4. Le diverse tesi prospettate dalla dottrina in ordine al problema della funzione
4.3. La funzione consolatorio-satisfattiva
Alla base della tesi secondo la quale il risarcimento del danno non patrimoniale avrebbe una funzione consolatorio-satisfattiva vi è la considerazione della incommensurabilità degli interessi e dei beni lesi dall’illecito, il quale determina una
27
perdita irrevocabilmente definitiva. Per cui il presupposto di base è lo stesso che sta a fondamento della tesi secondo la quale il risarcimento del danno non patrimoniale avrebbe una funzione punitivo-afflittiva. Diverso, però, è lo scopo che viene attribuito al risarcimento.
Secondo questa tesi, infatti, il risarcimento non mira né a punire l’autore dell’illecito, né a risarcire il danno in senso proprio, ma piuttosto tende ad attribuire al danneggiato una somma di denaro tale da consentirgli di ricrearsi condizioni sostitutive a quelle perdute. La condanna al pagamento di una somma di denaro costituirebbe solo una consolazione per il male subito in conseguenza dell’illecito dando luogo ad un arricchimento che risulta giustificato dalla necessità di garantire che il danneggiato possa crearsi occasioni di piacere sostitutive di quelle
irrimediabilmente compromesse35. Al riguardo Nicolò parla di “compensazione
indiretta”.36
Si tratta di una tesi che Ravazzoni37 fa risalire addirittura a Jhering e che, già agli inizi del ‘900, era stata accolta anche da parte della dottrina italiana che considerava questa prospettazione come quella maggiormente adeguata a spiegare la ratio della riparazione del danno non patrimoniale. Ed infatti, pur non essendo possibile ripagare in denaro le ansie e le sofferenze patite, ed essendo il denaro inidoneo a compensare i beni perduti con beni omogenei, comunque esso è in grado di produrre altri conforti, andando così ad alleviare le conseguenze del dolore subito e a provvedere, grazie alle sensazioni piacevoli che può provocare in sostituzione di quelle dolorose ingiustamente sofferte, un ristabilimento di valori in campo al danneggiato.38
A tal fine è necessario accertare la gravità del fatto lesivo, dato che in questo modo si può stabilire, in via induttiva, attraverso una fictio iuris, l’entità del dolore subito e conseguentemente procedere alla liquidazione del danno in considerazione di quella che sarebbe la somma idonea a creare una situazione di vantaggio che abbia
35 M. Franzoni, Il danno risarcibile, in Trattato della responsabilità civile, 2010. 36 R. Nicolò, Istituzioni di diritto privato, 1962.
37 A. Ravazzoni, La riparazione del danno non patrimoniale, 1962.
38 A. D’Adda, Le funzioni del risarcimento del danno non patrimoniale, in Responsabilità civile: danno non patrimoniale, diretto da Salvatore Patti, a cura di Stefano Delle Monache, 2010.
28
una valenza sostitutiva rispetto a quella pregressa oramai alterata. Inoltre, con un giudizio equitativo, si dovranno accertare le condizioni economiche delle parti e, in particolar modo, quelle della vittima, poiché solo partendo da questo dato si può garantire effettività alla liquidazione del danno.
Questa tesi, che, proprio perché incentra il rimedio risarcitorio sulla considerazione della posizione del danneggiato, sarebbe, secondo D’Adda, quella maggiormente in grado di dare una risposta al problema della funzione39, è accolta anche da una parte della giurisprudenza, la quale talvolta assegna al risarcimento del danno non patrimoniale il compito di procurare al danneggiato «un'utilità sostitutiva delle sofferenze morali e psichiche ricevute»40. Anzi, molto spesso la giurisprudenza, pur richiamandosi alla funzione riparatoria del risarcimento, in realtà finisce per accogliere la logica consolatorio-satisfattiva. E’ proprio questa logica, infatti, che sembrerebbe spiegare la ragione per la quale, tra gli elementi da valutare nel giudizio equitativo, assume valore dirimente la sensibilità dell’offeso, soprattutto quando si tratta di risarcire il danno cagionato da reati contro l’onore e la reputazione della persona. Ciò che assume rilievo ai fini del danno morale è, infatti, la valutazione degli effetti che l’illecito ha prodotto nella sfera interiore ed emotiva del danneggiato. L’intensità dell’elemento soggettivo, e cioè il grado di colpevolezza del danneggiante, si traduce in un tipo di condotta che necessariamente comporta ripercussioni negative sulla vittima, determinando un pregiudizio alla sua sfera personale che merita di essere risarcito. Sarà così possibile commisurare il grado delle sofferenze patite, anche se, secondo Renato Scognamiglio, che è uno dei fautori di questa tesi, per evitare eccessive fluttuazioni della giurisprudenza ed utilizzare un parametro tendenzialmente uniforme, almeno per l’individuazione di una base risarcitoria, sarà sempre necessario partire dalla considerazione della sensibilità al dolore dell’uomo medio.41
39 A. D’Adda, Le funzioni del risarcimento del danno non patrimoniale, in Responsabilità civile: danno non patrimoniale, diretto da Salvatore Patti, a cura di Stefano Delle Monache, 2010.
40 Cass, sentenza 1633 del 2000, in RGCT, 2000.
41 Secondo R. Scognamiglio il risarcimento ha funzione satisfattiva in quanto il denaro, oltre che un
mezzo per la riparazione del danno, costituisce anche fonte di soddisfazioni materiali e morali e, in tal senso, può offrire un adeguato compenso alle sofferenze psichiche del leso. Per questa ragione,
29
E’ inoltre la logica consolatorio-satisfattiva che spiega il motivo per cui al nato cerebroleso viene riconosciuto il diritto ad ottenere il risarcimento del danno morale, indipendentemente dalla considerazione della capacità o incapacità di soffrire (e, quindi, della idoneità a percepire il dolore che si intende riparare mediante la condanna al risaricmento) della persona costretta a vivere quasi in stato comatoso.42
Inoltre questa tesi si ricollega anche alla possibilità di procedere alla pubblicazione della sentenza di condanna, anche se, in questo caso, alla logica satisfattiva si accompagna, sebbene in misura ridotta, anche la finalità punitiva. La pubblicazione, infatti, pur non riparando integralmente il danno non patrimoniale, in virtù della sua risonanza e della sua idoneità a concorrere, nelle ipotesi di lesione dell’onore e della reputazione, a ripristinare la considerazione sociale di cui godeva il danneggiato, rende il risarcimento più completo e satisfattivo, andando a lenire il dolore ormai irrimediabilmente verificatosi. Inoltre, secondo una parte della dottrina, dato che la funzione del risarcimento è quella di consentire al danneggiato di ricrearsi condizioni sostitutive e dato che solo il danneggiato è in grado di stimare i cosi in termini reali di queste condizioni in relazione alla sua sfera personale, la funzione consolatorio-satisfattiva permette al danneggiato di richiedere la condanna ad un risarcimento meramente simbolico o di richiedere la devoluzione della somma di denaro ad un ente di beneficenza, dato che le occasioni sostitutive possono essere ricreate in modo diverso dal conseguimento di una somma di denaro, soprattutto quando il danneggiato ritenga moralmente inaccettabile che un fatto che ha violato alcuni suoi beni e interessi fondamentali del tutto intraducibili in moneta finisca per
determinare un arricchimento della sua sfera patrimoniale.43 Il che potrebbe
avvenire, ad esempio, nel caso in cui il danneggiato sia stato gravemente diffamato:
nel giudizio equitativo, l’unico parametro che il giudice deve considerare è rappresentato dall’intensità delle sofferenze della vittima. Ovviamente questa tesi è compatibile soltanto con la considerazione del danno non patrimoniale come danno morale soggettivo.
42 Con sentenza 4970 del 2001 la Cassazione ha riconosciuto il diritto al risarcimento del danno al
nato cerebroleso.
43 In questo senso M. Franzoni, Il danno risarcibile, in Trattato della responsabilità civile, 2010, e G.
30
in questo caso, il danneggiato cui venga attribuita in sede risarcitoria una somma di denaro, anziché essere gratificato, potrebbe così sentire ulteriormente sminuito il suo valore di persona.
Anche la funzione consolatorio-satisfattiva, come quella punitivo-afflittiva, sembrerebbe maggiormente coerente con la tesi che identifica danno non patrimoniale e danno morale. Per cui anche questa tesi deve, in definitiva, fare i conti con l’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c.