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4. Le diverse tesi prospettate dalla dottrina in ordine al problema della funzione

4.5. La funzione solidaristica

Come già detto, al momento dell’entrata in vigore del codice civile il danno non patrimoniale era inteso esclusivamente quale danno morale. Successivamente, soprattutto dopo l’entrata in vigore della Costituzione e la presa di coscienza della diretta precettività delle norme costituzionali, la responsabilità civile ha cominciato ad essere utilizzata come strumento a tutela della personalità e, quindi, come strumento a tutela di quel complesso di diritti cui si richiama l’art. 2 della Costituzione. Ciò ha comportato, da un lato, il progressivo ampliamento del concetto di danno anche in relazione a settori diversi da quelli consolidati intorno al concetto di danno patrimoniale, dall’altro, l’emergere di nuove figure di danno nell’ambito della categoria del danno non patrimoniale, distinte dal danno morale, in quanto consistenti nella lesione di beni e diritti attinenti alla persona e ai suoi profili relazionali e non già nella semplice sofferenza conseguente alla commissione dell’illecito. Sono state così elaborate figure variamente denominate e identificate nel danno esistenziale, nel danno alla serenità familiare, nel danno alla vita sessuale, nel danno da lutto, nel danno da perdita delle relazioni parentali, nel danno da vacanza rovinata e così via. Alcune di queste figure, poi, hanno trovato una precisa elaborazione normativa, come accaduto per il danno da vacanza rovinata. Le altre, invece, sono rimaste nel campo dell’evoluzione giurisprudenziale, che attraverso queste figure ha cercato di rispondere ad un’esigenza di più ampia tutela della persona in quanto tale. Proprio il moltiplicarsi di queste figure e, spesso,

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i loro incerti confini hanno indotto le Sezioni Unite ad elaborare un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c. che fosse in grado di mettere ordine nel settore del danno non patrimoniale.

E’ evidente che anche con riferimento a queste figure si è posto il problema della individuazione della funzione del risarcimento, soprattutto in considerazione del fatto che questi danni, a differenza dei danni morali, non necessariamente conseguono ad un reato, cosicché più difficilmente appare sostenibile la tesi della funzione punitiva del risarcimento. Anzi, molto spesso, questi danni possono essere conseguenti ad illeciti in cui il grado della colpevolezza del danneggiante non assume proporzioni tali da giustificare un intervento sanzionatorio dell’ordinamento.

Per cui una parte della dottrina, escludendo la tesi della funzione riparatoria del risarcimento, dato che in questo caso la lesione produce perdite non valutabili patrimonialmente e quindi perdite che non sono tecnicamente compensabili neppure in termini di equivalenza giuridica, ha elaborato la tesi secondo cui il risarcimento avrebbe una funzione solidaristica per certi aspetti simile alla funzione consolatorio-satisfattiva prospettata essenzialmente con riguardo al danno morale. La funzione solidaristica deve essere intesa nel senso che lo spostamento patrimoniale operato grazie all’istituto della responsabilità civile, e quindi mediante condanna al risarcimento del danno, assicura una finalità satisfattiva alla vittima che abbia subito il pregiudizio non valutabile in termini patrimoniali. Alla vittima dell’illecito viene attribuita una somma di denaro affinché essa possa godere di utilità sostitutive capaci di ricreare condizioni alternative a quelle pregiudicate dall’illecito. In questa ipotesi, infatti, non è possibile riportare, in termini giuridici, la situazione nelle stesse condizioni esistenti prima del fatto e, quindi, ripristinare lo

status quo ante. Si può solo soddisfare pecuniariamente, mediante l’attribuzione di

una somma di denaro, la vittima per il disagio sofferto in conseguenza dell’illecito, partendo dal presupposto che, secondo la communis opinio, per garantire la solidarietà sociale nei rapporti interpersonali, è necessario tutelare l’interesse della persona di non vedere violata la sfera della propria personalità o la possibilità di

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realizzarla in futuro, e quindi di non subire alterazioni pregiudizievoli del suo assetto dinamico e relazionale in grado di compromettere la qualità della vita.

La compromissione della personalità della vittima, quindi, determinando una riduzione o una alterazione del profilo dinamico-relazionale della vittima e quindi del modo in cui essa può esprimersi nel contesto sociale, fa sorgere l’obbligo di provvedere alla riparazione pecuniaria. Per cui la funzione del risarcimento in questo caso è essenzialmente solidaristico-satisfattiva. La somma attribuita alla vittima non intende assegnarle una somma che corrisponda al controvalore della perdita (il che, considerata l’eterogeneità tra oggetto del danno e oggetto del risarcimento, sarebbe impossibile), ma piuttosto mira a garantirle la possibilità di vivere meglio, attraverso la rimozione di quegli ostacoli “di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese” (art. 3, comma II, Cost.). Mediante la condanna al risarcimento emerge il disvalore sociale della abusiva intromissione nella sfera giuridica della vittima; la conseguente attribuzione di una somma di denaro volta a garantire alla vittima di godere di utilità sostitutive, rimuovendo i nuovi ostacoli che a causa del danno possono frapporsi allo sviluppo della sua personalità permette di qualificare come solidaristica la funzione del risarcimento.52

Secondo questa tesi, poi, la rilevanza della funzione solidaristica piuttosto che di quella punitiva fa sì che nella determinazione del risarcimento non si debba tener conto della condotta del danneggiante e della sua gravità, ma del disvalore subito dalla vittima in conseguenza dell’illecito altrui. Per cui si dovrà tener conto, ai fini della determinazione del quantum risarcitorio, della personalità del danneggiato, dell’interesse violato dall’illecito, delle attività svolte dalla vittima, delle ripercussioni negative che l’illecito produce sulla personalità del soggetto leso,

52 M. Franzoni, Il danno risarcibile, in Trattato della responsabilità civile, 2010 adduce queste

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nonché delle alterazioni che esso provoca anche nel contesto familiare e sociale dello stesso.

Il problema che si pone è, quindi, essenzialmente quello di individuare criteri che siano in grado di contemperare pari dignità delle vittime e varietà dei danni e delle situazioni personali su essi incidono, e perciò l’uguaglianza formale e quella sostanziale.53

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