Nel duemila: le lingue classiche e l’identità europea
6.5 La scuola della competenza Da Beniamino Brocca a Letizia Moratt
Il viaggio verso la definizione di un nuovo e riformato sistema sco- lastico secondario ha conosciuto un momento di accelerazione e origi-
40Si rimanda alle Avvertenze di latino per il biennio dei licei linguistici. Cfr. D.M.
31 luglio 1973: Orari e programmi di insegnamento dei licei linguistici.
41Premessa ai programmi di latino e greco per la classe di concorso LIII (D.M. 3
nalità con i lavori e le proposte della Commissione Brocca fra il 1988 e il 1992. Alla luce dei bisogni educativi necessari alla formazione de- gli adolescenti dei tempi attuali, venivano tracciati piani di studio e programmi per tutte le materie da intendersi come una risposta alla complessità della società odierna che richiede una qualificata prepara- zione culturale tale da consentire l’impiego delle acquisite conoscenze nei molteplici panorami sociali e professionali. I programmi di studio, come concepiti dalla Commissione, divenivano una sintesi fra le com- ponenti disciplinari, prettamente nozionistici, e la sfera dell’operati- vità, vale a dire che i piani didattici non erano altro che l’incontro dia- lettico dei saperi teorici con i loro declinati pratici, una fusione di co- noscenze e competenze.
In tal senso, i programmi delle singole discipline invertono il tradi- zionale schema e seguono il criterio di delineare in primis le finalità che ciascun indirizzo di scuola secondaria superiore si propone di per- seguire. Ed è così che i contenuti rappresentano l’ultimo segmento del- l’intero percorso educativo e formativo, la componente culturale fun- zionale allo svolgimento dell’attività didattica e al raggiungimento del- le finalità generali e degli obiettivi particolari. A raccordare il sapere e a riequilibrare l’obsoleto dualismo tra formazione classica e istruzione tecnica, le discipline antiche venivano poste al centro di una prospetti- va educativa mirante all’integrazione della componente umanistica e di quella scientifica. Esigenza formativa palesemente constatabile nel li- ceo scientifico, nel cui curriculum la presenza del latino costituiva pro- prio il fattore della fusione delle due dimensioni: l’insegnamento del latino nello scientifico, infatti, era visto come «necessario non solo per l’approfondimento della prospettiva storica della cultura, ma anche per la padronanza del linguaggio intellettuale che ha fondato lo stesso sa- pere scientifico»42.
Per questa ragione e nella rinnovata concezione delle discipline an- tiche, il latino trovava dimora nell’indirizzo classico insieme al greco, nell’indirizzo linguistico, in quello socio-psico-pedagogico e in quello
scientifico43, ed era investito da un complesso ruolo formativo che ab-
42MPI, Piani di studio della scuola secondaria superiore e programmi dei trien-
ni: le proposte della Commissione Brocca, cit., p. 63.
43 I quadri orari proposti dalla Commissione Brocca lasciano trasparire l’impor-
tanza riconosciuta all’insegnamento del latino e del greco.
INDIRIZZO CLASSICO 1° 2° 3° 4° 5°
Latino 4 4 4 4 4
bracciava tre dimensioni principali, da quella storico-culturale a quel- la linguistica sino all’aspetto letterario ed estetico. In particolare, nei cinque anni dell’indirizzo classico lo studio delle materie antiche, con- nesso alla salda interazione con le altre discipline del curricolo, era fi- nalizzato soprattutto all’acquisizione dei tratti caratteristici del mondo greco-romano non solo per ricostruire il sostrato identitario delle mo- derne civiltà italiana ed europea, ma anche per individuare gli elemen- ti di comunanza e alterità della contemporaneità con la tradizione, di «realizzare una sintesi tra visione critica del presente e memoria stori- ca», al fine di sviluppare una visione critica ed essere in grado di per- venire alla risoluzione degli interrogativi che scaturiscono dall’am- biente sociale. La progressione verso la conoscenza del mondo classi- co avveniva per gradi che, se apparivano in parte nettamente scissi in biennio e triennio, si configuravano come momenti simmetrici rispet- to all’obiettivo: il biennio, da una parte, forniva le nozioni di carattere linguistico-grammaticale la cui acquisizione andava verificata per mezzo dei testi, il triennio dall’altra raccordava l’insegnamento svolto nei precedenti due anni e ancor prima nella scuola media, approfon- dendo la conoscenza sintattico-grammaticale e focalizzando la pratica didattica sulla lettura, traduzione e interpretazione dei testi necessari, in particolare nel triennio conclusivo, di una contestualizzazione che conferisse ad essi la giusta funzione storico-culturale, oltre che lingui- stico-letteraria.
Al testo si riconosceva la centralità anche nello studio della storia letteraria, là dove si raccomandava di analizzare ambiente storico e personalità dei diversi autori, nonché le caratteristiche dei generi lette- rari nel loro sviluppo e nell’influenza esercitata sulle letterature mo-
derne44. Ancor di più codesto principio dell’importanza dei classici si
faceva valere per l’insegnamento del greco nel triennio, cioè nel mo-
INDIRIZZO LINGUISTICO 1° 2° 3° 4° 5° Latino 4 4 3 2 3 INDIRIZZO SOCIOPSICOPEDAGOGICO 1° 2° 3° 4° 5° Latino 4 4 3 3 2 INDIRIZZO SCIENTIFICO 1° 2° 3° 4° 5° Latino 4 4 3 3 3
44Ibidem, pp. 432-441. In nota alle indicazioni dei contenuti di latino nei quattro
indirizzi in cui tale disciplina era stata inserita si legge: «Lo studio della letteratura va accompagnato da ampie letture antologiche in traduzione o con il testo a fronte».
mento in cui si dava per superata la necessità di fondare l’insegnamen- to e l’apprendimento sull’aspetto tecnico della normativa grammatica- le e si poneva mente ai contenuti culturali, storici e letterari dei testi.
La Commissione Brocca, perciò, aveva fatto esplicito riferimento al «laboratorio di lettura», inteso quale «luogo per la didattica della tradu- zione e dell’analisi testuale, in cui attraverso l’operatività sul testo lo stu- dente può superare l’approccio passivo alla disciplina, avere la possibi- lità di esprimere liberamente le proprie potenzialità e conseguire una se- rie di competenze, che la lezione frontale da sola non offre». Il laborato- rio di lettura, inoltre, offre anche alla classe la possibilità di elaborare e confrontare diverse ipotesi interpretative, che la guida del docente orien- terà verso le soluzioni più convincenti, in relazione alla polisemia del te- sto letterario. […] Gli studenti potranno inoltre acquisire ulteriore con- sapevolezza della complessità delle operazioni traduttive, confrontando le loro ipotesi con altre traduzioni autorevoli elaborate in diversi conte-
sti spazio-temporali»45. La padronanza linguistica diveniva primaria nel-
l’indirizzo linguistico e si serviva del latino per approfondire e armoniz- zare lo studio delle lingue straniere e della lingua italiana; la lingua co- me sistema in continua evoluzione trovava nel latino un importante rife- rimento teorico e un riferimento prezioso per stabilire gli elementi di
persistenza, di trasformazione e di dissonanza con le lingue moderne46.
Certi della urgenza di pervenire ad una riforma che investisse il si- stema scolastico italiano nella sua interezza, negli ultimi anni Novanta fu presentato il «Progetto di riforma dei cicli» firmato dal ministro Luigi Berlinguer e approvato dal Consiglio dei ministri il 3 giugno ’97.
Il compito precipuo della Commissione di indagine, istituita dal mi- nistro nel gennaio 1997, era quello di ridisegnare l’impianto disciplina- re necessario alla formazione dei giovani inseriti nella scuola e nella so- cietà globalizzata e multimediale. Il quesito che il ministro aveva rivol- to ai «saggi», «cosa insegnare ai bambini e ai ragazzi delle prossime ge- nerazioni», prevedeva implicitamente la risposta a soluzioni inerenti le metodologie nuove da adottare per la trasmissione dei saperi e, precisa- mente, delle conoscenze necessarie per tutti. Le premesse al quesito ri- siedevano nella dimensione acquisita dalla nuova scuola e dal nuovo as- setto che era stato tracciato. Riforma dei cicli implicava autonomia sco-
45Ibidem, p. 446.
46Di significativo interesse risultano gli Atti del Convegno tenuto il 9-10 marzo
1993 a Bologna presso l’Istituto Aldini Valeriani editi a cura di F. Piazzi, L’insegna- mento del latino: lo stato dell’arte, Cappelli, Bologna 1994, al cui interno è raccolto il contributo di Nicola Flocchini sui programmi di latino della Commissione Brocca.
lastica, così come formazione si associava a diritto alla formazione, ad obbligo scolastico e formativo. La scuola assumeva a tutti gli effetti i connotati di una istituzione in cui le due definizioni, di scuola come luogo della cultura e di scuola come luogo della socializzazione, tro- vassero la giusta ed equilibrata relazione. La scuola era intesa a pieno diritto come istituzione sociale, pronta ad accogliere tutti e pronta a ri- spondere alla variegata popolazione di giovani immersi nell’incalzante mutevole realtà. Nel 1997 essa diventava autonoma con la legge n. 59 che le attribuiva la responsabilità di autoprogettarsi, di definire da sé il
«piano dell’offerta formativa» (POF)47, di stabilire e promuovere gli
obiettivi culturali, educativi e didattici che intendeva offrire.
Quanto alle novità di cui la scuola si rivestiva, va sottolineato che la riforma dei cicli prevedeva precisamente due cicli scolastici, un primo di sette anni e un secondo ciclo di cinque, terminando l’intero percor- so a diciotto anni e non più a diciannove. L’obbligo scolastico si con- cludeva con il secondo anno del secondo ciclo, ossia con il quindicesi- mo anno di età o con nove anni di scolarità. I due cicli erano precedu- ti dalla scuola dell’infanzia e seguiti dall’Università oppure, altra no- vità, da un canale non universitario, successivo al diploma, di forma- zione tecnico-professionale.
Mutava anche il sistema di valutazione, ora determinato in debiti e crediti. Scrive, a tal proposito, Luigi Berlinguer: «Se alla fine di ogni anno metti un cancello, il ragazzo che in quell’anno ha capitalizzato al- cune conoscenze ed è carente in altre, per le quali risulta insufficiente, non passa, deve ricominciare tutto daccapo l’anno successivo. Se inve- ce, usando in modo intelligente debiti e crediti formativi, gli si ricono- sce quello che sa e gli si segnala quello che deve recuperare – e la ca- denza di questo processo è, per esempio, biennale – ci sono i tempi per una maggiore flessibilità e quindi equità, perché ci si avvicina di più
all’evoluzione personale dell’alunno»48.
Il latino, il greco e la cultura classica divenivano l’argomento più discusso tanto che, sfogliando i verbali della Commissione istituita da Berlinguer, il problema dell’insegnamento del greco veniva addirittura citato come esempio quando Roberto Maragliano, coordinatore dei la- vori, si accingeva a presentare il piano di azione. «Bisogna ancora co-
47 Si vedano, in particolare, F. Frabboni, Il Piano dell’Offerta Formativa, Bruno
Mondadori, Milano 2000; C. Petracca, G.C. Sacchi, Progettazione e valutazione nella scuola dell’autonomia, Franco Angeli, Milano 2002; C. Piu, Autonomia scolastica: un’identità da ricercare, Edizioni Scientifiche Magi, Roma 2001.
noscere la lingua greca»49? Nella prospettiva individuata e seguita nel progetto, risultavano evidente un sì al recupero della tradizione classi- ca, un sì allo studio della cultura greca e latina, un sì alle discipline umanistiche, a patto che tali insegnamenti si rinnovassero e si coniu- gassero con la componente scientifica e con l’introduzione nella prati- ca didattica dei più moderni strumenti del progresso tecnologico.
Altro punto: l’importanza riconosciuta alle materie umanistiche e alla cultura classica veniva da più voci ribadita, così pure si specifica- va la distinzione fra apprendimento del mondo ideologico, storico, ar- tistico, letterario tramandato dalla tradizione classica e studio delle strutture linguistiche del greco e del latino. In tal senso, la conoscenza dell’apparato lessicale classico doveva essere riservata a chi ne avesse intenso proseguire l’approfondimento a livello universitario e con in- tento specialistico e filologico: uno studio siffatto nella scuola secon- daria superiore, dunque, poteva prevedersi nel solo indirizzo classico. La volontà di valorizzare gli studi classici era congiunta all’intento di prefigurare una necessaria cultura europea, fondata su valori cultu- rali comuni. Il senso dell’eredità culturale, il recupero delle origini del- la moderna civiltà europea, insieme al riconoscimento della centralità dell’Italia quale luogo di innegabile permanenza classica, costituivano i nuclei delle argomentazioni in materia di politica scolastica, i fattori della tensione a ritenere opportuni l’inserimento e lo studio delle di- scipline classiche nei curricula formativi del «ragazzo ipermediale».
Nel «villaggio globale», all’interno del quale gli strumenti del proces- so educativo appaiono radicalmente mutati rispetto al passato, determi- nando il superamento e la sostituzione del tradizionale libro con il ricor- so alle tecnologie multimediali e forgiando l’idea di una scuola che non insegna più solo il “sapere” ma anche e principalmente il “saper fare”, la civiltà greco-latina mostrava i suoi più intimi potenziali formativi.
La constatazione che «la preminenza data a ciò che è nuovo e con- temporaneo non può mai essere fruttuosa senza le conoscenze del tronco su cui si innestano e delle radici che danno nutrimento a questo
tronco»50comportava il rinnovamento delle tecnologie d’insegnamen-
to e poneva come obiettivo principale lo sforzo a tradurre lo studio del
49Verbale della seconda riunione 18 febbraio 1997, in Le conoscenze fondamen-
tali per l’apprendimento dei giovani nella scuola italiana nei prossimi decenni. I ma- teriali della Commissione dei Saggi, «Studi e Documenti degli Annali della Pubblica Istruzione», 78, 1997, pp. 13-14.
50Contributo di Giovanni Reale nella seduta del 23 gennaio 1997, riportato in MPI
greco e del latino in un’acquisizione di capacità critiche e di un habi- tus mentale in grado di interpretare i messaggi trasmessi dalla società complessa e, in particolare, da un’Europa in cui i linguaggi si molti- plicano e le cui modalità organizzative sono in relazione ad una com- posizione e stratificazione progressivamente più varie.
La conoscenza della tradizione culturale classica non era, dunque, fi- ne a se stessa; essa limitava il proprio raggio di azione esclusivamente al visibile, ai molteplici e vitali elementi permeati nella realtà e nel pae- saggio contemporaneo. L’intrinseca valenza formativa agiva nella con- cessione di una abitudine alla formulazione del giudizio critico esprimi-
bile in tutti i campi dell’esistenza umana51. Nessuno, infatti, poteva es-
sere escluso dalla occasione di accostarsi alla tradizione classica che è italiana e che è europea; nessuno poteva essere privato di tale insegna- mento; non a tutti, però, doveva essere reso obbligatorio l’apprendimen- to delle lingue antiche, per il fatto che «il nostro passato greco-latino non dovrà essere necessariamente noto a tutti attraverso la diretta conoscen-
za delle due lingue»52e che «l’approfondimento delle condizioni di vi-
ta, delle culture, dei mondi fantastici e istituzionali dei due popoli potrà essere affidato a resoconti in chiave moderna che sappiano utilizzare an- che nuovi e nuovissimi strumenti di comunicazione e aggiornarsi co-
stantemente in relazione al loro rapido invecchiamento»53.
Ovviamente si profilava una prospettiva diversa a proposito del la- tino considerato nella sua accezione di ausilio alla ricostruzione dia- cronica dell’italiano: constatazione, quest’ultima, che esortava taluni saggi a riflettere sulla possibilità di estendere la lingua latina anche al
mentali per l’apprendimento dei giovani nella scuola italiana nei prossimi decenni. I materiali della Commissione dei Saggi, cit., p. 119.
51«L’insegnamento delle materie classiche dovrà essere riformulato in modo tale
da puntare meno sull’apprendimento delle regole linguistiche e grammaticali e più sul- la conoscenza dei “monumenti culturali” del nostro passato». Cfr. Contributo di Mau- rizio Bettini del 20 gennaio 1997, in Le conoscenze fondamentali per l’apprendimen- to dei giovani nella scuola italiana nei prossimi decenni. I materiali della Commissio- ne dei Saggi, cit, p. 97.
52Le conoscenze fondamentali per l’apprendimento dei giovani nella scuola ita-
liana nei prossimi decenni. I materiali della Commissione dei Saggi, cit, p. 84. Di se- gno opposto la posizione di Caterina Petruzzi, componente della Commissione, la qua- le, come sintetizza Maragliano nel verbale della riunione del 4 marzo 1997, «pur con- dividendo la proposta di rinsaldare la cultura classica anche attraverso uno sfoltimen- to dei programmi, è dell’idea che sia difficile muoversi su questo terreno prescinden- do dalla mediazione linguistica» (p. 29).
53Contributo di Giovanni Polara nella seduta del 16 marzo 1997, in Le conoscen-
ze fondamentali per l’apprendimento dei giovani nella scuola italiana nei prossimi de- cenni. I materiali della Commissione dei Saggi, cit., p. 279.
di fuori del liceo classico54. Il relativismo disciplinare, che per i saggi doveva accompagnarsi alla rinuncia a moltiplicare le materie di inse- gnamento, faceva del greco e del latino o, più precisamente, della cul- tura classica un importante tassello nel mosaico di un’opera educativa e formativa che si proponeva di: 1) dare ai giovani gli strumenti per de- finire la propria identità, recuperando nel contempo e come premessa la propria identità culturale; 2) interpretare la propria storia e leggere la società con autonomia di fronte ai suoi interrogativi (problem sol- ving); 3) attivare la riflessione sul fatto puramente linguistico e su ciò che è pensiero, ars politica, arte in tutti gli aspetti; 4) offrire una pre- parazione professionalizzante, in base alla quale nell’insegnamento del greco e del latino si fissavano obiettivi specifici di immediata spendi- bilità nel mondo del lavoro, allargando il campo della finalità tradizio- nalmente riconosciuta al liceo classico di preparare unicamente agli studi universitari; 5) dar vigore allo sviluppo sociale anche sotto il pro- filo economico, congiungendo il proprio ruolo con la volontà di pro- muovere e pubblicizzare l’imponente patrimonio artistico.
Su quest’ultimo punto – afferma Giovanni Polara – «La tradizione classica, o meglio antica, costituisce un patrimonio importante per il nostro paese, anche in termini economici. La grande quantità di beni culturali – e in particolare archeologici – presenti sul nostro territorio, la rilevanza dei Musei, il potentissimo veicolo pubblicitario costituito dalla letteratura greco-latina, nota e apprezzata in tutte le parti del mondo, sono il principale motivo per cui l’Italia è conosciuta, ammi- rata e visitata»55.
La legge n. 30 del 10 febbraio 200056riconosceva la valenza for-
mativa alle materie classiche, tanto che il ministro Berlinguer aveva previsto come disciplina di studio in tutti gli indirizzi della scuola se- condaria l’insegnamento della «cultura classica», intesa come “altro” rispetto all’insegnamento delle lingue greca e latina.
Lo studio della cultura classica si faceva addirittura fattore formativo sin dalla scuola di base, in relazione alle finalità previste per questo li- vello scolastico. La storia e la cultura greco-romana offrivano il loro con- tributo ai bambini nell’approccio ai diversi campi di conoscenza e di educazione civica e sociale, consentendo loro di instaurare, attraverso l’esempio e il pensiero degli antichi, positive relazioni con l’ambiente e
54Ibidem, p. 280. 55Ibidem, p. 279.
con le persone. In tal senso, l’iter formativo legato alle discipline classi- che partiva dalla scuola primaria e prendeva corpo dall’analisi delle for- me politiche, dalle concezioni di status civili per seguire le evoluzioni
temporali e storiche del loro percorso sino ai tempi moderni57.
L’affermazione del Sistema Formativo Integrato, all’interno di una realtà sociale definibile, appunto, della conoscenza e in correlazione dei notevoli progressi scientifici della didattica e di discipline afferen- ti al più vasto campo educativo, portava con sé una richiesta di organi- cità del sistema scolastico, soprattutto a livello di istruzione seconda- ria. Durante il ministero Berlinguer e successivamente con Tullio De Mauro alla Minerva, la scissione curriculare tra scuole destinate al- l’acquisizione di conoscenze e scuole esclusivamente deputate al pos- sesso di abilità decadeva passando per la definizione delle “conoscen- ze fondamentali” da trasmettere ai giovani. Da qui discendeva l’atten- zione prestata con particolare riguardo all’insegnamento della lingua italiana, ritenuta «un fatto di civiltà e uno strumento indispensabile per licere e lavorare»; da qui l’insegnamento delle discipline veicolo di av- vicinamento alla più antica e naturale tradizione europea, il greco e il latino, veniva esteso a tutti nella convinzione che non vi dovessero es- sere esclusi dalla conoscenza delle lontane radici culturali e sociali del- l’Europa moderna. Un greco e un latino per tutti, dunque, nel suo aspetto di studio della civiltà classica; studio specialistico di lingua e storia antica solo a coloro che ne avessero fatto esplicita scelta.
L’impianto tracciato dalla riforma dei cicli scolastici non ha avuto seguito, quasi cancellato dal nuovo programma del governo costituito- si in seguito alle elezioni di maggio 2001 che, a pochi mesi dalla sua formazione, anticipava le innovazioni della riforma generale dell’istru- zione scolastica e universitaria. Il 18 dicembre 2001, infatti, si riuniva- no gli Stati Generali dell’istruzione presso il Palazzo dei Congressi a Roma: si inaugurava la stagione della “grande” riforma e della discus-