAUL. p. 495, 12 L. 2 F
more alle gambe) si dice quando il sangue durante la circolazione pe netra nelle gambe e forma un rigonfiamento. Lucilio…”. Lo stesso enunciato inguen ne existat, papulae, tama, ne boa noxit, “il tumore all’inguine a condizione che non cresca, le vescichette, il tumore alle gambe, a condizione che la roseola non rechi danno”, in ciascuna fonte, riporta a un autore diverso. In casi simili, è possibile trovare una soluzione: il verso non è attestato nel De rerum natura; lo studio dei contesti rivela che esso difficilmente troverebbe posto nelle lacune di quest’opera; dunque, Paolo Diacono, copiando da Festo, si è senza dubbio sbagliato, dato che i copisti usano la stessa grafia Luc per tra scrivere il nome dei due poeti. Perciò, quando un frammento attribui to a Lucrezio non compare nelle opere di questo autore, c’è qualche possibilità che esso appartenga alle Satire di Lucilio.
È il caso del seguente passo, accolto da Charpin fra i fragmenta
dubia delle Satire [D. 21 Ch. (1364-5 M.)]: Non mihi si linguae centum sint oraque centum/aenea vox…, “Non se avessi io cento lingue e cen
to bocche, la voce di bronzo…”. Servio, commentando due diversi pas si virgiliani che riprendono il topos omerico delle dieci lingue e delle dieci bocche, attribuisce il frammento in questione a Lucrezio: Georg. II 42: NONEGO CUNCTAMEIS Lucretii versus; sed ille aenea vox ait, non fer
rea, “Io non tutto con i miei…: è un verso di Lucrezio; ma egli dice ae nea vox (voce di bronzo”, non ferrea (voce di ferro)”; Aen. VI 625: NON MIHI SILINGUAE CENTUMSINT ORAQUE CENTUM, FERREA VOX: Lucretii versus sublatus
de Homero, sed aenea vox dixit, “Non se avessi io cento lingue e cento bocche, ferrea la voce: è un verso di Lucrezio tratto da Omero, ma Lu
crezio ha detto aenea vox (voce di bronzo)”. Recentemente, Scaffai3,
poco convinto della sistemazione del passo nella lacuna del De rerum
natura proposta da Lachmann, ha ricostruito un possibile percorso
che avrebbe portato all’errore nella citazione di Servio: tale errore ri salirebbe alla fonte del commentatore e sarebbe dovuto all’errato
3 M. SCAFFAI, Il “topos” delle molte bocche da Lucilio a Lucrezio (e viceversa), “Eika
scioglimento dell’abbreviazione Luc in Lucretius invece che in Lucilius. Alla voce SPARGERE del suo dizionario, Nonio4 riporta come esempio il
fr. XXIX 8 Ch. (872-3 M.): Latere pendens, saxa spargens tabo, sanie
et sanguine/atro…, “appeso per il fianco, cosparge le rupi di marciu
me, putredine e nero sangue…”. Ora lo stesso testo è citato da Cice rone nelle Tusculanae disputationes5: Execratur luculentis sane versi
bus apud Ennium Thyestes, primum ut naufragio pereat Atreus. Du rum hoc sane: talis enim interitus non est sine gravi sensu; illa inania: “ipse summis saxis fixus asperis, evisceratus/latere pendens, saxa spargens tabo, sanie et sanguine/atro”, “Sono straordinari quei versi
di Ennio in cui Tieste si scaglia in maledizioni, in primo luogo perché Atreo muoia in naufragio; è questo un passo davvero duro, visto che una morte così non avviene senza colpire gravemente i sensi; ma sono privi di significato questi altri: egli, inchiodato sulla vetta di rupi
scoscese, sventrato, appeso per il fianco, cosparge le rupi di marciume, putredine e nero sangue”. Bisogna credere a Nonio o a Cicerone? Non
è possibile trovare una soluzione.
Persio inizia la sua prima satira con l’esametro: “O curas hominum,
o quantum est in rebus inane!, “O occupazioni degli uomini, o quanto
c’è al mondo di vano!”. Lo scoliasta commenta: hunc versum de Lucili
primo transtulit. Si è sbagliato? Nulla autorizza a supporlo. Quando
un verso attribuito a Lucilio si ritrova nell’opera di un altro scrittore, conviene ammettere che c’è imitazione o parodia o intertestualità.
Si verifica spesso che numerosi passi, citati senza alcun riferimen to, rievochino lo stile di Lucilio. Ad esempio, lo scoliasta di Lucano6 precisa: decimus ergo magnus ut Lucilius “decimani fluctibus”, “deci
mus vuol dire enorme – così Lucilio usa decimani riferito ai flutti”. L’e
spressione decumano pane è attestata nel fr. XV 10 Ch. (501-2 M.)7.
L’aggettivo decumanus sembra caratterizzare le Satire: è possibile, di
4 N ON. 405, 3. 5 C IC. Tusc. I 107. 6 SCHOL. LUCAN. V 672. 7 NON. 445, 17.
conseguenza, che decumana ova [H. 154 Ch. (1151 M.)] e decumana
Albesia scuta [H. 133 Ch. (1150 M.)], siano tratti dallo stesso Lucilio.
Tali identificazioni presuppongono una certa parentela nel linguag gio e nella sintassi. È necessario ancora che essa sia oggettivamente constatabile. Nonio8 scrive: Amphitapoe vestes dicuntur utrimque ha
bentes villos… Varro, Manio (253): “alterum bene acceptum dormire su per amphitapo bene molli”, “Amphitapoe sono dette le vesti che hanno
i peli da entrambe le parti… Varrone, Manius (253): altra cosa molto
gradita è dormire su un tappeto coperto di peli da entrambe le parti, molto morbido”. Buecheler riconosce la fine di un esametro in super
amphitapo bene molli: egli ne attribuisce la paternità a Lucilio che, ef
fettivamente, usa due volte la parola amphitapus [frr. I 11 Ch. (13 M.) e VI 5 Ch. (252 M.)]. L’argomentazione fornisce una spiegazione con vincente, ma non indiscutibile.
Tutte le edizioni di Lucilio sono costrette ad accordare un posto ai frammenti dubbi. Al limite, nulla impedisce di affermare in modo pe rentorio che un frammento non appartiene a Lucilio, come fa Dilke9 nel caso di due versi che Reiche aveva attribuito al poeta satirico.
Secondo Charpin10, in questi casi, il solo rimedio contro l’arbitrarie
tà è la fiducia nelle testimonianze degli antichi, anche se, talvolta, le loro posizioni non sono molto soddisfacenti e devono essere corrette. 2.6. IL FRAMMENTO CITATO DA PARTHENIUS
Nel trattato di Giovanni Tortelli sull’ortografia, stampato per la pri ma volta nel 1471, ma accessibile nella Biblioteca Vaticana dopo il 1452, Prete1 segnala un passo di Lucilio tralasciato da Marx. Tortelli
8 NON. 540, 31.
9 O. DILKE, Versus non a Lucilio scripti, “Mnemosyne” 32 (1979), 170 ss. 10 F. CHARPIN, Lucilius, I, cit., 44.
1 S. PRETE, Possibilità di ricerche nel Cornucopiae di Niccolò Perotti, “Nuovi Studi Fa
nomina un certo Parthenius come fonte da cui ha preso la sua citazio ne di Lucilio. Il nome di Parthenius appare più di una volta altrove nell'opera tortelliana e si ha l'impressione che, nella mente dell’uma nista, egli sia un grammatico antico2.
Non siamo però sicuri di trovarci di fronte ad un nuovo frammento luciliano. Secondo Jocelyn3, infatti, si tratterebbe di un falso. Lo stu
dioso mette in evidenza che il linguaggio del passo luciliano che - se condo Tortelli - è presentato dal Parthenius, suscita molti sospetti. La forma chlaena non ricorre altrove nella lingua latina. L'avverbio desu
per significa di regola, ἄνωθεν, de superiore loco, “da sopra”. Non si ri
scontra invece nel senso di ἄνω, supra, insuper, “sopra” prima dei poeti epici latini del I secolo d.C. L'aggettivo foedus ed il verbo foedare non sono applicati, come avviene qui, ad un vestito. Inoltre, è poco credibile che il termine χλαῖνα sia entrato nella lingua latina, come
claena/chlaena, prima di Lucilio e che poi abbia perso la consonante
iniziale (c/ch) nell'epoca che va da Lucilio a Cicerone4. Хλαμύς fu pre
so in prestito all'epoca di Plauto e mantenne sempre la lettera iniziale (c/ch).
È possibile – continua Jocelyn - ricostruire il meccanismo di falsifi cazione. Il falsario conosceva il lemma di Paolo su laena5
e leggeva in
questo lemma la parola greca χλαῖνα. Credeva che, per rendere con vincente a un pubblico quattrocentesco l'etimologia grecizzante sia contro quella etruscheggiante ricordata da Paolo sia contro quella di Varrone6, occorresse proprio un passo di letteratura antica. Sapeva
che alcuni antichi esperti di etimologia facevano risalire la lingua lati na ad un dialetto della lingua greca7, e che, trattando particolari ter mini, postulavano non di rado un cambiamento di ortografia per so
2 Potrebbe trattarsi, forse, del Parthenius menzionato da Macrobio (Sat. V 17).
3 H. D. JOCELYN, Riflessioni su “due nuovi frammenti” della letteratura latina perduta e
sulla filologia quattrocentesca, in Homo sapiens, homo humanus, II - Letteratura, arte e scienza nella seconda metà del Quattrocento: atti del XXIX convegno interna
zionale del Centro di Studi Umanistici, Montepulciano 1987, 123 ss.
4 CIC. Brut. 56 (su M. Popillius Laenas). 5 FEST. p. 104, 18 L.
6 VARRO Ling. V 133. 7 D
stenere un'ipotesi di origine greca8. Nei suoi studi dell'opera di Nonio
aveva visto del resto che il grammatico citava spesso Lucilio9. Si può
ipotizzare, dunque, che una reminiscenza della definizione noniana di
laena – vestimentum militare, quod supra omnia vestimenta sumitur,
“indumento militare, che viene indossato sopra tutti gli indumenti” - nonché del contenuto generale del De compendiosa doctrina esercitas se un'influenza particolare nella creazione del frammento pseudo-lu ciliano chlaenam desuper indutam foedavit, “rovinò il mantello indos sato sopra”.
Non si può stabilire – conclude Jocelyn - chi fu il falsario. Per quel che riguarda Tortelli, manca un motivo. Il bibliotecario umanista sa rebbe stato colpevole di credulità. Per quel che riguarda Parthenius, non sappiamo purtroppo in quale ambiente egli lavorava né per quale motivo compose la sua opera.
2.7. I FRAMMENTI TRASMESSI DAGLI EXCERPTA ANDECAVENSIA