2 LO SPAZIO SCENICO
2.2 AMBIGUITÁ DELLA GROTTA, AMBIGUITÁ DI FILOTTETE
2.2.1 LA GROTTA: UNO SPECCHIO DI FILOTTETE
Il Filottete di Sofocle si svolge interamente nei pressi della grotta di Lemno dove il figlio di Peante ha deciso di stabilirsi durante il lungo esilio sull’isola. Tale grotta viene descritta in modo approfondito proprio dai due personaggi che recitano il Prologo: Odisseo e Neottolemo253. Odisseo la descrive
come una δίστομος πέτρα ‘grotta a due uscite’ dove ‹‹c’è d’inverno duplice spiazzo al sole, mentre d’estate la brezza che circola per entrambe le aperture porta il sonno››254 (vv.16-17); Neottolemo la
chiama ἄντρον e, incalzato dal compagno che l’ha mandato a cercarla, menziona quello che vi trova all’interno: un giaciglio di foglie — στιπτή γε φυλλὰς (v.33) —, una coppa di legno — αὐτόξυλόν γ’ ἔκπωμα (v.35) —, un falò — πυρεῖα (v.36) — e degli stracci — ῥάκη (v.39).
La grotta non viene, quindi, presentata in modo univoco, le due descrizioni contrastano a seconda della volontà di chi parla di presentarla sotto un’accezione positiva (Odisseo) o negativa (Neottolemo). Il contrasto risulta ancora più forte se si nota una certa specularità nella struttura delle due descrizioni.
Innanzitutto, Sofocle fa usare ad entrambi i personaggi termini che potevano richiamare echi omerici alla memoria del pubblico presente a teatro, con lo scopo di far percepire fin dalle prime parole l’idea che voleva dare dell’ambientazione: così la δίστομος πέτρα ricorda l’antro delle Ninfe a
252 Cfr. SEGAL,19992:293.
253 Cfr. SEALE,1982:26‹‹The background is not created to be quickly forgotten; it unfolds by a process of apprehensive
68 due ingressi (uno per gli uomini e uno per gli dèi), dove Odisseo aveva lasciato il tesoro dei Feaci al suo ritorno ad Itaca255, mentre ἄντρον, appellativo con cui Neottolemo chiama la grotta di Filottete,
ricalca perfettamente il termine con cui nell’Odissea viene chiamata la grotta di Polifemo256. Di
seguito, si trova la descrizione del luogo secondo caratteristiche utili a sostenere la tesi del personaggio che sta parlando: Odisseo presenta la grotta come un luogo quasi ‘idilliaco’, perfetto per passarci sia l’estate sia l’inverno, con l’intento di mettere in risalto il fatto che, in fin dei conti, l’esilio non era stato così gravoso per Filottete, mentre Neottolemo mostra la negatività del luogo sottolineando lo squallore di ciò che vi trova, così il giaciglio di foglie viene descritto ‹‹come per uno che vi s’è accampato›› (v.33), la coppa di legno è ‹‹opera di qualcuno inesperto dell’arte›› (vv.35-36) e gli stracci sono ‹‹sporchi di brutta cancrena›› (v.39).
Nelle parole di Neottolemo, inoltre, credo che possa trasparire qualcosa di non detto in maniera esplicita da parte dell’autore, ma che gli spettatori avrebbero potuto cogliere. Sofocle voleva sostanzialmente far presentare al giovane figlio d’Achille la grotta di Filottete come un’ambiente squallido, in contrasto con le parole di Odisseo, ma indirettamente si può percepire che il rifugio dell’eroe è stato, in qualche maniera, ‘addomesticato’257. Colui che abita la caverna, infatti, non si è
rassegnato a vivere come gli animali, ma si è creato un giaciglio di foglie per dormire invece che coricarsi per terra, ha intagliato nel legno una coppa per bere come una persona civile e, soprattutto, ha saputo accendere un falò strofinando pietra contro pietra258 — ἐν πέτροισι πέτρον ἐκτρίβων
(v.296) —, così da potersi nutrire alla maniera degli esseri umani, cioè di selvaggina sottoposta a cottura. Come notava Vernant, infatti, ‹‹cucinare la carne prima di mangiarla significa anche mettere in risalto il contrasto con le bestie che si nutrono di carne cruda››259.
Neottolemo descrive così un’ambiente che riflette le caratteristiche di chi lo abita: Filottete è rimasto legato alla cultura da cui è stato estromesso e ciò gli ha consentito di non superare
254 ἐν ψύχει μέν ἡλίου διπλῆ πάρεστιν ἐνθάκησις, ἐν θέρει δ’ ὕπνον δι’ ἀμφιτρῆτος αὐλίου πέμπει πνοή. 255 Od. XIII, 107-12.
256 Od. IX, 216; il fatto che in Omero la grotta di Polifemo venga chiamata σπέος più volte di ἄντρον non dovrebbe creare
problemi, visto che i due termini sembra fossero trattati come sinonimi: così è infatti per LSJ e CHANTRAINE,1968;cfr. Eust. 1743, 53: σπέος καὶ ἄντρον εἰπεῖν ταὐτόν, κατὰ πολυωνυμίαν ἐστὶν ὥς περ καὶ σπήλαιον.
257ALESSANDRI,2009-2010: 451.
258 Cfr. SEGAL,19992:295che vede in quest’espediente utilizzato da Filottete una reinvenzione del fuoco, in linea con la tesi,
anche da me sostenuta, della capacità del figlio di Peante di escogitare un modo per non allontanarsi del tutto da uno stile di vita civile.
69 completamente la soglia che separa l’umano dal non-umano. Sebbene, infatti, il protagonista del dramma si sia inselvatichito (vv.226; 1321), non ha mai smesso di comportarsi come era abituato prima dell’abbandono, dimostrando che, in fin dei conti, la selvatichezza — ἀγριότης — era solamente un tratto esteriore del personaggio, che in cuor suo non era praticamente cambiato260. Pur non
essendo, dunque, presente Filottete nel Prologo, il suo arrivo sembra essere quasi anticipato proprio dalle parole del giovane figlio d’Achille, il cui punto di vista verrebbe a coincidere con quello degli spettatori presenti a teatro che, come lui, si potevano fare un’idea dell’abitatore della grotta ricavandola da alcuni tratti del suo modo di vivere, e tale era probabilmente l’effetto voluto da Sofocle per il suo pubblico.
Come si è potuto notare, dalle parole di Odisseo e Neottolemo la grotta può essere presentata sotto un’accezione più o meno positiva a seconda degli aspetti che si prendono in considerazione: lo stesso fa anche Filottete nel corso della tragedia cambiando opinione a seconda dei sentimenti che prova. Questa ambivalenza della grotta è ben espressa dal figlio di Peante durante il primo saluto che le rivolge, quando sembra abbia ormai convinto Neottolemo a riportarlo a casa (vv.524-29), ma l’imminente arrivo del falso Mercante e un riproporsi del dolore al piede faranno saltare tutto. Egli stesso, infatti, la definisce ἄοικον ἐξοίκησιν261 ‘casa inabitabile’ (v.534) — letteralmente ‘una casa che
non è più una casa’ — servendosi di un accostamento ossimorico262 che ben spiega tale assurdità: la
grotta che per Filottete era stata come una vera e propria dimora durante il lungo esilio a Lemno, non gli sembra più così abitabile ora che gli viene offerta la prospettiva di tornarsene in patria.
259DETIENNE-VERNANT, 1979: 52.
260 Cfr. JAMESON,1956:220-21 che trova similarità tra la selvatichezza di Filottete e il comportamento di molte persone
durante la guerra del Peloponneso (Th. III 82, 2-7), senza dimenticare però che ‹‹where Thucydides gives a picture of society under the impress of war and faction, Sophocles portrays the agony of an individual victim of physical suffering and human callousness››; UGOLINI,2000:198.
261 La lezione tramandata prevede εἰσοίκησιν, accettata da Jebb e Kamerbeek, ma non testimoniata altrove. A mio parere
più corretta è la forma ἐξοίκησιν, congetturata da Frederking e seguita anche da Page in base al confronto con Soph., OC 27 in cui il termine ἐξοικήσιμος indica un ‘luogo abitabile’; come testimoniato anche ad loc. in AVEZZÙ-PUCCI,2003 tale occorrenza renderebbe questa congettura la più probabile.In riferimento al passo cfr. FRAENKEL,1977:58:‹‹non c’è dubbio che è un astratto››.
262 L’accostamento di un termine con un aggettivo da esso derivato che ne rappresenta la negazione non costituisce una
novità in tragedia, infatti lo ritroviamo in questa stessa opera al v. 848 ὕπνος ἄυπνος e in molte di Eschilo (Ag. 1546; Suppl. 1055; Pers. 680; Prom. 904; Eum. 457; Sept. 1021).
70 Negativamente la caverna viene descritta dal protagonista del dramma in un momento di sofferenza come ‹‹infocata e gelida››263 — θερμὸν καὶ παγετῶδες (v.1082) — e ‹‹misero antro ripieno
del dolore che da me stesso proviene›› — ὦ πληρέστατον αὔλιον λύπας τᾶς ἀπ᾽ ἐμοῦ τάλαν (vv.1087- 88). In maniera positiva, invece, la grotta viene presentata da Filottete quando in un momento di quiete il figlio di Peante arriva persino ad affermare: ‹‹Insomma, col fuoco, la grotta che abito mi dà tutto, tranne guarire›› — οἰκουμένη γὰρ οὖν στέγη πυρὸς μέτα πάντ᾽ ἐκπορίζει πλὴν τὸ μὴ νοσεῖν ἐμέ (vv.298-299). Nel dare l’addio all’isola, poi, proprio nelle battute finali, l’apostroferà come ‹‹dimora prottettiva›› — μέλαθρον ξύμφρουρον ἐμοὶ (v.1453) —, in un quadro di pacificazione che rispecchia la tranquillità prodottasi nell’animo tormentato dell’eroe264.
Escludendo, dunque, quanto detto da Odisseo, che vuole solamente passare sotto silenzio la penosa condizione in cui ha vissuto Filottete, la grotta, con tutte le sue contraddizioni, viene presentata dagli altri due personaggi come uno ‘specchio’ di colui che la abita, capace di riflettere lo stile di vita che il figlio di Peante ha tenuto in quegli anni da solo e i sentimenti che ha provato, così da mettere in risalto la simbiosi che si era creata tra uomo e ambiente durante quasi dieci anni di esilio. Il legame Filottete-grotta è fortissimo265 e ambivalente perché, come si è notato in precedenza, se è
vero che l’ambientazione ha influito nel rendere il protagonista del dramma ‘selvaggio’, il medesimo spazio è stato reso più civile dall’eroe, mediante semplici accortezze che l’asprezza del luogo gli ha permesso. Siamo, dunque, di fronte al rapporto che si istituisce tra natura e cultura, due forze esterne all’animo umano incapaci di coesistere in perfetto equilibrio. Si passa, così, dallo stato civilizzato di Filottete, prima dell’abbandono a Lemno, ad una regressione quasi animale sull’isola, tanto che il protagonista del dramma abita in una grotta come le fiere, per poi notare che il figlio di Peante non si è totalmente inselvatichito, ma ha cercato di mantenere un comportamento minimamente civile, a dimostrazione che la cultura non ha mai ceduto del tutto il posto alla natura266.
263 Quasi in risposta alla descrizione della grotta da parte di Odisseo ai vv.16-17. 264ALESSANDRI, 2009-2010: 455.
265 Cfr. SEALE,1982:26‹‹More so than any hero in Sophocles, Philoctetes is a character defined by scenic context. Location
impinges on the sense or the mind at almost every point››.
71 Per comprendere meglio questo legame uomo-ambiente può essere utile rifarsi alla suddivisione dello spazio operata da Lefebvre267: ‹‹The fields we are concerned with are, first, the physical-nature,
the Cosmos; secondly, the mental, including logical and formal abstractions; and thirdly the social. In other words, we are concerned with logico-epistemelogical space, the space of social practice, the space occupied by sensory phenomena, including products of the imagination such as projects and projections, symbols and utopias››268. Nella tragedia viene presentato, infatti, attraverso le parole di
Neottolemo, lo ‘spazio fisico’ — o ‘spazio materiale’ —, che corrisponde alla descrizione oggettiva da parte di una persona venuta dall’esterno dell’ambiente che si trova di fronte. Le parole di Filottete descrivono, invece, lo ‘spazio mentale’, l’idea di spazio che egli stesso si era fatto, influenzato, però, da tutte le sventure che gli erano capitate. Solo mediante una sintesi di questi due spazi che vengono presentati nell’opera è possibile ricostruire lo ‘spazio sociale’269 in cui vive il figlio di Peante, lo spazio
realmente vissuto, che di sociale ha ben poco, mostrando un’ambiguità che si riscontra similmente nei rapporti che il protagonista del dramma intrattiene con gli uomini e con gli dèi.