Il nuovo senso pedagogico tra defascistizzazione e ricostruzione
4.2 I programmi della Commissione Alleata
Nei programmi annunciati nel primo dopoguerra, oltre alle palesi e pressanti necessità di riedificazione delle architetture scolastiche gra- vemente distrutte dalla guerra, spiccava il fine di democratizzare la scuola italiana, tenendo saldo l’equilibrio tra la tendenza a spazzar via l’ideologia e la pedagogia fascista e la volontà di introdurre anche in Italia i principi educativi dell’attivismo americano divulgati da John
Dewey e cari al maggiore Carleton Washburne6che presiedeva, per le
scuole elementari e medie, la sottocommissione per l’Educazione. Si giungeva, così, ad elaborare i nuovi programmi, emanati dalla sotto-
4Cfr. Il numero 5 di «Scuola Nuova» del 31 maggio 1946 e R. Calderini, L’inse-
gnamento del latino in Italia dalla riforma Bottai alla riforma Gui (1938-1963), CNADSI, Milano 1966, p. 76. Le risposte giunte furono 199, così distinte: 69 favore- voli alla Media unica (di queste 40 per la Media unica con latino), 60 per la Media dif- ferenziata, 45 per una Media bipartita con e senza latino, 25 per una postelementare accanto alla scuola media.
5Cfr. «Riforma della Scuola», 13, marzo 1949, pp. 33-49.
6Per il pensiero educativo di Washburne si veda C. Washburne, What Is Progres-
sive Education?, The John Day Company, New York 1942. Le scuole progressiste met- tono in pratica il principio dell’autonomia dell’alunno e la necessità di soddisfare i suoi bisogni intellettuali.
commissione Alleata dell’Educazione nel 19447, che si differenziava- no, come ammetteva lo stesso ministro De Ruggiero, dai programmi precedenti, in particolare da quelli Gentile 1923 e da quelli fascisti del ’34 che portano il nome di De Vecchi.
L’obiettivo di rendere democratici la scuola e l’insegnamento, in- fatti, esortava a spostare l’asse delle finalità generali della medesima scuola, ponendo al centro della pratica didattica il soggetto da educare e rinnovando le tradizionali metodologie pedagogiche nella prospetti- va di fondere e curare al tempo stesso la formazione individuale e so-
ciale dell’allievo, «unica materia di studio»8. In ciò consisteva la di-
versità delle linee programmatiche della scuola: nel superamento del- l’individualismo proprio dell’idealismo gentiliano a favore di una con- cezione sociale dell’educazione, avvertita come necessario fondamen- to di una scuola democratica.
Ancor più importante era il fatto che con l’introduzione dei princi- pi dell’attivismo anglo-americano facevano il loro ingresso, almeno a livello teorico, la psicologia dell’educazione e lo studio dei meccani- smi di apprendimento dei singoli alunni. La scuola si trasformava da luogo di pura trasmissione culturale, da «luogo dove si impartisce una certa somma di informazioni, dove devono essere apprese certe lezio-
ni e dove devono venir formati certi abiti»9, a universo in cui l’allievo
avrebbe dovuto trovare lo spazio per sviluppare le proprie attitudini e divenire parte integrante della società, alla luce del duplice carattere dell’educazione, psicologico e sociologico. Si prendeva atto dei biso- gni e degli interessi degli allievi, in quanto soggetti attivi del proprio processo formativo.
Tale visione della scuola, della società e dell’educazione, afferma- tasi con successo in America, lasciava trasparire l’elemento puerocen- trico come connotato primo di una scuola e di un insegnamento che
7D.Lgt. 24 maggio 1945, n. 459, relativo ai programmi della scuola elementare.
Per la scuola secondaria classica, scientifica e magistrale il riferimento è ai program- mi emanati nel 1944 dalla sottocommissione Alleata dell’Educazione. Questi pro- grammi verranno modificati qualche anno più tardi dal D.M. 1° dicembre 1952.
8M. Agosti, Per una nuova didattica del latino, La Scuola Editrice, Brescia 1944,
p. 13.
9J. Dewey, Il mio credo pedagogico, in J. Dewey, L’educazione di oggi, La Nuova
Italia, Firenze 1950, p. 7. Si tratta dell’articolo II di Il mio credo pedagogico, in cui John Dewey si sofferma sulla scuola come istituzione sociale e spiega le ragioni del fallimento del tradizionale modo di intendere il processo educativo che non tiene in de- bita considerazione le necessità psicologiche del fanciullo e che non integra la sfera in- dividuale con quella sociologica.
miravano a valorizzare il fanciullo in vista di un suo pieno inserimen- to sociale e che poneva attenzione all’opera del docente finalizzata al rispetto e allo sviluppo delle potenzialità e delle propensioni di ciascu- no. Affermava ancora John Dewey: «Senza una penetrazione della struttura e delle attività psichiche dell’individuo il processo educativo
sarà, perciò, accidentale e arbitrario»10.
Il metodo attivo diveniva un punto di riferimento per riformare l’in-
segnamento delle lingue classiche, del greco e soprattutto del latino11,
e nei programmi elaborati dalla Commissione, epurati i ricordi della cultura e della concezione ideologica del Regime, si evidenziava pro- prio la nuova strategia didattica che ripudiava la sistematica e radicata centralità del metodo grammaticale, sul quale era impostata la prassi didattica. Nel ginnasio superiore e nel liceo classico la ristrutturazione programmatica mirava a disporre i contenuti in modo da renderli «for- mat[ori] dell’intelletto» e tali da dare «movimento e vita al pensie-
ro»12. Rispondenti a questo fine, il latino in primis e il greco, attraver-
so riflessioni grammaticali e sintattiche e mediante la lettura e la reci- tazione di passi d’autore, venivano studiati nella prospettiva di stabili- re comparazioni con la lingua italiana e di preparare alla comprensio- ne dello sviluppo letterario e storico delle civiltà classiche.
Le innovazioni metodologiche consistevano nell’approccio storico allo studio della letteratura, tanto che ad ogni periodo della storia let- teraria antica si accompagnava la lettura di opere degli autori più rap- presentativi. Il programma di latino per la prima classe del liceo, infat- ti, prescriveva lo studio della storia letteraria dalle origini alla fine del- la repubblica e aggiungeva, di seguito, l’elenco dei classici: Virgilio e Livio. Nella seconda classe: «Lineamenti di storia letteraria da Augu- sto a Traiano. Classici: Scelta di liriche di Catullo e di Orazio. Tacito (un libro; o antologia tacitiana». Per la terza classe: «Lineamenti di sto- ria letteraria da Adriano a Giustiniano. Classici: Orazio (Satire ed Epi- stole). Lucrezio (passi dal De rerum natura). Cicerone: (un libro d’un’opera filosofica o retorica; oppure antologia ciceroniana)». Per il
10Ibidem, p. 4.
11Itinerari di pedagogia attiva sono attraversati negli anni immediatamente prece-
denti la costituzione della media unificata. Si veda, in particolare, il volume edito da Società Umanitaria, Dalla scuola di avviamento alla media di orientamento, La Nuo- va Italia, Firenze 1960.
12Avvertenze e suggerimenti generali dei programmi di insegnamento del ginna-
sio superiore e del liceo classico emanati dalla sottocommissione Alleata dell’Educa- zione nel 1944.
liceo scientifico si procedeva ad una riduzione del tempo da dedicare alle indagini letterarie e maggiore attenzione si raccomandava per lo studio del pensiero scientifico dei maggiori scrittori latini. Infatti, per il latino «valgono i suggerimenti e i programmi dell’ordine classico, aggiungendo che nella lettura di passi come integrazione dello studio della storia letteraria, si metteranno in particolare evidenza i poeti e i prosatori della scienza». Non va trascurato che la modifica apportata all’ordinamento del liceo scientifico e dell’istituto magistrale con l’i- stituzione di una classe di collegamento (decreto legislativo luogote-
nenziale 7 settembre 1945, n. 816)13, coincidente con la prima classe
dei medesimi istituti, implicava l’esigenza di una revisione delle meto- diche didattiche. Si annunciavano piani di studio nuovi per l’istituto magistrale (Circolare n. 5830 del 18 settembre 1945), ora trasformato in corso quadriennale, anche in relazione ai nuovi programmi emanati per la scuola elementare; allo stesso modo, si procedeva alla elabora- zione di nuovi quadri orari per l’anno scolastico 1945-1946, tracciati
da una circolare14che è, allo stesso tempo, una testimonianza impor-
tante, diretta e indiretta, di come il latino svolgesse un ruolo di inte- grazione allo studio di altre discipline. Infatti, l’insegnamento del lati-
13Con l’art. 5, il Ministro della pubblica istruzione Arangio Ruiz, intese istituire
una classe di collegamento, che diviene la prima classe del liceo scientifico e dell’i- stituto magistrale. Il decreto luogotenenziale n. 816, inoltre, tracciava i quadri orari per le scuole secondarie superiori, da cui si evince che nei fatti nulla cambia nell’ordina- mento di suddette scuole, in particolare per il classico che perde, tuttavia, un’ora di greco.
LICEO SCIENTIFICO Classe di I II III IV V collegamento
Lingua e lettere latine 4 5 4 4 3
LICEO CLASSICO IV V I II III
Lingua e lettere latine 5 5 4 4 4
Lingua e lettere greche 4 4 3 3 3
ISTITUTO MAGISTRALE Classe di collegamento
I II III IV
Lingua e lettere latine 4 4 4 4
14Circolare n. 8723 del 16 ottobre 1945:
ISTITUTO MAGISTRALE I II III IV
no rientrava nella cattedra unica costituita da italiano, latino, storia e geografia; l’insegnante unico aveva ampia libertà nella scelta e nell’at- tuazione dei programmi e nella scelta dei contenuti disciplinari
Nonostante le innovazioni metodologiche e i suggerimenti didattici trasmessi dai nuovi programmi, si perpetuava l’accusa rivolta alle lin- gue classiche e al loro insegnamento ancora incentrato su un rigido schema normativo. Di «degenerazione» del metodo grammaticale si era discusso anche in passato, sin dalla fine del XIX secolo, ma in que- sti ultimi anni si aggiungeva un ulteriore elemento che rendeva più ur- gente un piano di recupero delle valenze formative delle materie clas- siche.
Si avvertiva l’urgenza di una rivalutazione formativa, al di là del- l’aspetto puramente linguistico con il quale si credeva di poter legitti- mare l’associazione del latino e del greco come lingue logiche. Nella scuola media e nel ginnasio, a ben guardare, apprendere latino equiva- leva a conoscere la morfologia latina, la sintassi dei casi, dei verbi e del periodo; come prova dell’avvenuto apprendimento giungeva in soccor- so la traduzione dal latino all’italiano e dall’italiano in latino per la quale era necessaria l’applicazione delle regole.
La grammatica, dunque, non rientrava fra i mezzi indispensabili a comprendere la civiltà classica attraverso la lettura dei testi; la gram- matica era un sistema fine a se stesso, un universo conchiuso senza al- cun collegamento e integrazione con il mondo della letteratura e della civiltà classica. «La degenerazione del metodo grammaticale», sottoli- neava Pighi, «distende sugli otto anni più preziosi della vita, in cui il bambino diventa adolescente e uomo, la melma di una grammatica im-
becille, malnata ai docenti e inutilmente sofferta dai discenti»15. L’ac-
cusa rivolta al metodo grammaticale, applicato all’insegnamento del latino e del greco, si perpetuava come un rituale. Non erano mancati, in passato, coloro che ritenevano ingiusta la colpa attribuita a un me- todo sperimentato e che aveva dato prova di essere insostituibile quan- to a trasmissione delle abilità necessarie a sviluppare la personalità e il carattere dei giovani. Fra questi va ricordato Gramsci, il quale aveva parlato di «abitudini di diligenza», «abitudini di esattezza», di «com- postezza» e, soprattutto, di «concentrazione psichica». Era solito ri- volgere al lettore, inoltre, una domanda retorica: «Uno studioso di qua- rant’anni sarebbe capace di stare a tavolino sedici ore di seguito, se da
15G.B. Pighi, Funzione formativa dell’insegnamento del latino, in «Ricerche di-
bambino non avesse coattivamente, per coercizione meccanica assun-
to le abitudini psicofisiche appropriate?»16.
L’influenza della pedagogia attiva e dell’esperienza scolastica ame- ricana dettò la stesura dei primi programmi del secondo dopoguerra e, allo stesso modo, regolò le linee teoriche fissate per l’insegnamento del latino e del greco.
Un nuovo statuto epistemologico veniva riconosciuto alla lingua di Roma che, perdendo la strumentale valenza di storico idioma naziona- le, strumento attraverso il quale il Fascismo intendeva trasmettere ai giovani la coscienza delle loro radici latine e affermare l’ideale legame con la maestosità del glorioso passato, si radicava nella sfera della for- mazione globale dell’uomo. La scuola fascista «aveva confuso la cultu- ra umanistica con l’esaltazione della romanità, dimenticando che l’unità culturale europea del Rinascimento s’è realizzata come un fatto euro- peo, come un carattere del mondo moderno, nel quale ha grandissimo peso la civiltà greca con quei suoi genuini contenuti che non erano sta-
ti trasmessi alla cultura romana»17. In altri termini, il latino e il greco,
in stretta comunanza e privati di qualsivoglia implicazione utilitaria e pratica, svolgevano una funzione non solo culturale, bensì formativa in senso ampio: «servono a sviluppare l’intelligenza», scriveva nel 1948 Giovanni Battista Pighi, a patto che siano la serietà e la scrupolosità a guidare l’attività dell’insegnante e lo studio degli allievi. Grazie all’as- senza di una finalità pratica e utile, continuava Pighi, « il latino e il gre- co e le altre discipline di natura consimile servono a qualche cosa di più, a qualcosa che in ogni società civile è più necessaria di cose pur neces- sarie, dell’esercito e dell’agricoltura e delle colonie; servono a coltiva- re, ad educare quella forza preziosa, immensa che popoli e persone cre-
dono di avere in sovrabbondanza… servono a formare l’intelligenza»18.
Il rinnovamento della metodologia prendeva l’avvio, dunque, dal superamento, se non dal rifiuto, dell’unicità del metodo grammaticale e dell’analisi logica, per approdare ad un insegnamento che della let- tura e del rispetto degli interessi degli allievi facesse i suoi cardini; per realizzare, in altri termini, un approccio globale con il mondo antico così da far “sentire” ai giovani scolari l’aura della classicità e non lo sterile e muto elenco di parole e regole senza vita.
16A. Gramsci, op. cit., p. 142.
17Si veda, fra i tanti, la critica sulla scuola fascista di F.M. Bongioanni pubblicata
in «Riforma della Scuola», 13, marzo 1949, pp. 15-17.
18G.B. Pighi, Il latino nella scuola, in «Riforma della Scuola», 6-7, agosto-set-
Occorreva colorare di civiltà la domus, i convivii, i viri, gli dei, il mos maiorum; occorreva instaurare la correlazione tra passato e pre- sente; occorreva istillare il fascino della ricerca delle affinità e delle differenze tra il latino, il greco e l’italiano, nonché la consapevolezza della vitalità di tutto ciò che è “classico”.