Giovanni Gentile: studia humanitatis e formazione dello spirito
2.4 I “ritocchi” alla Riforma
L’impopolarità della riforma, dovuta principalmente alla singolare struttura della scuola media e all’eccessivo rigore del sistema degli esami, fu alla base del «tradimento» della riforma stessa, un tradimen- to che snaturò con i numerosi ritocchi il suo impianto originale. I pri- mi risultati successivi all’entrata in vigore del nuovo ordinamento, re- lativi dunque all’anno scolastico 1923-1924, fecero registrare una net- ta riduzione del numero degli allievi, non certamente imputabile alla diminuzione della natalità a seguito della guerra, una diminuzione del- le scuole secondarie pubbliche, una percentuale bassa di ammessi. Ele- menti che costituirono il sostrato di proteste, soprattutto dal Meridione d’Italia, scioperi e costituzione di comitati di padri di famiglia che, preoccupati per la severità degli esami e per la riuscita formativa dei loro figli, reclamavano una modifica, in tempi rapidi, dell’ordinamen- to operato da Gentile.
Il filosofo neoidealista non accennava a cedere alle richieste, sem- pre più forti, e continuava a mostrarsi convinto assertore dei principi originari; anzi, il 29 agosto 1923 in un’intervista rilasciata al «Giorna- le d’Italia» tirava fuori tutta la sua grinta e affermava: «Come si fa a
39MPI, Dalla Riforma Gentile alla Carta della Scuola, cit., p. 643.
40Ore settimanali complessive del ginnasio: 21 ore (1ª classe), 24 ore (2ª classe),
24 ore (3ª classe), 24 ore (4ª classe), 24 ore (5ª classe).
Ore settimanali complessive del liceo: 25 ore (1ª classe), 26 ore (2ª classe), 25 ore (3ª classe).
41In particolare, per il latino erano previste, nel ginnasio: 8 ore (1ª classe), 7 ore
(2ª classe), 7 ore (3ª classe), 6 ore (4ª classe), 6 ore (5ª classe). Nel liceo: 4 ore (1ª clas- se), 4 ore (2ª classe), 3 ore (3ª classe).
Per il greco, il cui studio si faceva iniziare nella quarta classe del corso ginnasia- le, erano fissate nel ginnasio: 4 ore (4ª classe), 4 ore (5ª classe). Nel liceo: 4 ore (1ª classe), 4 ore (2ª classe), 3 ore (3ª classe).
trovar posto a tutti gli alunni? – io rispondo: – Non si deve trovar po- sto per tutti. – E mi spiego. La riforma tende proprio a questo: a ridur-
re la popolazione scolastica»42, e qualche anno più tardi, quando non
più ministro sentiva di poter difendere con maggiore forza le sue idee, pronunziava il suo discorso al Senato vantando il merito di «aver rida-
to un’anima alla scuola italiana»43.
«La scuola del ’23 è, dunque, una scuola non fascista, bensì una scuola autoritaria e reazionaria, la quale, una volta riconfessionalizza- ta con il ritorno dell’obbligatorietà dell’istruzione religiosa nella scuo- la elementare, e la successiva estensione della stessa a tutti gli ordini scolastici (in seguito al Concordato del 1929), punta alla non liberale conservazione di un vecchio primato culturale, classico e nazionalisti-
co»44. E ancora, a proposito delle conseguenze culturali e sociali del-
l’impostazione classicocentrica di Gentile, degli approdi di un sapere, quello classico appunto, inteso quale garanzia unica e assoluta della formazione per quanti siano orientati a ricoprire gli strati superiori del- la società, afferma Gaetano Bonetta: «Primato questo [della cultura classica] che gerarchizza i saperi, classifica i bisogni culturali, pena- lizza e ghettizza la cultura scientifica, e permette così alla scuola di al- lontanarsi inevitabilmente dai processi reali della società ora sempre più vistosamente tendente alla manifestazione per l’intrinseca fisiolo-
gia e dinamica della società sempre più industriale»45.
Non si trattava di una scuola fascista, dal momento che Gentile con il nuovo ordinamento scolastico andò a colpire proprio quelle classi che avevano favorito e reso possibile l’ascesa del fascismo, quei ceti medio-bassi ai quali non si concedeva alcuna possibilità di migliorare le proprie condizioni o coltivare aspirazioni per i loro figli; una scuo- la, di contro, con il compito reale di formare le future leve dirigenzia- li del Paese. E lo strumento di cui servirsi a tal fine fu, come è stato sottolineato, il ferreo e selettivo meccanismo degli esami. Da questo fondo traeva vita la politica dei «ritocchi», già all’indomani del delitto Matteotti e nei mesi successivi all’uscita del filosofo dal ministero del-
42G. Gentile, in “Giornale d’Italia”, 29 agosto 1923.
43L’occasione fu data dalla discussione in Senato, fra il 2 e il 9 febbraio 1925, cir-
ca il bilancio della Pubblica Istruzione. Gentile si trovò nelle condizioni di doversi di- fendere dalle critiche avanzate da varie associazioni, da sindacati e, in particolare, dal circolo dell’Accademia dei Lincei.
44G. Bonetta, Storia della scuola e delle istituzioni educative. Scuola e processi
formativi in Italia dal XVIII al XX secolo, Giunti, Firenze 1997, p. 94.
la Pubblica Istruzione46; dalla nuova situazione storica e sociale che venne a determinarsi si procedeva con una serie di atti e provvedimen- ti attraverso i quali il Fascismo tentava di “accontentare” le fasce so- ciali costituenti la base del movimento e che erano state quegli stessi
gruppi sociali più colpiti dall’ordinamento del 192347.
La prima correzione della riforma fu operata dallo stesso Gentile e riguardò la scuola complementare che aveva deluso subito le aspettati- ve circa le iscrizioni, di gran lunga inferiori alle attese. Il 15 ottobre del 1923 veniva varato un decreto, che dava risposta alla richiesta popola- re di alleggerire il peso selettivo delle ammissioni e con il quale si isti- tuiva, dalla terza classe, un corso integrativo biennale per preparare i giovani che frequentavano la scuola complementare a superare l’esame di ammissione al liceo scientifico o al triennio superiore dell’istituto tecnico48.
Il ministero di Casati va considerato un momento di passaggio, du- rato meno di duecento giorni, durante i quali si imponeva la necessità di trovare soluzioni immediate alle questioni più contrastate della rifor- ma. Si trattava, in particolar modo, di operare dei «ritocchi» o, stando
alle dichiarazioni di Casati, «qualche addolcimento»49relativamente al
tema degli esami e al peso delle discipline classico-umanistiche, riva- lutando l’importanza delle materie scientifiche. Risulta con evidenza che Casati iniziasse il suo incarico governativo nell’intento di non stra- volgere la struttura tracciata da Gentile e, di conseguenza, di non arre-
care danno al sistema con una «controriforma»50; suo proposito, fin
dall’inizio, fu quello di correggere lievemente alcuni punti senza ne- gare le linee portanti della riforma del predecessore.
Nel breve ministero furono varati due importanti decreti: il primo
46Gentile rassegnò le dimissioni il 14 giugno 1924, assieme ad altri tre ministri fa-
scisti: Oviglio, ministro della Giustizia, De Stefani, ministro delle Finanze, Federzoni, ministro delle Colonie. Mussolini accettò solo le dimissioni di Gentile e il 1° luglio il ministero della Pubblica Istruzione passò alla direzione di Alessandro Casati, proni- pote di Gabrio Casati, autore della prima legge scolastica italiana.
47F. Cambi, La pedagogia borghese nell’Italia moderna (1815-1970), La Nuova
Italia, Firenze 1974, p. 120.
48Cfr. R.D. 15 ottobre 1923, n. 2370, artt. 1-2.
49Così si pronunziò in occasione dell’intervista rilasciata a Prezzolini per la rivi-
sta «La Nuova Scuola Italiana» nel 1924 (Cfr. «La Nuova Scuola Italiana», I, 1924, 41, p. 557.
50Sulla riforma Gentile e sulla controriforma che seguì, si veda in particolare il
contributo di R. Gentili, Riforma e Controriforma, in AA.VV., Ernesto Codignola in 50 anni di battaglie educative, La Nuova Italia, Firenze 1967, pp. 63-88.
(R.D.-L. 18 settembre 1924, n. 1487) modificava le aspre norme d’e- same ed escludeva dalla sessione di luglio coloro che avrebbero ripor- tato una sola insufficienza in più di due materie principali, valutando l’insufficienza in 5/10 e non più in 6/10. Il precedente decreto che re- golava gli esami (R.D. 30 aprile 1924, n. 756) escludeva dalla sessione di luglio coloro che avevano insufficienza in tre materie minimo; si escludevano, inoltre, dall’esame di riparazione di ottobre i respinti a luglio in tre discipline e si fissava, come requisito per tutti i tipi di esa- me, ammissione, maturità e licenza, il voto di condotta, che non dove- va essere inferiore al sei. Il secondo decreto (R.D. 16 ottobre 1924, n. 1923) correggeva i programmi e gli orari con significato particolare per le “nostre” discipline classiche e per i risvolti sociali che in esso si celavano. La formazione umanistica, pur continuando a primeggiare in tutte le scuole secondarie del Regno, subiva la crescente considerazio- ne della necessità di una formazione scientifica tanto che, al di là del- l’aumento dei licei scientifici su tutto il territorio, anche all’interno dei programmi e degli orari dei licei classici e degli istituti magistrali si mirava a portare una ventata di cultura scientifica, aggiungendo un’o- ra negli ultimi due anni del liceo e riducendo a cinque l’insegnamento della lingua latina al quarto anno del corso inferiore dell’istituto magi- strale.
In questo caso, il latino pagava le spese della correzione che si vo- leva apportare all’impostazione classicocentrica del ’23, alla volontà che era stata di Gentile di relegare al “secondo” posto le discipline scientifiche anche nelle proprie naturali dimore; e ancora, le modifiche didattiche e organizzative si traducevano, in un crescendo sino alla «riforma De Vecchi», in un’operazione di fascistizzazione attraverso l’imposizione di programmi rigidi, dettagliati e antiliberali, che ridu- cevano ogni libera iniziativa degli insegnanti e che, come principale fi- nalità, prescrivevano la divulgazione nei giovani della cultura fascista. Ciò valeva in modo particolare per le discipline classiche, considerate alla stregua di tutte le materie umanistiche un ottimo strumento di con- trollo e di propaganda culturale e politica.
Si proseguiva sulla linea dei ritocchi e, «primo tradimento»51vero
della riforma come osò scrivere Gentile in una lettera a Bottai nel 1925, si verificò con il fascista Pietro Fedele, salito alla Minerva il 5 gennaio 1925 e noto per essere uno dei più fervidi oppositori della Lex
51 A riguardo si veda, fra i tanti, G.A. Cornacchia, Il latino nella scuola dell’Italia
Gentile. L’opera di revisione e, in concomitanza, le rassicurazioni a Gentile da parte di Mussolini, relativamente all’impegno di non stra- volgere l’impianto della sua scuola, procedevano con le prime conces- sioni alle richieste del popolo borghese; fra queste, l’annosa questione degli esami, che era tornata ad agitare gli animi a seguito delle copio- se bocciature nella sessione di ottobre 1925. A tal riguardo, Fedele re- putava opportuno, e politicamente consigliato, concedere un terza ses-
sione di esami52e, come secondo provvedimento didattico, ritenne fon-
damentale alleggerire i programmi, levigandone rigore e severità53.
Qualche anno più tardi interveniva, a sostegno del ministro, Mus- solini in persona il quale espresse la propria opinione favorevole ad un assottigliamento del carico disciplinare richiesto agli esami. Si correva il rischio di trasformare gli studenti, già indeboliti emotivamente e fi- sicamente dalla guerra, in tanti ipotetici nevrastenici e depressi. In li- nea con le posizioni del Duce, anche il generale Badoglio soleva so- stenere – scrive Charnitzky – che «il gran numero di diplomati rifor- mati alla visita di leva si spiegava con l’esaurimento intellettuale cau- sato dall’esame di stato: egli chiese, perciò, nell’interesse di una effi- ciente difesa nazionale, un taglio dei programmi e un potenziamento dell’esercizio fisico»: «Le loro [degli studenti] famiglie ed essi furono sottoposti a tutte le privazioni materiali della guerra e all’enorme choc morale e nervoso della guerra. Sono generazioni debilitate. C’è il caso – forzandole – di farne delle generazioni di nevrastenici candidati al
manicomio o al suicidio»54.