Nel duemila: le lingue classiche e l’identità europea
6.4 I programmi ministeriali dell’ultimo trentennio del XX secolo
I programmi e i provvedimenti relativi all’insegnamento del greco e del latino nell’ultimo trentennio, oltre a risentire della nuova impo- stazione didattica e disciplinare determinata dalla scuola media unica e della sua interna strutturazione, si differenziano dai programmi d’e- same vigenti fino alla seconda guerra mondiale per l’attenzione pre- stata alle indicazioni metodologiche, suggerite nelle premesse, e per la cura riservata alla presentazione delle singole discipline di cui si evi- denziano obiettivi, metodologie e contenuti.
A distanza di pochi anni dal 1962, i programmi di greco e di latino del 1967 si aprivano con una premessa ampia e particolareggiata e che, soprattutto, ruotava intorno all’importanza del testo come luogo di uno
studio completo, storico e linguistico31. Quanto al greco, in particola-
re, la finalità del suo studio veniva individuata nella conoscenza del mondo classico, dal momento che «nella civiltà greca si colgono le più lontane origini del viver civile e della cultura europea». Alla luce del- le considerazioni introduttive, la lettura dei testi in lingua originale o
30Per un quadro sulla questione dello studio del lessico per radici, si veda: M.P.
Pieri, L’apprendimento del lessico latino, cit., pp. 39-98; A. Cossarini, Primo approc- cio al latino, «Aufidus», 1987, 3, pp. 91-92; G.R. Cardona, Prospettive linguistiche per lo studio e l’insegnamento del latino, cit., p. 107; J.Y. Guillaumin, Riflessioni per una metodologia nella didattica del lessico latino, cit., p. 131; F. Sabatini, Dibattito sull’insegnamento linguistico del latino, cit., pp. 104-109 (intervento del prof. R. Uglione); A. Giordano Rampioni, Manuale per l’insegnamento del latino nella scuo- la del 2000. Dalla didattica alla didassi, cit., pp. 89-97.
31L’analisi dei programmi di latino, emanati con O.M. 20 marzo 1967, e quelli di
greco, definiti dal D.P.R. 25 settembre 1967 n. 1030, è oggetto del Capitolo 5, intra, pp. 131-154.
in traduzione non doveva tradursi in esercizio grammaticale, durante il quale l’adolescente dava prova della ricezione di regole morfologiche e costrutti sintattici; al contrario, la lettura era l’occasione per cono- scere i greci, il contesto storico, le loro organizzazioni politiche, la lo- ro quotidianità, il loro pensiero.
Gli ultimi anni Settanta sono segnati da una difficile situazione po- litica con inevitabili risvolti sulla questione della riforma della scuola secondaria: lo scioglimento della Camere nel 1979 e le elezioni antici- pate determinarono l’allontanamento dalla prospettiva unitaria dell’i- struzione di secondo grado. Le discussioni parlamentari ripresero con la consueta prassi delle proposte di partito, in particolare con la pre- sentazione di quattro disegni di riforma da parte delle quattro princi-
pali formazioni politiche32; con il riemergere, inoltre, dei temi caldi
dell’istruzione media superiore tornavano ad essere attive le Commis-
sioni parlamentari33. Gli anni Ottanta, infatti, aprivano il sipario con i
lavori di un comitato ristretto di esperti che procedeva all’elaborazio- ne, tra l’estate del 1980 e l’autunno del 1981, del testo della legge ap- provato successivamente alla Camera il 27 luglio 1982 e relazionato in Senato due giorni più tardi dal democristiano Carlo Buzzi.
Il testo del disegno di legge, centrato sui due temi principali della discussione, ossia il prolungamento dell’obbligo e il biennio unitario, tracciava quattro aree (artistica; linguistico-letteraria; scienze sociali; naturalistica, matematica e tecnologica) in cui le materie comuni si an- davano ad integrare con materie affini ai diversi indirizzi e con le atti-
vità di tirocinio e laboratorio34. Un disegno che suscitava, già al mo-
mento della sua presentazione, non poche perplessità, in particolare per la sorte dei licei e delle lingue classiche confluite nell’area comu- ne e, peggio, solo in taluni indirizzi. Specifici richiami alle discipline antiche non erano presenti nel testo dei legislatori; tuttavia, deducendo dalle generali finalità indicate per la riformata o, più precisamente,
32Per schematizzare: 1) la proposta di legge avanzata dal PCI (relatore Occhetto)
del 28 novembre 1979, n. 1053; 2) la proposta di legge n. 1117 del PRI (relatore Mammì), in data 7 dicembre 1979; la proposta di legge del PSI (relatore Fiandrotti) del 13 dicembre 1979, n. 1149; la proposta di legge n. 1117 del 19 dicembre 1979 pre- sentata dalla DC (relatore Tesini).
33Nel 1981 la Commissione ottava, sotto la guida del ministro della Pubblica istru-
zione Adolfo Sarti, organizzava un viaggio in quattro Paesi europei per esaminare l’or- ganizzazione e lo stato dell’istruzione secondaria. Fu redatta una relazione in cui ve- nivano presentati i provvedimenti che Austria, Francia, Inghilterra e Germania Fede- rale avevano promosso per migliorare i relativi sistemi scolastici.
riformanda scuola secondaria, la preoccupazione maggiore discendeva dal principio ispiratore del progetto, dalla sua vocazione a professio-
nalizzare35, anche grazie al tirocinio e al laboratorio, i percorsi scola-
stici, non curando né rispettando l’obiettivo proprio della scuola se- condaria, e di più dei licei, di assicurare in primis una formazione cul- turale tale da consentire la prosecuzione universitaria degli studi.
Così, il greco e il latino, difficili dal trasformarsi in discipline pro- fessionalizzanti, vivevano una forma di emarginazione pedagogica e didattica da parte di chi stentava a riconoscere che «sono lì, nel mon- do classico, le precipue radici storiche, gli antefatti culturali della mo- derna civiltà nostra e d’Europa, e nelle lingue latina e greca abbiamo il mezzo indispensabile per la conoscenza delle sue manifestazioni più
significative, ossia il pensiero e l’arte di entrambe le letterature»36.
Senza pervenire ad una intesa definitiva, era ormai radicata la ten- denza ad una scuola secondaria unitaria nel biennio iniziale e si pone- va in primo piano il rinnovamento dei programmi.
Va, tuttavia, evidenziato che il latino e il greco, sebbene al centro de- gli interessi sfociati nella stesura di nuovi programmi nel 1978 e nel 1980 tutt’oggi in vigore nel ginnasio e nei licei, venivano solo velata- mente menzionati nei progetti riformistici dei vari ministri. Per costoro la modernizzazione del sistema scolastico passava attraverso l’introdu- zione della lingua straniera in tutte le scuole secondarie e grazie ad un più approfondito studio delle discipline scientifiche che dovevano costi-
tuire il fondamento propedeutico all’apprendimento dell’informatica37.
35Nella realtà la preparazione professionale che la nuova scuola media superiore for-
niva lasciava titubante persino il mondo della produzione, che esigeva una formazione professionale acquisita in archi scolastici più lunghi. Quanto al greco, si veda in partico- lare R. Calzecchi Onesti, L’insegnamento del greco e la riforma della secondaria supe- riore, in «Annali della Pubblica Istruzione», gennaio-febbraio 1983, 1, pp. 74-79.
36V. Tandoi, Gli studi classici alla ricerca di spazio nella scuola secondaria, in
«Annali della Pubblica Istruzione», gennaio-febbraio 1983, 1, p. 67. L’autore, inoltre, affermando che proprio il progresso tecnologico, che trasforma incessantemente la contemporanea società, richiede una più approfondita rilettura del passato al fine di progettare un solido futuro, continua con il sostenere che il latino e il greco nella scuo- la prospettata dal disegno di riforma possono ancora continuare a ricoprire la loro lo- gica importanza; infatti, le lingue antiche «servono oggi a far acquisire anzitutto co- scienza ai nostri figli della loro identità storico-culturale, con ciò garantendo una fun- zione davvero democratica a queste discipline, riscattandole da trascorsi che le aveva- no connotate in tutt’altro senso» (p. 68).
37Tale risultava l’impostazione del ministro Franca Falcucci, ribadita dalla stessa in una
lettera inviata il 9 dicembre 1985 ai presidi delle scuole secondarie, e tale, di conseguenza, appariva il principio cui si ispirava il gruppo di lavoro nella stesura dei nuovi curricoli.
Le polemiche all’impianto disciplinare del ministro Falcucci giungeva- no in primo luogo dal mondo intellettuale e si appuntavano proprio sul tema dell’«antico», sull’esclusione della storia antica e della civiltà clas- sica nei bienni delle scuole secondarie; lo studio della storia antica era riservato solo a chi si fosse iscritto nei licei e diveniva causa di discordia all’interno del più vasto quesito circa il biennio comune o la possibilità di raggiungere l’obbligo in un corso superiore a scelta, obbligo che pre- vedeva la frequenza scolastica sino al sedicesimo anno di età o al deci- mo anno di scolarità.
Lo schema disciplinare pensato per la scuola secondaria sottinten- deva la volontà di assicurare e facilitare agli adolescenti italiani l’inse- rimento nello “spazio” europeo, fornendo loro una preparazione per così dire moderna, in cui la lingua straniera e l’informatica ricopriva- no un ruolo fondamentale.
Tuttavia, non tacevano coloro che nel greco e nel latino rintraccia- vano finalità formative valide e preziose per un giovane del III millen- nio e che a gran voce dichiaravano il doveroso impegno nel ridefinire linee didattiche tali da cancellare le incongruenze fra gli obiettivi del- l’insegnamento classico e le richieste sociali dettate dalla complessa contemporaneità.
I programmi di latino del 1978 (D.P.R. 9 settembre 1978, n. 914), modificati per le due classi ginnasiali, costituiscono il riferimento pri- mo per intendere il significato che alle lingue classiche veniva ricono- sciuto, per ricostruire indirettamente il sostrato ideologico su cui van- no a collocarsi le discipline antiche: chiara appare dal testo del ’78 la rivoluzione che l’abolizione del latino dalla scuola media ha determi- nato nei curricula disciplinari e didattici del ciclo successivo. Alla quarta classe ginnasiale gli allievi giungevano privi delle elementari conoscenze di latino della seconda media e dell’insegnamento facolta- tivo di latino nell’ultimo anno del triennio post-elementare, muniti tut- tavia di un potenziale riflessivo sulle strutture lessicali grazie all’ana- lisi compiuta sull’origine latina dell’italiano. Il ginnasio, in questa nuova dimensione, faceva dell’insegnamento del latino sia lo strumen- to più idoneo di una compiuta educazione linguistica, integrativa per la conoscenza dell’italiano e integrata dal parallelo studio del greco, sia il mezzo privilegiato attraverso il quale risalire alle storiche origini del mondo attuale.
Lo studio del greco, infatti, aveva inizio nel IV ginnasio in coinci- denza con quello del latino. Tale provvedimento, stabilito da una cir- colare ministeriale del 1978, preoccupava i docenti del corso ginnasia-
le. E a giusta causa, secondo Tandoi, il quale ne sottolineava le ragio- ni evidenziando come gli insegnanti «si dolgono delle difficoltà che i licenziati dalla media incontrano in quarta ginnasiale, giungendovi del tutto digiuni di latino, nell’affrontare l’impatto simultaneo con questa lingua e il greco, sicché alle famiglie che intendono far proseguire i fi- gli nel liceo classico non resta che ricorrere alle lezioni private, ad oc-
casionali corsi supplementari di latino»38.
Si tratta di programmi importanti e, soprattutto, di programmi ric- chi di riferimenti alla sfera psicologica degli adolescenti e di concreti suggerimenti didattici: si invita ad uno studio ragionato della gramma- tica, in relazione alle caratteristiche di una fase di crescita quasi rilut- tante allo studio mnemonico.
L’epicentro dell’opera educativa e formativa del docente di latino e di greco sono ancora una volta i testi, anche in un ginnasio che si con- figura a ragione come la casa della grammatica, per di più di una lin- gua «iperflessiva» come il latino e intricata come il greco, e là dove è di conseguenza difficile proporre e scegliere brani adatti: «al centro dell’insegnamento del latino dovrà rimanere […] la meditata lettura di- retta dei testi», poiché «attraverso la lettura dei testi l’insegnamento linguistico continua, si perfeziona e si motiva» e, ancora, per il fatto che «la lettura fatta in classe varrà, oltre che a guidare e ad aiutare gli allievi nella riflessione sulle strutture della lingua, a far cogliere il si- gnificato dei passi letti, a far comprendere e sentire i temi in essi pre- senti, a stimolare interessi più ampi, a guidare ad un’iniziale presenta-
zione del mondo latino nei suoi aspetti più vari e più vivi»39. Il nuovo
piano di studio della scuola media uniformava la formazione di tutti gli alunni licenziati nel momento di iscriversi ai corsi secondari: il ginna- sio-liceo, il liceo scientifico e l’istituto magistrale erano, così, fre- quentati da discenti il cui studio della lingua italiana si era fondata sui suoi riferimenti all’origine latina e sul viaggio della lingua latina nella storia e nel tempo fino all’approdo alle strutture dell’italiano.
Ai nuovi programmi di latino per il liceo classico (D.P.R. 31 marzo 1980, n. 316) non seguivano indicazioni per gli altri indirizzi di studio, per cui liceo scientifico e istituto magistrale continuavano a impronta- re l’insegnamento del latino sui vecchi programmi del 1967.
38V. Tandoi, Gli studi classici alla ricerca di spazio nella scuola secondaria, cit.,
p. 69.
39Si veda la Premessa ai programmi di latino del 1978 (D.P.R. 9 settembre 1978,
Del 1973 sono gli orari e i programmi di insegnamento dei licei lin- guistici, programmi sperimentali firmati dal ministro Malfatti per quei licei, i linguistici appunto, in cui il latino compariva fra le materie ob- bligatorie nel biennio e come materia opzionale nel triennio. Nel bien- nio, in particolare, il latino assumeva una finalità in parte diversa ri- spetto a quella degli altri licei, ispirata dalla natura stessa dell’istitu- zione che si qualificava per la preparazione che doveva assicurare nel possesso delle strutture delle lingue straniere. Il latino assumeva i trat- ti di materia funzionale ad un apprendimento più solido dell’italiano e delle lingue straniere, «attraverso una elementare analisi comparativa a carattere linguistico», in cui anche la presentazione delle norme gram- maticali e dei costrutti sintattici e la scelta delle letture fossero finaliz- zate a mettere in luce «l’interdipendenza di ogni fenomeno linguistico e la continuità del pensiero umano proteso sempre verso una superio- re civiltà»40.
Nella direzione di una rivalutazione degli studi umanistici, attraver- so l’innovazione delle metodologie didattiche, andavano i programmi stabiliti per le prove dei concorsi ordinari nel 1973 (D.M. 3 maggio 1973) e, successivamente, nel 1982 (D.M. 4 settembre 1982), ove è im- portante sottolineare un ulteriore elemento che tornerà a imperare nel decennio successivo, vale a dire l’intento di «attualizzare» gli antichi, di esercitarsi nel valutare i fattori classici sopravvissuti e vitali nella cultura attuale, italiana ed europea. A tal fine, al docente di lettere clas- siche era richiesta, al di là di un’abile conoscenza degli elementi lin- guistici in tutte le sue componenti, «un’adeguata conoscenza degli
aspetti storici, sociali, politici del mondo latino e greco»41da mostra-
re mediante l’illustrazione di nuclei tematici che palesassero il pensie- ro degli autori e il contesto storico e culturale che faceva da sfondo ai testi scelti e commentati.