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Greco e latino “prezzemolo”

Giovanni Gentile: studia humanitatis e formazione dello spirito

2.2 Greco e latino “prezzemolo”

Occorreva, in linea con il principio idealista di Gentile, che le isti- tuzioni preposte all’educazione dei giovani, “destinati” a divenire le guide future della società, fossero «poche, ma buone», o meglio «po-

che, ma scuole»12; occorreva, di conseguenza, che fosse ridotto il nu-

mero degli studenti liceali e anche di quelli universitari. Un principio fondamentale seguito dalla Commissione che, fra il 1910 e il 1914, la- vorava al fine di tracciare un disegno di riforma scolastica che inclu- desse anche l’istruzione superiore, universitaria appunto. Si insisteva nell’evidenziare, infatti, che proprio l’Università risentiva del clima diffuso fra i ginnasi-licei, dove il principio dell’utile e del pratico ave- va inquinato la natura culturale e profondamente liberale che da sem- pre aveva costituito la linfa vitale degli studi classici. Con la riforma Gentile il liceo classico accresceva ancor più la sua caratteristica di scuola elitaria, così come era stata pensata da Casati, di scuola in cui dovevano obbligatoriamente essere esclusi gli incapaci e coloro che rincorrevano solo un diploma. Il liceo classico, in altri termini, accre- sceva il carattere di scuola aristocratica, di formazione totale dello spi- rito, di scuola che, grazie alla mescolanza di lingua e cultura classica, di insegnamento liberale scevro da ogni preoccupazione utilitaria, ren- deva possibile la piena acquisizione della dimensione interiore di cia- scun allievo. E, come in Casati, il liceo classico tornava ad essere la “Scuola” con la S maiuscola, l’unica scuola che permetteva l’iscrizio- ne a tutte le facoltà universitarie. Prova della volontà di riportare il li- ceo ai vecchi allori era di fatto l’approvazione del decreto n. 564 che aboliva il ramo linguistico moderno.

Seguendo i vettori della severa selezione, l’acquisizione della ma- turità richiedeva allo studente un impegno costante e un’applicazio- ne seria per superare le numerose prove d’esame che iniziavano già

dall’ammissione alla prima classe ginnasiale13, in cui la lingua latina

12Si rimanda per un ulteriore approfondimento sul tema al citato volume di Dina

Bertoni Jovine, che dedica all’argomento un intero paragrafo (pp. 222-234).

13La prova di ammissione era prevista per tutti gli indirizzi delle scuole medie, ec-

ricopriva il monte ore più alto fra tutte le discipline: otto ore setti- manali, rispetto alle sette della lingua italiana, ad un’ora di matema- tica e alle cinque di storia e geografia, raggruppate in un’unica ma- teria d’insegnamento nei cinque anni del ginnasio, nei corsi inferiori dell’istituto tecnico e dell’istituto magistrale, e nel triennale liceo femminile.

Gentile, nel tracciare le linee della riforma della scuola media nel 1923, diede prova di un vasto riordinamento: infatti, sul piano didatti- co la novità fu rappresentata dalla proposizione di piani di studio “li- beri”, nei quali si insisteva esclusivamente sul fine che un dato inse- gnamento doveva proporsi e non sugli elementi programmatici che l’insegnante era costretto passivamente a seguire. Fiducia piena era ri- conosciuta al corpo degli insegnanti tanto che, quanto ai programmi e all’organizzazione didattica, si decretò che «In ciascun istituto, alla fi- ne dell’anno scolastico e non più tardi del 30 giugno, il Collegio dei professori sceglierà, su proposta del professore della classe e della ma- teria, i libri di testo e stabilirà, inoltre, la parte dei programmi da trat- tare nelle singole classi, per le singole materie, in modo tale che al ter- mine del corso gli alunni siano pronti a sostenere l’esame prescritto. Per ciò che riguarda la scelta dei libri di testo la proposta del compe- tente professore si intenderà approvata dal Collegio quando abbia rac-

colto i suffragi favorevoli d’un terzo dei votanti»14.

Si riconoscevano al docente la competenza necessaria per adempie- re al suo compito pedagogico, la capacità di stabilire da sé i principi didattici cui ispirarsi nella pratica scolastica e, di conseguenza, l’atti- tudine a sviluppare in un idoneo progetto educativo i principi orienta- tivi tracciati nelle indicazioni ministeriali.

I programmi d’esame, che portano il nome del filosofo siciliano, si presentano come il logico esito di una concezione ideologica e peda- gogica, secondo la quale il liceo-ginnasio doveva ergersi come la scuo- la in cui il carattere umanistico si arricchisse grazie alla comunione con quello storico. Recitava, a tal proposito, le Avvertenze ai program- mi d’esame della 4ª ginnasiale che «Fin dall’inizio il liceo-ginnasio dev’essere un istituto di coltura umanistico-storica: prepara agli alti uf- fici della vita civile, alle professioni libere, alla vita politica, prepara da lontano, preparando l’uomo: l’uomo morale, che è a suo posto nel- la Storia, e perciò, sa il travaglio faticoso dell’umanità dalla spelonca in cui visse selvaggio a quella civiltà che non consiste nei perfeziona-

menti tecnici così appariscenti nella nostra vita moderna, fino al pun- to di apparire fini e non mezzi, ma consiste nella più profonda comu- nione di animi, nel più profondo senso della libertà e del dovere uma- no, nella più profonda coscienza della propria personalità. L’insegna- mento umanistico, senza perdere il suo carattere estetico, deve, perciò, farsi più storico. L’uomo è personalità in quanto si esprime ed intende l’espressione e, quindi, comunica, e comunicando si accomuna con gli altri uomini».

Quanto al latino e, a partire dal quarto anno del ginnasio, quanto al greco, tale principio si traduceva in una metodologia operativa con il doppio scopo di rafforzare il senso storico, possibile in seguito a una profonda conoscenza del mondo antico, e di fare dell’insegnamento linguistico non il campo per vaghe investigazioni formali, bensì lo strumento per conoscere il mondo reale e interiore dell’artista. Il rifiu- to del formalismo, del grammaticalismo, delle quisquiglie grammati- cali, delle analisi formali fini a se stesse, dell’inutile sforzo mnemoni-

co15rispecchiava bene la finalità di contestualizzare storicamente l’in-

segnamento classico. E, al contempo, di esercitare e potenziare le abi- lità lessicali attraverso la chiarezza e attraverso quella logica che è an- che logica di pensiero dal momento che «l’espressione non è vaghez- za del reale, ma essenza della spiritualità». Di conseguenza, è necessa- rio che «il candidato si sappia esprimere bene», dal momento che è ciò,

infatti, «la prima cosa che l’esaminatore richiederà»16.

Le medesime indicazioni appaiono palesemente confermate, anzi rinsaldate, anche per il greco, considerato idem et continuum del lati- no; ancor di più e più chiaramente il nucleo dell’insegnamento era la lettura dei testi che «deve sempre più distaccarsi dal puro esercizio di traduzione per essere presentazione della vita classica nel suo spirito e nei suoi istituti»17.

15Si legge nelle Avvertenze: «Nell’esame di latino, […], conviene [..] immergersi

nel mondo classico, quale vive nei testi degli scrittori antichi, senza più preoccupazio- ni di astratta grammatica. […] Di essi (dei testi letti) il candidato deve esporre soprat- tutto il contenuto, per evitare quello sconcio, oggi così comune, che giovanetti che han- no tradotto pagina per pagina il loro Cornelio e il loro Fedro, non sanno poi di che co- sa parlino!».

16Ibidem: «Ma, anche l’esaminatore deve sapersi esprimere. È un suo dovere mo-

rale. Chiarezza di domande, chiarezza di risposte. Ed insieme, senso della bellezza di ciò che si è letto. Ma questo senso non può venire se non dall’intendere ciò che si è letto, dal rivivere la vita dello scrittore nella sua pienezza».

17Avvertenze ai programmi d’esame di ammissione alla 1ª classe liceale (R.D. 14

«Ogni educazione umana consiste nella formazione dell’uomo,

cioè dello spirito»18. Da simile principio pedagogico – amava ripetere

Gentile – scaturiva l’impostazione di un percorso formativo finalizza- to allo sviluppo e al potenziamento delle qualità spirituali di ciascun individuo. Erano, dunque, le discipline umanistiche, quali in particola- re il latino, il greco e la filosofia, a ricoprire il fulcro dell’attività di- dattica, grazie alle specifiche caratteristiche ad esse riconosciute nello svegliare quanto di più intimo risiedeva nell’uomo e nel determinare l’acquisizione di un solido giudizio critico. In ragione di ciò e del con- seguente prestigio che Gentile riservava alle lingue classiche, la triade latino-greco-filosofia, in particolare il latino, imponeva la propria pre- ponderante presenza fra le discipline di tutti gli indirizzi secondari, ec- cezione fatta per la scuola complementare, a carattere dichiaratamente professionale di avviamento al lavoro, che seguiva alla scuola elemen- tare e di cui mirava a “completare” la preparazione.

L’ordine degli studi medi, di quegli studi mediani e di snodo fra l’i- struzione elementare e quella universitaria, che Gentile preferì deno- minare appunto «istruzione media» e non «istruzione secondaria», nel- l’impostazione definita dal filosofo non faceva altro che riproporre nelle linee fondamentali le disposizioni della legge Casati: si ribadiva, infatti, la distinzione fra istituti che consentivano l’accesso a tutte le fa- coltà universitarie e scuole professionalizzanti, destinate cioè a elargi- re preparazione per svolgere una determinata professione, nonché la divisione interna di gradi, inferiore e superiore. Oltre al ginnasio-liceo, unica istituzione scolastica che potesse introdurre all’università e che con Gentile rafforzava la sua natura elitaria, il nuovo ordinamento ten- tava di dare risposta alla crescente domanda di istruzione post-elemen- tare attraverso una capillare opera di riforma dei vari indirizzi secon- dari.

Si ridefiniva, in particolare, l’istruzione tecnica19con una struttura

in istituto tecnico inferiore e istituto tecnico superiore entrambi di quattro anni; si prevedeva la creazione degli istituti magistrali per la

formazione dei maestri; nascevano il liceo femminile triennale20e il li-

18G. Gentile, La nuova scuola media, Vallecchi Editore, Firenze 1925, p. 28. 19La riforma Gentile aveva elevato a cinque anni la scuola elementare e a quattro

anni il corso inferiore dell’istituto tecnico. Ciò significava che la preparazione dei gio- vani, nel momento di iscriversi al corso superiore dell’istituto tecnico, era senza dub- bio più solida.

20Il liceo femminile viene istituito con il R.D. 6 maggio 1923, n. 1054 (Titolo I,

ceo scientifico, sorto da una formale metamorfosi della sezione fisico-

matematica dell’istituto tecnico21.

L’istituzione del liceo scientifico e del liceo femminile rispondeva al progetto di creare alternative valide al liceo classico. Se in parte ciò si verificò per il liceo scientifico, soprattutto in seguito alla soppres- sione della sezione moderna dei licei, la medesima aspettativa fu total- mente delusa dalla creazione del liceo femminile. Tale istituzione, in- fatti, consentiva alle ragazze appartenenti ai ceti alti il completamento culturale dei quattro anni di scuola media di primo grado, senza tutta- via rilasciare alcun diploma professionalizzante né la possibilità di iscriversi ai corsi universitari. Era pensata come scuola senza un reale sbocco e, proprio per tale ragione, ebbe vita assai breve. Già nell’anno scolastico 1928-’29 tutti i licei femminili attivati nell’intero territorio erano stati soppressi, a riprova del fallimento della scuola e della for- mazione che dispensava. Fu l’effetto di «un errore da siciliano», come

osò definirlo Prezzolini nel 192522.

Nell’ordinamento gentiliano, emanato in regime di pieni poteri, co- sì come la legge Casati, venne riproposta la struttura centralistica e classicocentrica della scuola sabauda. Il confronto è funzionale al no- stro tema, in quanto svela quanta autorità ricoprissero per il filosofo si- ciliano l’istruzione classica e la scuola classica «la quale, per il suo va- lore nazionale ed educativo, avrà una netta preminenza sulle altre scuo-

le destinate alla formazione dello spirito degli alunni»23.

Nei pochi mesi impiegati per l’attuazione dei provvedimenti di riforma, l’istruzione media risultava organizzata secondo criteri pale- semente conservatori e rispondenti a precise e dichiarate esigenze so- ciali e ideologiche: Gentile si adoperò per ripristinare la serietà degli studi, predisponendo un rigido sistema di esami, e per dar vita a un si- losofia, diritto ed economia politica; Storia dell’arte (facoltativa); Lingua francese (fa- coltativa); Lingua tedesca o inglese; Disegno; Musica, canto e danza; Strumento mu- sicale (facoltativo); Lavoro femminile ed economia domestica.

L’orario obbligatorio era di 24 ore settimanali nei primi due anni e 23 ore nel ter- zo. Raggiungevano il numero di 34 con le discipline facoltative.

21In realtà il liceo scientifico è pensato come scuola tale da affiancare il liceo clas-

sico e il cui programma disciplinare avesse carattere e finalità umanistiche. Per tale ra- gione, ricorda nell’organizzazione più il ginnasio-liceo moderno che la sezione fisico- matematica degli istituti tecnici. Per approfondimenti sul tema, si veda MPI, Dalla Riforma Gentile alla Carta della Scuola, Vallecchi Editore, Firenze 1941, p. 183.

22Cfr. A. Casati, G. Prezzolini, Carteggio (1911-1944), a cura di D. Continati, Ed.

di Storia e Letteratura, Roma 1990, vol. II, p. 453.

23La chiara affermazione di Gentile è tratta da M. Bellucci, M. Ciliberto, La scuo-

stema scolastico in cui le famiglie potessero scegliere il futuro cultu- rale dei propri figli in base alle proprie reali possibilità e condizioni di classe. A tal fine si introduceva un «corso integrativo» triennale (R.D. 1° ottobre 1923, n. 2185) che, successivo alla scuola elementare, ave- va la finalità di approfondirne l’insegnamento disciplinare e di assicu- rare il rispetto dell’obbligo scolastico elevato dal ministro al quattordi- cesimo anno di età. Il grado inferiore della scuola secondaria diveniva, di fatto, scuola dell’obbligo.

In tal modo, nel poliedrico quadro degli istituti secondari si inseri- va la scuola complementare, da intendersi come «canale di scarico». Con la sua istituzione, Gentile voleva dar prova di fedeltà al criterio dell’istruzione selettiva, voleva in altri termini frenare le iscrizioni di massa alle scuole secondarie preparatorie agli studi universitari. Stes- so intento animava la creazione del liceo femminile di quattro anni e, come il liceo scientifico, privo di un corso inferiore: si accedeva ad es- so al termine dei quattro anni di un corso inferiore della scuola media, ossia dopo il ginnasio, il corso inferiore dell’istituto magistrale o del- l’istituto tecnico.

Nonostante l’incerta considerazione tributata a questa istituzione, essendo di sette anni contro gli otto di tutte le altre scuole secondarie, Gentile non privava le giovani, in realtà poco numerose che in essa de- cidevano di iscriversi, dell’incontro con il latino, con quel latino “prez- zemolo” di cui il filosofo infarcì tutti gli ordini di istruzione seconda- ria. Sei ore settimanali di lingua e letteratura italiana e latina in cia- scuno dei tre anni, un monte ore preponderante nelle complessive ven- tiquattro dei primi due anni e ventitre del terzo. Il riconoscimento e l’importanza riconosciuti alla preparazione disciplinare dettarono la nuova sistemazione strutturale dell’istituto magistrale, che con la rifor- ma si faceva luogo di formazione culturale, svestendosi del carattere di apprendistato alla professione di insegnante: non più tirocinio per gli aspiranti maestri, bensì una solida preparazione disciplinare.

Si spiegava, così, l’inserimento del latino nel corso inferiore e nel corso superiore, una presenza ritenuta indispensabile per le qualità for- mative che il latino, più di ogni altra disciplina, era in grado di trasfe- rire: latino per l’educazione linguistica, latino per l’acquisizione del senso storico, latino come veicolo per la costituzione di una stabile au- tocoscienza. Le finalità che l’esame di ammissione mirava ad accerta- re erano le medesime del liceo classico, per cui il testo, centrale nella pratica didattica, andava considerato come momento euristico, vale a dire come strumento di ricerca del senso recondito celato alle spalle di

ogni singolo termine. Nelle Avvertenze ai programmi d’esame d’am- missione alla 1ª classe liceale (R.D. 14 ottobre 1923, n. 2345), infatti, si insiste sul principio che: «L’esaminatore farà sempre prima esporre l’argomento scelto ad oggetto di studio, e poi si accerterà della capa- cità di tradurre i brani che si riferiscono all’argomento».

Il brano non doveva tradursi in una recitazione mnemonica, ma era necessario che si verificasse il procedimento inverso che, attraverso il contenuto riferito e la traduzione, verificasse la capacità del discente di aver fatto buon uso della grammatica: «Esclusa, quindi, ogni recitazio- ne di imparaticci, occorre assicurarsi che la lettura sia stata realmente

fatta e che abbia interessato e colpito l’anima del candidato»24. Pur

nelle scheletriche indicazioni programmatiche, si poneva in evidenza la necessità di valutare nella prova orale di latino le capacità espressi- ve ed espositive, nonché la chiarezza, «dote precipua del futuro mae-

stro»25, nel presentare i passi scelti, anche in questo caso non per dar

prova di memoria ma affinché «il libro sia per lui un ricordo concreto che all’occasione sappia ritrovare, e nel quale sappia subito rintraccia- re ciò che gli serve»26.

Colorate di tinte umanistiche apparivano anche le scuole tecniche, che ora assumono connotati nuovi. Innanzitutto il ramo fisico-mate- matico andò a costituire il liceo scientifico di quattro anni, cui si acce- deva dopo il ginnasio o il corso inferiore dell’istituto tecnico in assen- za di un proprio corso inferiore. Aveva per fine «di sviluppare e ap- profondire l’istruzione dei giovani che aspirino agli studi universitari

nelle Facoltà di Scienze e di Medicina»27, precludendone l’iscrizione

alle facoltà di Lettere e Filosofia e di Giurisprudenza, che per eccel- lenza erano destinate alla formazione di coloro che avrebbero dovuto ricoprire posizioni sociali di prestigio.

Al termine dei quattro anni, i candidati dovevano sostenere due pro- ve scritte di cinque ore ciascuna e una prova orale fondata sullo stesso programma previsto per il liceo classico, con la concessione di scelta

fra i primi due punti del programma28.

Quanto all’istituto tecnico, il latino entrava a convivere insieme al- le altre materie di insegnamento del corso inferiore in una posizione

24Cfr. Avvertenze ai programmi d’esame d’ammissione alla 1ª classe del corso su-

periore dell’istituto magistrale (R.D. 14 ottobre 1923, n. 2345).

25Ibidem. 26Ibidem.

27Art. 60 del R.D. 6 maggio 1923, n. 1054.

privilegiata, ricoprendo il maggior numero di ore in tutti e quattro gli anni: sette al primo anno al pari della lingua italiana, sette al secondo anno, classificandosi di fatto come la disciplina cui si prestava più at- tenzione, sei e sei negli ultimi due anni.

L’inserimento del latino da parte di Gentile rispondeva a due prin- cipi fondamentali: il primo di carattere politico, per fronteggiare le po- lemiche circa la scarsezza culturale di chi, ammesso a iscriversi ai cor- si universitari perché proveniente dalla sezione fisico-matematica, non possedeva neppure una rudimentale frequentazione con il latino; il se- condo di natura ideologica.

Il pensiero neoidealista del ministro poneva la formazione dello spi- rito come primo obiettivo educativo della pratica didattica, «quale mezzo e fine per la preparazione alla vita civile e professionale», da realizzarsi a scuola attraverso una miscela disciplinare in cui il latino divenisse non una materia di studio ma la più importante materia per i futuri tecnici. Dopo una buona base di cultura generale, dal timbro umanistico, costoro si preparavano a specializzarsi nel corso superio- re, là dove le discipline risultavano più adiacenti al tipo di formazione richiesta. Sia nella sezione di agrimensura, più tardi istituto tecnico per geometri, che in quella di commercio e ragioneria il latino spariva, la-

sciando il posto a discipline più specifiche29, fra le quali le due lingue

straniere nel corso di commercio e ragioneria.

Per l’Italia, che usciva dalla prima guerra mondiale con un eviden- te bisogno di ripresa, gli istituti tecnici non assunsero il ruolo di ele- storico latino, o di parte d’opera avente senso compiuto, e interpretazione di un brano dell’opera esposta.

Il candidato sceglierà uno dei seguenti autori:

Livio (Ab urbe condita, due libri), Sallustio (la Catilinaria e la Giugurtina), Taci- to (un libro completo delle Storie o degli Annali o la Germania). Inoltre si chiederà al candidato di tradurre all’impronto qualche passo di Cesare.

2. Elementi di istituzioni, filosofia, cultura romana usando come fondi Cicerone, Seneca, Quintiliano, Plinio il Giovane, e interpretazione di un passo relativo a questi