In considerazione dei caratteri del “nuovo” danno non patrimoniale, così come delineato dalle Sezioni Unite, e in considerazione di quelli che sono i profili di rilevanza in relazione al problema della funzione, la questione fondamentale che si pone è quella di stabilire se alla unitarietà della categoria del danno non patrimoniale corrisponda o meno l’unitarietà della funzione che esso è chiamato ad assolvere.
La Sezioni Unite, infatti, hanno più volte ribadito la premessa fondamentale e diametralmente opposta rispetto alle sentenze del 2003, secondo la quale il danno non patrimoniale costituisce categoria unitaria non suscettibile di essere suddivisa in distinte sottocategorie variamente etichettate. Al contempo, però, hanno fatto espresso riferimento a “tipi” di pregiudizio che sarebbero tutti riconducibili a questa categoria generale e che, pur non costituendo vere e proprio sottocategorie autonome, costituiscono pur sempre sintesi descrittive dei pregiudizi che il danno non patrimoniale può ricomprendere. Si tratta di quelle tipologie di danno che erano state tipizzate dalla giurisprudenza e con le quali si era cercato di dare risposta ad esigenze emergenti dalla realtà sociale. In definitiva esse possono essere identificate nelle tre sintesi descrittive del danno morale, del danno biologico e del danno esistenziale.
Il problema, ora, è quello di stabilire se questi “tipi sociali” di pregiudizi, ancorché ridotti a mere sintesi descrittive dalle Sezioni Unite e ancorché da queste rimodellati nel loro contenuto, possano ancora essere differenziati sotto il profilo funzionale. Ovviamente, laddove si ammettesse una differenza funzionale, ciò non comporterebbe una liquidazione separata dei vari tipi di pregiudizio riscontrati nel caso concreto. Essendo nettamente affermata l’unitarietà della categoria del danno non patrimoniale, si dovrà comunque procedere ad una liquidazione unitaria, la quale, tuttavia, deve garantire il risarcimento del danno effettivo, nel senso che
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deve comportare l’attribuzione al danneggiato di una somma di denaro che corrisponda integralmente al danno da lui subito, tenendo conto quindi di tutti i pregiudizi in concreto esistenti. E perciò sarà necessario individuare correttamente quelli che sono i criteri rilevanti ai fini della quantificazione delle varie voci di danno, criteri che potranno essere adeguatamente diversificati soltanto in quanto siano chiare le differenze intercorrenti tra i vari pregiudizi.
Ora, le differenze dipendono dalle conseguenze pregiudizievoli che l’illecito determina, dall’interesse che viene inciso e dalle funzioni del risarcimento.
Perciò, stabilire se il risarcimento del “nuovo” danno non patrimoniale assolve ad una funzione unitaria o ad una pluralità di funzioni è questione che ha notevoli risvolti pratici, in quanto essa rileva ai fini dell’individuazione dei criteri in base ai quali quantificare il danno (che saranno tendenzialmente sempre gli stessi, con lievi differenziazioni, se si dovesse accogliere la tesi dell’unitarietà della funzione, o, viceversa, potranno anche essere significativamente diversificati, qualora si ammettesse la tesi contraria della pluralità delle funzioni) e ai fini del risarcimento del danno effettivo, in maniera tale da evitare sia il rischio che talune poste rimangano scoperte e, al contempo, in maniera tale da evitare che il risarcimento diventi occasione di abusi per lucrare a scapito del danneggiante. In quest’ottica la risoluzione del problema permetterà di stabilire quando vi sia un’indebita duplicazione del risarcimento.
Sicuramente le linee guida tratteggiate dalle Sezioni Unite escludono qualsiasi automatismo nella determinazione del quantum risarcitorio e permettono di procedere ad una adeguata personalizzazione del danno. Ma, allo stesso tempo, occorre quell’ “uniformità pecuniaria di base” cui faceva riferimento la Corte Costituzionale nel 1986 e che garantisce di evitare che, a fronte di pregiudizi simili, vi siano risarcimenti del tutto diversificati. Uniformità che, stando alle sentenze del 2008, nemmeno sembrerebbe garantita dalla unitarietà del danno non patrimoniale, in quanto le stesse Sezioni Unite hanno differenziato la soglia di accesso al risarcimento, distinguendo tra un’ingiustizia generica e un’ingiustizia costituzionalmente qualificata, e hanno limitato l’operatività del doppio filtro della
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gravità dell’offesa e della serietà del danno ai soli casi, non previsti dalla legge, di lesione di diritti inviolabili della persona costituzionalmente garantiti.
Per cui il problema dell’unitarietà o della pluralità delle funzioni del risarcimento del “nuovo” danno non patrimoniale che, come si è visto, ha notevole rilevanza pratica, dovrà essere risolto tenendo conto dei seguenti elementi:
- il danno non patrimoniale è categoria unitaria, la quale, però, pur non essendo suscettibile di suddivisione in sottocategorie variamente etichettate, ricomprende diversi “tipi sociali” di pregiudizio di carattere non patrimoniale tipizzati dalla giurisprudenza nel corso dei decenni passati;
- il danno non patrimoniale è categoria unitaria, ma è diversa la soglia di accesso al risarcimento, in quanto, fuori dei casi previsti dalla legge, si richiede un’ingiustizia costituzionalmente qualificata e il superamento del doppio filtro della gravità dell’offesa e della serietà del danno, per cui difficilmente si potrebbe parlare di un modello unitario di risarcimento;
- il danno non patrimoniale, in termini generali, si caratterizza per essere conseguente alla lesione di interessi inerenti la persona non connotati da rilevanza economica, ma, evidentemente, gli interessi la cui lesione dà luogo a risarcimento possono anche essere molto diversi tra loro;
- il danno non patrimoniale, in quanto categoria unitaria, presuppone una liquidazione unitaria, ma dovendosi garantire il risarcimento integrale si dovrà tener conto dei vari pregiudizi concretamente verificatisi e riconducibili all’art. 2059 c.c. e verificare quali siano i criteri per la loro determinazione;
- il danno non patrimoniale, così come implica una liquidazione unitaria, allo stesso modo implica il divieto di duplicazioni risarcitorie, nel senso che gli stessi pregiudizi ascrivibili a questa categoria potranno essere risarciti una e una sola volta e non potranno formare oggetto di distinte operazioni risarcitorie, in quanto ciò comporterebbe la violazione del principio per cui il risarcimento non può superare il limite del danno effettivamente subito.
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