Gli anni liberali: una querelle infinita
1.4 Il progetto della Commissione Reale
Nel 1905 veniva istituita dal ministro Bianchi una Commissione27
per delineare un nuovo ordinamento degli studi secondari. Gli undici
membri28 che componevano la Commissione di indagine avevano
compiti ben definiti: 1) condurre una ricognizione sull’ordinamento dell’istruzione secondaria vigente in Italia, al fine di analizzarlo sotto il profilo didattico e amministrativo; 2) comparare tale ordinamento con i piani scolastici degli altri Stati europei, cercando di individuare punti che potessero migliorarlo; 3) tracciare un nuovo disegno degli studi secondari, relativamente ai programmi, agli orari e, soprattutto, ai metodi per riqualificare lo studio disciplinare.
Il disegno della Commissione Reale, in cui era evidente l’anticipa- zione delle linee scolastiche per la secondaria che si sarebbero affer- mate negli anni sessanta del Novecento, scaturiva dagli esiti emersi da questionari inviati ai diversi istituti secondari del territorio nazionale, con il dichiarato scopo di ascoltare l’intero Paese sugli interrogativi che si annidavano intorno alla questione della riforma della scuola. Si ricercava, consci dell’esigenza sociale di rinnovare i tradizionali sape- ri umanistici e di renderli consoni ad una società moderna, il modo di calibrare la cultura classica e la cultura scientifica.
Contro un classicismo che nei secoli e nei decenni precedenti era stato un’acquisizione riservata alle sole classi nobili e ricche della so- cietà e contro un assoluto dominio del patrimonio antico in campo edu- cativo, si faceva ricorso alla necessità di un insegnamento rispondente
25Cfr. A. Graf, L’insegnamento classico nelle scuole secondarie, in «Rivista di Fi-
losofia Scientifica», luglio 1887, pp. 385-419.
26Cfr. C. Lombroso, Contro il latino, in «Critica Sociale», 16 ottobre 1893, pp.
305-306.
ai bisogni di una realtà mutata e tendente alla crescita culturale ed eco- nomica. Ci si appellava a una educazione capace di dispensare saperi moderni, in grado di rispondere alle richieste dei vari strati sociali, non più solo nobiliari, ma principalmente di quelli borghesi e proletari che iniziavano a far esplicita richiesta di spazi e occupazioni sociali.
In questa direzione, ma senza disconoscere il prestigio della scuola classica e dei suoi insegnamenti caratterizzanti, il latino e il greco ap- punto, la Commissione ipotizzò soluzioni tali che cultura classica e cultura scientifica trovassero il loro giusto equilibrio nella formazione delle giovani generazioni.
L’obiettivo di una giusta sintesi fra classico e moderno e l’intento di riqualificare l’insegnamento e l’apprendimento del latino e del greco dettarono le norme di una ristrutturazione dello stesso liceo classico, partendo da una diversa distribuzione degli anni di studio, delle ore set- timanali riservate a codeste discipline, dei contenuti e, soprattutto, dei metodi didattici. In generale, si assisteva a una riformulazione dell’in- tero sistema scolastico, che ora prevedeva un triennio comune, dalla Commissione denominato “Ginnasio”, e distinti indirizzi per gli istitu- ti secondari, così da riconoscere ai giovani la possibilità di asseconda- re le personali attitudini e, al tempo stesso, di soddisfare le esigenze so- ciali emergenti.
Il primo passo della riforma prevedeva l’esclusione del latino dal primo triennio ginnasiale: le ragioni erano innanzitutto di natura psico- pedagogica, in considerazione della insufficiente maturità intellettiva dei discenti in questa età, e poi anche di natura didattica, in consonan- za al principio che a contare non fossero gli anni di studio ma l’inten- sità e la profondità possibili, secondo il parere dei Commissari, me- diante un alleggerimento dei programmi liceali e una solida base co- gnitiva della lingua italiana che permettesse all’allievo di accostarsi agli studi liceali sicuro e pronto a un più rapido apprendimento delle lingue classiche. In tal modo, la preparazione lessicale e logica veniva
28La Commissione fu presieduta dall’on. Pietro Blaserna e composta da ispettori
ministeriali, quali Vittorio Fiorini e Camillo Corradini, docenti universitari, quale Gae- tano Salvemini, da insegnanti di istituti superiori, come Girolamo Vitelli, Andrea Tor- re, Giuseppe Picciola, Giovanni Vailati, Alfredo Galletti, Giovanni Rossi. Nel luglio del 1906 i Commissari Girolamo Vitelli, Alfredo Galletti e Gaetano Salvemini si di- misero e vennero sostituiti da Giuseppe Castelli, direttore capo della divisione dell’in- segnamento industriale professionale e commerciale nel Ministero di agricoltura, in- dustria e commercio, da Dino Mantovani e dal rettore dell’Università di Bologna Vit- torio Puntoni. Nel gennaio 1907 fu sostituito, in seguito a sue dimissioni, Giovanni Rossi da Antonio Neviani.
assicurata dal ginnasio inferiore senza latino, le cui materie fondamen- tali erano la lingua italiana, affiancata da Nozioni di storia civile e di geografia politica e da Esercitazioni di educazione psicologica, con un
orario complessivo di 27 ore settimanali29e la lingua francese con 15
ore complessive.
Il liceo classico avrebbe avuto, così, il suo nucleo educativo nel- l’insegnamento del latino e del greco, praticato con maggiore intensità grazie ad un più accresciuto numero di ore ad esso riservato e con mag- giore sicurezza negli esiti a ragione delle acquisite abilità nell’uso e nella pratica linguistica conseguite nel corso ginnasiale inferiore. Inol- tre, dalla necessità di unificare tradizione e innovazione derivava l’i- potesi di un sistema di tre licei a durata quinquennale: 1) il liceo clas- sico, fondato sull’insegnamento del greco e del latino; 2) il liceo mo- derno letterario, le cui discipline principali erano le lingue moderne supportate dal latino; 3) il liceo moderno scientifico, caratterizzato dallo studio delle scienze naturali e sperimentali, con esclusione del la- tino.
Le norme didattiche relative all’insegnamento del latino nel liceo classico e nel liceo moderno seguivano le medesime linee: venivano messi in primo piano la necessità e il conseguente vantaggio della cen- tralità del testo, della lettura intesa come passaggio obbligato per com- prendere e apprezzare, attraverso la conoscenza dei classici latini, le lingue moderne e la chiara derivazione latina degli scrittori moderni. Costituiva oggetto di studio, secondo questa prospettiva, tutto il patri- monio letterario da cui aveva tratto origine la cultura moderna: non so- lo, dunque, la classica romanità, ma anche e soprattutto la latinità cri- stiana, la cui lettura e interpretazione celavano il vantaggio di essere più semplici e più adatti al primo approccio con la lingua latina.
Nella proposizione dei programmi, la Commissione insisteva sulla cooperazione fra insegnante di latino e docente di italiano il quale, proponendo letture di autori del Medioevo e, in particolare, di Dante,
Petrarca e Boccaccio30, si trovava ad essere un fondamentale supporto
29L’insegnamento della lingua italiana era affiancato da Nozioni di storia civile e
di geografia politica e da Esercitazioni di educazione psicologica.
30Cfr. MPI, Commissione Reale per l’ordinamento degli studi secondari in Italia,
cit., p. 377: «Potrà poi lo stesso professore d’italiano leggere di Dante le Epistole ad Arrigo VII e ad un amico fiorentino; del Petrarca qualcuna delle Epistole più impor- tanti, come descrizioni di luoghi di costumi o di condizioni storiche dell’Italia nel sec. XIV; del Boccaccio qualche capitolo autobiografico del XV libro De genealogiis Deo- rum».
alla realizzazione del programma di latino. Nelle prime due classi del liceo moderno, là dove le ore settimanali destinate al latino erano ri- spettivamente di sei per la 1ª e di cinque per la 2ª, si indicavano come letture passi tratti da: Genesi, Esodo, Primo libro dei Re, Salmi, Rut, Esther, Lamentazioni di Geremia, Profezie di Ezechiele e di Daniele, Vangeli (in particolare San Matteo e San Luca), Apocalisse (dal 18 ca- po in poi).
Nel biennio successivo, accanto alla assidua lettura di opere cristia-
ne31, aveva inizio lo studio degli autori della romanità pagana: Quinto
Curzio, Cesare, Ovidio, Virgilio, per poi passare a Livio, Sallustio e Cicerone. Nell’ultima classe si continuava nella lettura di Cicerone, soffermandosi sulle opere di carattere retorico, si leggevano Orazio e Tacito, autori che richiedevano per la comprensione del contenuto e dello stile delle loro opere una preparazione grammaticale e una matu- rità mentale certamente avanzate.
La differenza dei contenuti d’insegnamento fra i due licei era, tut- tavia, accompagnata da una metodologia didattica identica, una strate- gia educativa che per entrambi gli indirizzi, classico e moderno, dove- va fondarsi non sullo studio della grammatica come scopo principale dell’insegnamento, quindi di una grammatica fine a se stessa con mi- nuziose investigazioni filologiche e sintattiche, ma su di una gramma- tica finalizzata alla conoscenza della civiltà e della cultura latina. «L’insegnamento del latino», scriveva Lombardo Radice, «deve sin dalla prima classe, servire di avviamento alla conoscenza della vita ro-
mana»32. Lo stesso principio era ritenuto valido per l’insegnamento del
greco nel solo liceo classico, il cui studio si faceva iniziare nel secon- do anno, proprio per facilitarne l’apprendimento soprattutto sotto il profilo lessicale grazie alle acquisite conoscenze del latino e al raffor- zato studio dell’italiano.
Il disegno del 1905 individuava le ragioni della crisi delle discipli- ne classiche proprio nella strutturazione dell’ordinamento scolastico secondario che non teneva conto né di taluni principi psicologici, qua- li ad esempio i meccanismi di sviluppo intellettivo dei discenti, né di alcune prospettive pedagogico-didattiche, quali ad esempio la gradua-
31 Per la 3ª e 4ª classe del liceo moderno, le indicazioni così si pronunciavano:
«Qualche inno della Chiesa, saggi prima degli Atti degli Apostoli o della Legenda au- rea di Iacopo da Varagine e dello Speculum historiale di Vincenzo Bellovacense, poi di S. Leone, di S. Ambrogio, di S. Agostino, di S. Bernardo o di S. Bonaventura».
32G. Lombardo Radice, Studi sulla scuola secondaria, Fratelli Battiato librai edi-
lità nella trasmissione dei saperi, la ricerca costante da parte del do- cente di motivare all’apprendimento, dunque l’esigenza di un approc- cio al mondo antico che non passasse per le uniche vie del grammati- calismo.
Non si negava, tuttavia, l’importanza dell’apprendimento gramma- ticale, insostituibile strumento per leggere e comprendere un testo; si ribadiva il ruolo di una grammatica tale da mettere gli adolescenti nel- le condizioni di intendere, in tempi rapidi, un passo semplice. Si invi-
tava, pertanto, ad evitare l’insegnamento sistematico33 delle regole
glottologiche, fonologiche, morfologiche e, infine, sintattiche. Alla de- nuncia relativa ad alcuni principi praticati nell’insegnamento classico, accusati della scarsa riuscita scolastica, seguiva l’indicazione puntuale di metodologie grazie alle quali potesse verificarsi più agevolmente il passaggio dall’insegnamento all’apprendimento.
La strada indicata prediligeva il sentiero dell’aurea mediocritas, va- le a dire che la riqualificazione didattica non mirava a cancellare, ben- sì a migliorare il modo di strutturare l’insegnamento del greco e del la- tino. Se per un verso si riconoscevano indubbi pregi alla conoscenza dei vocaboli che consentivano di capire il senso della versione o del brano da tradurre, per un altro si metteva in discussione il valore auto- nomo con cui venivano tradizionalmente reputati i singoli termini, di cui poi si imponeva la automatica memorizzazione. Il vocabolo acqui- siva, nella prospettiva auspicata, significato all’interno del contesto in cui si trovava inserito e, solo come ultimo approdo, poteva divenire og- getto da imparare a memoria.
Non venivano banditi in toto gli esercizi mnemonici: fondamentale era che essi non divenissero semplici ripetizioni meccaniche. Risulta- va importante un allenamento mentale che percorresse le vie della me- moria, così come si riconosceva altrettanto utile per padroneggiare il testo un bagaglio lessicale ampliato dalla memorizzazione continua di parole. Si sosteneva l’importanza dell’esercizio mnemonico, così co- me si ribadiva che tale importanza potesse trovare concretezza se alla memoria si fosse accompagnata una partecipazione attiva del soggetto che impara e che per imparare necessita di sentirsi motivato ad ap- prendere. Non si rigettava, dunque, tutto del metodo di insegnamento passato, non si costruiva ex novo un programma strategico e didattico: si rinnovava, dotando gli elementi della tradizionale pratica scolastica di respiro diverso.