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2 LO SPAZIO SCENICO

3.1 DIFFERENTI PERCEZIONI TEMPORAL

3.2.3 TEMPO E ZEUS

La Moira ha sicuramente una grande influenza nei confronti del tempo all’interno dell’opera, in particolare per quanto riguarda Filottete, ma, se si considera la capacità di controllare il tempo a proprio piacimento, al di sopra di tutto è lecito supporre che un ruolo di preminenza spettasse a Zeus451. Per comprendere appieno il rapporto Zeus-tempo nel Filottete è necessario fare un passo

indietro rispetto all’opera sofoclea e al mito riguardante il figlio di Peante, e concentrare l’attenzione su uno dei “poemi del ciclo”, i Cypria, dove sono raccontati gli antefatti della guerra di Troia.

Secondo il primo frammento a noi pervenuto di questo poema, Zeus, preoccupato per il gravoso numero di mortali che affollavano la terra, decise di far scoppiare la guerra di Troia, che portò alla morte molti eroi452. La malattia, che provoca l’esilio a Lemno per nove anni di Filottete, cioè dell’unico

eroe capace di far terminare la guerra grazie al suo arco (vv.610-14; 1426-28)453, può essere, quindi,

vista come un’espediente per ritardare la fine del conflitto in terra troiana454, in modo da causare un

numero di morti il più alto possibile.

Anche nell’opera sofoclea è sottintesa più volte la presenza di un disegno divino, sotto il quale si celerebbe lo stesso Zeus, richiamando così la parte finale del primo frammento dei Cypria: Διὸς δ’ ἐτελείετο βουλή455. È Neottolemo il primo a esporsi in questa direzione, affermando che è ‹‹per

volontà di un dio›› — θεῶν του μελέτῃ (v.196) — che Filottete non può portare gli Achei alla vittoria prima che giunga il momento stabilito per prendere Troia (vv.197-200). Poi è la volta di Odisseo, che parla specificamente di ‹‹Zeus colui che tutto ciò ha deciso›› — Ζεύς, ᾧ δέδοκται ταῦτα (v.990) —, in

450GERNET-BOULANGER,1932:246.

451 L’idea di Zeus signore del tempo era già affiorata nel secondo stasimo dell’Antigone (vv.604-14). Per Zeus Moiragetes si

veda Paus. I 40, 4; X 24, 4; cfr. GERNET-BOULANGER,1932:276.Per l’ambiguo rapporto Zeus-Moira in Omero si veda VERNANT, 1974b: 110-11. 452 Fr. 1 B (BERNABÉ,1996): ἦν ὅτε μυρία φῦλα κατὰ χθόνα πλαζόμεν’ αἰεί/ <ἀνθρώπων ἐπίεζε> βαρυστέρνου πλάτος αἴης,/ Ζεὺς δὲ ἰδὼν ἐλἐησε καὶ ἐν πυκιναῖς πραπίδεσσι/ κουφίσαι ἀνθρώπων παμβώτορα σύνθετο γαῖαν,/ ῥιπίσσας πολέμου μεγάλη ἔριν Ἰλιακοῖο,/ ὄφρα κενώσειεν θανάτωι βάρος. Οἱ δ’ ἐνὶ Τροίηι/ ἥρωες κτείνοντο, Διὸς δ’ ἐτελείτο βουλή. 453 Cfr. Il. II, 724-25. 454 Cfr. PARKER,1999: 15.

116 riferimento al destino di Filottete. Lo stesso Neottolemo, come già anticipato in 3.2.2, ribadisce il concetto parlando di una “sorte divina” — θεία τύχη (v.1326) — che ha portato il figlio di Peante a soffrire di questa malattia. Infine, è Eracle stesso a dirsi giunto sulla terra per riportare a Filottete ‹‹il volere di Zeus›› — τὰ Διὸς βουλεύματα (v.1415) —, che Filottete accetterà, dato che è proprio ‹‹la divinità onnipotente che tutto questo ha portato a compimento›› — ὁ πανδαμάτωρ δαίμων ὃς ταῦτ᾽ ἐπέκρανεν456 (vv.1467-68).

I due passi del Filottete in cui è nominato direttamente Zeus (vv.990; 1415) non lasciano di certo dubbi sulla divinità coinvolta. Ma è opportuno notare che anche negli altri tre passi (vv.196; 1326; 1467-68) in cui è coinvolta una divinità non meglio specificata, sembra difficile non vedere celata la figura del padre degli dèi. Dall’integrazione dell’incipit dei Cypria con i riferimenti sopra citati del Filottete risulta evidente che Zeus fosse la causa del tempo che Filottete aveva dovuto trascorrere in esilio a Lemno: il dio, che nel poema appartenente al ciclo epico troiano aveva voluto alleggerire la terra dal peso gravoso dei troppi mortali architettando, proprio per questo motivo, le cause che avrebbero fatto scoppiare la guerra di Troia457, è lo stesso che nella tragedia prolunga le sorti della

guerra bloccando su un’isola deserta l’unica persona in grado di porre fine al conflitto458.

È proprio nell’ultima espressione pronunciata da Filottete nei confronti di Zeus (vv.1467-68) che si possono trovare due spie linguistiche capaci di rendere conto del forte legame presente tra questo dio e il tempo. Come notava de Romilly, infatti, spesso al tempo erano attribuiti epiteti della sovranità propri di Zeus — si veda il caso di πανδαμάτωρ459 —, e lo stesso verbo κραίνειν, utilizzato in

riferimento al padre degli dèi nell’opera sofoclea (v.1468), veniva indipendentemente utilizzato sia riferito al tempo, sia alle divinità in generale460. Tutto ciò porta a pensare che in Grecia antica fosse

presupposta una specie di sovrapposizione fra le funzioni del tempo e di Zeus, che li porterebbe ad

455 Cfr. Il. I, 5; Soph., Tr. 1278.

456 Per l’identificazione del δαίμων con Zeus si veda BUDELMANN,2000: 148-54; cfr. SCHEIN,2013:344-45.Erronea, a mio

parere, la doppia ipotesi dello scolio ad 1468: τίνες τὸν Ἠῤακλἐα, ἔνιοι τὴν Τύχην.

457 Cfr. schol. ad Il I, 5; Anecd. Oxon. IV 405, 6 Cramer; Eustath. In Il p. 20, 13. In queste testimonianze al fr. 1 B è riportata

la versione secondo cui Momo (personificazione del ‘biasimo’) avrebbe consigliato a Zeus le cause scatenanti della guerra di Troia, come le nozze di Teti e la nascita di una fanciulla bellissima, Elena.

458 Cfr. PARKER,1999: 15.

459 Tale epiteto, riferito a Zeus nel Filottete (v.1467), si ritrova associato al tempo in Simonide (fr.1 Hiller) e Bacchilide

(fr.13 Snell); cfr. DE ROMILLY,2009:71n.3.

460 ‹‹Il en va de même pour l’emploi du verbe krainein, “réaliser”; celui-ci peut traduire la simple réalisation d’un fait dans

117 un’identificazione, tanto da poter risultare quasi interscambiabili in certe formule. In questo modo, almeno dal punto di vista di Filottete che pronuncia tali parole, il dio appare non più semplicemente come sovrano del tempo, ma egli stesso è il tempo461.

Uno Zeus capace di assumere tali caratteristiche sembra fosse già presente nell’esposizione del mito delle razze contenuto nel poema didascalico esiodeo Le opere e i giorni. Come risulta dall’analisi di Vernant462, infatti, si può notare che già in Esiodo Zeus assumeva caratteristiche proprie del tempo,

dato che il padre degli dèi, parte integrante dell’età dell’oro durante la quale fu generato, si mostra garante del divenire di questa visione ciclica del tempo463 regolando l’alternanza delle razze. È egli

stesso che pone fine alla stirpe d’argento (vv.137-39), crea quella di bronzo (vv.143-44) e degli eroi (vv.158-59) e permette ai migliori tra gli eroi di vivere per sempre nelle isole dei Beati (vv.170-73); per finire crea la stirpe di ferro (vv.173-74) che muore di vecchiaia (vv.180-81). Questo Zeus delle Opere e i giorni mostra, a mio parere, le stesse caratteristiche del dio dei Cypria accostato poco sopra allo Zeus del Filottete. Tali Zeus ci mostrano, infatti, una divinità regale464 che presuppone in sé il valore del

tempo per gli esseri a cui è superiore, nei confronti dei quali ha potere di decidere quando vivono e quando muoiono, esattamente come era succeso nella generazione precedente con Crono, di cui Zeus è il successore465.

Si potrebbe concludere ipotizzando che Sofocle avesse ripreso per lo Zeus della tragedia caratteristiche appartenenti a questa divinità già nella letteratura arcaica, nella quale veniva messa in evidenza una religione aristocratica in cui Zeus assumeva i tratti di un dio onnipotente a cui erano affidate la giustizia e il tempo466. Ne risulta, quindi, che lo Zeus dei Cypria, che presenta le stesse

caratteristiche dello Zeus del Filottete, rivela dei tratti in comune con lo stesso Zeus delle Opere e i giorni che crea e poi fa perire la razza degli eroi, la morte di molti dei quali, è specificamente detto, avvenne anche per colpa della guerra di Troia (vv.164-65). Tutto ciò mostrerebbe come questa antica

461 Una tale concezione sembra fosse derivata ai Greci per influsso del mito babilonese, cfr. VERNANT,1962:108.

462 VERNANT,1965: 15-90 (Il mito esiodeo delle razze. Tentativo di analisi strutturale, seguito dall’integrazione Il mito esiodeo delle razze. Su un tentativo di messa a punto; i riferimenti alle pagine provengono dall’edizione italiana del 1978,

da cui, d’ora in avanti, si citerà).

463 Cfr. VERNANT,1965:83.

464 Lo stesso vale anche per lo Zeus della Teogonia esiodea, definita da Vernant ‹‹un inno alla gloria di Zeus re›› in VERNANT,

1962:105.

465 Cfr. ROTONDARO,1997:57-58; CALAME,2006:101-2.

118 concezione del tempo fosse sopravvissuta all’età arcaica e trovasse modo di essere riproposta in un’opera di fine V secolo come il Filottete.

L’affermazione di Eracle al termine della tragedia, quando profetizza, riportando il volere di Zeus (v.1415), che il protagonista del dramma otterrà una ‘vita gloriosa’ — εὐκλεᾶ βίον (v.1422) — per i suoi meriti personali, mentre egli stesso ha ottenuto ‘gloria immortale’ — ἀθάνατον ἀρετὴν (v.1420) —, richiama fortemente il duplice destino che lo Zeus delle Opere e i giorni aveva prospettato per la stirpe degli eroi: alcuni erano destinati a proseguire la propria esistenza in eterno nelle isole dei Beati (vv.170-76), altri erano costretti a combattere ed erano destinati a perire (v.166), proprio come gli uomini della stirpe di bronzo467. Tale è, infatti, la differenza sostanziale che separa anche Eracle da

Filottete: il primo, in quanto dio, non vedrà terminare la sua gloria che è divenuta immortale esattamente come lui, mentre il secondo, in quanto mortale, può “solamente” aspirare ad ottenere una ‘vita gloriosa’, che avrà termine al momento della sua morte, manifestando una certa differenza riscontrabile anche tra il tempo degli dèi e il tempo degli uomini, su cui mi soffermerò in seguito. Ritengo, dunque, che Sofocle, in quanto sicuro conoscitore dei poemi del ciclo epico e delle opere di Esiodo, potesse avere in mente l’idea di uno Zeus che aveva assunto caratteristiche proprie del tempo quando componeva il Filottete e inseriva riferimenti a un disegno divino, riconducibile alla figura di Zeus, che anche buona parte del pubblico presente a teatro avrebbe potuto cogliere. Quello che è interessante notare, però, è che il tempo che Filottete deve trascorrere sull’isola non deve avere un senso per gli esseri mortali, ma rientra perfettamente in quel rapporto tra gli esseri umani e gli dèi, analizzato in 2.2.3, nel quale non ci deve essere alcuna spiegazione da parte di questi ultimi, dato che, come notava Vidal-Naquet: ‹‹La confusione che caratterizza il tempo degli uomini trova dunque la propria spiegazione e la propria causa nell’ordine del tempo degli dèi››468. Il tempo che caratterizza gli

esseri mortali, dunque, dipende direttamente dal tempo degli dèi, ma è necessario notare, mantiene una propria utonomia.

Attraverso il complicato rapporto tra Filottete e uno Zeus che influenza il destino degli uomini come nei Cypria e nelle Opere e i giorni assumendo i tratti di un tempo divinizzato, verrebbe così portata sulla scena quella crisi del tempo ciclico, derivato dalla dottrina orfico-pitagorica dell’eterno

467 Cfr. VERNANT,1965:22.

119 ritorno469, cominciata in Grecia intorno al VII secolo a.C. con l’avvento della poesia lirica e,

successivamente, del teatro, grazie ai quali sorge ‹‹una nuova immagine dell’uomo››470 che,

volgendosi verso la propria vita emotiva, si rende ormai conto che non esiste un continuo rinnovamento periodico e regolare dell’universo ed egli stesso finisce per sentirsi ‹‹trascinato in un flusso mobile, mutevole, irreversibile››471. Queste due concezioni temporali non dovevano escludersi

l’un l’altra nell’Atene del V secolo, esattamente come il tempo degli dèi non escludeva il tempo degli uomini. Esse rimasero compresenti nel modo di pensare degli Ateniesi a seconda che prevalesse la più antica dottrina orfico pitagorica472 o il più innovativo pensiero storico laico introdotto dalla

storiografia tucididea, legato anch’esso ad una concezione ciclica del tempo, ma più vicino alla temporalità presentata nel dramma, che segue una logica d’esposizione più che una vera e propria cronologia473.

Sofocle, dunque, in questa tragedia, sembra voler portare sulla scena questo contrasto tra le due concezioni temporali, mostrando un eroe incapace di relazionarsi con la più arcaica concezione del tempo ciclico rappresentata da Zeus, poiché indirizzato ormai verso una nuova concezione del tempo, più antropocentrica, che, comunque, non è ancora in grado di comprendere del tutto, dato che essa rappresenterebbe la novità.

Anche questo aspetto di confusione temporale da parte di Filottete, che non riesce a comprendere il tempo rappresentato da Zeus474, mette in evidenza, a mio avviso, una delle cause

dell’infinita sofferenza che l’eroe è costretto a patire. Filottete sarà sicuramente l’eroe che otterrà vita gloriosa in futuro a Troia, ma in questa tragedia, in cui la sofferenza del figlio di Peante è messa in primo piano, sembra evidente che l’eroe si mostri nei confronti del tempo come un uomo della stirpe di ferro, per riprendere la suddivisione delle razze esiodea, la cui caratteristica era ‹‹vivere

469 Cfr. GERNET-BOULANGER,1932:402. 470VERNANT,1965:115.

471 VERNANT, 1965: 116; cfr. ROTONDARO, 1997: 58-59 che mostra come questo passaggio ad una nuova dimensione

temporale fosse rappresentato dall’episodio mitico della Teogonia in cui Zeus sposa Mnemosyne con cui genera le Muse.

472 Il fatto che il tempo ciclico riproposto nella teoria delle razze esiodea fosse già percepito come una forma di

temporalità arcaica è stato sostenuto in VERNANT,1965:100.

473 Cfr. MEYERSON,1956:340‹‹Le temps de Thycidide n’est pas chronologique: c’est si l’on peut dire ainsi, un temps logique.

Il est dramatique aussi quelquefois, quand deux séries parallèle se déroulent, comme lors de la bataille de Syracuse par exemple, aux livres VI et VII; les péripéties e le dénouement ont alors des places très précisement assignées: c’est l’ordre qui donne le drame, on ne quitte pas le logique››; KRAVARITOU,2002:31; DOMINGO SUÁREZ,2004:159-62.

120 dolorosamente nel tempo››475, proprio come Sofocle e i suoi concittadini, che vivevano le concitate

fasi finali della Guerra del Peloponneso. Ma Filottete, da buon eroe sofocleo, non si rassegna e trova la sua vittoria personale nell’essere riuscito, nonostante tutto ciò che aveva dovuto passare, a mantenere intatta la propria φύσις476.