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La lunga strada verso le elezioni dirette

3. IL PARLAMENTO EUROPEO TRA VOCAZIONE RAPPRESENTATIVA E ASIMMETRIA

3.1 IL PARLAMENTO EUROPEO: STORIA ED EVOLUZIONE

3.1.3 La lunga strada verso le elezioni dirette

Il gene del principio dell’elezione diretta emerse sin dall’Assemblea Comune della CECA348: questa veniva infatti ipotizzata già nell’art 21 del Trattato CECA, anche se veniva

poi lasciata libertà agli stati di membri di scegliere di seguire tale principio o inviare membri del parlamento nazionale, opzione quest’ultima, come visto nel precedente paragrafo, quella preferita dagli Stati Membri.

Il principio di elezione diretta venne poi ripreso dai trattati di Roma del 1957, in particolare l’art. 138 affidava all’assemblea stessa il compito di elaborare progetti intesi a permettere l’elezione a suffragio universale diretto secondo una procedura elettorale uniforme per tutti gli stati. La portata dell’articolo 138 risultava però assai limitata: da un lato dalla clausola che richiedeva l’approvazione unanime del Consiglio dei ministri, dall’altro dal fatto che le competenze dell’assemblea parlamentare e le modalità di elezione erano rinviate alla legislazione comunitaria.

Questo ruolo del Consiglio impedì per molto tempo all’assemblea di adottare una decisione volta all’adozione di una procedura per l’elezione diretta, in quanto i governi degli stati membri, guardando con una certa diffidenza all’introduzione di elementi sovranazionali, preferivano il metodo intergovernativo. Inoltre un’elezione a suffragio universale avrebbe legittimato l’assemblea a chiedere sempre maggiori poteri, e questo è un rischio che i governi nazionali non volevano correre349.

Nonostante i numerosi ostacoli i membri dell’assemblea si adoperarono sin da subito in tal senso: il 22 ottobre 1958 venne costituito un gruppo di lavoro per le elezioni europee guidato dal belga Fernand Dehousse, all’interno della commissione per gli affari politici e le questioni istituzionali. Il progetto Dehousse, presentato nel febbraio 1960, da molti venne criticato in quanto considerato troppo moderato: nonostante riconoscesse che l’elezione diretta avrebbe avvicinato l’opinione pubblica alle istituzioni europee 350 , adottava

comunque soluzioni piuttosto prudenti, trasformando la ‘procedura elettorale uniforme’ prevista dai Trattati in semplici ‘principi comuni’. Venne previsto inoltre un regime

348 Di Gianbattista L., Gianniti L., Il parlamento Europeo: composizione, organizzazione, funzioni, in “Il sistema

Parlamentare” di Lupo N, Manzella A. (a cura di), Giappichelli, Torino, 2012

349 Bardi L., Ignazi P., Il parlamento europeo, il Mulino, Bologna, 2004 cit. pp.9-51 350 Ibidem

transitorio per il quale un terzo dei deputati dell’Assemblea era scelto tra i deputati nazionali, con possibilità di cumulare i due mandati351. Il progetto tuttavia, nonostante le

cautele adottate, venne e respinto: per tutti gli anni Sessanta a causa delle politiche ostruzionistiche poste in essere dal governo gaullista, nei primi anni Settanta per l’opposizione delle new entry Inghilterra e Danimarca.

La situazione si sbloccò solo nel 1974, in occasione del vertice di Parigi, nel corso del quale si adottò la decisione di indire le prime elezioni dirette per l’anno 1978, slittate poi, su richiesta inglese, al 1979. Decisiva in questo caso fu l’iniziativa del Presidente francese Valery Giscard d’Estaing, la cui elezione nel marzo del 1974 portò a un ammorbidimento dell’atteggiamento francese.

A questo punto è interessante capire quale siano state concretamente le ragioni che portarono la questione dell’elezione diretta del PE a sbloccarsi.

Nel corso degli anni Settanta, con il passaggio dall’integrazione negativa a quella positiva, si iniziò ad avvertire un sempre minore supporto popolare al processo di integrazione. In un momento in cui l’azione comunitaria entrava sempre più nelle vite dei cittadini, includendo politiche comuni in campo industriale, regionale, sociale e progetti di unificazione monetaria, si sentì dunque l’esigenza di correggere il rapporto tra istituzioni europee e opinione pubblica. Dopo il via libera del vertice di Parigi, il 14 gennaio 1975 il parlamento approvò un nuovo progetto di convenzione presentato dall’eurodeputato Olandese Patijin che prevedeva un Parlamento eletto direttamente per una legislatura di cinque anni. Dal progetto Patijin352 scaturì l’atto del consiglio dei ministri del 20 settembre 1976. Questo

stabiliva il periodo entro il quale si dovevano tenere le elezioni, le norme provvisorie da adottare, e attribuiva al parlamento il compito di elaborare un progetto per risolvere la questione della procedura uniforme.

In attesa dell'introduzione di un sistema elettorale uniforme, che in teoria sarebbe dovuto essere pronto in tempo per la seconda elezione, per il periodo transitorio sarebbero stati applicati i sistemi elettorali nazionali

351 Pasquinucci, D, Verzichelli L., Elezioni europee e classe politica sopranazionale 1979- 2004, Il Mulino, Bologna,

2004, pp. 23

352 Secondo tale progetto le elezioni si sarebbero svolte in tutta la Comunità negli stessi tre giorni

ed il doppio mandato parlamentare era ammesso ma non incoraggiato.

Rimaneva a descrizione degli stati l'età minima degli elettori e dei candidati, i criteri per la copertura dei seggi resisi vacanti, le norme per i partiti politici e le condizioni applicate ai deputati europei. Nell'attesa dell'entrata in vigore della procedura

elettorale uniforme, sarebbe stato il Parlamento a decidere in merito alla verifica delle credenziali

dei membri. V.

La relazione Patijn si è dimostrata sufficientemente pragmatica per gli Stati membri, tanto da essere utilizzata come base per i negoziati in seno al Consiglio. L'ostacolo più grande al raggiungimento di un accordo continuava a essere, tuttavia, il rifiuto da parte del governo britannico di adottare un sistema elettorale di tipo proporzionale, in cui i seggi al Parlamento europeo rispecchiassero complessivamente i voti espressi alle urne.

Dopo un cammino piuttosto travagliato si arrivò finalmente alle prime elezioni a suffragio universale nel giugno del 1979, svoltesi però con sistemi elettorali piuttosto disomogenei tra loro: tutti gli stati adottarono un sistema elettorale proporzionale, tranne il regno Unito che anche alle elezioni europee applicò il sistema di elezione del parlamento nazionale, fondato sui collegi uninominali.353