Se già dopo le sentenze di San Martino la Corte di Cassazione si era orientata nel senso di ammettere l’autonomia del danno morale, nonostante la negazione della configurabilità di sottocategorie del danno non patrimoniale dotate di autonomia, dopo gli interventi normativi del 2009, a maggior ragione, la giurisprudenza ha avuto ulteriori argomenti per contrastare la c.d. somatizzazione del danno alla persona.
Nel periodo compreso tra il d.P.R. 37 del 2009 e il d.P.R. 181 del 2009, la Sezione Terza della Corte di Cassazione pronuncia due importanti sentenze, le quali mostrano come l’intervento delle Sezioni Unite del 15 gennaio del 2009 non era riuscito ad indirizzare la giurisprudenza lungo i binari tracciati con le quattro sentenze dell’11 novembre 2008.
La prima di queste due sentenze è la n. 11701 del 20 maggio 2009127, con cui la
Cassazione ribadisce il divieto del criterio automatico nella liquidazione del danno morale, dichiarando espressamente che i danni morali consequenziali restano estranei alla definizione complessa del danno biologico. Viene così ribadita
127 Cass., 20 maggio 2009, n. 11701.
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l’autonomia del danno morale rispetto al danno biologico, tanto che il primo non può essere automaticamente liquidato come porzione del secondo.
La seconda sentenza è la n. 13530 dell’11 giugno 2009128, la quale va addirittura
oltre la semplice affermazione dell’autonomia del danno morale rispetto al danno biologico. La Cassazione, infatti, afferma innanzitutto che “non è detto a priori che il danno morale sia sempre e necessariamente una quota del danno alla salute, specie quando le lesioni attengano a beni giuridici essenzialmente diversi, tanto da essere inclusi in diverse norme della Costituzione.” Viene, perciò, in primo luogo ribadita la non necessaria subordinazione del danno morale al danno biologico, soprattutto quando venga in gioco la lesione di beni distinti e, in quanto tali, tutelati da norme diverse della Costituzione. Il danno biologico consegue sicuramente alla lesione del bene della salute, tutelato dall’art. 32 Cost., mentre il danno morale consegue alla lesione del diverso bene della dignità umana, tutelato dall’art. 2 Cost., oltre che da norme sovranazionali. La sentenza si pone così in linea con il d.P.R. 37 del 2009 che aveva lasciato intendere che il danno morale può configurarsi anche come danno conseguente alla lesione del bene della dignità della persona, come già affermato sempre dalla Sezione Terza il 12 dicembre 2008.
Ma la Corte prosegue, precisando che, come nel caso di specie, “il danno morale potrà assumere il valore di un danno ingiusto più grave, in relazione all'attentato alla dignità morale del minore ed alla compromissione del suo sviluppo inter- relazionale e sentimentale.” Dalla non subordinazione del danno morale al danno biologico discende, quindi, come ulteriore conseguenza, che il danno morale non solo non sarà necessariamente una quota del danno biologico, ma potrà essere addirittura più grave della lesione della salute. Viene così risolta una delle incertezze delle sentenze di San Martino, le quali avevano lasciato intendere che a fronte di un pregiudizio composito, quando vi sia la lesione della salute, il danno biologico rappresenterebbe il dato aggregante al quale parametrare, ma solo in termini percentuali, il danno morale. La realtà, come sottolinea la sentenza 13530 del 2009, è diversa: potrebbe anche accadere che, a fronte di una lesione minima della salute,
128 Cass., 11 giugno 2009, n. 13530, in Resp. civ. prev., 2011, con nota di P. Ziviz, La valutazione ponderale analitica delle poste non patrimoniali del danno.
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sia riscontrabile un danno morale particolarmente consistente, in considerazione dell’attentato alla dignità morale della persona. E allora in questo caso sarebbe del tutto arbitrario oltre che iniquo liquidare il danno morale come semplice porzione del danno biologico. Inoltre, seguendo questa linea interpretativa, verrebbe ad essere violato proprio il principio dell’integralità del risarcimento del danno non patrimoniale.
“La regula iuris della unitarietà del danno non patrimoniale affida al giudice un obbligo giuridico di completa ed analitica motivazione giuridica per la ponderazione delle voci di danno giuridicamente rilevanti, tanto più quando vengono in esame varie e contestuali lesioni di diritti umani. Non può stabilirsi a priori il maggior valore del danno biologico rispetto al danno morale, proprio perchè quest’ultimo non è soltanto pretium doloris, ma anche la risposta satisfattiva alla lesione della dignità umana, di cui tanto si discute per l'autodeterminazione delle scelte di vita e di fine vita.” Perciò, l’unitarietà del danno non patrimoniale, che pure comporta una liquidazione unitaria, impone pur sempre la considerazione di tutti i pregiudizi concretamente subiti dal danneggiato, soprattutto quando, essendo stati contestualmente lesi una pluralità di diritti umani, siano ravvisabili diverse conseguenze pregiudizievoli, sebbene tutte di carattere non patrimoniale. Il giudice, sulla base di una valutazione ponderale che tenga conto delle circostanze del caso concreto, dovrà individuare il pregiudizio prevalente, che non necessariamente sarà quello biologico, in quanto il danno morale deve oramai considerarsi anche “risposta satisfattiva alla lesione della dignità umana”. Su questo passaggio della sentenza si avrà modo di tornare oltre, ma occorre sottolineare fin da ora che esso sembrerebbe giustificare, ancora oggi e nonostante le statuizioni delle sentenze di San Martino, la funzione punitivo-satisfattiva del risarcimento del danno morale. Infine, la Cassazione conclude affermando che “la prudenza e la coscienza sociale del giudice terrà conto dunque della gravità e della serietà delle lesioni, che hanno decisamente superato la soglia della tolleranza, per colpire beni essenziali della persona di un minore innocente, con una valutazione unitaria coerente e personalizzante. Questa è la lezione delle Sezioni Unite che tutti i giudici debbono
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applicare.” La liquidazione del danno, perciò, resta unitaria, ma dovrà tener conto delle circostanze del caso concreto, dovrà essere personalizzata e dovrà essere condotta alla luce della prudenza e della coscienza sociale del giudice, secondo un’indicazione che era già desumibile dalle sentenze di San Martino e che era stata messa in luce soprattutto nel commento di Busnelli129. In ogni caso, si impone
l’attenzione alla concreta realtà del danneggiato, senza che possano ammettersi meccanismi risarcitori di tipo automatico che finirebbero soltanto per svilire il valore della persona e, soprattutto, della dignità umana.
Queste conclusioni vengono in buona sostanza recepite anche dalla sentenza n. 5770 del 10 marzo del 2010 pronunciata dalla Sezione Terza della Cassazione130. Ancora una volta, in materia di danno morale, si fa riferimento alla lesione della dignità della persona, seguendo il solco tracciato a partire dalla sentenza del 12 dicembre 2008 e ulteriormente percorso dal d.P.R. 37 del 2009, a conferma del fatto che le più importanti novità in relazione al danno morale non sono state introdotte dalle Sezioni Unite, ma dalla giurisprudenza e legislazione successiva. La Corte ribadisce che “al fine della liquidazione del danno non patrimoniale, è appena il caso di ricordare che nella quantificazione del danno morale la valutazione di tale voce di danno, dotata di logica autonomia in relazione alla diversità del bene protetto, che pure attiene ad un diritto inviolabile della persona ovvero all'integrità morale, quale massima espressione della dignità umana, desumibile dall'art. 2 della Costituzione in relazione all'art. 1 della Carta di Nizza, contenuta nel Trattato di Lisbona, ratificato dall'Italia con Legge 2 agosto 2008, n. 130, deve tener conto delle condizioni soggettive della persona umana e della concreta gravità del fatto, senza che possa quantificarsi il valore dell'integrità morale come una quota minore proporzionale al danno alla salute, dovendo dunque escludersi la adozione di meccanismi semplificativi di liquidazione di tipo automatico.” Viene così nuovamente affermata l’autonomia del danno morale rispetto al danno biologico, in
129 F. D. Busnelli, …E venne l’estate di San Martino, in Il danno non patrimoniale. Guida commentata alle decisioni delle S.U., 11 novembre 2008, nn. 26972/3/4/5, AA.VV., a cura di G. Ponzanelli e M.
Bona, 2009.
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considerazione della diversità del bene colpito, con il conseguente dovere di tener conto di tutte le circostanze del caso concreto e divieto di meccanismi liquidatori automatici. Ciò, ovviamente, è rilevante anche ai fini del rispetto del principio della integralità del risarcimento, come emerge da un altro punto della motivazione in cui si afferma che “nella liquidazione del danno non patrimoniale derivante da fatto illecito il giudice di merito deve, in ogni caso, tener conto delle effettive sofferenze patite dall'offeso, della gravità dell'illecito di rilievo penale e di tutti gli elementi della fattispecie concreta, in modo da rendere la somma liquidata adeguata al particolare caso concreto ed evitare che la stessa rappresenti un simulacro di risarcimento.”
In definitiva, dunque, come emerge anche dall’ordinanza n. 19816 del 17 settembre 2010, pronunciata dalla Sezione Terza della Cassazione, i danni non patrimoniali potranno anche essere liquidati in un'unica somma, ma in ogni caso si dovrà tener conto di tutti gli aspetti che il danno non patrimoniale assume nel caso concreto e delle relative peculiarità.131