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IL TEMPO PERCEPITO DALL’INTERNO: FILOTTETE, NEOTTOLEMO E ODISSEO

2 LO SPAZIO SCENICO

3.1 DIFFERENTI PERCEZIONI TEMPORAL

3.1.2 IL TEMPO PERCEPITO DALL’INTERNO: FILOTTETE, NEOTTOLEMO E ODISSEO

Dopo aver analizzato la percezione del tempo dall’esterno dell’opera, intendo ora concentrare l’attenzione sulle diverse percezioni temporali — ‘tempo individuale’ — che contraddistinguono i tre principali personaggi della tragedia: Filottete, Neottolemo e Odisseo. Essi, infatti, sebbene agiscano in riferimento a un tempo del racconto che, come abbiamo visto sopra, verrebbe a coincidere con il tempo della performance, hanno modi di rapportarsi con esso molto differenti, dovuti in particolare alle caratteristiche che Sofocle ha attribuito a ognuno di loro, ma che alla fine si dimostreranno sbilanciati nettamente in favore del passato.

Filottete, abbandonato su un’isola deserta con un piede piagato, vive, in mezzo a molte sofferenze, un presente che continua a ripetersi inesorabilmente, come ammette egli stesso: ὁ μὲν χρόνος δὴ διὰ χρόνου προύβαινέ μοι (v.285)398. Il verbo all’imperfetto indica il continuo avanzare del

tempo399, mentre διὰ χρόνου deve essere inteso nel senso di ‘dopo un intervallo di tempo’. Per Jebb

questo significava, erroneamente, una semplice alternanza delle stagioni400, visto che presupponeva il

susseguirsi di intervalli di tempo regolari, probabilmente influenzato dal fatto che i Greci avevano una precisa divisione dell’anno in due stagioni, tanto più che lo stesso Odisseo sembra voler confermare questa ipotesi quando si riferisce alle due entrate della grotta che la renderebbero vivibile sia d’estate che d’inverno (vv.17-19)401. Ma in Grecia antica queste due stagioni non erano equivalenti da un

punto di vista qualitativo402 e, soprattutto, erano la rappresentazione di un tempo collettivo

difficilmente percepibile da una persona isolata come Filottete403.

397 Per una rassegna delle interpretazioni della catarsi tragica si veda DONADI,2009:109-30.

398 ‹‹Il tempo avanzava per me a intervalli regolari››. Cfr. DE JONG,2007:290 che sottolinea come proprio questa ripetitività

del tempo metta in luce l’asprezza della condizione di Filottete.

399 Cfr. ad loc. SCHEIN,2013.

400 Traduce infatti: “Time went on for me, season by season” (JEBB, 1932); cfr. Soph., Aj. 670-71. Per l’importanza

dell’alternarsi delle stagioni nella vita degli uomini si veda ALLEN, 2003: 64.

401 Cfr. AVEZZÙ,1988:71-72.

402 Cfr. HUBERT,1904:39 che analizza come l’istituzione del calendario si basi sullo scorrere del tempo da un punto di vista

qualitativo; in particolare per la Grecia antica cfr. GERNET,1968: 40 (Frairies antiques) ‹‹A considerér le calendrier attique, et si nous tenons compte de l’enrichissement que comporte le système des fête depuis Pisistrate, une certaine opposition nous apparaît etre deux parties de l’année: un périod d’hiver, d’ailleurs dilatée, et un périod d’été; celle-là est riche en

104 Il parallelo che viene a crearsi col verso 758, in cui proprio l’espressione διὰ χρόνου viene utilizzata per indicare come la malattia si ripresenti ‘di tanto in tanto’, a mio avviso potrebbe dunque portare a identificare quegli ‘intervalli’ del verso 285 con gli accessi del male che colpiscono Filottete. La sua vita sarebbe semplicemente un continuo ripetersi di azioni uguali, quali cacciare per mangiare, andare alla ricerca d’acqua per bere e accendere il fuoco per scaldarsi (vv.286-97): queste azioni, che descrivono la vita di Filottete sull’isola, sono scandite dagli accessi del male causati dalla ferita al piede, a cui si fa riferimento qualche verso prima (v.281). Tale è la sua misera esistenza, sempre uguale di anno in anno, senza bisogno di presupporre alcuna differenziazione stagionale al suo interno, che servirebbe solo a mistificare la comprensione della tragedia sofoclea rendendo la vita di Filottete più civile di quanto l’autore stesso volesse effettivamente mostrare.

Il protagonista del dramma è in costante rapporto col suo passato, dall’esilio a Lemno404— l’eroe

ha ancora ben in mente il momento in cui, al suo risveglio, ha visto in lontananza le navi dei suoi compagni che l’abbandonavano (vv.276-80)405—, fino a risalire al periodo antecedente la spedizione

per Troia, quando era in Malide. Il fatto di nominare più volte, e quasi sempre legato ad un suo possibile ritorno in patria, il padre (vv.263; 492; 1371), lo ricollega al passato più remoto, quando viveva insieme a lui proprio in Malide. E lo stesso vale per gli eroi suoi amici di cui si informa se siano vivi o no (Achille, Aiace, Nestore e Patroclo; vv.410-37), che richiamano il periodo, seppur breve, in cui Filottete aveva preso parte alla spedizione per Troia, prima di venire abbandonato. Dell’importanza che egli attribuisce al periodo di sofferenza trascorso a Lemno sono testimoni i versi in risposta a Neottolemo (vv.254-56), che afferma di non saper nulla di quello che gli era accaduto:

ὦ πόλλ᾽ ἐγὼ μοχθηρός, ὦ πικρὸς θεοῖς, οὗ μηδὲ κληδὼν ὧδ᾽ ἔχοντος οἴκαδε μηδ᾽ Ἑλλάδος γῆς μηδαμοῦ διῆλθέ που.

fêtes anciennes qui sont des vraies fêtes, avec de la vie collective et des archaïsmes savoureux; celle-ci, par comparaison, est pauvre››.

403 Cfr. HALBWACHS,19682:80.

404 Cfr. KYRIAKOU,2012:157‹‹A noble man never forgets an insult and never forgives an enemy, not only because of the

inextinguishable bitterness generated by past wrongs but also because the past is the only sure guide to the future (1358- 1361)››.Cfr. CASTIGLIONI,2014: 122-23 in cui l’autrice sostiene che Filottete sia rimasto fermo al momento del crudele abbandono sull’isola di Lemno.

105 ‹‹Sono davvero un disgraziato, odioso agli dei, se nemmeno la notizia che sto così è giunta in patria, né in qualsiasi altra parte della Grecia!››

È evidente da queste parole che il passato racchiuso in quei nove anni di esilio rappresenta il male che l’eroe ha dovuto patire, e anche il riferimento all’odio degli dèi ha un suo peso specifico se si considera, come vedremo meglio in seguito (3.2.3), che è Zeus la causa originaria di tutto ciò406.

Il futuro è l’unico aspetto del tempo che Filottete non considera, probabilmente perché troppo incerto; l’unica cosa che può fare è sperare di tornarsene in patria, ed è questo che chiede a quei pochi che, per sbaglio, approdano sull’isola, senza ottenere risposte positive (vv.310-11). La profezia riguardante il suo futuro, in cui si dice che sarà guarito a Troia e che la città cadrà grazie al suo arco, gli viene rivelata da Neottolemo sul finire della tragedia (vv.1329-35), ma neanche questo serve a distoglierlo dal suo unico desiderio di far ritorno in patria. Solo l’intervento del suo amico Eracle, in qualità di deus ex machina, gli farà cambiare idea. Si può, dunque, affermare, riprendendo le parole di Trédé, che il Filottete ‹‹apparaît alors comme le tragédie du kairos suspendu ou refusé››407, visto che il

protagonista del dramma è incapace di cogliere il ‘momento opportuno’408 per andarsene da Lemno e

sembra quasi preso in giro dal tempo stesso mediante le tre false partenze (vv.526-42; 720-805; 882- 916).

Neottolemo, almeno all’inizio della tragedia, sembra legato esclusivamente alla dimensione del presente409, nella quale agisce con lo scopo di ingannare Filottete, come gli aveva chiesto Odisseo. Egli

è, infatti, privo di passato, come nota il figlio di Peante — οὐ γὰρ δὴ σύ γ᾽ ἦσθα ναυβάτης ἡμῖν κατ᾽ ἀρχὴν τοῦ πρὸς Ἴλιον στόλου410 (vv.246-7) — dato che non è partito con l’esercito acheo, ma si è

aggregato solo di recente all’impresa. Inoltre, l’unico avvenimento che il figlio di Achille racconta a Filottete del suo passato — l’episodio in cui gli sarebbero state negate dagli Atridi le armi del padre in favore di Odisseo (vv.359-66) — è una menzogna ordita da Odisseo stesso per creare empatia tra i due (vv.56-65):

ὅταν σ᾽ ἐρωτᾷ τίς τε καὶ πόθεν πάρει,

406 Per l’idea che la sofferenza dell’eroe tragico, come quella dell’uomo comune, vada ricercata nel passato si veda VAN GRONINGEN,1953:80-81.

407TRÉDÉ,1993:210.

408 Per la divisione tra tempo ‘opportuno’ e ‘inopportuno’ si veda DUMÉZIL,1935-1936:246. 409 Cfr. CASTIGLIONI,2014:127.

106 λέγειν, Ἀχιλλέως παῖς: τόδ᾽ οὐχὶ κλεπτέον: πλεῖς δ᾽ ὡς πρὸς οἶκον, ἐκλιπὼν τὸ ναυτικὸν στράτευμ᾽ Ἀχαιῶν, ἔχθος ἐχθήρας μέγα, οἵ σ᾽ ἐν λιταῖς στείλαντες ἐξ οἴκων μολεῖν, μόνην ἔχοντες τήνδ᾽ ἅλωσιν Ἰλίου, οὐκ ἠξίωσαν τῶν Ἀχιλλείων ὅπλων ἐλθόντι δοῦναι κυρίως αἰτουμένῳ, ἀλλ᾽ αὔτ᾽ Ὀδυσσεῖ παρέδοσαν: λέγων ὅσ᾽ ἂν θέλῃς καθ᾽ ἡμῶν ἔσχατ᾽ ἐσχάτων κακά.

‹‹Qualora ti chieda chi sei e da dove vieni, digli che sei figlio d’Achille: questo non bisogna nasconderlo; digli che navighi verso casa, dopo aver lasciato l’armata navale degli Achei, avendo provato un immenso odio per loro, che ti hanno pregato di venire da casa, avendo solo questo mezzo per prendere Troia, e non ritennero giusto dare le armi di Achille a te che una volta giunto le richiedevi a buon diritto, ma le consegnarono a Odisseo: a questo punto rivolgimi pure contro le peggiori ingiurie››

Per quanto riguarda il futuro, invece, egli è indissolubilmente legato a quanto deciderà di fare Filottete, dato che il loro destino è vincolato ad una profezia comune che li vuole entrambi presenti a Troia con l’arco di Eracle (vv.1329-42).

Il pentimento del giovane figlio di Achille, incapace, ormai, di aiutare Odisseo a portare a termine l’inganno, gli consente di riacquistare le tre dimensioni temporali411: solo così infatti, già conscio del

suo presente, può riallacciarsi al passato attraverso il ritorno ad una φύσις degna del padre (vv.1310- 12)412 e impegnarsi in futuro a rimediare al suo errore (vv.1248-49), cercando di esaudire il desiderio

di Filottete (v.1402). Il fatto di poter essere considerato finalmente “figlio d’Achille” permette a Neottolemo di reinserirsi nella genealogia della sua famiglia413 e potere, quindi, partecipare della

fama per cui il padre era noto in tutta la Grecia, proprio come accadeva nell’Atene di V secolo, dove l’appartenenza a un γένος di nobile origine — Filaidi, Eumolpidi, Alcmeonidi, solo per citarne alcuni —

411 È questa la tesi, che qui intendo seguire, di Barbara Castiglioni: si veda CASTIGLIONI,2014:127-28.

412 Cfr. VAN GRONINGEN,1953:50‹‹Addressing a man with the name of his family arouses feelings of responsibility and quells

personal sensitiveness››.

413 Cfr. MEYERSON,1948:142‹‹Nella Grecia antica dato che ciascun essere è, dalla nascita, sotto il potere d’un altro, a titolo

di figlio, figlia, moglie o schiavo — il nome che porta designa la casa cui appartiene; è il nome del capofamiglia, al genitivo›› (la traduzione e i riferimenti alle pagine derivano dall’edizione italiana del 1989, da cui, d’ora in avanti, si citerà).

107 consentiva, a chi vi appartenesse, di giocare un ruolo di primo piano nell’amministrazione della città414.

Il contrasto con Odisseo è evidente e rimarcato dal fatto che viene specificato che Neottolemo non può provenire ‹‹dalla schiatta di Sisifo›› — οὐχὶ Σισύφου πατρός (v.1311) —, mentre lo stesso Odisseo viene presentato come ‹‹il figlio di Sisifo, affibbiato a Laerte›› — οὑμπολητὸς Σισύφου Λαερτίῳ (v.417) —, mettendo in rilievo i suoi ignobili natali col solo fine di screditarlo415.

Odisseo è l’unico personaggio ad essere consapevole, fin dall’inizio della tragedia, delle tre dimensioni temporali, che, sfruttate al meglio, gli possono consentire di ottenere più facilmente ciò che realmente è nel suo interesse. La sua capacità di servirsi del tempo si manifesta già nel Prologo, quando deve trovare una buona motivazione che convinca Neottolemo ad aiutarlo nell’inganno (vv.82-85):

δίκαιοι δ᾽ αὖθις ἐκφανούμεθα.

νῦν δ᾽ εἰς ἀναιδὲς ἡμέρας μέρος βραχὺ δός μοι σεαυτόν, κᾆτα τὸν λοιπὸν χρόνον κέκλησο πάντων εὐσεβέστατος βροτῶν.

‹‹Giusti ci mostreremo in seguito. Ora, per una breve e impudente parte del giorno, concediti a me, poi, per il resto della vita, fatti chiamare il più onesto fra tutti gli uomini››

Nel momento in cui Odisseo afferma che ‹‹appariranno giusti in seguito›› lo fa ben conscio del fatto che il futuro mostrerà come, in realtà, lui e Neottolemo abbiano agito secondo giustizia: la loro azione, infatti, realizzerà la caduta di Troia e dunque la volontà di Zeus416, rivelandosi perciò, alla fine,

giusta. Il fatto, poi, che egli metta a confronto ‘un piccolo attimo di tempo’, che costituirebbe la durata dell’azione impudente, con ‘il resto della vita’, da passare come il più onesto degli uomini, dimostra tutta la sua astuzia nel presentare a Neottolemo la possibilità che il tempo offre di rimediare a un piccolo errore commesso in passato. Questo, poco dopo, gli permette anche di far un riferimento al suo stesso passato quando aveva ‹‹la lingua impacciata, la mano pronta all’azione›› (v.97), in modo così da creare empatia col giovane Neottolemo, che manifesterebbe le stesse qualità.

414VAN GRONINGEN,1953:52.

415 Per la paternità di Sisifo nei confronti di Odisseo si veda schol. ad Aj. 190. 416AVEZZÙ-PUCCI,2003:170.

108 Odisseo, però, non sfrutta il tempo solo a parole, sebbene questo sia per lui il mezzo migliore per raggiungere i suoi scopi — νῦν δ᾽ εἰς ἔλεγχον ἐξιὼν ὁρῶ βροτοῖς τὴν γλῶσσαν, οὐχὶ τἄργα, πάνθ᾽ ἡγουμένην (vv. 98-99)417 —, ma si presenta anche come una sorta di ‘demiurgo del tempo’418, un vero

e proprio artigiano, capace di modellare il tempo secondo i propri bisogni. Egli sa, infatti, gestire non solo la lunghezza della sua rhesis iniziale — ἀκμὴ γὰρ οὐ μακρῶν ἡμῖν λόγων (v.12) — in modo da non perdersi in chiacchiere rischiando di rovinare il suo piano, ma anche i tempi degli altri che collaborano con lui ai fini dell’inganno, come Neottolemo, a cui, dopo averlo istruito su come comportarsi con Filottete (vv.54-69)419, promette in aiuto l’arrivo del falso Mercante, se dovesse accorgersi che ci sta

mettendo più del dovuto a portare a termine il piano (vv.126-29): καὶ δεῦρ᾽, ἐάν μοι τοῦ χρόνου δοκῆτέ τι

κατασχολάζειν, αὖθις ἐκπέμψω πάλιν

τοῦτον τὸν αὐτὸν ἄνδρα, ναυκλήρου τρόποις μορφὴν δολώσας, ὡς ἂν ἀγνοία προσῇ:

‹‹Se mi sembrerà che indugiate troppo, di nuovo manderò qui lo stesso uomo [la sentinella], travestito da mercante, in modo che sembri uno sconosciuto››

Sebbene, come si è appena cercato di mostrare, Odisseo sembri essere l’unico personaggio della tragedia capace di dominare il tempo, non si può non notare come, in fin dei conti, anch’egli non riesca a portare a termine il compito che si era prefissato: Filottete, infatti, si recherà a Troia con l’arco di Eracle, ma non certo per merito del figlio di Laerte. Per sbloccare la situazione è, invece, decisivo l’intervento di un dio, Eracle, che fornisce informazioni riguardo al futuro prossimo che attende Filottete e Neottolemo, ma non dice niente riguardo a Odisseo420, defilatosi ormai dopo la

restituzione dell’arco al legittimo proprietario. Ciò è dovuto al fatto che nelle opere di Sofocle l’uomo, anche il più scaltro, viene presentato spesso come la creatura di un sol giorno, un ἁμέριος ἄνθρωπος421, mentre gli dèi non sono sottomessi al tempo, così come le leggi divine e gli oracoli422.

417 ‹‹Ora, avendo raggiunto una certa esperienza, vedo che tra gli uomini la lingua, non l’azione, governa tutto››. 418 Riprendendo un’espressione presente in CASTIGLIONI,2014:128.

419 Cfr. DE JONG,2007:283-84che nota come, sempre ai fini dell’inganno, anche nell’Elettra venga presentata una scena

simile, quando Oreste istruisce il Pedagogo su cosa dire a palazzo in vista dell’imminente vendetta (vv.39-66). In entrambi i casi, infatti, siamo in presenza di una possibile anticipazione di ciò che accadrà, similmente a quanto avviene anche nelle opere di Euripide specialmente attraverso la figura del Messaggero.

420ROBERTS,1989:173. 421 Cfr. Aj. 399 e Ant. 790.

109 Non deve, dunque, stupire il fatto che si giunga alla conclusione, che tutti i conoscitori del mito dovevano aspettarsi, attraverso la realizzazione di un oracolo resa possibile dall’intervento di un dio. Neanche Odisseo, per quanto abile gestore del tempo, può competere con gli dèi423.

Da quest’analisi della percezione dei tre aspetti temporali da parte dei principali personaggi della tragedia si può notare uno sbilanciamento verso il passato, l’unico aspetto realmente conoscibile dall’essere umano e su cui può fare effettivamente affidamento. Filottete e Neottolemo non riescono a liberarsi della dimensione passata che influenza le loro azioni e a cui cercano di tornare. Il loro stesso futuro è orientato verso un recupero del passato: Filottete vuole tornare in patria, mentre Neottolemo deve recuperare la φύσις paterna. Il fallimento di Odisseo, unico personaggio focalizzato sul futuro, è la prova di come questa fosse una dimensione temporale troppo fuori dalla portata dell’uomo. Il forte legame col passato degli altri due personaggi, invece, mostra una tendenza presente in tutta la civiltà greca, orientata verso due tipi di passato: uno storico, l’altro mitico, non sempre nettamente distinguibili424, ma ben presenti nella mente dei Greci e, in particolare, in

un’opera come la tragedia, che associa al tempo storico, percepito dai personaggi che agiscono sulla scena, il tempo mitico, di cui essi fanno parte, così da mostrare agli spettatori dei modelli di comportamento ‘senza tempo’425.

Quel che più importa notare, comunque, è il fatto che il recupero del passato risulta possibile solamente all’interno di una società di riferimento, perché solo in questo modo il ‘tempo individuale’ può finalmente trovare la sua giusta collocazione in relazione al ‘tempo sociale’426.

422 Cfr. DE ROMILLY,2009:119.

423 Cfr. BATTAGLINO,2018:23‹‹L’idea di fondo sembrerebbe essere la convinzione che il tempo, per quanto razionalizzato e

calendarizzato, non possa mai configurarsi come pieno possesso dell’uomo››.

424VAN GRONINGEN,1953:93-108.

425 Cfr. GERNET-BOULANGER,1932‹‹Selon la périodicité qui permet au mythe d’être à la fois dans le temps et hors du temps››; ELIADE,1949:59(I riferimenti alle pagine provengono dall’edizione italiana del 1968, da cui, d’ora in avanti, si citerà).

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3.2 IL TEMPO NEL RACCONTO