• Non ci sono risultati.

Profili di Comunità e sviluppo del capitale sociale nella Regione Emilia Romagna

CONTESTUALIZZARE I SERVIZI SOCIALI RELAZIONALI NELLA GOVERNANCE LOCALE

2.2 Il governo dei servizi: i principi della sussidiarietà e la garanzia dei livelli essenzial

2.2.2 Profili di Comunità e sviluppo del capitale sociale nella Regione Emilia Romagna

Nei paragrafi precedenti è stato illustrato come siano necessarie più azioni e più soggetti per creare quelle condizioni necessarie ad uno sviluppo di comunità locale. Tra queste possibili azioni, la nostra Regione è stata recentemente interessata dalla produzione dei Profili di

60Il tema è ben sviluppato in L. Bobbio, La democrazia non abita a Gordio, Angeli, Milano 1996, ove viene argomentato il

passaggio da uno “stato piramide” a uno “stato rete”.

61 Si tratta di uno strumento di programmazione delle politiche, previsto e disciplinato da due leggi di riforma del welfare

Comunità che paiono riflettere qualche cambiamento sui livelli di conoscenza e di riflessione dei soggetti coinvolti nella programmazione e gestione dei servizi (lo stesso strumento è già stato utilizzato anche da altre regioni italiane come il Trentino e la Toscana).

In un Rapporto di ricerca del 200963, a cura del “Servizio Programmazione e Sviluppo dei servizi sociali, Promozione sociale, Terzo settore e Servizio Civile” della Regione Emilia Romagna è contenuta l’analisi dei nuovi strumenti di programmazione sperimentati dai territori regionali nel 2009, seguendo il dettato del Piano sociale e sanitario regionale2008- 2010. I Profili di Comunità vengono pertanto concepiti come mezzi atti a definire“lo stato dell’arte” delle provincie stesse64.

La vision che sta alla base di tale strumento è che la conoscenza della comunità sia un elemento qualificante il processo di programmazione. Esso vuole essere una lettura ragionata e partecipata dei bisogni di benessere e salute della popolazione, di individuazione delle criticità e priorità da considerare nella programmazione e nelle politiche sociali, socio – sanitarie e sanitarie. La sua realizzazione, si dice, ha consentito di dare vita anche ad un processo di scambio e partecipazione tra attori diversi. Sotto il profilo tecnico, si alimenta di fonti quantitative e qualitative. Il Profilo di Comunità ha visto in questa fase di sperimentazione della sua stesura, la suddivisione in tre parti finalizzate a descrivere: (i) “la comunità in cui viviamo”; (ii) i servizi, le risorse informali, la domanda espressa e domanda soddisfatta; (iii) l’analisi del territorio e delle principali tendenze e criticità (rielaborazione sintetica delle principali riflessioni emerse). Ogni territorio provinciale si è pertanto trovato di fronte alla necessità di raccogliere, secondo tale griglia, le informazioni necessarie. Le linee guida hanno voluto precisare che un aspetto essenziale nella definizione del Profilo di Comunità ai fini programmatori, è la definizione della domanda che assume significato di domanda potenziale con riferimento alla prima parte del Profilo (che include dati quali dati demografici, ambientali, di mobilità, socio-economici, lavorativi e così via) e di domanda espressa ed effettivamente accolta, con riferimento alla seconda parte del Profilo (che include servizi e risorse degli ambiti sociale, sanitario, educativo, abitativo, formativo, lavoristico, culturale, ricreativo).

63Il Report di ricerca denominato I nuovi strumenti della Programmazione Regionale è stato curato da IRESS soc.coop. e

pubblicato ad ottobre del 2009, è scaricabile dal sito http: //www.emiliaromagnasociale.it

64 Si tratta di una parte integrante dell’Atto di indirizzo e coordinamento, ovvero lo strumento attraverso il quale la

Conferenza Territoriale Sociale e Sanitaria ( che in genere corrisponde alla Provincia) esercita il proprio compito di indirizzo e coordinamento della programmazione distrettuale sociale e socio-sanitaria integrata (triennale). Funzione dell’Atto è di esprimere gli indirizzi e le priorità per i Piani di zona distrettuali per la salute e il benessere sociale. Gli indirizzi definiscono anche gli obiettivi da raggiungere in termini di equità, efficacia, riequilibrio territoriale. Il Profilo, quale parte integrante degli Indirizzinon contiene scelte di programmazione, ma a partire dall’analisi di dati quantitativi e qualitativi mira a identificare i punti rilevanti che la programmazione sociale e socio-sanitaria deve affrontare, i bisogni e le tendenze dello sviluppo demografico, sociale, economico, ambientale etc. di un dato territorio.

Nella seconda parte del Profilo, ed è questo l’aspetto che qui si vuole sottolineare, è prevista una sezione denominata capitale sociale che nelle linee guida può essere indagata «osservando alcuni fenomeni come per esempio l’uso delle strutture culturali e sportive per età; finalità delle associazioni e organizzazioni di volontariato; patti, protocolli, azioni di formazione e prevenzione, progetti e strumenti di contrasto/prevenzione della criminalità. Gli indicatori del capitale sociale fanno riferimento ad informazioni reperibili attraverso indagini ad hoc e solo in parte desumibili da dati disponibili – si dice nelle linee guida -, mentre una lettura del capitale sociale si rende opportuna per rispondere al seguente quesito generale: “quali risorse solidaristiche e fiduciarie mostra il nostro territorio”?» (p.18)

All’interno dei Profili (compilati da personale tecnico, qualche decina di persone per ognuno, appartenenti a Provincie, Aziende Usl, aziende Ospedaliere, Acer, Uffici scolastici), si fa una lettura delle comunità locali, mediante una trama di relazioni che ha coinvolto figure tecniche, politiche e di Terzo Settore. In realtà, il tema del capitale sociale è trattato con un apposito paragrafo o capitolo da otto profili su 10 (non lo fanno Ferrara e Forlì) e vengono presentati dati che originano da indagini molto diverse.

Ma come si è svolto, nello specifico, il confronto e la relazione con il Terzo Settore e con il concetto di capitale sociale?

Per la verità, dal rapporto si evince che solo 3 Provincie su 10 (Reggio Emilia, Piacenza e Forlì) sono riuscite a coinvolgere concretamente i rappresentanti del Terzo Settore e in quei casi la partecipazione ha significato soprattutto presentare i dati e raccogliere ulteriori suggerimenti o riflessioni per la lettura. Di seguito si sintetizzano alcuni degli elementi più significativi per ogni provincia, per poi provare a fare alcune considerazioni finali sul tema della governance e dei suoi strumenti di realizzazione e programmazione territoriale.

Profilo di Comunità elaborato dalla provincia di Bologna e Imola

Nel Profilo di Comunità elaborato dalla provincia di Bologna (e Imola, i cui dati confluiscono nel medesimo rapporto) il capitale sociale è definito come indicatore del livello di ricchezza posseduto dalla società, grazie all’attivazione dei cittadini nel partecipare alla vita civile, nell’attenzione ad essa o nell’espressione di volontà di parteciparvi. (p176). Il concetto di capitale sociale elaborato, viene inteso a partire da uno studio fatto nel 200465, nel quale si analizzava il livello di fiducia dei cittadini nella società, ad esempio verso le istituzioni locali, i grandi soggetti economici, le piccole e medie imprese e la cooperazione sociale. Venivano inoltre presi in esami il coinvolgimento dei cittadini, in almeno una forma partecipativa e indicatori di fiducia verso gli altri e fiducia personale. Rispetto agli stili partecipati, venivano delineati quattro tipi di partecipazione

civile (i partecipativi moderni, tradizionalisti, individualisti, estraniati).

Profilo di

Comunità di Modena

Modena, segue lo schema della Regione e dedica in una sezione denominata ambito culturale e ricreativo in cui inserisce informazioni relative gli aspetti culturali e ricreativi derivante da un’indagine campionaria66, in cui sono state misurate le abitudini e i consumi culturali (lettura quotidiani, uso di internet ecc.). In verità, il capitale sociale non viene esplorato approfonditamente, ma piuttosto si evince un’analisi strutturata sulle criticità, le tendenze e le ipotesi di lavoro sul territorio.

Profilo di

Comunità di Reggio Emilia

Reggio Emilia ha deciso invece di riprendere alcuni contenuti estratti da un evento realizzatosi presso la Camera di commercio di Reggio Emilia denominato “Le Componenti dello Sviluppo. Il Capitale sociale come fattore di competitività” (aprile,2007). Nel Profilo pertanto vengono riprese le definizioni teoriche di capitale naturale, capitale tecnico, capitale umano e capitale sociale, riprendendo per quest’ultimo le definizioni di Bourdieu («il capitale sociale è la somma delle risorse materiali o meno, che ciascun individuo o gruppo sociale ottiene grazie alla partecipazione a una rete di relazioni interpersonali basate su principi di reciprocità e mutuo riconoscimento»), Coleman («il capitale sociale risiede nella struttura di relazione tra agenti . Non può essere rinvenuto né negli agenti stessi, né nei mezzi fisici di produzione») e Putnam. Per quanto riguarda le elaborazioni locali, si fa riferimento agli indicatori di civismo e di sistema relazionale utilizzati per la misurazione del capitale sociale delle provincie italiane (dati Istat). Vengono aggiunti i dati sulle cooperative sociali, associazioni di volontariato e associazioni di promozione sociale.

Profilo di

Comunità di Ferrara

Ferrara non effettua un approfondimento specifico sul tema del capitale sociale e sulle reti locali. Nel Profilo non è prevista la parte III inerente le tendenze e criticità del territorio

Profilo di

Comunità di Ravenna

Ravenna riporta i risultati di una ricerca condotta sul territorio nel mese di maggio 2008, mediante la realizzazione di 900 interviste telefoniche ad un campione rappresentativo della popolazione provinciale. Scopo della ricerca era quello di cogliere la valutazione dei cittadini sui servizi sanitari della provincia e del proprio distretto, la percezione di salute e di benessere, i principali comportamenti individuali correlati alla tutela e prevenzione della salute. Sulla base delle indicazioni per la costruzione del Profilo di Comunità, si è voluto cogliere anche la correlazione tra salute/benessere e una serie di aspetti della vita quotidiana che nell’insieme costituiscono il “capitale sociale” di una comunità. Le risposte ad alcune domande del questionario sono state raggruppate per costituire degli indicatori di capitale sociale (fiducia nelle istituzioni e negli altri, rispetto delle regole, senso civico, appartenenza, partecipazione e solidarietà). L’obiettivo è stato quello di individuare l’esistenza di una correlazione tra capitale sociale e percezione del benessere individuale e collettivo. Una volta calcolato l’indice, i cittadini sono stati divisi in tre gruppi a seconda

della loro “dotazione di capitale sociale” (alta, media o bassa). E’ emerso che i valori più alti dell’indice di capitale sociale appartengono a fascia di età che va dai 55 ai 64 anni, per lo più lavoratori dipendenti e pensionati, con alta scolarità tendenzialmente preoccupati per il futuro in vari ambiti, a testimonianza dell’essere cittadini attivi e consapevoli. Sono state inoltre condotte delle interviste semi strutturate ad alcuni testimoni significativi (Dirigenti, operatori ecc…), al fine di far emergere gli aspetti distintivi della realtà di Ravenna e tracciarne un “Profilo”. Ciò ha permesso di integrare la descrizione “oggettiva e neutra” della realtà locale, ottenuta dai dati di fonti ufficiali (banche dati socio-demografiche, sanitarie e sociali), con le informazioni e le opinioni “soggettive” fornite dagli intervistati. I risultati hanno fatto emerge che le priorità d’azione sul territorio, riguardano la solitudine e l’isolamento sociale e il sostegno dei giovani, il gruppo d’età che pare più fragile e verso cui i servizi si sentono meno attrezzati67.

Profilo di

Comunità di Parma

Per quanto concerne Parma viene fatta una premessa sulla necessità di dedicare indagini monografiche approfondite, come del resto la stessa Regione auspica, al fine di monitorare la “tenuta d'insieme” della, o meglio delle, comunità locali. Vengono considerati pertanto, come facenti parte di questa area i dati afferenti al cosiddetto “terzo settore”, ovverosia alle «tre tipologie di “impresa sociale”, organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale, cooperative sociali» che lo compongono. Si afferma inoltre che non è conosciuta la consistenza di altre forme di volontariato, che si esprimono attraverso forme non riconosciute giuridicamente, ovvero parte del volontariato di matrice cattolica (che fa riferimento ad esempio alle Caritas o ad altre forme simili), di comitati locali e di movimenti di cittadini, ed infine di quel tipo di volontariato diffuso, “di prossimità”, che si svolge quotidianamente nei rapporti intrafamiliari e/o di vicinato. Il "capitale sociale diffuso", sicuramente più ampio di quello che ci viene indicato dai registri, andrebbe pertanto indagato ad hoc.

Profilo di

Comunità di Forlì e Cesena

Secondo il “Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena 2006”, elaborato dal Centro studi Unioncamere, la provincia di Forlì e Cesena risulta essere 3° in Regione per capitale sociale, e l’associazionismo è il motore trainante nel territorio che riscontra un numero molto alto di associazioni (circa 700), e di volontari. Ma ciò che viene sottolineato nel Profilo è che la maggioranza dei soggetti sostiene il lavoro di rete, pur essendo in rete per la maggior parte solo con soggetti istituzionali del territorio (servizi sociali comunali e Ausl), mentre poche associazioni sono impegnate in progetti cooperativi, con altre associazioni o realtà del privato sociale. Emerge inoltre che la maggioranza delle associazioni sono rivolte principalmente all’erogazione dei servizi, mentre rimane marginale la priorità attribuita allo sviluppo delle relazioni sociali tra le persone coinvolte (volontari, utenti, familiari e la comunità nel suo insieme). Questo confermerebbe quanto

sostenuto da alcuni Autori, ovvero che non è affatto scontato il contributo virtuoso del volontariato al capitale sociale (Donati e Colozzi 2006).

Profilo di

Comunità di Piacenza

Piacenza non tratta di capitale sociale nello specifico, ma effettua focus group con gli operatori e analisi SWOT per avere delle prime impressioni, sulla realtà territoriale e dei servizi e sulle principali problematiche da affrontare.

Tab. 2.2. I Profili di Comunità, sezione dedicata al capitale sociale.

Fonte: Sito della Regione Emilia Romagna (www.regioneemiliaromagna.it.). Pubblicazione avvenuta tra marzo 2008 e marzo 2009. Rielaborazione di Vendemia.

Come si evince da questa tabella di sintesi, il tema del capitale sociale, previsto dallo schema regionale, è trattato con un’apposita sezione da otto Profili su dieci (non lo fanno Ferrara e Forlì, oltre a Piacenza che diciamo ha solo avviato un certo percorso esplorativo). In alcuni casi vengono presentati dati che traggono origine da specifiche indagini condotte sul territorio; in altri, prendendo a riferimento ricerche realizzate da altri soggetti, come ad esempio quella di Unioncamere Emilia-Romagna68. Se si considera questa differenziazione delle scelte adottate dai singoli territori, unita al fatto che la Regione non forniva né univoche definizioni operative degli indicatori, né le fonti, ci si rende facilmente conto di come fosse complesso con riferimento a questo ambito, giungere ad una lettura d’insieme delle principali evidenze. Viene sottolineato piuttosto che tutti i Profili, indipendentemente dai dati utilizzati, mirano ad evidenziare la considerevole dotazione di capitale sociale caratterizzante il proprio territorio, con riferimento ai dati sull’associazionismo, sul volontariato, sulla forte presenza di cooperative sociali, o risultati di survey su fiducia, valori, ecc.

Il Profilo di Comunità69, come detto sopra non contiene scelte di programmazione, ma la qualifica.

Nel documento che fornisce le indicazioni di realizzazione del Profilo si specifica che «la valutazione dello scarto tra i bisogni rilevati e le risposte offerte non è oggetto del Profilo di Comunità» (p.3) Tale valutazione è svolta nell’atto di indirizzo e coordinamento, e pertanto a livello provinciale. È chiaro quindi che i livelli valutativi e decisionali vengono rimandati ad altri tavoli, specificatamente quelli politici.

68Effettivamente, tutte le ricerche condotte in questi anni sul tema, posizionano sempre le provincie dell’Emilia-Romagna

nella prima parte della “graduatoria”, delle realtà territoriali più ricche di questa risorsa (si citano fonti ISTAT, CENSIS – UPI, Banca dei dati regionale).

69Per il triennio 2009-2011 è stata prevista una fase di sperimentazione per la compilazione del Profilo di Comunità, per

Tuttavia lo stesso rapporto conclusivo, in relazione alla governance locale sottolinea alcuni aspetti sui quali lavorare, ovvero: (i) incrementare le sedi di confronto, più estese in termini di rappresentanza del contesto locale («Il futuro deve garantire un maggior confronto con i vari attori sociali Terzo settore, parti sociali, ecc., gli operatori locali, i cittadini stessi, cosa che in questa prima fase è stata realizzata e promossa solo in parte e per lo più con tempi molto ristretti » p.75); (ii) sviluppare negli attori del livello territoriale “intermedio” una maggiore consapevolezza del proprio ruolo; (iii) migliorare la lettura dei dati, cioè l’interpretazione, la capacità di connettere i dati e “farsi le domande giuste” per arrivare a definire le criticità del sistema locale, aggiungendo conoscenza empirica, capacità di lettura e prospettive differenziate.

Queste priorità consentirebbero di avere maggiore impatto su due aspetti: la reale partecipazione alla vita e allo sviluppo della comunità e la capacità di fornire elementi chiari, intellegibili, sintetici al livello politico, che è quello che in ultima istanza detta gli indirizzi di programmazione. Avere la forza, in sostanza, di guidare e fornire una base riconosciuta di conoscenza per orientare le risorse che la società locale mette in campo, nella programmazione del proprio sistema di servizi.

L’ipotesi operativa avanzata dalla Regione è che ove possibile, o dove non ancora presente, sia un soggetto istituzionale a svolgere nel contesto locale un ruolo di animazione territoriale, esercitando funzioni di “mediazione tecnico-organizzativa” fra vari soggetti istituzionali e non. Naturalmente per la Regione, nel nuovo sistema di governance locale, il livello territoriale “intermedio”, rappresentato politicamente dalla Conferenza Territoriale Sociale e Sanitaria, costituisce il “centro nevralgico” nello sviluppo delle politiche di welfare locali. In conclusione: è stato fin qui illustrato il percorso intrapreso dalla Regione, mediante l’adozione di nuovi strumenti per potenziare la governance locale. E si è visto mediante l’analisi dei Profili come le diverse provincie si siano attivate per riflettere su se stesse, sulle proprie criticità e potenzialità. Muovendoci tuttavia all’interno di un paradigma relazionale, è possibile ritenere sufficiente questa analisi?

Credo di no. E credo che per riuscire ad effettuare un’analisi dell’impatto di questi strumenti e di questi indirizzi in chiave relazionale, occorrerebbe sapere come questi strumenti abbiano inciso sulle relazioni stabili, non finalizzate unicamente in senso strumentale (la produzione del Profilo o dell’Atto di Coordinamento), modificandole e portandole ad una nuova consapevolezza (di questo si fa solo cenno nel rapporto finale della Regione, alludendo solo al numero e tipo di soggetti più o meno coinvolti). Nel rapporto finale della Regione, si dice che

potranno utilizzare le informazioni contenute nei Profili e svilupparle nel lavoro distrettuale. Ancora una volta però, non si aggiungono informazioni ulteriori sul piano dei processi e su come “curare” (nel senso della care) le relazioni, specie quelle di integrazione e lavoro congiunto tra operatori sanitari e sociali e reti della società civile.