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L’ordinanza di rimessione n 4712 del 2008

Proprio in considerazione di questi dubbi, nel 2008 la Corte di Cassazione, questa volta a Sezioni Unite, torna sulla questione del danno non patrimoniale e dell’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c. L’occasione per ritornare sul punto e chiarire i dubbi che avevano dato luogo ad un contrasto giurisprudenziale è propiziata dall’ordinanza di rimessione n. 4712 del 2008 della Sezione III della Corte di Cassazione con cui si chiede l’intervento delle Sezioni Unite85.

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L’ordinanza parte dalla constatazione che negli ultimi anni si sono formati, in tema di danno non patrimoniale, due contrapposti orientamenti giurisprudenziali, l'uno favorevole alla configurabilità, come autonoma categoria, del danno esistenziale da intendersi quale pregiudizio non patrimoniale, distinto dal danno biologico, in assenza di lesione dell'integrità psico-fisica, e dal danno morale soggettivo, in quanto non attinente alla sfera interiore del sentire, ma alla sfera del fare a- reddituale del soggetto, l'altro contrario.

Notevole rilievo, in questo contesto, hanno avuto le sentenze gemelle del 2003, le quali hanno ridefinito presupposti e contenuti del risarcimento del danno non patrimoniale, dato che hanno ammesso la risarcibilità del danno non patrimoniale non solo nei casi espressamente previsti dalla legge, come stabilisce l’art. 2059 c.c., ma anche in tutti i casi in cui il fatto illecito abbia leso un interesse o un valore della persona di rilievo costituzionale non suscettibile di valutazione economica, e dato che hanno affermato la possibilità di distinguere il danno non patrimoniale, che pure è una categoria unitaria, in pregiudizi di tipo diverso: biologico, morale ed esistenziale.

In realtà, le sentenze gemelle del 2003 hanno fatto soltanto implicitamente riferimento al danno esistenziale, parlando piuttosto di danno da lesione di interessi e valori inerenti la persona e non connotati da rilevanza economica, di rilievo costituzionale (ed è significativo, come precisa la stessa ordinanza, che si siano usati i termini “interessi e valori” piuttosto che il sintagma “diritto soggettivo inviolabile”). E’ stata piuttosto la Corte Costituzionale che, con la sentenza 233 del 2003, ha dato espresso riconoscimento, anche semantico, al danno esistenziale, quale danno che si affianca al danno biologico e al danno morale subiettivo. La Corte Costituzionale parla espressamente di un "danno, spesso definito in dottrina e in giurisprudenza come esistenziale, derivante dalla lesione di altri interessi di rango costituzionale inerenti alla persona diversi da quello all'integrità psichica e fisica della persona conseguente ad un accertamento medico, ex art. 32 della Costituzione".

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A questo orientamento favorevole alla configurabilità di un tertium genus di danno, il danno esistenziale, nell’ambito dell’ampia categoria del danno non patrimoniale, hanno dato seguito altre sentenze della Corte di Cassazione, le quali hanno precisato che questo danno consisterebbe in qualsiasi compromissione delle attività realizzatrici della persona umana (come la lesione della serenità familiare o del godimento di un ambiente salubre), e si distinguerebbe sia dal danno biologico, perché non presuppone l'esistenza di una lesione in corpore, sia da quello morale, perché non costituirebbe un mero patema d'animo interiore di tipo soggettivo. Tra le decisioni rilevanti in tal senso viene richiamata in particolare la sentenza delle Sezioni unite n. 6572/2006, la quale ha dato una precisa definizione del danno esistenziale da lesione del fare a-reddituale della persona, ed una altrettanto precisa distinzione di esso dal danno morale, in quanto, al contrario di quest'ultimo, il danno esistenziale non ha natura meramente emotiva ed interiore.

A questo orientamento favorevole alla configurabilità del danno esistenziale, quale autonoma categoria di danno, come osserva l’ordinanza, si contrappone un altro orientamento che nega dignità concettuale alla nuova figura di danno. Secondo questo diverso orientamento la fondamentale differenza tra danno patrimoniale e danno non patrimoniale dovrebbe essere ravvisata nella circostanza che il danno patrimoniale è risarcibile a fronte di un illecito che ha carattere di tipicità, in quanto la clausola generale e primaria, come confermato dalla sentenza n. 500 del 1999 delle Sezioni Unite, fa riferimento soltanto al requisito dell’ingiustizia del danno, mentre il danno non patrimoniale, essendo risarcibile nei soli casi previsti dalla legge, tra i quali rientrano, in virtù dell’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c., anche i casi di lesione di valori della persona costituzionalmente garantiti, manca del carattere della atipicità. Di conseguenza non sarebbe possibile accogliere categorie generalizzanti, come quella del danno esistenziale, che finirebbero per privare il danno non patrimoniale del carattere della tipicità.

In ragione di questo contrasto sempre più marcato, non solo in dottrina, ma anche in giurisprudenza, “sugli aspetti morfologici e funzionali del danno non patrimoniale”, l’ordinanza ritiene indispensabile un intervento delle Sezioni Unite

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alle quali vengono sottoposti otto quesiti in materia di danno non patrimoniale: 1) se sia “lecito ed attuale discorrere, a fianco del danno morale soggettivo e del danno biologico, di un danno esistenziale”, quale danno derivante dalla lesione di valori/interessi costituzionalmente garantiti, e consistente nella lesione al fare a- reddituale del soggetto, diverso sia dal danno biologico sia dal danno morale soggettivo; 2) se i caratteri morfologici del danno "esistenziale" consistono nella gravità dell'offesa del diritto costituzionalmente protetto, ovvero nella gravità e durevolezza delle conseguenze dannose scaturenti dal comportamento illecito; 3) se debba negarsi la configurabilità del danno esistenziale in virtù della distinzione tra atipicità dell’illecito patrimoniale e tipicità del danno non patrimoniale; 4) se il danno esistenziale sia risarcibile nel solo ambito contrattuale ovvero si debba ammettere la sua operatività anche in ambito extracontrattuale; 5) se un danno che non sia medicalmente accertabile, ma incida sulla sfera del diritto alla salute inteso nella sua più ampia accezione di “stato di completo benessere psico-fisico”, possa essere risarcito come autonoma voce di danno esistenziale; 6) quali debbano essere i criteri di liquidazione del danno esistenziale al fine di evitare duplicazioni risarcitorie e se possono a tal fine soccorrere le tabelle utilizzate per la liquidazione del danno biologico; 7) se costituisca peculiare categoria di danno non patrimoniale il c.d. danno tanatologico o da morte immediata; 8) quali sono, in concreto, gli oneri probatori e gli oneri di allegazione posti a carico del danneggiato che, in giudizio, invochi il risarcimento del danno esistenziale.

Oltre a questi otto quesiti, l’ordinanza ha chiesto alle Sezioni Unite di fare chiarezza su ulteriori questioni e, tra queste, assumono particolare rilievo le seguenti: se il danno non patrimoniale è risarcibile in virtù del combinato disposto tra l’art. 2059 c.c. e l’art. 2043 c.c.; se la categoria del danno non patrimoniale si articola in danno biologico in senso stretto, danno esistenziale e danno morale soggettivo; se “il danno biologico e il danno esistenziale hanno morfologia omogenea (entrambi integrano una lesione di fattispecie costituzionali, quella alla salute il primo, quelle costituite da ‘valori/interessi costituzionalmente protetti’ il secondo) ma funzioni diversificate (anche per volontà del legislatore ordinario), con conseguenti

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differenze sul piano dei parametri valutativi delle poste risarcitorie”; se il danno esistenziale si sostanzia nella lesione di un precedente "sistema di vita", durevolmente e seriamente modificato, mentre il danno morale è circoscritto alla sfera interiore del sentire senza mai esteriorizzarsi obiettivamente; se queste due figure di danno sono incondizionatamente risarcibili entro i limiti della riserva di legge dell’art. 2059 c.c. e anche oltre questi limiti, ma solo se il comportamento del danneggiante abbia inciso su interessi/valori costituzionalmente tutelati; se, ai fini del risarcimento tanto del danno morale, quanto del danno esistenziale, è necessario fornirne la prova.

5. Le sentenze delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione dell’11 novembre 2008.

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