LE DATE IMPORTANTI DELLA VITA DI LUCILIO
1. LA STORIA DEL TESTO
1.1. IL PERIODO DI COMPOSIZIONE
Secondo la maggior parte degli studiosi1, Lucilio compose i suoi
trenta libri di satire fra il 133 e il 102 a.C., cioè fra il ritorno da Nu manzia e la morte.
L'ipotesi che il poeta cominciò a scrivere satire dopo il suo ritorno dalla Spagna si fonda su un passo dell'opera storica di Velleio Pater colo (II 9, 3): Clara per idem aevi spatium fuere ingenia in togatis Afra
ni, in tragoediis Pacuvi atque Acci… celebre et Lucili nomen fuit qui sub P. Africano Numantino bello eques militaverat, “In questo stesso perio
do ci furono ingegni brillanti, quali Afranio nella togata, Pacuvio e Ac cio nella tragedia... fu famoso anche il nome di Lucilio, che aveva mi litato come cavaliere sotto il comando di Publio Africano nella guerra numantina”. Come già detto, l'uso del piuccheperfetto militaverat da parte dello storico sembra sottintendere che Lucilio non aveva scritto e pubblicato nulla prima del suo ritorno dalla Celtiberia.
Charpin2 sostiene che da un aneddoto narrato nella Rhetorica ad
Herennium è possibile dedurre che Lucilio era già molto celebre per la
sua attività di poeta satirico prima del 115 a.C. L’aneddoto in que stione è il seguente: C. Caelius iudex absolvit iniuriarum eum, qui Luci
lium poetam in scaena nominatim laeserat, P. Mucius eum, qui L.
1 In particolare: F. MARX, C. Lucilii Carminum Reliquiae, I, cit., 26 ss.; N. TERZAGHI, Lu
cilio, cit., 80 ss. e F. CHARPIN, Lucilius, I, cit., 28 ss.
Accium poetam nominaverat, condemnavit3, “Il giudice Caio Celio as solse nella azione di riparazione delle offese colui che, designandolo per nome, aveva offeso sul palcoscenico il poeta Lucilio, Publio Muzio condannò colui che aveva pronunciato il nome del poeta Lucio Accio”. In I 14, 24 l’autore del trattato di retorica riferisce che un mimo sulla scena aveva rivolto la parola, designandolo per nome, al poeta Accio, il quale aveva agito contro di lui per la riparazione delle offese; il mimo non poté addurre nessun’altra difesa se non che era lecito no minare colui sotto il cui nome erano date da rappresentare sulla sce na le composizioni4. È chiaro che si tratta della stessa persona con
dannata da Publio Muzio. Dal momento che la causa intentata da Lu cilio era analoga a quella di Accio, non vi sono dubbi che l’offensore del poeta satirico fosse un mimo. Perciò, poiché i mimi furono cacciati da Roma nel 115 a.C. sotto la censura di L. Metello e Cn. Domizio, è evidente che il processo di Lucilio dovette essere anteriore a questa data. Quindi – conclude lo studioso – diverse satire luciliane risalgono certamente ad un periodo precedente il 115 a.C.
Per quanto riguarda la fine dell'attività poetica di Lucilio, è da rite nersi del tutto inattendibile la teoria di Marx5, secondo la quale un
passo della Naturalis Historia proverebbe che Lucilio cessò di scrivere satire nel 105 a.C. Il passo in questione è il XXXVI 1856, in cui Plinio,
parlando dei pavimenti a mosaico venuti di moda a Roma prima della guerra contro i Cimbri, cita il secondo verso del fr. II 15 Ch. (84-6 M.):
… arte pavimento atque emblemate vermiculato!
… incastrate con arte in un pavimento o in un medaglione a mosaico!
3 Rhet. Her. II 13, 19.
4 Mimus quidam nominatim Accium poetam conpellavit in scaena. Cum eo Accius iniu
riarum agit. Hic nihil aliud defendit nisi licere nominari eum cuius nomine scripta dentur agenda.
5 F. MARX, C. Lucilii Carminum Reliquiae, I, cit., 26 ss.
6 Romae scutulatum in Iovis Capitolini aede primum factum est post tertium bellum
Punicum initum, frequentata vero pavimenta ante Cimbricum bellum magna gratia animorum indicio est Lucilianus ille versus (2, 15) “arte pavimento atque emblemate vermiculato”.
Questo frammento contiene la più antica testimonianza sull’opus
musivum e attesta che questo tipo di mosaico era conosciuto a Roma
prima del 105 a.C., anno della campagna intrapresa da Mario7. Marx
ne deduce che Lucilio smise di comporre satire intorno al 105 a.C. Il passo luciliano, però, appartiene al libro secondo, il quale si riferisce al processo di Albucio contro Scevola e quindi al 120-119 a.C. Perciò, da esso è possibile dedurre solamente che già in quell'epoca a Roma si conoscevano i pavimenti in mosaico, ma non ricavare alcuna data per stabilire la fine dell'attività poetica di Lucilio. In conclusione, dal momento che nessuna fonte ci fornisce indizi utili per poter ipotizzare l'anno in cui Lucilio cessò di comporre satire, sembra verosimile che il poeta abbia continuato a scrivere poesie satiriche fino alla morte. 1.2. LA PUBBLICAZIONE
Non vi sono dubbi che Lucilio diffuse dapprima le sue satire sepa ratamente tra cerchie più o meno vaste di lettori e che quindi le pub blicò in più ampi corpora.
L'esistenza di un corpus di ventuno libri risulta da Varrone, che ci conserva il verso posto da Lucilio in testa ad esso1. Tale raccolta cor
rispondeva certamente ai primi ventuno libri della posteriore e defini tiva edizione delle satire. Pare che Gellio possedesse soltanto tale vo
lumen dell'opera luciliana, in quanto cita soltanto dai primi venti libri.
Del libro ventunesimo però non abbiamo alcuna citazione nemmeno da altri autori. Charpin2 sostiene che la perdita di questo libro è la
sola spiegazione che permette di capire perché non è rimasto alcun frammento di esso. Egli ipotizza che i grammatici e gli scoliasti l'ab biano trascurato, come hanno trascurato l'ultima delle ventuno com medie di Plauto, perché, verosimilmente, era caduta la fine del volu
men.
7 LIV. Perioch. 67. 1 V
ARRO Ling. V 17: A qua bipertita divisione Lucilius suorum unius et viginti librorum
initium fecit hoc: “aetheris et terrae genitabile quaerere tempus”.
Spetta al Lachmann l'acquisizione che la parte più antica di Lucilio è costituita dai libri XXVI-XXX: si ritiene oggi comunemente che il poeta abbia pubblicato anche questi in un unico corpus premettendo vi una satira proemiale.
Infine, come ha dimostrato Marx3, i libri XXII-XXV formano un ter
zo corpus che sarebbe uscito postumo in appendice a I-XXI, ad opera di un qualche grammatico, forse Vettio Filocomo.
Questa disposizione dell'opera è confermata dal modo in cui Nonio, che è la nostra fonte più copiosa di frammenti luciliani, cita le sue fonti: per i libri I-XXV usa la formula Lucilius satyrarum libro; per i li bri XXVI-XXX si accontenta di Lucilius libro.