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La tecnica dell’interpretazione costituzionalmente orientata

Questi interventi legislativi relativi al danno biologico sono stati, dunque, gli unici interventi direttamente attuati in materia di danno non patrimoniale dal legislatore, il quale, per il resto, ha lasciato invariato il sistema codicistico originario. In questo contesto è stata la giurisprudenza ad assumersi il compito di intervenire in via interpretativa sulla materia della responsabilità civile, al fine di recepire le istanze provenienti dal contesto storico-sociale del momento. Al riguardo Claudio Scognamiglio afferma che “la responsabilità civile, forse perché affidata essenzialmente, nella sua concretizzazione, all’opera del giudice, rappresenta una sorta di sismografo dei mutamenti che si registrano al livello della struttura economico sociale o della percezione collettiva dei bisogni, cogliendoli prima ancora

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che gli stessi abbiano potuto trovare una appena organica sistemazione normativa”.69

Dovendo svolgere un delicato compito di contemperamento tra due esigenze contrapposte, e cioè, da un lato, assicurare un’adeguata tutela ai danneggiati, dall’altro, evitare il c.d. diluvio delle responsabilità, la giurisprudenza, a partire dall’entrata in vigore del codice, si è trovata più volte nella necessità di intervenire in via interpretativa sul dettato legislativo, concentrandosi talvolta sulla clausola generale di ingiustizia del danno, talaltra sul nesso di causalità e cercando così di assicurare una tutela adeguata senza pervenire ad un indiscriminato ampliamento dell’area del danno risarcibile. Questo contemperamento di esigenze contrapposte ha riguardato tutta l’area della responsabilità e, ovviamente, anche l’area del danno non patrimoniale. Anche in quest’area la giurisprudenza si è più volte trovata di fronte alla necessità di assicurare non solo una adeguata tutela, ma talvolta addirittura una forma minima di tutela agli interessi della persona, evitando, però, in un settore così delicato e incerto un’espansione incontenibile dell’area della responsabilità. Così, la giurisprudenza ha in alcuni casi operato sull’art. 2059 c.c., interpretato nel senso che solo il danno morale è risarcibile, ma pervenendo ad un ampliamento delle ipotesi di danno risarcibile attraverso tecniche diverse, ad esempio ammettendo il risarcimento anche quando non fossero configurabili tutti i requisiti del reato penalmente perseguibile; in altri casi ha operato sull’art. 2043 c.c., ammettendo, ad esempio, ai sensi di questa norma, il risarcimento del danno biologico attraverso un allargamento della nozione di patrimonialità, da intendersi come complesso dei valori e delle utilità di cui il soggetto dispone.

Da ultimo, con le sentenze del 2003 e del 2008, la Cassazione ha operato sull’art. 2059 c.c., superandone i limiti tradizionali attraverso un’interpretazione costituzionalmente orientata. La tecnica dell’interpretazione costituzionalmente orientata è, dunque, soltanto l’ultima delle tecniche impiegate dalla giurisprudenza in materia di responsabilità civile e, in particolare, in materia di risarcimento del

69 C. Scognamiglio, Danno morale e funzione deterrente della responsabilità civile, in La funzione deterrente della responsabilità civile alla luce delle riforme straniere e dei Principles of European Tort Law, 2011.

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danno non patrimoniale, al fine di attuare il contemperamento tra l’esigenza di fornire, in questo caso alla persona, un’adeguata tutela e l’esigenza di evitare un ampliamento incontrollabile dell’area del danno risarcibile. In particolare, in questo caso, era necessario, da un lato, assicurare il risarcimento anche di pregiudizi distinti rispetto al c.d. danno morale soggettivo e, dall’altro lato, evitare che la nozione di danno esistenziale, così come accolta dalla giurisprudenza di merito, ampliasse l’area della responsabilità a qualsiasi disagio o disservizio che possa manifestarsi nei rapporti sociali.

Da tempo, ormai, la Corte Costituzionale ha delineato l’interpretazione conforme a costituzione come un vero e proprio onere o potere-dovere dei giudici ordinari, i quali, prima di sollevare una questione di costituzionalità, devono sforzarsi di cercare l’interpretazione della norma che risulti compatibile col dettato costituzionale, secondo il principio per cui “le leggi non si dichiarano costituzionalmente illegittime perché è possibile darne interpretazioni incostituzionali, ma perché è impossibile darne interpretazioni costituzionali”.70

Anzi, la Corte Costituzionale ha chiaramente affermato che “quando […] il dubbio di compatibilità con i principi costituzionali cada su una norma ricavata per interpretazione da un testo di legge è indispensabile che il giudice a quo prospetti a questa Corte l'impossibilità di una lettura adeguata ai detti principi; oppure che lamenti l'esistenza di una costante lettura della disposizione denunziata in senso contrario alla Costituzione (cosiddetta "norma vivente"). Altrimenti tutto si riduce ad una richiesta di parere alla Corte Costituzionale, incompatibile con la funzione istituzionale di questo Collegio”.71

I giudici ordinari, dunque, sono tenuti a cercare un’interpretazione conforme a Costituzione prima ed in luogo della devoluzione dello scrutinio di costituzionalità alla Corte Costituzionale, altrimenti la Corte dichiarerà la manifesta inammissibilità della questione. In questo modo la Corte Costituzionale, di fatto, trasferisce ai giudici (probabilmente anche per ragioni attinenti al carico del contenzioso) il potere di interpretare le disposizioni legislative in modo da adeguarle al dettato

70 Corte Cost., sentenza n. 356 del 1996, in Giur. Cost., 1996. 71 Corte Cost., sentenza n. 456 del 1989, in Giur. Cost., 1989.

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costituzionale, senza la necessità di un suo intervento. Un potere che, quindi, in una prima fase veniva esercitato prevalentemente dalla Corte Costituzionale mediante le sentenze interpretative, viene ora esercitato in via prioritaria dai giudici ordinari e solo in via residuale dalla Corte Costituzionale.

Ciò comporta, come fondamentale conseguenza, che ormai il parametro costituzionale entra, di regola, nell’ambito dell’attività interpretativa del giudice che non deve più soltanto limitarsi a ricerca la ratio legis, ma deve vagliare le disposizioni legislative alla luce dei principi costituzionali in relazione alle esigenze del caso concreto. Viene così pienamente accolta l’idea di Crisafulli, secondo il quale anche le norme programmatiche della Costituzione “hanno efficacia giuridica interpretativa delle norme subordinate disciplinanti le materie cui si riferiscono”, le quali dovranno essere interpretate “nel modo più coerente con i principi stessi”72, al punto che l’interpretazione conforme a Costituzione è oramai un vero e proprio obbligo del giudice ordinario.

Anche la Corte di Cassazione, in materia di risarcimento del danno non patrimoniale, ha seguito questa strada, interpretando l’art. 2059, di cui già in passato era stata prospettata l’incostituzionalità, in modo da renderlo conforme a Costituzione. E’ probabile che, nel caso di specie, il richiamo alla Costituzione non fosse necessario e che, anzi, proprio questo richiamo abbia dato luogo, secondo una parte della dottrina, ad una serie di criticità che hanno ampliato piuttosto che ridotto lo spettro dei problemi legati al risarcimento del danno non patrimoniale, come si dirà oltre. Secondo alcuni, come Renato Scognamiglio, sarebbe stato sufficiente prendere atto che l’art. 2043 c.c. non enuncia il requisito della patrimonialità ma solo quello dell’ingiustizia, riferendosi dunque non solo alle lesione di beni economici ma anche alla lesione dei beni-interessi della persona73.

In ogni caso, ciò che sembra indubitabile è che la Corte di Cassazione si sia richiamata alla Costituzione e alla tecnica dell’interpretazione costituzionalmente

72 V. Crisafulli, Sull‟efficacia normativa delle diposizioni di principio della Costituzione (1948), in La Costituzione e le sue disposizioni di principio, 1952.

73 R. Scognamiglio, Il danno ai beni-interessi della persona e il danno morale mezzo secolo dopo, in Responsabilità civile e danno, 2010.

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orientata, per garantire, in virtù dell’autorevolezza del parametro di riferimento, maggiore autorevolezza anche alla sua ricostruzione. In sostanza, sembrerebbe che la Cassazione abbia richiamato il dettato costituzionale come autorevole conferma della sua prospettazione, in modo non dissimile da quanto fatto dalla giurisprudenza di merito quando, a cavallo tra gli anni ’70 e gli anni ’80, ha più volte invocato l’intervento della Corte Costituzionale a conferma dell’orientamento che ammetteva la risarcibilità del danno biologico.

Capitolo Due.

Il nuovo danno non patrimoniale e i suoi profili di rilevanza in rapporto al problema della funzione.

1. I primi passi verso la nuova interpretazione dell’art. 2059 c.c.: le sentenze 8827 e

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