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Il graduale aumento dei poteri: dal Trattato di Lussemburgo al Trattato di Lisbona

3. IL PARLAMENTO EUROPEO TRA VOCAZIONE RAPPRESENTATIVA E ASIMMETRIA

3.1 IL PARLAMENTO EUROPEO: STORIA ED EVOLUZIONE

3.1.2 Il graduale aumento dei poteri: dal Trattato di Lussemburgo al Trattato di Lisbona

Il parlamento europeo è probabilmente l’istituzione Europea che si è evoluta maggiormente nel corso del tempo: assemblea designata e con poteri meramente consultivi in origine, oggi è eletta a suffragio universale e riveste il ruolo di co-legislatore insieme al Consiglio.

Curiosamente questo ampliamento del ruolo istituzionale del parlamento Europeo non è andato di pari passo con una crescita del supporto da parte dei cittadini europei.

Nelle ultime elezioni del Parlamento Europeo, tenutesi tra 24 e 25 maggio 2014, solo il 42,6 %329 degli elettori si è infatti recato alle urne. Al di la di vittorie, sconfitte, ascese e discese di

varie forze elettorali, il vero dato è che in Europa si vota sempre di meno. A parte i due Paesi in cui vige l’obbligo di voto, Belgio e Lussemburgo, sono stati solamente cinque gli Stati Membri in cui ha votato la maggioranza degli elettori. Dato questo che conferma il trend negativo della partecipazione dei cittadini alle elezioni europee: nelle elezioni del 2009 infatti i votanti erano stati circa il 42,9%, nel 2004 il 45,4%, nel 1999 il 49,5 e così via330, fino

ad arrivare al 1979 dove l’affluenza si attestava intorno al 61,9%. Stando ai dati sembra che tra potere politico del parlamento europeo e partecipazione dei cittadini ci sia una relazione inversamente proporzionale: tanto più aumenta il potere dei primi, tanto più diminuisce la partecipazione dei secondi.

Cerchiamo allora di sciogliere questa apparente contraddizione esaminando l’evoluzione del ruolo del parlamento europeo nel tempo, soffermandoci in particolar modo sulla questione elettorale e sulla reale portata democratica di tale istituzione.

A permettere l’empowerment del PE hanno concorso due fattori principali331: le riforme dei

trattati e l’azione della corte di giustizia relativamente ai poteri legislativi delle istituzioni europee; senza dimenticare poi l’importanza che in tale contesto ha avuto l’evoluzione del regolamento del PE in risposta ai cambiamenti dei trattati e agli innovativi indirizzi della corte.

Nei trattati di Roma i poteri del parlamento europeo erano assai limitati: i governi degli stati membri avevano configurato infatti questa istituzione come una camera di controllo che sarebbe stata sì consultata dai governi sulla legislazione, ma il cui parere sarebbe comunque potuto essere tranquillamente ignorato332.

Un primo inequivocabile segnale di rafforzamento del ruolo del parlamento lo si ha negli anni Settanta. Il PE in questi anni ottenne infatti un primo potere di controllo sul budget comunitario, potere inizialmente limitato alle spese cosiddette “non obbligatorie” (che escludevano quelle sostanziali della Politica Agricola Comune). Nel 1975 poi questo

329 Fonte: TNS/Scytl in collaborazione con il Parlamento europeo

http://www.europarl.europa.eu/elections2014-results/it/turnout.html

330 1994, 56,7%; 1989 58,41%; 1984 58,98; 1979 61,99% Fonte: TNS/Scytl in collaborazione con il Parlamento

europeo http://www.europarl.europa.eu/elections2014-results/it/turnout.html

331 Hix S., Bjørn H., Empowerment of the European Parliament, , in “Annu. Rev. Polit. Sci”, vol.16, pp. 171-189.

Downloaded from www.annualreviews.orgn by London School of Economics and Political Science on

05/16/13.

controllo venne esteso fino a comprendere il diritto di approvare il budget della Comunità nel suo complesso e i rendiconti di fine anno. Come è noto nella storia dei parlamenti nazionali, anche per il Parlamento Europeo il controllo sul budget negli anni si rivelò un potente strumento di negoziazione con le altre istituzioni, spesso impiegato per ottenere maggiori poteri in altri ambiti333.

Una svolta fondamentale avvenne certamente nel 1979 con l’introduzione dell’elezione diretta, di cui ci riserviamo però di parlare in seguito; possiamo anticipare che, nonostante a essa non si accompagni alcun aumento formale dei poteri del PE, la nuova legittimazione democratica conferì al Parlamento una maggiore autorevolezza al livello istituzionale. Il Parlamento iniziò dunque a concepirsi come il motore democratico dell’integrazione europea e a cercare di ampliare i propri poteri334

Una prima dimostrazione di forza in tal senso arrivò nel 1980, quando l’Assemblea di Strasburgo portò il Consiglio davanti alla corte di Giustizia Europea per aver adottato un atto legislativo prima che il parlamento avesse espresso formalmente il suo parere. La Corte di Giustizia Europea335 annullò l’atto in quanto, nonostante l’opinione del Parlamento non

fosse allora vincolante, essa a giudizio della Corte era comunque da considerarsi parte integrante del processo legislativo.

Nel 1986 poi l’Atto Unico Europeo (AUE) introdusse due nuove procedure legislative che rafforzarono ulteriormente il ruolo del Parlamento: la procedura di cooperazione e il parere conforme.

La procedura di cooperazione di fatto aggiungeva una seconda lettura alla procedura di consultazione336. Interessante in questo contesto fu il ruolo che venne attribuito alla

Commissione, il cui supporto divenne decisivo per la scelta delle regole di votazione nel Consiglio: se la commissione supportava la proposta parlamentare infatti la proposta del Consiglio poteva essere adottata solo a maggioranza qualificata. Per il Consiglio a questo punto diveniva più semplice accettare la proposta del Parlamento piuttosto che rigettarla o emendarla.

333 Polin R., Vita di PE: l’evoluzione storica del Parlamento Europeo e dei suoi poteri in Europee 2014, in De Sio L,

Emanuele V., Maggini N. (a cura di), Le Elezione Europee 2014, CISE Centro Italiano Studi elettorali, 2014 pp.

25-30, http://cise.luiss.it/cise/wp-content/uploads/2014/07/DCISE6_25-30.pdf

334 Polin R.,, Vita di PE, pp.25-30

335 Corte Giust., 29 Ottobre 1980. C-138/79. Roquette frères c. Consiglio delle Comunità europee. European Court

Reports 1980 -03333

Il parere conforme, invece, impiegato tutt’oggi per l’approvazione di trattati internazionali o per l’adesione di nuovi stati membri, rese necessaria l’approvazione degli atti da parte del Parlamento, consegnandogli dunque potere di veto337

Per quanto riguarda i poteri legislativi il vero balzo in avanti fu però rappresentato dall’introduzione della procedura di co-decisione, decisa a Maastricht nel 1992; questa aggiunse un’ulteriore fase, il c.d “comitato di conciliazione”, alla già citata procedura di cooperazione. La procedura di co-decisione prevedeva infatti, laddove nemmeno in seconda lettura Consiglio e Parlamento fossero stati in grado di trovare un compromesso, il provvedimento passasse alla camera di conciliazione, composta da rappresentanti dei due organi in ugual numero. Qualora non si fosse raggiunto un compromesso nemmeno all’interno di tale comitato, il Consiglio aveva la possibilità di reintrodurre il proprio testo iniziale, che il Parlamento poteva respingere solo a maggioranza assoluta.

Questo in altre parole conferì al parlamento un potere di veto, nel senso che nessun atto legislativo sottoposto alla procedura di co-decisione poteva essere adottato a meno che il parlamento non fosse stato d’accordo. Con il Trattato di Maastricht al Parlamento fu poi riconosciuto il diritto di invitare la Commissione a presentare proposte legislative su questioni che esso ritenesse di particolare importanza; inoltre, qualora la Commissione non ritenesse di dare seguito alla richiesta del Parlamento, fu stabilito essa fosse tenuta a giustificare tale decisione davanti all’Assemblea. Al Parlamento vennero inoltre garantiti importanti poteri in merito alla procedura di investitura della commissione, ottenendo questo il diritto di essere “consultato” sulla scelta del Presidente della Commissione e di votare la fiducia alla Commissione nella sua interezza, oltre al potere di nominare il presidente della Banca Centrale Europea, l’Ombusdman e il Collegio dei Revisori.

A seguito di queste riforme il Parlamento modificò il suo regolamento, rafforzando il ruolo gruppi politici più importanti alle spese dei piccoli gruppi e dei membri individuali338. Venne

poi introdotto l’articolo 78, che prevedeva che i parlamenti avrebbero automaticamente votato il rigetto della legge, qualora il Consiglio avesse reintrodotto la sua proposta iniziale in seguito al fallimento del comitato di conciliazione339.

Il ruolo di co-legislatore del parlamento venne successivamente rafforzato dal trattato di Amsterdam che estese la procedura di co-decisione da 15 a 32 aree di policy (37 con il trattato di Nizza); la procedura venne inoltre semplificata con l’eliminazione del diritto per il

337 Ibidem

338 Kreppel A., The European Parliament and Supranational Party System, Cambridge University press, 2002 pp. 91-

120

339 Hix S.., Parliamentary Behaviour with two Principals: Preferences, Parties and Voting in the European Parliament, in

Consiglio di reintrodurre il proprio testo iniziale qualora non si raggiungesse un compromesso all’interno del Comitato di Conciliazione. Questa innovazione di fatto si limitò ad allineare i trattati alla pratica già in vigore, visto che il Parlamento, come visto poc’anzi, nei propri regolamenti interni si era già impegnato a rigettare il testo del Consiglio ogni qual volta esso venisse ripresentato nella forma “prendere o lasciare”340. La nuova

versione della procedura, che molti teorici indicano con il termine “co-decisone II” aprì la possibilità dell’adozione della legislatura in prima lettura, nel caso sia Parlamento che Consiglio adottino una proposta della commissione senza emendarla, o se entrambe le istituzioni adottino i medesimi emendamenti. Al tempo questo sembrava essere un cambiamento minore, ma nel giro di pochi anni l’adozione della legislazione in prima lettura è divenuta la norma. L’adozione di un numero così alto di atti legislativi con una sola lettura nelle commissioni e un solo dibattito nella plenaria ha fatto emergere questioni normative su quanto il parlamento europeo ed i parlamenti nazionali effettivamente abbiano un potere di controllo sulla legislazione europea341. Il grande volume di accordi adottati in prima

lettura, infatti, inevitabilmente nasconde scenari chiave che si svolgono dietro le quinte tra MEP e i governi chiave in consiglio, diviene così sempre più difficile identificare chi ottiene cosa, quando e come.

Con il Trattato di Amsterdam venne inoltre formalizzato il potere di veto del Parlamento sulla nomina del Presidente della Commissione.

Infine, l’ultima grande riforma dei trattati europei, è stata quella negoziata a Lisbona nel 2009.

Le novità introdotte con il trattato furono essenzialmente due. In primo luogo la procedura di co-decisione divenne la procedura ordinaria, oggi viene infatti usata in tutte le aree di legislazione europea, con sole pochissime eccezioni; la seconda novità fu l’introduzione di una disposizione che prevede l’elezione del Presidente della Commissione avvenga sulla base di una proposta del Consiglio che tenga conto delle elezioni del Parlamento (art. 17 TEU). L’impatto dell’introduzione di tale disposizione sembra però sia stato sopravvalutato, tanto dai detrattori quanto dai sostenitori di tale opzione342, i quali non hanno tenuto in

considerazione il quadro generale all’interno del quale questa si andava ad inserire. Se infatti l’Unione Europea da un lato si configura come una democrazia rappresentativa, in quanto il risultato elettorale conta, dall’altro non si può ignorare che la sovranità dei cittadini non

340Ibidem

341 Polin R., Vita di PE: pp.25-30

342 Tosato G.L., Matarazzo R., Should European Parties Propose a Candidatefor European Commission president.?, G.

Bonvicini (ed.), Democracy in the EU and the Role of the European Parliament, A Study and a Call, Istituto Affari Internazionali, Rome, March 2009 pp. 64-65

solo è mediata dai rappresentanti all’interno del Parlamento Europeo, ma viene anche limitata dal potere di proposta del Consiglio Europeo343. Infine, va sottolineato che le

candidature alla presidenza della Commissione emergono dai partiti politici europei dove coloro che sono in grado di influenzare maggiormente tale decisione sono gli stessi che siedono al Consiglio Europeo, ognuno con riferimento al rispettivo partito344. In sintesi, il

Presidente della Commissione formalmente viene eletto dal Parlamento Europeo, su proposta del Consiglio Europeo, tenendo conto del risultato elettorale delle elezioni per il Parlamento in occasione delle quali i partiti politici europei dovrebbero designare un loro candidato (anche sotto l’influenza dei leader politici che siedono all’interno del Consiglio Europeo).345

Non sembra dunque essere così scontato che la nuova procedura di elezione del Presidente della Commissione da sola sia in grado di realizzare un vero salto qualitativo del quadro istituzionale europeo. Qualsiasi aspettativa di questo tipo tradisce una visione non molto realistica dei rapporti cittadini–istituzioni europee e una fiducia forse eccessiva nelle reazioni dell’elettorato346.

Alla luce di quanto detto sin ora emerge come i trattati riconoscano ormai l’irrinunciabilità del ruolo del Parlamento in un’Unione il cui funzionamento si basa, ex articolo 10, sulla democrazia rappresentativa;

Non dobbiamo però dimenticare che se il parlamento ha chiesto ed è riuscito ad ottenere sempre più poteri questo è avvenuto soprattutto grazie al passaggio da istituzione designata a istituzione eletta direttamente e a suffragio universale, passaggio che ha conferito alle richieste del parlamento un’autorevolezza che le altre istituzioni non hanno potuto ignorare. Il PE dunque da Parlamento rappresentante di stati diventa il Parlamento che rappresenta i cittadini dell’unione. Questo è stato possibile non solo grazie all’evoluzione dei trattati, che ne hanno ampliato sempre più il potere legislativo, o grazie alla giurisprudenza della corte che ne ha rafforzato la posizione rispetto alle altre istituzioni e ma anche grazie a un abile uso delle proprie Regole di procedura interne 347 oltre che da importanti vittorie politiche

ottenute sul campo.

343Gratteri A., Parlamento e Commissione: il difficile equilibrio fra rappresentanza e governabilità nell’Unione Europea, in “La

comunità Internazionale”, Vol. 62: 2, pp. 258 ss.

344 Incerti M., Never Mind the Spitzenkandidaten: It’s All About Politics, in CEPS Commentary, 6 giugno 2014, in

www.ceps.eu

345 Gratteri A., Parlamento e Commissione, pp. 258 ss.

346 Bardi L, Katz R.S, Mair P., Verso una politica europea, in Rivista italiana di scienza politica, 2011, p. 347 ss 347 Kreppel A., The European Parliament and Supranational Party System, cit. pp. 91-120