• Non ci sono risultati.

La governance locale, tra buon governo dei servizi e partecipazione

CONTESTUALIZZARE I SERVIZI SOCIALI RELAZIONALI NELLA GOVERNANCE LOCALE

2.1 La governance locale, tra buon governo dei servizi e partecipazione

La tendenza al decentramento e il rafforzamento dei governi periferici ha moltiplicato gli attori coinvolti nelle fasi di progettazione e realizzazione delle politiche in Italia, come nel resto dei Paesi occidentali43. Per questa ragione negli ultimi decenni nell’analisi delle politiche pubbliche non si può prescindere dalla local governance44

. Essa può interessare le

singole funzioni svolte da ogni soggetto coinvolto, le caratteristiche di ognuno o i processi di differenziazione tra i soggetti stessi. La governance può essere studiata all’interno della dimensione politica, economica o sociale o ancora in maniera interdimensionale45 (Tronca, 2006 p.295-337). Nata come teoria della direzione e del controllo della società da parte dello Stato, è andata caratterizzandosi, con forme alternative al controllo politico, mediante il mercato e l’auto-organizzazione orizzontale, caratterizzata da forme di cooperazione tra Stato e attori non statuali. All’interno di un approccio relazionale, la lente di ingrandimento è naturalmente posta sulle relazioni dal quale emerge il fenomeno stesso della governance. Oltre ad interessare la progettazione e realizzazione delle politiche, le relazioni alla base della

governance assumono la finalità di agire collettivamente sui problemi e i bisogni di una

43 Non è possibile in questa sede approfondire le motivazioni che hanno condotto i sistemi politici ad un passaggio verso

forme locali non solo di government ma di governance. E’ necessario tuttavia considerare che tale fenomeno trova origine in fattori sociali sia di natura macro (come i processi d’integrazione europea), che micro (la crescente richiesta di partecipazione). In un documento del 2004 del Comitato delle Regioni dell’Unione Europea, scaricabile dal sito www.cor.europa.eu si dice che «I complicati processi di governance che si intrecciano tra Unione europea, Stati membri, Regioni ed Enti locali hanno come obiettivo fondamentale, proprio la promozione, la tutela e il soddisfacimento dei diritti individuali e collettivi, in un quadro di solidarietà collettiva e verso le generazioni future e di consapevolezza, dei doveri che l’Europa ha nei confronti della comunità mondiale» (Volume I. Studi CdR E-1/2004. Bruxelles, febbraio, 2004).

44Nel corso degli anni ottanta i politologi hanno iniziato a riferirsi alla governance come ad uno stile organizzativo, diverso

dal government,ovvero dall’esercizio del potere verso forme di coordinamento e integrazione con i membri della società civile. Nella governance si sottolineano i principi della partecipazione, della responsabilità, della coerenza ed apertura. Secondo Lippi (2001) si tratta di «un metodo di governo che non si struttura intorno ad un centro istituzionale ma si configura piuttosto come processo fluido e decentrato di coordinamento tra attori che creano ed implementano delle politiche, nell’ambito di una struttura relazionale scarsamente o per nulla centralizzata».

comunità46. La logica sottostante è quella dell’empowerment del tessuto sociale le cui azioni si integrano con quelle del sistema amministrativo. Come afferma Alan Twelvetrees47 (2006, p.204) l’enfasi sulla partnership tra pubblico e privato dipende dal riconoscimento di un dato di fondo, ovvero che «nessuna organizzazione è in grado di portare avanti da sola miglioramenti sostanziali in un contesto locale».

Per realizzare una governance che significhi un reale sviluppo di comunità, secondo l’Autore è necessario che esso sia sostenuto dall’ente pubblico, per ottenere una reale efficacia. La fiducia e i buoni rapporti sono poi fondamentali per un buon partneriato. Occorrono persone che siano determinate a usare il tempo, le risorse e le competenze in vista di obiettivi di comune interesse, «occorre che le persone interessate traggano soddisfazione dall’esperienza di creare qualcosa insieme» (ivi, p.202).

Integrazione tra enti pubblici e società civile, rapporti di fiducia e obiettivi comuni non sono però garanzia immediata di un’azione congiunta, e di un intervento tempestivo sui problemi. Un primo dilemma del lavoro di comunità è infatti legato alla necessità di garantire, da una parte, la promozione della partecipazione, e dall’altra all’esigenza di assumere decisioni. Come ricorda Porta (1999, p.271) il concetto di governance, sottolinea «frammentazione, eterogeneità ed incoerenza dei processi di decisione pubblica, dove l’autorità locale diviene un attore fra altri». Insomma, nei network tra soggetti pubblici e privati, il potere è disperso tra molti attori, e quindi è necessaria una buona cooperazione affinchè si riesca ad avere una qualche efficacia decisionale. Ecco perché, è necessario adottare anche degli accorgimenti di metodo, affinchè le persone possano realmente incontrarsi, all’interno di una periodicità favorevole alle relazioni, in cui ognuno possa esprimere le proprie idee e assumere decisioni48.

46Si veda a questo proposito la definizione di governance data dalla Regione Emilia Romagna come quel «processo con il

quale vengono collettivamente risolti i problemi rispondendo ai bisogni di una comunità locale. Si ha una buona governance quando nella comunità sociale le azioni del governo (come strumento istituzionale), si integrano con quelle dei cittadini e le sostengono. La governance si attua con processi di democrazia attiva e si basa sull’integrazione di due ruoli distinti: quello di indirizzo programmatico (governo) e quello di gestione e fornitura di servizi (strutture operative ed amministrative). Un governo è strumento di buona governance quando applica principi, mutuati dalla nuova cultura imprenditoriale, per il coinvolgimento e la responsabilizzazione dei cittadini: centralità del cliente-cittadino, capacità di creare visioni condivise sulle prospettive di sviluppo, comportamenti amministrativi coerenti con tali visioni, definizione di risultati attesi e gestione snella per realizzarli, apprendimento continuo, apertura al mercato, partecipazione e non gerarchia, conferimento di responsabilità e potere alle varie componenti del sistema sociale, perseguendo federalismo, flessibilità ed apertura

organizzativa».Tratto dal sito

http://www.regione.emiliaromagna.it/wcm/autonomie/sezioni_home/documentazione/glossarioinprogress.htm.

47Autore di numerosi libri e articoli pubblicati in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, da oltre trent’anni si occupa di community

work ed è National Manager per la «Community Development Foundation» in Galles. Ha collaborato con università e

agenzie non governative. Nel 2010 nel corso del 2° Convegno Internazionale sui servizi sociali «la Qualità del Welfare» ha presentato il programma di sviluppo a favore di minori e famiglie adottato a Swansea nella seconda città del Galles

Ogni iniziativa di partnership dovrebbe trovare posto in un quadro strategico più ampio, e ogni strategia di intervento locale andrebbe raccordata con tempi differenti e più dilatati possibile, rispetto alle normali forme di programmazione annuale. «Le partnership più efficaci sono quelle che si sono create a partire da buone relazioni tra un numero ristretto di rappresentati di organizzazioni, nel corso di un periodo di tempo prolungato » (Folser e Berger, 1978).

A livello operativo questo principio dovrebbe trovare attuazione mediante un raccordo non solo tra i diversi attori, ma tra i diversi livelli di intervento, in particolare quello dell’erogazione dei servizi pubblici e quello dello sviluppo di comunità, all’interno di un approccio unitario. Mediante la combinazione di questi due livelli si può realmente intervenire a favore delle comunità locali. La visione adottata da Twelvetrees, inoltre, è quella che prevede che un buon lavoro di comunità sia dotata, fin dal suo avvio, di una strategia precisa di “uscita” o “avanzamento”, e di una buona capacità di “condizionare i programmi ordinari” che hanno obiettivi minimi specifici per chi versa in condizioni di maggior svantaggio sociale (per problemi di tipo economico, lavorativo, scolastico, abitativo ecc.). Per promuovere lo sviluppo della comunità e dare efficacia agli interventi, è quindi necessario che si stabilisca una relazione continua tra fornitori dei servizi (pubblici di primo livello) e la comunità, sostenuta nei suoi processi organizzativi e informativi da figure professionali qualificate (ibidem, p.202).

L’esistenza di una relazione continua tra gli attori, rimanda proprio ai due fondamentali assi (composti di strutture e processi) che rappresentano nell’ottica dello schema Agil come riformulato da Donati nel 1991, la specifica configurazione della governance (l’asse A-I del

religo o del legame strutturale il quale identifica istituzioni, norme e risorse che consentono

alle interazioni di verificarsi e l’asse G-L del re-fero o del riferimento di senso, composto di processi mediante i quali gli attori agiscono e manifestano i loro valori e le loro finalità). Gli assunti fondamentali della governance, secondo l’approccio relazionale sono: (A) l’esistenza di una struttura reticolare che intende coordinare reciprocamente le proprie azioni (e che quindi presenta legami densi, con livelli di bassa distanza tra gli attori, e soggetti eterogenei); (G) l’obiettivo di attivare processi decisionali; (I) la definizione di una struttura organizzativa con ruoli determinati e, infine, (L) l’assunzione di principi di legittimazione49, che rendano operativi i valori posti a fondamento della configurazione relazionale assunta (Tronca, 2006)

49 Nel senso attribuito da Boltanski e Thèvenot (1991), come «principi superiori comuni» che legittimano gli attori ad

Il concetto di governance assume pertanto la sua importanza in funzione di una logica che è attenta ai processi sociali e che si distanza dall’adozione di politiche, valutate in base all’efficienza delle prestazioni prodotte. Ogni valutazione dovrebbe invece basarsi su un continuum di obiettivi, processi, output (produzione di beni) e outcome (inteso come impatto dei servizi sul benessere della comunità).

Per dirla alla Twelvetrees, ci si chiederà se l’output abbia dato vita all’effetto di lungo periodo desiderato. In una domanda: «Come un ente locale, o comunque un’istituzione pubblica, può elaborare una strategia atta a promuovere ed accompagnare lo sviluppo di comunità?» (ivi, p.213).

Secondo l’Autore citato poc’anzi, le istituzioni pubbliche possono dotarsi di strumenti, come le linee guida che devono essere al centro di una pianificazione comunitaria, in cui anche le diverse ramificazioni degli enti locali devono produrre prestazioni, rapportandosi alla comunità locale (si potrebbe dire, in una logica di intersettorialità).

Linee guida elaborate dall’Association of Metropolitan Authorities (1993)

• Far comprendere ai politici il contributo del lavoro di comunità al raggiungimento dei loro obiettivi

• Approvare e divulgare una dichiarazione politica d’intenti di lavoro di sviluppo di comunità • Istituire nella pubblica amministrazione locale la figura di un funzionario con specifica

competenza nella gestione, su tutti i livelli di questa strategia

• Identificare le forme di lavoro di comunità già sperimentate da servizi afferenti l’ente • Verificare quali altre organizzazioni si occupano di lavoro di comunità

• Individuare le comunità locali su cui andranno focalizzati almeno in fase iniziale, gli interventi • Intraprendere una prima valutazione dei loro bisogni

• Definire i meccanismi organizzativi del nuovo progetto- ad esempio il ruolo e la composizione dei comitati di gestione locali – e assumere o reimpiegare lo staff del progetto

• Istituire un sistema di monitoraggio e revisione

Tab. 2.1.Esempio di linee guida per una pianificazione comunitaria.

Fonte: Twelvetrees (2006, p.213).

L’esempio delle linee guida serve a focalizzare le azioni che devono essere compiute a livello locale da tutte le ramificazioni dell’ente pubblico, per realizzare una buona strategia di

community work. Si tratta di affrontare e prendere in considerazione due elementi congiunti: il

buon governo dei servizi e la partecipazione dei cittadini, verso la realizzazione di servizi integrati.

di soggettività delle famiglie, all’interno del contesto comunitario. E, se, il tipo di governance realizzato possa configurarsi secondo gli assunti dell’approccio relazionale.

Nelle pagine che seguono viene dapprima dedicata una parte teorica, tesa a focalizzare i riferimenti normativi sui quali poggia il governo locale dei servizi, seguita da un approfondimento su alcuni recenti strumenti che a ragion veduta, possono essere inseriti appieno nella realizzazione del lavoro di comunità, come sopra definito. La domanda che guida le mie analisi in questa prima parte è: «cosa è possibile reperire di simile alle linee guida inglesi citate dall’Autore, in riferimento al nostro contesto nazionale e regionale?»

2.2 Il governo dei servizi: i principi della sussidiarietà e la garanzia dei