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Il 1977 e i nuovi programmi del ’

5.3 e il riflesso nella scuola secondaria

5.4 Il 1977 e i nuovi programmi del ’

Negli ultimi giorni del 1977 si rendeva pubblico il testo «di media- zione» del ministro Di Giesi, testo unificato derivato da una fase di progetti proposti dagli onorevoli di centro e di sinistra. Il testo Di Gie- si nasceva, infatti, dal confronto di due progetti avanzati dal PCI e dal- la DC. Durante il 5° governo Moro, varato nel mese di febbraio 1976 e in cui il PSI usciva dalla maggioranza, veniva presentato il Primo Te- sto Malfatti che tracciava una scuola unitaria di cinque anni con il pri- mo anno obbligatorio e gli altri strutturati in tre aree: comune, opzio- nale ed elettiva. L’obbligo scolastico terminava con la frequenza del primo anno o al nono anno di scolarità; quest’ultima opzione rimarrà, con il secondo Testo Malfatti del 1977, l’unico criterio per assolvere l’obbligo scolastico.

A distanza di dodici mesi appariva il Secondo Testo Malfatti, allor- quando si costituì il nuovo governo della «solidarietà nazionale», co- me venne denominato il governo Andreotti costituitosi il 20 luglio

197619. Non si riscontravano differenze salienti rispetto alla prima ver-

sione; permaneva, infatti, lo schema del monoennio, ossia del primo anno di orientamento a cui seguiva la differenziazione nei quattro anni successivi fondati sull’associazione di materie comuni e materie op- zionali.

Il lavoro parlamentare continuava con la nuova proposta del PCI, in cui la preoccupazione democratica si traduceva nella volontà di revi- sionare l’intero sistema scolastico che precedeva l’Università, a parti- re dalla scuola dell’infanzia biennale, ai sette anni di scuola di base unificatrice del corso elementare e di quello medio, sino alla quin-

19Si tratta del progetto n. 1275 del 21 marzo 1977, presentato di concerto fra Mal-

quennale scuola secondaria superiore. Si restava convinti della validità del monoennio e si strutturavano gli anni successivi nella formula del 3+1, tre anni con opzioni interne e l’ultimo anno di approfondimento dell’indirizzo: «Il testo approvato della commissione 8ª profila una scuola unitaria in cui i primi quattro anni hanno carattere culturale; es- sa sviluppa, attraverso le “scelte di indirizzo”, una preparazione pro- fessionale di base “per grandi campi di professionalità”, e conduce ad

un anno terminale di specializzazione»20.

In simile situazione e negli anni che di lì a poco avrebbero condot- to all’emanazione dei nuovi programmi della scuola media, le discipli- ne classiche lamentavano una crisi le cui origini potevano essere indi- viduate nel mancato adeguamento delle finalità e della loro funzione di fronte al più complesso mutamento della società.

Le contestazioni studentesche e operaie alla fine degli anni ’60 si alimentavano dalla presa di coscienza della realtà, traevano nutrimen- to dalla rilevazione delle incongruenze tra la cultura, ritenuta teorica, della scuola e la cultura, tutta pratica, dell’universo produttivo: si trat- tava di una spaccatura socio-culturale che nel ristretto ambito educati- vo si relegava nella contraddizione evidente fra libera esplicazione del- le vocazioni dei giovani e la rigida strutturazione dei programmi. In al- tri termini, se nella definizione degli obiettivi del latino e del greco si insinuava l’esigenza di un chiarimento della loro funzione in relazione al nuovo statuto sociale, nelle contestazioni degli ultimi anni ’60 che vedevano quale oggetto della polemica l’«autoritarismo» imperante nella scuola si celavano le accuse ad una società sorda che non faceva altro che offrire occasioni inadeguate a giovani ricettori di una forma-

zione, invece, tradizionale e sganciata dai tempi21.

I provvedimenti normativi del 1977 e i programmi del 1979 per la scuola media statale si inserivano nel processo di innovazione di tutto il sistema scolastico nella tendenza a rendere effettivo e sempre più marcato il programma democratico dell’istruzione. Con l’emanazione dei nuovi programmi è possibile scorgere il superamento della linea che finora aveva ispirato i legislatori, vale a dire si intravedeva l’in- gresso di una strutturazione pedagogica, didattica e psicologica a sor- reggere il castello disciplinare.

L’evoluzione prendeva le mosse dalle modifiche apportate alla de-

20Cfr. C.I.R.M.E.S., op. cit., vol. I, p. 115.

21Cfr. D. Izzo, Il triennio. Metodologia e didattica della scuola media superiore,

nominazione di talune discipline: le «applicazioni tecniche» diventa- vano «educazione tecnica», la «matematica, osservazioni ed elementi di scienze naturali» si trasformava in «scienze matematiche, chimiche, fisiche e naturali». L’educazione tecnica era materia comune e obbli- gatoria a tutti senza distinzione di sesso e, soprattutto, il latino scom- pariva come materia obbligatoria nella seconda classe, così come ve- niva eliminato dalla classe terza fra le discipline facoltative. I pro- grammi del 1979 (D.M. 9 febbraio 1979), i «programmi-trattato» co- me Giovanni Gozzer li aveva definiti in virtù dell’estensione data dal-

la particolareggiata Premessa generale22, segnano, dunque, una svolta

sia per l’ispirazione pedagogica, didattica e psicologia che li sorregge- va sia per la definitiva eliminazione delle «elementari conoscenze di latino», assemblate all’insegnamento dell’italiano nella seconda clas- se, del latino come materia facoltativa in terza e come materia d’esame per accedere al ginnasio-liceo.

In tal senso, si intendeva dar seguito concretamente alle contestazio- ni di studenti e docenti elevatesi a partire dal caldo ’68 e che si batte- vano contro l’obsoleta divisione di cultura umanistica e cultura tecnica. L’esame di latino nella terza classe della scuola media, il cui supera- mento simboleggiava l’appartenenza al popolo degli eletti, era divenu- to con il trascorrere del tempo una specie di ostacolo alla democratiz-

zazione del fenomeno educativo, un «anacronistico residuo selettivo»23.

I programmi del ’79 abolivano il latino, ma ponevano come obiet- tivo centrale l’educazione linguistica da rafforzare in concomitanza ad un potenziamento dell’educazione scientifica. Il decreto del 9 febbraio 1979, infatti, prescriveva complessivamente 20 ore settimanali per l’insegnamento dell’italiano, tante quante le ore indicate nel decreto

del 24 aprile 196324.

22Cfr. AA.VV., Programmi della scuola media. Strutture e valutazioni, cit., p. 47. 23 L. Molinari, L. Sarli, S. Ubaldi, La scuola media. Programmi – Valutazione –

Funzione docente – Direttiva – Ispettiva, Gruppo Editoriale Fabbri, Milano 1983, p. 10.

24D.M. del 24 aprile 1963:

I II III

Italiano 6 9 5

L’italiano era abbinato in seconda classe alle “elementari conoscenze di latino”. D.M. del 1979:

I II III

Racchiudendo nel nuovo concetto di educazione il superamento della sterile nozione di materia, il latino come disciplina a sé scompa- riva. Il suo “insegnamento”, tuttavia, era compreso all’interno del pro- gramma di italiano rispondendo, da una parte, all’esigenza di dotare i discenti della scuola dell’obbligo di una solida formazione linguistica e di riservare, dall’altra, un appropriato e autonomo spazio nella scuo- la secondaria superiore all’insegnamento del latino, congiunto al gre- co nel liceo classico.

A ben guardare, il latino non scompariva dal curriculum della scuo- la media: permaneva nello studio diacronico della lingua italiana, nel- la concreta e viva analisi delle forme lessicali e morfologiche, nelle analogie e nelle differenze ravvisabili nei due sistemi linguistici, ita- liano e latino. Permaneva, inoltre, nel lavoro di ricostruzione del qua- dro storico da cui, attraverso la civiltà romana e successivamente quel- la cristiana ha potuto affermarsi la cultura europea. Il latino rappresen- tava, in altre parole, «il momento genetico» dell’italiano; in esso si co- glieva il mezzo per ricostruire le strutture lessicali della lingua italia- na, così come si scorgeva la possibilità di ripercorrere la storia della cultura europea.

Nella Premessa generale, relativamente all’italiano, si sviluppava un’intera sezione dedicata alla riflessione sulla lingua e all’origine la- tina della lingua nazionale, in cui veniva ribadito il principio del rifiu- to dello studio del latino finalizzato a se stesso a vantaggio di una pra- tica didattica che faceva del latino lo strumento naturale e idoneo ad un’analisi lessicale e storico-culturale della lingua italiana, per mezzo della quale e grazie alla quale «l’uomo si avvale […] per organizzare la propria comprensione della realtà e per comunicarla, esprimerla, in- terpretarla»25.

Dal nuovo assetto della scuola media discendeva la revisione degli obiettivi e dello statuto formativo delle lingue classiche nella scuola secondaria. I primi atti concreti del tentativo di rinnovamento discipli- nare e didattico del latino e del greco sono state l’ordinanza ministe- riale del 20 marzo 1967, in cui la metodologia d’insegnamento del la- tino finalizzava la lettura e la comprensione dei testi originali a risali- re alle fonti della civiltà europea e per il greco il D.P.R. n. 1030 del 25 settembre 1967 che si appoggiava sulle stesse strategie didattiche. L’a- bolizione del latino dal triennio unificato aveva, dunque, il suo rifles-

25D.M. 9 febbraio 1979, Premessa generale, parte IV, punto 2.a Educazione lin-

so nei licei e nell’istituto magistrale, sfociando nel 1978 con la modi- fica dei programmi per il ginnasio e per il liceo classico. L’anno suc- cessivo all’approvazione della legge n. 348, con il D.P.R. del 9 settem- bre 1978, n. 914, si rendevano pubblici i nuovi programmi di latino per la quarta ginnasio e nel 1980 con D.P.R. del 31 settembre si passava a modificare i programmi di latino del triennio liceale classico.

Si inauguravano, tuttavia, gli anni Ottanta senza una reale e concre- ta riforma della scuola secondaria superiore, pur nella rivoluzione ideologica del modo di concepire la questione dell’importanza e del ruolo della formazione basata su un necessario possesso di una prepa- razione culturale generale e su una rinnovata tesi del concetto di uma- nesimo e di cultura umanistica.

Riprende, negli anni Ottanta, l’interesse sia del mondo pedagogico che dell’opinione pubblica per il mondo antico e si riconsidera in for- ma costruttiva la funzione del latino e del greco nell’itinerario forma- tivo delle giovani generazioni.