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IL TEMPO PERCEPITO DALL’ESTERNO: LA SOVRAPPOSIZIONE TRA TEMPO DELLA PERFORMANCE E TEMPO DEL RACCONTO

2 LO SPAZIO SCENICO

3.1 DIFFERENTI PERCEZIONI TEMPORAL

3.1.1 IL TEMPO PERCEPITO DALL’ESTERNO: LA SOVRAPPOSIZIONE TRA TEMPO DELLA PERFORMANCE E TEMPO DEL RACCONTO

Nel Filottete di Sofocle, come nella maggior parte delle tragedie superstiti, vengono portati sulla scena avvenimenti che si svolgono nell’arco di una sola giornata — ὑπὸ μίαν περίοδον ἡλίου378 —, con la

particolarità di far praticamente coincidere il tempo rappresentato con il tempo della performance379.

Quanto accade nella tragedia, infatti, dal momento dello sbarco di Odisseo e Neottolemo a Lemno fino all’apparizione di Eracle, sarebbe potuto avvenire realmente nel giro di qualche ora, permettendo così una quasi totale sovrapposizione dei due piani temporali380. È su questo punto che inizialmente

intendo focalizzarmi, in quanto questa coincidenza temporale è resa possibile dal fatto che il

378 Arist., Po. 1449b 14.

379 L’aspetto performativo è uno dei capisaldi del genere tragico: ἔστιν οὖν τραγῳδία μίμησις πράξεως σπουδαίας καὶ

τελείας μέγεθος ἐχούσης, ἡδυσμένῳ λόγῳ χωρὶς ἑκάστῳ τῶν εἰδῶν ἐν τοῖς μορίοις, δρώντων καὶ οὐ δι᾽ ἀπαγγελίας, δι᾽ ἐλέου καὶ φόβου περαίνουσα τὴν τῶν τοιούτων παθημάτων κάθαρσιν (Arist., Po. 1449b 24-29). A partire da metà V secolo assunse talmente tanta importanza che dal 449 a.C. venne istituito un premio per il migliore attore protagonista.

380 Per la compattezza di tale tragedia sulla base della staticità e della povertà di elementi secondari all’interno dell’opera

99 tragediografo porta in scena tutti gli avvenimenti del dramma, senza lasciare che, ad esempio, la rhesis di un Messaggero riporti qualche episodio che gli spettatori non avevano visto381.

Anche i canti corali, da un punto di vista strutturale, con la loro funzione di articolare e distinguere in diverse fasi lo svolgimento della tragedia mediante l’alternanza di parodo e stasimi con le parti recitate negli episodi, venivano spesso utilizzati, secondo un uso abbastanza frequente anche in Sofocle382, per permettere che trovassero compimento gli eventi extrascenici che l’intreccio

richiedeva383. Ma questa non sembra essere una prerogativa del Filottete.

A sostegno di quanto affermato supra si possono citare la Parodo e il primo stasimo del dramma in questione, i quali, immobilizzano l’azione in modo da riproporre allo spettatore l’immagine delle sofferenze dovute subire da Filottete. Così, nella Parodo, il Corifeo e Neottolemo ripercorrono le tappe delle sventure del figlio di Peante presenti (vv.169-90) e passate (vv.191-200), mentre nel primo stasimo la punizione di Filottete viene paragonata a quella di Issione, legato da Zeus ad una ruota ardente nell’Ade per aver tentato di sedurre Era384 (vv.676-80), con la sostanziale differenza che il

figlio di Peante sembra non aver commesso alcuna colpa (vv.681-85) per meritarsi un trattamento del genere. La somiglianza e la ripetizione di queste sofferenze le porta così a sottrarsi alla funzione del tempo stesso, che scorre, invece, durante gli episodi385. Tali intermezzi corali non collegano, dunque,

episodi tra i quali bisognerebbe presupporre fosse passato un lasso di tempo significativo, ma risultano utili semplicemente per mettere in luce e rimarcare il penoso stato in cui è venuto a trovarsi Filottete.

Per quanto riguarda il secondo stasimo, esso ha la funzione di coprire il lasso di tempo in cui Filottete si riposa dopo esser stato colpito da un accesso del male, ma anche in questo caso nessun avvenimento viene lasciato fuori scena durante lo svolgimento del dialogo lirico tra il Coro e Neottolemo. Semplicemente, dopo un breve inno al Sonno (vv.828-38), il figlio di Achille discute con i

381 Non vengono prese in considerazione, in questo caso, le rheseis del falso Mercante (vv.603-21) e di Eracle (vv.1409-44),

dato che si riferiscono rispettivamente al passato e al futuro dell’episodio mitico narrato nel Filottete. Esse, dunque, non influiscono direttamente sul rapporto tra tempo della performance e tempo del racconto, ma svolgono la funzione di contestualizzare la vicenda dal punto di vista diacronico; cfr. BALDRY,1971:126.

382 Nell’Antigone, ad esempio, dopo il Prologo nel quale la protagonista del dramma espone alla sorella l’intenzione di

seppellire Polinice, nel giro di pochi versi del primo episodio, poco dopo la Parodo, si viene a sapere dalla Guardia che Antigone ha portato a termine il suo obiettivo (vv.245-47).

383DI MARCO,2009: 160-61. 384 Cfr. Apollod., Epit. I 20.

100 suoi marinai che lo incitano a rubare l’arco a Filottete dormiente (vv.839-64). Basandosi anche su quanto pronunciato dal Coro, dunque, Filottete non sta dormendo profondamente fuori scena, come dimostra l’ammonimento a non parlare forte rivolto a Neottolemo (v.845), ma è in una specie di dormiveglia, un sonno che non è vero sonno — ὕπνος ἄϋπνος (v.848) — tipico dei malati386. Egli

starebbe, quindi, svolgendo la funzione di personaggio muto, pronto a svegliarsi alla fine del dialogo lirico. Anche il terzo stasimo offre un dialogo lirico, svolto in questo caso tra il Coro e Filottete, nel quale il Coro cerca di convincere il figlio di Peante a dare retta a Neottolemo e decidersi a salpare per Troia, ma senza ottenere il risultato sperato (vv.1081-1217)387.

Come si può notare dalla rassegna delle parti corali della tragedia, nessuna presuppone salti temporali tra un episodio e l’altro: se infatti la Parodo e il primo stasimo vengono a trovarsi in una condizione che si può definire atemporale, in cui vengono offerti paragoni mitici o avvenimenti passati per comprendere meglio il presente388, il secondo e il terzo stasimo svolgono, in pratica, la

funzione di veri e propri episodi, offrendo due dialoghi che avrebbero potuto essere presentati anche in parti non liriche, in quanto perfettamente inseriti nel tempo della performance389. Ciò è reso

possibile soprattutto dal fatto che il Coro assume in quest’opera un ruolo molto importante a livello drammaturgico, svolgendo una parte simile a quella degli altri personaggi390, in particolare Odisseo,

che dai marinai di Neottolemo viene aiutato ai fini dell’inganno391. Il Coro, infatti, non solo prende

parte a tutte le parti corali, il più delle volte dialogando con un attore in controtendenza con la prassi dell’epoca che vedeva i canti corali trasformati in semplici intermezzi — ἐμβόλιμα — che facevano da

385 Cfr. DE ROMILLY,2009: 41.

386 Si veda il commento ad loc. in SCHEIN, 2013. 387 Cfr. TAPLIN,1984-85:120-21.

388 Cfr. BALDRY,1971:111-12.

389 ‹‹Nel Filottete il Coro non ritarda l’azione: è l’unica tragedia di Sofocle, delle sette rimasteci, che abbia un solo stasimo.

Invece del secondo e del terzo stasimo, che mancano, troviamo due commi, naturalmente assai più legati all’azione che non sarebbero gli stasimi›› PERROTTA,1935: 406; cfr. JOUANNA,1997: 287-88.

390 Come già notava Aristotele: καὶ τὸν χορὸν δὲ ἕνα δεῖ ὑπολαμβάνειν τῶν ὑποκριτῶν, καὶ μόριον εἶναι τοῦ ὅλου καὶ

συναγωνίζεσθαι μὴ ὥσπερ Εὐριπίδῃ ἀλλ᾽ ὥσπερ Σοφοκλεῖ (Arist., Po. 1456a 25-28). Cfr. CALAME, 1999: 128-29 che attribuisce quest’influenza del Coro nell’azione drammatica alla dimensione rituale in cui aveva preso forma l’interazione tra coro e attori; CALAME,2013: 41 che definisce voce ‘performativa’ questa capacità del Coro di partecipare e avere un’influenza rituale sull’azione drammatica.

101 contorno alle parti recitate392, ma spesso viene anche interpellato all’interno degli episodi attraverso

la figura del Corifeo (vv.317-18; 391-402; 507-18; 963-64; 1045-46; 1065; 1072-73; 1218-21).

Tale importanza attribuita al Coro all’interno dell’azione drammatica è sottolineata dal fatto che Sofocle innova rispetto alle versioni precedenti del Filottete, nelle quali era stato portato in scena da parte di Eschilo e Euripide un Coro composto da abitanti dell’isola. Eliminando un qualsiasi legame da parte del Coro con il protagonista del dramma, dato che i coreuti rappresentano i marinai di Neottolemo, Sofocle non solo accresce la solitudine del protagonista (si veda 1.4.1), ma riesce ad inserire il Coro stesso all’interno delle dinamiche dell’inganno ordito da Odisseo ai danni di Filottete, facendolo partecipare a tutti gli effetti allo svolgimento dell’opera.

Passando dalle parti liriche a quelle recitate, è interessante, infine, notare come Sofocle in ogni episodio riprenda almeno un personaggio presente nell’episodio precedente393, mettendo in risalto

così una perfetta consequenzialità degli eventi, che si succedono senza pause nella trama grazie anche a questa precisa serie di richiami dei personaggi. Nella parte centrale della tragedia quest’espediente raggiunge il suo apice, dato che dal primo episodio fino a metà del terzo (vv.218- 974) troviamo praticamente un dialogo continuo tra Filottete e Neottolemo, interrotto solo da qualche incursione del Corifeo e dalla piccola parte del falso Mercante.

Una tragedia come il Filottete di certo si presta a una tale sovrapposizione dei piani temporali e all’assenza di avvenimenti extrascenici, data la scarsità di personaggi e la totale mancanza di eventi delittuosi che i tragediografi tendevano a non portare mai direttamente sulla scena394. Sono proprio

queste caratteristiche, insieme all’assenza di lunghi viaggi che potrebbero presupporre anche un cambiamento di scena395, che, a mio parere, consentono alla tragedia di concentrarsi in un lasso di

tempo di poche ore, esattamente come voleva Sofocle, per mettere in risalto la penosa condizione di

392 Arist., Po. 1456a 28-30.

393 Il Prologo è composto da un dialogo tra Odisseo e Neottolemo, il quale apre il primo episodio con una scena dialogica

con Filottete; questi stessi due personaggi chiudono il primo episodio e aprono il secondo; il secondo episodio si conclude però con un dialogo a tre tra Filottete, Neottolemo e il Corifeo, mentre ad aprire il terzo episodio sono sempre Filottete e Neottolemo; chiudono il terzo episodio Neottolemo e Odisseo, che ritroviamo anche all’inizio del quarto ed ultimo episodio.

394 Basti pensare che tra le tragedie superstiti di Sofocle è l’unica in cui nessun personaggio muore, probabilmente poiché

la prospettiva tragica della morte è messa in secondo piano dall’attenzione che l’autore voleva rivolgere alla sofferenza fisica, e quella con il minor numero di personaggi, solo 5 (Filottete, Odisseo, Neottolemo, Eracle e il falso Mercante); cfr. DI BENEDETTO-MEDDA,1997:299-300.

102 Filottete fino a portarla all’eccesso, giustificando così anche il suo rifiuto di seguire il consiglio di Neottolemo, ormai suo unico amico, e imbarcarsi verso Troia.

La sovrapposizione di tempo della performance e tempo del racconto permette così al tragediografo di presentare una sequenza di fatti ben circoscritta all’interno del mito di Filottete, in grado di mettere in risalto le ultime ore passate a Lemno dal figlio di Peante. È proprio in queste ore, infatti, che viene mostrato sulla scena il culmine delle sofferenze provate da Filottete, fisiche e mentali, le quali vengono amplificate enormemente se si considera l’intera durata dell’esilio, con l’effetto di creare una certa empatia tra il protagonista dell’opera e il pubblico. Non bisogna dimenticare, inoltre, che a tutto questo è necessario aggiungere un altro elemento di grande impatto emotivo, il tradimento di Neottolemo, un episodio caratteristico di queste ultime ore passate dal protagonista del dramma a Lemno. Tale episodio non solo aggiunge patimento ad una condizione già piena di sofferenza quale era quella di Filottete prima dell’arrivo di Neottolemo sull’isola, ma riulta anche utile per ricollegarsi al tradimento originario subito dal figlio di Peante, quando gli Atridi e Odisseo l’avevano abbandonato sull’isola.

Agli spettatori seduti a teatro venivano presentate, in tal modo, le ultime ore di Filottete a Lemno esattamente come, per lo meno nella versione sofoclea, l’eroe le aveva vissute, senza la mediazione di racconti da parte di altri personaggi. Chi osservava la tragedia non aveva, dunque, bisogno di ricostruire in ordine cronologico la serie degli avvenimenti perché presentati attraverso una serie di flashback, come avveniva ad esempio nell’Edipo Re, ma poteva semplicemente percepire come lo scorrere del tempo all’interno dell’opera fosse praticamente uguale al tempo che ognuno di loro aveva speso nell’ammirare la messa in scena. Questa sovrapposizione dei piani temporali poteva, inoltre, favorire il fatto che si creasse una certa empatia con il protagonista dell’opera. E proprio in questa più che probabile immedesimazione degli spettatori nei confronti del protagonista dell’opera si può vedere, a mio parere, un’anticipazione degli effetti proposti nella teoria della catarsi tragica aristotelica396 — una purificazione dalle passioni di paura e pietà prodotte dagli avvenimenti mostrati

395 È questo il caso di Oreste nelle Eumenidi, che, nel corso del primo episodio, dopo che il Coro ha abbandonato

l’orchestra, bisogna immaginare abbia compiuto il viaggio da Delfi ad Atene per raggiungere Atena.

396 Arist., Po. 1449b 24-30. Sulla sympátheia operata dalla catarsi sugli spettatori si veda KINDERMANN,1979:109-10 (i

103 sulla scena397 —, che attraverso una tale sovrapposizione dei piani temporali sarebbe stata

certamente favorita.