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I FRAMMENTI TRASMESSI DA FONTI EPIGRAFICHE

LE DATE IMPORTANTI DELLA VITA DI LUCILIO 

2. LA TRASMISSIONE DEL TESTO 1 EDIZIONI, COMMENTARI E GLOSSAR

2.8. I FRAMMENTI TRASMESSI DA FONTI EPIGRAFICHE

Gli unici documenti epigrafici finora noti in cui compaiono versi di Lucilio sono il mosaico di Althiburus (III secolo d. C.) e un’iscrizione sepolcrale risalente al II secolo d.C.

Il mosaico di Althiburus contiene una serie di didascalie che ac­ compagnano la rappresentazione delle navi. Le immagini delle imbar­ cazioni, nominate in greco e in latino, sono illustrate da versi di poeti arcaici tra i quali anche Lucilio1 e derivano probabilmente da un cata­

logo nel quale erano contenute le raffigurazioni e le relative citazioni2.

Carattere e destinazione ben diversi ha un’iscrizione di età imperia­ le contenente un distico di Lucilio. Si tratta di un’iscrizione sepolcrale di provenienza sconosciuta conservata nella Galleria Lapidaria dei Musei Capitolini3. Essa presenta due testi indipendenti e redatti vero­ similmente in momenti successivi, dei quali si fornisce la trascrizione separata:

L · I · B ·

Q . S (- - -) P (---)

HAVE DOMINA HELPIS DVLCIS ANI- MA

COIVX NEQVE INFIDA MARITO NEQVE INVTILIS QVAQVAM COLVMELLA MONTANI HIC SATA EST HELPIS

La prima iscrizione, di non facile interpretazione, indicava presu­ mibilmente, attraverso due serie abbreviate di tria nomina, o piuttosto tramite una formula del tipo lib(ertorum) seguita dal nome del patro­ no, i destinatari del sepolcro. Il secondo testo non presenta invece al­

1 C.I.L. VIII 27790 = I.L.S. 9456 = C.L.E. 2294. I versi di Lucilio sono 1394 M. (non

incluso nell’edizione di Charpin) [= C.L.E. 2294, 3]; XV 18 Ch. (480-3 M.) [= C.L.E. 2294, 4] e H. 109 Ch. (1191-2 M.) [= C.L.E. 2294, 20].

2 K. M. D. DUNBABIN, The Mosaics of the Roman North Africa. Studies in Iconography

and Patronage, Oxford 1978, 127 e 136.

3 L’iscrizione (Invent. nr. 5374) fu acquistata dal Museo nel 1942, come risulta dalla

scheda inventariale. Su lastra marmorea scorniciata (37 × 64,5 × 6; lett.: 6,5-2) murata nella Galleria Lapidaria (XX 11).

cuna difficoltà interpretativa: fu inciso in un secondo momento e adattato allo spazio lasciato libero dalle singole grandi lettere che co­ stituivano l’iscrizione originaria; si tratta della dedica sepolcrale di un

Montanus alla moglie Helpis.

Strutturata in modo analogo a molti epitafi muliebri, l’iscrizione fis­ sa, dopo l’estremo saluto, il ricordo delle qualità della defunta e utiliz­ za in parte un formulario tradizionale. Frequente è, infatti, il saluto

have che apre o chiude le dediche sepolcrali, spesso preceduto o se­

guito dal nome del defunto. Nel caso particolare è accompagnato da due espressioni – dulcis anima4 e domina5 – che figurano tra le più ri­

cercate per esprimere l’amore e la stima del marito nei confronti della moglie.

L’iscrizione rivela, comunque, il suo principale motivo di interesse quando, staccandosi dal formulario tradizionale, cerca nei versi di Lucilio le espressioni più consone a ricordare le qualità della defunta. I versi in questione sono i seguenti: servus neque infidus domino ne­

que inutili quanquam6/Lucili columella hic situ Metrophanes, “servo fe­

dele al padrone e utile, tuttavia Metrofane maggiordomo di Lucilio giace qui”.

Conosciuto da duplice tradizione indiretta – Marziale7, che ne ri­ porta il solo pentametro come esempio di arcaica rozzezza, e Donato8,

che lo cita quasi interamente per il senso che ha in esso columella -, questo distico costituisce uno dei cinque frammenti attribuibili al li­ bro ventiduesimo [fr. XXII 4 Ch. (579-580 M.)].

4 Ad es. C.I.L. VI 2893, 11252, 16172, 21848.

5 Domina, da rispettoso appellativo riservato in origine alla moglie del dominus da

parte dei suoi dipendenti, era entrato in uso, sin da età antica, nei rapporti tra co­ niugi per poi estendersi, come epiteto affettivo, a tutti i componenti della famiglia. Nei confronti della moglie sembra mantenere, però, un significato particolare, quasi a sottolinearne il ruolo di custode della casa.

6 Quanquam = quamquam è la lezione presente nei codici di Donato, unico autore

che riporta quasi l’intero distico. Questa lezione, smentita ormai definitivamente dall’iscrizione epigrafica a favore di quaquam, è accolta da Charpin.

7 M

ART. XI 90: Carmina nulla probas molli quae limite currunt,/sed quae per salebras

altaque saxa cadunt,/et tibi Maeonio res carmine maior habetur/”Lucili columella hic situ Metrophanes”.

8 DON. Ter. Phorm. 287: Columen vero familiae: ”columen” culmen. an “columen”

columna? unde columellae apud veteres dicti servi maiores domus? Lucilius XXII “servus neque infidus domino neque inutilis quoiquam Lucili columella hic situs”.

Si tratta, come rivela la caratteristica formula hic situs, dell’epitafio – vero o fittizio9 – di Lucilio per il suo schiavo Metrofane: i due versi

potevano, dunque, offrirsi come modello e costituire un luogo poetico cui fare riferimento in una iscrizione sepolcrale; può tuttavia apparire abbastanza singolare che siano stati “ricalcati”, senza alcuna preoc­ cupazione per il metro, in quella per una moglie. Quelle qualità che Lucilio esalta nel suo schiavo, Montanus le ha sentite evidentemente idonee per la moglie Helpis. Che la donna – la quale, a differenza del marito, ha un cognomen grecanico – potesse essere stata in origine le­ gata a Montanus da un rapporto servile non si può escludere; non deve in ogni caso sorprendere che un marito lodi la moglie come com­ pagna, oltre che fedele, anche utile. Non di rado, infatti, - osserva Pearce10 – nelle iscrizioni la coniunx è esaltata per la sua fedeltà ed in­

sieme per la sua laboriosità e capacità di guidare e conservare la casa, in armonia con l’idea, ben radicata a Roma, della moglie quale

custos della domus.

M. Buroni11 sostiene che il distico luciliano presente nell’iscri­

zione, non potendo ovviamente dipendere da Marziale, che ne riporta il solo pentametro, ed essendo l’iscrizione – in base a confronti paleo­ grafici e alla stessa valutazione del probabile clima che la determinò – databile al II secolo d.C. (quando cioè l’opera di Lucilio era ancora in circolazione), è stato probabilmente conosciuto per via diretta. Secon­ do la studiosa, è possibile che l’utilizzazione dei versi luciliani sia in rapporto con la più generale tendenza alla rivalutazione degli autori arcaici, ben nota per l’epoca a cui ipoteticamente si attribuisce l’iscri­ zione.

MI.

9 C. CICHORIUS, Untersuchungen zu Lucilius, cit., 98 n. 2.

10 T. E. V. PEARCE, The Role of the Wife as Custos in Ancient Rome, “Eranos” 72

(1974), 25 ss.

11 M. BURONI, Lucilio in un’iscrizione di età imperiale, “Rivista di filologia e di istruzio­

3. I PROBLEMI DI EDIZIONE