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IL VIAGGIO IN SARDEGNA

5. I VIAGGI NELLE DUE GRANDI ISOLE DEL MEDITERRA­ NEO

5.2. IL VIAGGIO IN SARDEGNA

Il fr. 21 Ch. (254-5 M.) appartenente al libro sesto delle Satire ri­ porta la notizia di un viaggio compiuto da Lucilio in Sardegna1:

… e Sicula Lucilius Sardiniensem terram

… Lucilio… dalla Sicilia alla Sardegna

Il poeta, dunque, riferendosi a sé stesso in terza persona, racconta di un viaggio che lo condusse dalla Sicilia alla Sardegna (Sardinien­

sem terram, con l’uso dell’aggettivo Sardiniensis invece di Sardus, for­

se a causa di esigenze metriche e stilistiche). Il porto di approdo in terra sarda dovette essere quasi certamente Karales, terminale con­ sueto di un itinerario marittimo tra le due isole, con partenza dal

1 Lucilio fu l’ultimo dei grandi intellettuali romani a recarsi in Sardegna, le cui aree

periferiche e interne alla fine del II secolo a.C. (a distanza di oltre un secolo dalla costituzione della provincia) erano poco note o del tutto sconosciute ai Romani. In una sorta di romantica scoperta, lo avevano preceduto Ennio, nel corso della secon­ da guerra punica, e Catone: rispettivamente negli Annales e nelle Origines essi do­ vettero lasciare un vivo ricordo dell’ambiente naturale e del paesaggio che fece da cornice al Bellum Sardum di Hampsicora e agli ultimi anni della guerra annibalica.

porto di Lilybaeum in Sicilia e con una durata della navigazione valu­ tata dalle fonti in due giorni e una notte (2800 stadi ossia 518 km.)2.

Il frammento pone una serie di problemi relativi alla cronologia e alle motivazioni alla base del viaggio di Lucilio in Sardegna. P. Rugge­ ri3 sostiene che l’epoca del viaggio del satirografo potrebbe essere col­

legata a un interesse, o meglio a un appoggio concreto dato dal poeta all’occupazione dell’ager publicus sardo, in linea con la reazione sena­ toria e la politica dell’aristocrazia latifondistica di stampo antigracca­ no: il viaggio potrebbe collocarsi all’epoca del governo di Marco Cecilio Metello, console (115 a.C.) e successivamente proconsole della provin­

cia Sardinia (114-111 a.C.).

Vi è una serie di elementi che orientano in questa direzione, inve­ stendo anzitutto la cosiddetta “seconda occupazione della Sardegna”4.

Sotto il governo del console Lucio Aurelio Oreste (126 a.C.), proconso­ le sino al 122 a.C., e di Marco Cecilio Metello, vennero attuate una serie di campagne militari a danno di popolazioni e comunità locali di alcune aree periferiche non raggiunte dalla prima fase della coloniz­ zazione romana (238 a.C.). In tali aree venne messa in atto una defi­

nitio finium con lo scopo di acquisire all’autorità centrale romana por­

zioni di ager publicus e di limitare a aree territoriali circoscritte e fa­ cilmente controllabili la presenza delle popolazioni locali.5 Una decina

di anni dopo, con il governo di Marco Cecilio Metello si aprì una fase differente, orientata verso un massiccio ingresso di popolazioni itali­ che nell’isola, senza però l’assegnazione viritana di terre pubbliche: proseguì ancora l’impegno bellico nell’isola, ma esso fu accompagnato da una politica tesa a favorire l’impianto e lo sviluppo del latifondo senatorio, gestito localmente da coloni di condizione libertina.

2 PS. SCILAX, Peryplus 7, in G.G.M. I 19; AGATHEM. 16. Per una distanza di 190 miglia

(280 km.) tra Lilybaeum ed il Promuntorium Caralitanum: PLIN. Nat. III 8, 87, in ter­

mini di gradi, la distanza risulta di 4° e 30I in P

TOL. I 12, 10.

3 P. RUGGERI, Il viaggio di Lucilio, cit., 114 ss.

4 Si tratta di una fase politico-militare recentemente messa in luce da A. CORDA e A.

MASTINO.

5 Gli studiosi portano l’esempio della zona tra Bosa e Cornus, attualmente compresa

nei territori dei comuni di Tresnuraghes, Cuglieri e Sennariolo, attraversata da un percorso secondario.

Ciò sembra confermato dal più famoso documento epigrafico sardo, la cosiddetta “Tavola di Esterzili”, relativa ad una controversia finium tra la locale popolazione dei Gallilenses, dedita alla pastorizia, e un gruppo di coloni provenienti dalla Campania, i Patulcenses Campani, giunti in Sardegna per occuparsi per conto di una gens Patulcia (resi­ dente nell’Italia centrale, probabilmente nella stessa Campania) della gestione agricola di terreni facenti parte forse dell’ager quaestorius del Parteolla o della Trexenta, al confine con l’area del Gerrei, occupata dai Gallilenses6.

Il viaggio di Lucilio in Sardegna potrebbe essere collegato con la co­ lonizzazione di Metello e con l’arrivo nell’isola dei Patulcenses Campa­

ni: la comune origine campana sembra suggerire l’ipotesi che il poeta,

apparentemente legato a Marco Cecilio Metello, possa essere stato presente all’insediamento dei coloni della gens Patulcia nelle terre pubbliche loro assegnate in uso e in possesso revocabile nelle piane a nord di Karales. Non si può escludere che Lucilio abbia potuto ave­ re una qualche parte in occasione dell’ampliamento dell’area, entrata per la prima volta nella politica di sfruttamento latifondistico: egli po­ teva farsi forte della sua esperienza di proprietario terriero abituato ad occuparsi personalmente dello stato dei suoi possedimenti. Del re­ sto, poiché è ritenuto molto probabile che i Patulcenses provenissero da Puteoli (attuale Pozzuoli)7, si può anche pensare a legami di amici­

zia o di affari tra Lucilio e una gens Patulcia di Pozzuoli, città che il poeta ben conosceva e di cui ammirava lo spirito imprenditoriale, tan­ to da definirla la “seconda Delo”8. Quanto al rapporto con Marco Ceci­

lio Metello, esso può trovare una qualche spiegazione se andiamo a ritroso ai fatti di Numanzia, dove nell’esercito di Scipione Emiliano militò il fratello di Marco, Caio Cecilio Metello Caprarico. Insieme i due fratelli celebrarono a Roma il trionfo nel 111 a.C., l’uno sui Sardi, l’altro sui Traci, e non è del tutto escluso, per quanto nulla si sappia

6 C.I.L. X 7852. L’ager quaestorius consisteva in porzioni di ager publicus messe a

disposizione dei questori affinché le cedessero, dietro pagamento di un canone pe­ riodico, a latifondisti italici.

7 A Puteoli è attestata la maggior diffusione del gentilizio Patulcius. 8 L

circa la carriera di Marco prima del consolato del 117 a.C., che anche quest’ultimo possa essere stato a Numanzia nel 133 a.C.

Anche il fr. VI 22 Ch. (256 M.) può essere ricondotto al viaggio di Lucilio in Sardegna per il riferimento a musimo o musmo, il muflone, raro quadrupede epicorio dell’isola9:

… praedium emit qui vendit equum, musimonem

… può acquistare un podere per lo stesso prezzo a cui vende un cavallo o un muflone

Fra le varianti testuali dell’incipit del frammento (citato da Nonio Marcello all’interno di una digressione sulla fauna), rispetto a pretium preferito da Marx e Terzaghi-Mariotti, si impone la lezione praedium introdotta da Dousa e accolta da Charpin. Con essa l’ambientazione sarda del frammento si compone entro una cornice di suggestiva coe­ renza con le ragioni del viaggio di Lucilio nell’isola: esso pare avere una doppia valenza, da una parte una sorta di missione politica colle­ gata all’azione di Marco Cecilio Metello, dall’altra un itinerario di co­ noscenza compiuto da un intellettuale alla scoperta di luoghi e pae­ saggi sconosciuti, caratterizzati da un ambiente naturale insolito e da una fauna meravigliosa, oltre che da uomini vestiti di pelli a metà tra l’esotico e il terrifico10.

L’abbigliamento ricavato dalle pelli di muflone o di capra rappre­ sentò un tratto distintivo di Sarditas: indossavano tale abbigliamento i Sardi-Pelliti-Ilienses, una popolazione non urbanizzata che ebbe un ruolo da comprimaria nella grande rivolta antiromana capeggiata da Hampsicora (215 a.C.) e i Κορνένσιοι οἱ Ἀιχιλένσιοι, che Tolomeo11

col­ locava all’interno rispetto alla costa occidentale della Sardegna, nei

9 La citazione di Lucilio costituirebbe il più antico riferimento alla presenza in Sar­

degna di questo animale tramandata dalle fonti classiche; la restante documenta­ zione, costituita dalle testimonianze di Strabone, Plinio il Vecchio e Pausania, ri­ manda ad epoche successive, in un lasso di tempo compreso tra la fine del I secolo a.C. e il II d.C.

10 P. RUGGERI, Il viaggio di Lucilio, cit., 118 ss. 11 PTOL. III 3, 6.

pressi di Cornus, la città di Hampsicora. Il nome di Sardi-Pelliti sem­ bra far riferimento alla mastruca, il tipico abbigliamento del Sardi del­ l’interno, composto di pelle e pelo di capra (o di muflone?). Questo ab­ bigliamento era pesantemente disprezzato da Cicerone, che nell’ora­ zione in difesa di Marco Emilio Scauro, governatore della Sardegna nel 55 a.C. e accusato di concussione dai Sardi, parla di pelliti testes per i cento testimoni sardi arrivati a Roma per conto dell’accusa12, e

in un passo del De provinciis consularibus di mastrucati latrunculi, briganti vestiti di una pelle ricoperta di lunghi peli, ridicolizzando la sconfitta loro inferta nel 107-106 a.C. dal propretore Tito Albucio con una sola coorte ausiliaria13. L’oratore era sicuro di orientare il proces­

so a favore di Scauro confrontando quei ribelli della Barbaria ai testi­ moni che ora Valerio Triario presentava come esponenti dell’accusa, camuffandoli come devoti alla causa di Roma14.

Da questo processo contro Scauro è possibile - secondo P. Rugge­ ri15 - ricavare alcuni elementi che sembrano ricondurre a Lucilio, al suo viaggio in Sardegna, alla trama di personaggi, vicini o avversari del poeta, che in qualche modo si intrecciano con le vicende dell’isola. Innanzitutto, il riferimento ad Albucio, odiato epicureo16, verso il qua­

le anche Lucilio nutriva la medesima ostilità tanto da ridicolizzare, nel libro secondo delle Satire, sia lui sia il pretore Quinto Muzio Sce­ vola l’Augure, accusato da Albucio nel 119 a.C. di malversazioni du­ rante il suo governo nella provincia d’Asia17. Vanno poi prese in con­ siderazione le parentele di Scauro, esaltate da Cicerone18 per nobilita­

re la figura e l’onestà del governatore accusato da un branco di Sardi

12 CIC. Scaur. 22, 45: ut M. Aemilius cum sua digitate omni, cum patris memoria, cum

avi gloria, sordissimae, vanissimae, levissimae genti ac prope dicam pellitis testibus condonetur?.

13 CIC. Prov. 7, 15. 14 CIC. Scaur. 18, 40.

15 P. RUGGERI, Il viaggio di Lucilio, cit., 121 ss. 16 CIC. Brut. 131.

17 È interessante in questo senso il passo del frammento II 19 Ch. (88-94 M.) di Lu­

cilio riportato da Cicerone (Fin. I 8) che ironizza sulla grecomania di Albucio: …

Graece ergo praetor Athenis,/ id quod, maluisti, te, cum ad me accedis, saluto:/χαῖρε, inquam, Tite! Lictores, turma omnis chorusque:/ χαῖρε Tite!

falsi e bugiardi: esse riconducono ai Caecilii Metelli, dal momento che il nonno di Scauro era Lucio Cecilio Metello Dalmatico.