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LA RICERCA EMPIRICA

III EQUIPE

II) Pratiche ricorrenti nelle relazioni tra volontari e famiglie

1) Progetto “Tana Liberi Tutti”.

Questo progetto denominato “Tana Liberi Tutti” ha visto coinvolte 9 famiglie firmatarie e 12 bambini di scuola elementare e materna. Tra le azioni previste, sono state realizzate attività di laboratorio creativo (con personale retribuito, presso i locali di un’associazione di volontariato), ma anche forme di cooperazione tra le famiglie per l’accompagnamento dei

129 In particolare si fa riferimento a: relazioni di avvio attività (la cui stesura è avvenuta sulla base di una traccia fornita

dall'amministrazione); relazioni di rendicontazione dell’attività inerente il primo semestre; verbali di riunioni, e moduli contenti i “patti di alleanza tra famiglie” compilati dai referenti dei gruppi come richiesto dal bando. Da ultimo, un articolo di giornale tratto da un quotidiano locale, su uno dei gruppi attivati. Naturalmente per la parte ricostruttiva del progetto sono stati utilizzati altri materiali quali il Bando e le delibere di Giunta.

130 In questo caso, l’intervista di gruppo è finalizzata a raccogliere risposte individuali da ciascuno dei singoli partecipanti in

relazione al progetto in essere, e al possibile contributo per la realizzazione del successivo evento programmato. A latere, è presente anche l’obiettivo di mettere in rete le diverse esperienze e facilitare la conoscenza tra i partecipanti. Alla luce delle finalità perseguite e delle modalità di conduzione scelta, questo tipo di intervista differisce notevolmente dalla tecnica dei focus group intesi come discussione tra un gruppo di persone in cui la rilevazione è basata e focalizzata sull’interazione tra i partecipanti. Secondo Corrao ( 2000, pp 14-17) l’intervista di gruppo o intervista “collettiva” (Trentini, 1995, p 30-32) si distingue dai focus group come riportato anche da altri Autori (Dawson et a. [1993:7]; Morgan [1988:9-10] Fideli e Marradi [ 1996:72]). Su questo stesso tema, Corbetta (1999, p.422) offre invece una visione unitaria di focus group e interviste di

bambini a scuola o per la realizzazione di attività, a turno presso i rispettivi domicili, a cura di un’educatrice (per alcuni giorni alla settimana).

L’adesione al bando nasce da «una solida rete di amicizia e sostegno di una serie di famiglie che per motivi legati anche alla frequentazione dei medesimi asili nido e scuole ha voluto impegnarsi cogliendo l'opportunità offerta dall'ente» (tratto dalla scheda progettuale).

La relazione tra amministrazione e famiglie è stata da subito connotata da una scelta importante da parte dell’ente, ovvero quella di applicare con maggiore flessibilità il criterio di appartenenza delle famiglie, allo stesso quartiere.

In una prima versione di avvio attività, le famiglie infatti segnalavano: « per rispondere ai requisiti del bando abbiamo dovuto sacrificare l’adesione di altre famiglie che pur frequentando le medesime scuole non appartenevano al medesimo quartiere e così non hanno potuto contribuire a sostegno della rete, ne beneficiare dell’opportunità». Successivamente, nella relazione di rendicontazione si coglie questo processo e il senso di una sussidiarietà basata su un rapporto di fiducia e autonomia laddove si legge: «abbiamo percepito lo spirito di fiducia da parte dell’ente sia nel momento della progettazione che in itinere, sia nel rapporto con gli uffici per cercare soluzioni idonee a problemi burocratici, sia nel momento del sopralluogo finale» e ancora « si è avuto la partecipazione anche delle famiglie al di fuori del quartiere grazie alla flessibilità del bando (molto apprezzata) e si è potuto così ampliare l’idea del mutuo aiuto».

Questo progetto in sostanza ha mobilitato da una parte, risorse educative retribuite che hanno fornito il necessario supporto per coordinare le azioni e le necessità di tante famiglie, e per svolgere i laboratori creativi; dall’altra parte, è stata messa in campo un’attività volontaria da parte dei genitori specie per l’accompagnamento dei figli e di altri bambini a scuola, e ad altre attività con una disponibilità a rotazione tra tutti i genitori coinvolti. Uno dei referenti descrive l’esercizio della sussidiarietà come utilizzo dei beni comuni a favore delle relazioni, specie quelle con difficoltà al proprio interno, valorizzando l’apertura del gruppo a famiglie con difficoltà.

«La nostra attività di mutuo aiuto si è realizzata nel recupero dei bimbi a scuola e nel successivo accompagnamento a casa, che è avvenuta attraverso una turnazione; gli aspetti più positivi sono stati la possibilità di aprire il gruppo a due famiglie in difficoltà in particolare una mamma che aveva numerosi problemi e l’abbiamo aiutata…mentre il secondo aspetto riguarda la possibilità di aver avuto accesso a degli spazi nel quartiere, è stato bello usufruirne, essere ospitati da una scuola avere questa possibilità anche se ci sono sicuramente cose da migliorare» .

2-3) Progetti “È il tempo dei ragazzi” e “Condividere per moltiplicare”, come esempi di progettazione partecipata all’interno di un condominio solidale.

Il progetto “È il tempo dei ragazzi” è stato realizzato in una frazione della città da parte di un gruppo di famiglie, due delle quali nel corso del 2011 hanno dato vita ad un “condominio solidale”, supportate da altre famiglie appartenenti ad un’associazione di promozione sociale che unisce in sé esperienze di condomini solidali, gruppi di condivisione e comunità territoriali131. I locali del condominio solidale (Corte Solidale Anna Micheli) sono stati pertanto aperti al territorio prevedendo in particolare l’organizzazione di un momento settimanale di tipo aggregativo per adulti e ragazzi, solitamente nel giorno del sabato pomeriggio. L’attività ha previsto la presenza volontaria e gratuita dei genitori nella gestione dello spazio e nella proposta di attività (che si sono svolte tra ottobre 2012 e giugno 2012). La logica che ha animato questo progetto è stata quella dell’apertura e dell’intreccio con il territorio ove questa recente esperienza comunitaria è stata avvitata; la finalità è quella di far diventare la Corte «luogo di gioco e relazione per bambini e ragazzi. Un’occasione per avviare o consolidare rapporti tra le famiglie di uno stesso quartiere che si colloca inoltre subito dopo la maggior parte dei gruppi di catechismo, fissati per il primo pomeriggio del sabato assicurando a famiglie e ragazzi la possibilità di proseguire insieme la giornata. Dall’altra parte si offre ai genitori l’opportunità di ritagliarsi tempo libero contando sull'aiuto di altri genitori, che a turno assicurano una presenza di sorveglianza educativa» (tratto dalla relazione avvio attività).

Lo stesso gruppo ha partecipato al Bando sviluppando un altro progetto, che si inserisce nella

vision complessiva di protagonismo e soggettività sul territorio, che è il progetto denominato

“Condividere per moltiplicare” che ha previsto la realizzazione di due azioni: la condivisione di beni materiali ( e lo scambio di vestiti, libri e altro) e la condivisione di competenze mediante la realizzazione di laboratori gestiti dai genitori (cucina, orto).

Il primo progetto ha visto otto famiglie firmatarie (sei in più rispetto ai soli abitanti della Corte solidale proponenti iniziali della partecipazione al Bando), mentre il secondo ha

131 Si tratta di Mondo di Comunità e Famiglia (MCF), sorta nel 2003, è l’associazione di promozione sociale che a livello

nazionale collega le diverse esperienze e realtà regionali, come quella dell’Emilia Romagna, presente dal 2006 attraverso l’Associazione di Comunità e Famiglie (ACF) iscritta all’albo delle associazioni di volontariato regionale. Essa rappresenta l’interfaccia giuridica che si pone come garante tra i proprietari di un’immobile, le amministrazioni pubbliche, le autorità ecclesiastiche e le persone che vogliono realizzare il proprio progetto di vita condivisa, mediante la stipula di contratti sui beni che vengono poi affidati alle famiglie. I condomini solidali sono comunità di comunità, ovvero famiglie che riconoscendo di non bastare a se stesse decidono di vivere in maniera solidale in un rapporto di vicinato e di scambio non rinunciando naturalmente alla propria autonomia abitativa e di vita. Oltre a queste esperienze, l’associazione ACF raggruppa esperienze di comunità territoriali e co-housing. In provincia di Parma è sorto un progetto di co-housing denominato Ecosol che coinvolge tredici famiglie, che hanno scelto e progettato le loro abitazioni, realizzato luoghi comuni di abitazione, aderito a gruppi di acquisto solidale e organizzato attività comuni di gestione dei bambini e delle diverse esigenze familiari.

aggiunto un’ ulteriore famiglia firmataria (per un totale di 9). Tutti i partecipanti alle iniziative svolte sono stati inoltre invitati a lasciare il proprio nominativo al fine di essere inseriti in una

mailing list ove poter inviare i programmi di altre iniziative. Un dato interessante è che ad

oggi, si contano circa 40 nominativi. Altri indicatori di risultato sono l’utilizzo delle risorse economiche del Bando solo per le spese di materiale, coordinamento e forfeit, mentre non sono state utilizzate risorse economiche per personale educativo. Tutti i turni e le attività sono state svolte gratuitamente dai genitori.

Nella rendicontazione dell'attività del primo semestre si dice inoltre che «grazie al progetto, la ricorrenza del carnevale ha accolto in una sola festa, le realtà del paese che fino all'anno scorso organizzavano tre differenti momenti (parrocchia, circolo ARCI, associazione amici di Panocchia)».

Si tratta pertanto di progettualità che si sono avviate all’interno di un contesto di relazioni già orientato da finalità solidaristiche e sussidiarie. Quello che emerge con grande evidenza è la risposta della comunità locale che ha colto, in questo spazio fisico e relazionale, le potenzialità per realizzare idee e fare cose insieme. In quest’esperienza fare parte del gruppo assume il doppio significato dell’appartenenza alla corte solidale e alla comunità, in un intreccio di relazioni che consentono di realizzare servizi che definirei a tutti gli effetti

relazionali. Come vedremo nei risultati di ricerca, mantenere insieme una rete così ampia

richiede con molta consapevolezza anche un ruolo di coordinamento forte, che le famiglie chiedono possa essere supportato dall’ente.