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G ELL XIII 24.

Nel documento Lucilio: un intellettuale del II secolo a.C. (pagine 139-142)

TRASFORMAZIONI POLITICHE SOCIALI ED ECONOMICHE

9 G ELL XIII 24.

10 SEN. Epist. 86, 4 ss.

11 A. DOSI, “Otium”: il tempo libero dei Romani, Roma 2006, 90 ss. Per ulteriori ap­

profondimenti sulle villae d’otium vd. F. ZEVI, Ville di Roma… qualche appunto, in Vi­

vere in villa - la qualità delle residenze agresti in età romana: atti del convegno (Fer­

Al lusso degli edifici pubblici e delle dimore private, ornamenti del­ la vita quotidiana, corrispondono, a partire dal II secolo a.C., muta­ menti assai importanti negli oggetti di ornamento, nel vestire, nella pratica alimentare dei Romani.

Nel 275 a.C. il console Publio Cornelio Rufino era stato espulso dal Senato per aver usato un servizio da tavola in argento. Meno di cento anni dopo, trapezofori, candelabri, letti di bronzo cesellato arrivavano in quantità dalle officine greche, in particolare da Delo. Inoltre, cesel­ latori e orafi iniziarono a fabbricare vasi e ornamenti di letto e casse in bronzo o, talora, in metalli preziosi. In particolare, già agli inizi del secolo, doveva essere discreta la quantità di vasellame d'argento pri­ vato. Infatti, a parte l'argento grezzo della Sardegna e della Spagna, conquistate in quegli anni, una grande quantità di argento lavorato arrivava come bottino di guerra12.

Nel II secolo a.C. i trionfi sui sovrani ellenistici fecero affluire a Roma opere d'arte di ogni tipo. Enorme abbondanza di vasi d'argento cesellato fu esibita nel trionfo di Flaminino nel 194 a.C., di Scipione Asiatico nel 188 a.C. e soprattutto in quello di Emilio Paolo nel 168 a.C. Tutti questi oggetti in parte finivano nei templi, come donari, in parte rimanevano proprietà dell'erario, ma in parte finivano anche nelle case private13.

Oltre al vasellame prezioso, provenivano dall'Oriente anche gioielli, stoffe e tappeti. L'abbigliamento passò da forme semplici a forme più complesse e i tessuti si impreziosirono; si usavano stoffe di vario ge­ nere: lana più o meno pesante, rasata o pelosa, lino, cotone, seta. Alla tunica di lana più o meno grezza si sostituirono la tunica e le to­ ghe in lino (dell'Egitto) e ben presto in seta (dell’estremo Oriente).

12 La commedia plautina dà per usuale in questo periodo il vasellame d’argento nel­

le case romane: PLAUT. Aul. 339 e PLAUT. Pseud. 183.

Inoltre, le matrone più in vista cominciarono a ingioiellarsi e a vestirsi secondo l'alta moda orientale14.

Nei primi decenni del II secolo a.C. si pone la prima grande trasfor­ mazione della cucina e dell'alimentazione in generale. Il pranzo e la cena divennero più vari e dispendiosi; aumentò il consumo di carne di alta macellazione e di cibi prelibati, ai quali Ennio dedicò un trat­ tatello in esametri – gli Heduphagetica - indirizzato ai ricchi buongu­ stai; si diffuse il vizio del bere. Lo sviluppo degli scambi con l'Oriente favorì l'importazione e l’acclimatazione di numerose specie vegetali e animali. L'arricchimento che ne conseguì si fece particolarmente no­ tevole nel settore degli alberi da frutta, dell'olivo e della vite. L'acqui­ sto di prodotti nuovi promosse contemporaneamente la tecnica delle strutture atte a conservarli. Il consumo della cacciagione e del pesce, prima limitato e stagionale, aumentò in maniera considerevole con lo sviluppo degli allevamenti di animali selvatici e dell’ittiocoltura nelle grandi proprietà.

Nell’élite colta e ricca della società romana vi fu un notevole inte­ resse intellettuale per le novità della cucina e le qualità di cibi e be­ vande. Nella tradizione antiquaria venivano ricordati innovatori come Caio Sergio Orata, che nel 108 a.C. aveva creato il primo vivaio per ostriche nella sua villa di Baia15, e Publio Servilio Rullo, che verso la

fine del II secolo a.C. aveva inaugurato la moda di servire a tavola il cinghiale intero16. Il lusso della tavola spinse a ricercare cuochi sem­

pre più abili e trasformò la cucina in un'attività per specialisti. Alcu­ ne occupazioni domestiche, come la panificazione, divennero mestie­ ri, e si ha notizia di panetterie fin dal 171 a.C.17

14 G. SETTE, L’abbigliamento, Roma 2000, 6 ss. Per uno studio più completo sull’ab­

bigliamento nel mondo romano, allargato anche all’analisi del codice etico-estetico collegato alle caratteristiche dell’abito indossato, è interessante l’articolo di N. MILANO, I Romani in passerella: dal lessico della moda ai pregiudizi sull’abbigliamen­

to, “Bollettino di studi latini” 29 [1] (1999), 141 ss.

15 COLUM. VIII 16, 7 e PLIN. Nat. IX 168. 16 P

LIN. Nat. X 52.

17 A. LA PENNA, La legittimazione del lusso privato da Ennio a Vitruvio. Momenti, pro­

blemi, personaggi, “Maia” 41 (1989), 4 ss. Per approfondimenti vd. anche A. DOSI, F.

Oltre che al lusso sfrenato, i Romani si abbandonarono anche ad altre piacevolezze del gusto orientale. Scipione Emiliano, per esempio, si dedicava alla moda greca della caccia che aveva importato in Italia, dove le foreste della Sabina e della Lucania rigurgitavano di selvaggi­ na grossa. La caccia, immagine della guerra, seduceva quei giovani robusti, avidi di affermare la propria virtus, tanto più che essa si adornava del prestigio di essere lo sport regale per eccellenza.

Dall'Oriente i Romani impararono anche la pratica delle prostitute di lusso (eterae) e la pederastia18.

4.3. LE LEGGI SUNTUARIE

Agli occhi di molti una tale ostentazione del lusso e della ricchezza privata era semplicemente inaudita e lo sfrontato soddisfacimento di tutti i capricci personali sembrava offendere gli antichi costumi e la tradizione romana. Catone si oppose per tutta la vita a queste ten­ denze e la sua censura del 184 a.C. fu caratterizzata da severi provve­ dimenti contro questi fenomeni di decadimento morale.

Le prime disposizioni contro il lusso, però, risalivano già ai tempi della seconda guerra punica. Si considera comunemente come legge suntuaria un provvedimento del tribuno Metilio nel 217 a.C., relativo alla lavorazione delle stoffe. Nel 215 a.C., dopo la battaglia di Canne, fu approvata la lex Oppia, che vietava il lusso delle vesti e il possesso dell'oro da parte delle donne. Questa legge non è mai stata considera­ ta dagli antichi una lex sumptuaria e manca negli elenchi di Gellio1 e

di Macrobio2. Si trattava di un provvedimento di guerra con finalità fondamentalmente contingenti; divenne un caso politico vent'anni

18 Sul diffondersi dei piaceri nella vita privata si sofferma P. GRIMAL, Il secolo degli

Scipioni. Roma e l’ellenismo al tempo delle guerre puniche, trad. di D. Plataroti, Bre­

scia 1981, 244.

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Nel documento Lucilio: un intellettuale del II secolo a.C. (pagine 139-142)